Questa leggenda, cui il castello deve il proprio
nome, è antichissima e fortemente radicata tra le credenze popolari,
risale, infatti, al periodo di permanenza, a Napoli, di Virgilio.
Secondo la stessa, il maniero, sarebbe stato edificato intorno ad un
magico uovo, posto, proprio dal "poeta", sull’isolotto di
Megaride, con precise raccomandazioni: quell’uovo non doveva mai
essere sfiorato, altrimenti non solo il castello, bensì tutta la città
sarebbe sprofondata nelle onde. Benché fosse solo una leggenda, la
testimonianza della forza con cui aveva attecchito nell’animo dei
napoletani, è palesata da molteplici eventi. Nel 1343, infatti, quando
il castello, a causa di una tempesta, fu, per la prima volta seriamente
danneggiato, l’intera Napoli credette imminente l’avverarsi della
profezia, la portata dell’evento fu testimoniata addirittura da
Petrarca. E ancora nel 1370, un accadimento simile, scatenò nuovamente
il terrore, tanto che si narra che, a scopo precauzionale, la regina
Giovanna I, avesse fatto collocare nel castello un secondo uovo. Ma
torniamo agli eventi storici veri e propri, che ci riportano ad
incontrare la figura di questa giovane e moralmente discussa sovrana,
salita al trono nel 1343 (all’età di sedici anni): Roberto d’Angiò
dopo la prematura morte del suo unico figlio, aveva investito della
successione, sua nipote Giovanna, rimasta orfana all’età di due anni.
Il sovrano si preoccupò , forse un po’ troppo presto, di assicurarle
un marito, la scelta ricadde sul fratello del re Luigi d’Ungheria,
Andrea. La coppia reale fu accolta a Castel dell’Ovo, dove un intero
appartamento era stato lussuosamente ammodernato per accoglierli; era il
23 settembre del 1333 Giovanna d’Angiò, bimba di sette anni e Andrea,
bimbo di sei, dichiarati moglie e marito, si trasferirono presso il
castello, con a seguito un’intera corte di precettori, dame e
cavalieri. Naturalmente per i due bambini l’infanzia trascorse come un
periodo dedicato al gioco, e in questa visione, com’era giusto che
fosse, rientrò anche il loro legame matrimoniale; e così l’impatto
con la realtà fu duro per entrambi, giunta all’eta’ adulta,
Giovanna si accorse di non provare alcun sentimento per il marito, l’allontanò
dalla camera nuziale e intrecciò legami sentimentali con alcuni cugini.
La situazione divenne così estrema che nel 1345, quando Andrea fu
strangolato da alcuni congiurati, si disse, a Napoli, che mandante del
delitto fosse stata Giovanna. Nel 1348, pressata dalle minacce del
fratello del marito, la regina Giovanna dovette abbandonare Napoli tra
le dimostrazioni d’affetto di moltissimi popolani accorsi per
salutarla; ben presto però riuscì a recuperare il regno. Nel 1380,
dopo alterne vicende, fu scomunicata, per aver ospitato presso Castel
dell’Ovo l’antipapa Clemente VII. Nel 1381, infine, suo nipote Carlo
Durazzo, prima di mandarla a morire a Muro di Lucania, la getto’ in
quelle carceri del castello, dove lei stessa aveva fatto
torturare molti suoi nemici.Da quel momento storico quei meandri presero
il nome di "carceri della regina Giovanna". Con la storia di
Giovanna I si chiude il periodo Angioino e si apre quell’Aragonese, ma
di quest’altro capitolo della storia napoletana parleremo la prossima
volta.