Il rapporto fra Europa e Islam è oggetto dell’ultima
pubblicazione del professor Franco Cardini, medievalista di fama
internazionale, docente dell’Università di Firenze, nonché presenza
costante e pregevole sulle pagine del quotidiano Avvenire.
In occasione di una sua conferenza sul tema, siamo
riusciti ad ottenere la presente intervista.
Professor Cardini, come giudica il modo con cui il
rapporto Europa - Islam è stato affrontato dall’opinione pubblica?
Sinceramente, a me pare che la maggior parte di noi,
informazione pubblica, politici e opinion makers, continui ad
affrontare l’argomento, come se fosse una partita di calcio, tifando
per gli uni o per gli altri. Sostenendo la tesi della possibile
convivenza o quella opposta, senza prendersi il fastidio di verificare
con gli strumenti della storia, dell’antropologia culturale, della
storia delle religioni, della sociologia, della statistica, l’effettiva
natura del fenomeno.
Ma allora professore come bisogna guardare a questo
complesso rapporto?
Evitando tutti i possibili malintesi fin qui
accumulati.Questi sono essenzialmente due.
Il primo consiste nel voler fondare, a tutti i costi,
una sorta di confronto-appiattimento fra Europa e Islam. Senza chiedersi
cosa effettivamente Europa e Islam siano. Noi siamo abituati a pensare
all’Europa come ad un ‘continente’ e all’Islam come ad una
religione, ad un modo di aggregarsi, di concepire il mondo. Per noi
occidentali, i continenti sono delle realtà obiettive e non, come
sarebbe giusto e corretto valutarli, dei dati storici, che appartengono
al nostro modo erodoteo di concepire l’ecumene.
Il mondo musulmano, erede in questo di tradizioni che
sono indiane, persiane, concepisce il mondo per fasce geografiche, per
fasce climatiche. È già questo è un modo diverso di guardare alla
realtà.
Europa e Islam sono realtà profondamente disomogenee
fra di loro e proprio per questo suscettibili di un fruttuoso
interscambio.
Professore, una simile convivenza non
costituirebbe un pericolo per la nostra identità?
Oggi, si parla molto del fatto che l’identità
possa essere messa in crisi da qualcosa di esterno. Personalmente
ritengo che quando l’identità è forte, è radicata, questo pericolo
non esiste. Se si incomincia a pensare che la propria identità possa
essere minacciata dall’altro in quanto ‘diverso’, è allora che
qualcosa incomincia a vacillare.
Mi permetta di introdurre a questo punto il secondo
malinteso, che può essere compendiato nell’incapacità, spero non
volontaria, di riconoscere la profonda collaborazione avuta in passato
fra civiltà europea e quella musulmana. Tutta una serie di avvenimenti
storici ci è comunemente inculcata come prova della insormontabile
giustapposizione fra questi due mondi. Io non sto qui a parlargliene, ma
eventi come la battaglia di Poitiers del 732-733, la gloriosa battaglia
di Lepanto o l’arrivo dei turchi a Vienna, due anni dopo che i
lanzichenecchi erano giunti a Roma, se fossero esaminati con un po’
più di fedeltà storica, ci permetterebbero di scoprire che il rapporto
fra cristiani e musulmani non consisteva solo nel farsi guerra, ma anche
in una fruttuosa reciprocità. Si intenda: io non voglio negare l’effettivo
accaduto, ma solo rilevare l’altrettanta reale collaborazione
esistita.
L’Islam è stata una delle grandi levatrici della
nostra cultura. La prosperità economica, nata a partire dal XI secolo,
fatta certo anche di razzie militari, era fondata soprattutto su gli
scambi. Se noi guardiamo ai secoli classici della crociata, XI e XII
secolo, ci accorgiamo che quel periodo è stato "l’età dell’oro"
degli scambi culturali, filosofici ed economici fra Europa e Islam.
Questo per dire che il nemico metafisico, così come lo immaginiamo, non
esiste e non è mai esistito.
Le ripeto, con questo non intendo negare gli
effettivi scontri avvenuti, anzi ciò che mi preme è ricondurli ad un
equilibrio politico, sociale e religioso molto più ampio di quello che
qualsiasi banalizzante schematizzazione può darci. Ancora, ciò che m’interessa
è ricordare che questi scontri non costituiscono l’unica, e nemmeno
la predominante, cifra di una realtà molto più complessa di quanto s’immagini.