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...è davvero un magna magna...

Esempi del coraggio di Marco Travaglio.

13/04/2010

Di F. Allegri

Anche se ultimamente ho polemizzato spesso con gli scritti di Marco Travaglio c’è un punto che voglio chiarire: ammiro il suo coraggio e la sua volontà di combattere contro il sistema di informazione tradizionale del nostro paese.

Sempre a questo proposito credo che le critiche di un Barnard siano provate in modo insufficiente e distorcente.

Per mostrare il coraggio di Travaglio oggi commenterò due scritti del suo blog.

Il primo fu diffuso il 13 novembre 2010 e s’intitolo: "Trattavano, ma a loro insaputa” e fu pubblicato da Il Fatto Quotidiano.

Il secondo è del giorno dopo e s’intitolò: “Talpe e ricatti, così ‘sparì il carcere duro’”.

Qui Travaglio si trova a dover commentare la vicenda politica che caratterizzò gli anni della fine della prima repubblica e l’inizio di questa transizione ultra decennale e a mio avviso ne esce abbastanza bene.

Si tratta di verità sconcertanti che sono emerse alla vigilia dell’avvio dell’attacco a Berlusconi e C. e che per questo non hanno avuto tutto l’approfondimento che meritano.

Da un lato troviamo nell’occhio del ciclone una parte del centro sinistra che ha sostenuto per anni il ministro della giustizia G. Conso e le sue riforme sotto i governi di Amato e Ciampi.

Ricordo la vicenda ai lettori più distratti.

DURANTE UN’UDIENZA IN COMMISSIONE ANTIMAFIA L’EX MINISTRO FECE LA SEGUENTE RIVELAZIONE: “NEL NOVEMBRE '93 DECISI DI NON RINNOVARE IL 41-BIS A 140 MAFIOSI ED EVITAI COSÌ NUOVE STRAGI”.

Sono passati sei mesi e siamo ancora a quel punto.

La notizia non ha avuto la massima diffusione, da un lato il centro destra l’ha diffusa poco, dall’altro chi si mobilità per la giustizia aveva già abbondanza di materiale per portare avanti la sua lotta politica e dall’altro lato cultura giuridica insufficiente per capire la gravità di tali dichiarazioni.

Altro che leggi a personas.

In ogni caso questa vicenda va messa sotto i riflettori perché aiuta a capire la tragicità e l’oscurità della vita politica che si è svolta in questi 17 anni di illusioni sovrapposte.

L’ex ministro dichiarò in udienza che quella fu una sua scelta personale, senza trattative con criminali, sostenne di aver deciso in piena solitudine senza informare nessuno come se il ministero di grazia e giustizia fosse un palazzo sgomberato, abbandonato o popolato da zombie.

Questo vuol dire che escluse i funzionari del ministero, il Consiglio dei ministri, il premier Ciampi, il capo del Ros Mario Mori, il Dap e un altro gruppo cospicuo di persone.

Pare che abbia aggiunto di aver agito per fermare la minaccia di altre stragi.

A me pare che questa dichiarazione comprenda molte zone d’ombra e concordo con Travaglio e l’onorevole Li Gotti dove dice: “Indirettamente Conso conferma la trattativa Stato-mafia”.

Dopo questo punto passo a chiedermi:

1) E’ possibile che Conso agisse tutto da solo, a livello giuridico e di filosofia di lotta alla criminalità?

2) Perché pensò subito di aver davanti stragi mafiose quando in passato molte altre erano associate a fantomatici movimenti terroristici di varia natura?

Anche Travaglio restò perplesso davanti alle dichiarazioni dell’ex ministro e davanti alle implicazioni della sua dichiarazione.

Riporto la domanda più interessante: “Come faceva Conso a sapere che proprio non rinnovando il 41-bis a 140 mafiosi si sarebbero ‘evitate nuove stragi’?”

Non so se avremo mai una risposta a questa domanda, ma posso dirvi che questa cosa dimostra la debolezza del nostro paese e anche la difficoltà delle forze politiche a lottare contro la criminalità organizzata. Qui siamo al cuore del coraggio di Travaglio.

Concordo con Travaglio quando dice: “Conso non è credibile quando giura di aver fatto tutto da solo”. Di sicuro ha agito nel silenzio di troppi!

Travaglio aggiunse: “La storia del biennio nero 1992-'93 è piena di ‘servitori dello Stato’ che fanno strane cose con la mafia, poi se le scordano per 17 anni e ritrovano la memoria solo quando un mafioso pentito, Gaspare Spatuzza e il figlio di un mafioso, Massimo Ciancimino, raccontano la trattativa”.

Credo che conosciate la ricostruzione dei fatti di quegli anni, anche Travaglio fece un riepilogo dei fatti. Della ricostruzione di Travaglio apprezzo soprattutto il fatto che la tragedia di Borsellino viene distinta dall’attentato precedente al giudice Falcone.

Travaglio conclude con un elenco drammatico di ipocrisie istituzionali, sono tante e troppe e si capiscono solo se ricordiamo la degenerazione delle ideologie politiche italiane.

Travaglio conclude: "Tutti trattavano con la mafia, ma a loro insaputa”.

Io aggiungo che le ideologie morte portano i politici verso qualsiasi degenerazioni.

Ora passo al secondo pezzo intitolato: “Talpe e ricatti, così “sparì” il carcere duro”.

Travaglio parlò di ricatto riuscito allo stato, ma forse ha un’idea troppo elevata del nostro paese.

Io gli ricordo che Sciascia disse una volta che la stato avrebbe fatto la lotta alla mafia solo se avesse voluto suicidarsi!

Ecco l’idea coraggiosa di Travaglio: “Ecco cosa sono state le stragi di mafia del 1993. Ed ecco perché solo oggi, a 18 anni di distanza, in molti ritrovano brandelli di memoria. Di fronte ai documenti sulla trattativa forniti da Massimo Ciancimino e alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, ha ormai poco senso negare. Meglio allora minimizzare e dire (come ha fatto l’ex ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso) che la decisione di revocare, tra il 4 e il 6 novembre del ‘93, il 41-bis a 140 detenuti del carcere palermitano dell’Ucciardone, fu da lui presa in totale autonomia - senza consultare nessuno”.

Forse Conso fece tutto da solo, ma io non ci credo e trovo drammatico che nessuno se ne sia accorto in diciassette anni.

In realtà il principio base della riflessione deve essere la frase di Sciascia che ho detto sopra. Da questa frase si passa all’affondo di Travaglio: “Non solo a Roma si sapeva benissimo che dietro il tritolo c’era la volontà di Cosa Nostra di spingere la politica a chiudere le carceri di Pianosa e l’Asinara e arrivare alla cancellazione del 41-bis per tutti i detenuti (il carcere duro). Nella Capitale succedeva di più e di peggio. Qualcuno teneva i boss informati in tempo reale di ciò che si discuteva in segreto negli uffici del ministero di Grazia e Giustizia. E spiegava alla mafia cosa era stato deciso sul 41-bis, un decreto che allora doveva essere rinnovato ogni sei mesi. Anche per questo tutti gli ultimi anni di vita di Gabriele Chelazzi, il pm fiorentino titolare dell’indagine sulle stragi morto nell’aprile del 2003, sono stati dedicati alla ricerca delle talpe istituzionali che dialogavano con Cosa Nostra. Quello che aveva scoperto, Chelazzi lo riassume in un interrogatorio a Claudio Martelli nel febbraio del 2001”.

La mafia non voleva il rinnovo del carcere duro e l’ottenne.

Qui c’è il coraggio di Travaglio e il suo limite, manca un nome che un indagine seria potrebbe scoprire se riuscisse a farsi spazio tra troppi silenzi e tra i troppi che in quel periodo proposero la revoca. Siamo un paese con 4 criminalità organizzate e ci balocchiamo ancora con la legge Gozzini approvata dal governo Andreotti negli anni della solidarietà nazionale!

Il giudice Chelazzi cercò il traditore del paese fra vari politici della DC e militari pochi nomi nel complesso, ma le indagini sono in corso e Via dei Georgofili vuole giustizia!

Qui Travaglio va anche ringraziato e invitato ad andare avanti. Io ho anche un’altra occasione per dissentire da Barnard che dimostra spesso il suo estremismo estremista, ideologico e impotente!

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