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...è davvero un magna magna...

SAGGIO BREVE

La crisi politica italiana portata sotto il sole: leghismo, impotenza e prospettive deboli

07/04/2011

Di F. Allegri

Il tema di oggi è interessante e difficile da ridurre all’interno di uno schema analitico.

Chi affronta questo tema devo superare le nebbie delle ideologie e gli ostacoli creati dalla disinformazione politica quotidiana.

Ci sono più fattori che indicano la crisi politica italiana e io cercherò di passarne in rassegna la maggior parte, senza dare ad uno la rilevanza esclusiva o maggioritaria: se ci saranno delle dimenticanze avrò il tempo per fare delle integrazioni con i commenti o nuovi articoli.

Non inizio dal Berlusconismo, ma dalla Lega.

Capirete poco sotto il motivo della mia scelta iniziale.

In ogni caso queste due realtà politiche hanno un Massimo comun divisore nel fatto che raccolgono i voti di chi un tempo votava la DC e il PSI.

Alle ultime elezioni regionali la Lega ha fatto il pieno di voti di persone che in gran parte non sono federaliste ma dei nordisti che non vogliono le autonomie ma i finanziamenti di Roma, non aspirano alla Padania ma ad un lavoro fisso e al successo personale.

Votano Lega perché pagano troppe tasse, perché così fan tanti e perché hanno capito meglio dei nostri politici la lezione del 1989 e anche quella del 1992.

Nemmeno la Lega rappresenta gran parte di questo nord Italia che in passato votava soprattutto la DC e viveva un perenne distacco dalla politica, ma due anni fa essa ha avuto la fiducia di molti di loro e hanno preferito la Lega al PDL.

C’era un legame non politico che legava queste genti a quei partiti e sempre questo nodo influisce sulle scelte di oggi: CHI È DISTACCATO DALLA COSA PUBBLICA PERCHÉ PRESO DAI SUOI INTERESSI QUOTIDIANI VUOLE UNA POLITICA SEMPLICE E A SUO FAVORE, VUOLE VEDERE IL LESSO, COME SI DICE. In concreto, si tratta di forme parziali di cittadinanza.

Il nordico vuole la politica al suo servizio anche perché lui paga tante tasse, lo ripeto.

Una volta compreso questo concetto, bisogna cercare di stabilire se la Lega sarà in grado di rispondere alle aspettative che gli italiani del nord pongono da sempre e che si accentuano in tempi di crisi.

L’alluvione che a novembre colpì il Veneto è stata una prima dimostrazione dell’incapacità leghista di affrontare una crisi di quelle che il nostro paese vive con periodicità: prevenzione zero potrebbe essere il motto.

Il collateralismo acritico alle scelte personali del governo Berlusconi potrebbero essere una seconda dimostrazione.

Infine l’aggravamento della crisi dovuto alla guerra di Libia potrebbe dare una terza conferma.

Basterà il riportare al nord una parte dei 55 miliardi che ogni anno vengono trasferiti al sud?

Con il federalismo comunale dovrebbero tornare indietro 10 miliardi, forse qualcosa meno vista la crisi appena rammentata.

Forse basterà perché la Lega lavora spesso in un deserto politico e culturale creato dalla disinformazione e si nutre di quel poco di pensiero politico che nasce spontaneamente in ogni realtà sociale organizzata con tecniche depoliticizzanti.

Forse non basterà perché il nord Italia è più evoluto e moderno della Lega in ogni sfera del pensiero umano e dell’agire quotidiano.

Solo il tempo ci dirà se il nord che produce tutto sarà in grado di produrre pensiero politico e politici migliori che pesano l’importanza e l’attinenza alla realtà delle cose che dicono i politicanti e i disinforma tori, in ogni caso non prevedo sviluppi a sinistra.

IO CONSIDERO LA LEGA UN INDICATORE DELLA CRISI POLITICA ITALIANA, IN PARTICOLARE MI INDICA LA MANCANZA DI COSCIENZA POLITICA E I LIMITI DELLA PARTECIPAZIONE ALLA VITA PUBBLICA.

La Lega indica anche i limiti della spinta al cambiamento di questo paese: si tratta di un partito che ha un’anima democristiana e forse anche un passato politico simile, certamente ce l’ha culturale.

Ad esempio, è questa lega democristiana che non vuole e non concepisce l’abolizione o la drastica riduzione delle province, degli 8000 comuni e forse anche di qualche regione.

Io sono convinto che la Lega non porterà nessuna innovazione in più al nord, ma su questo il passare del tempo potrebbe farmi ricredere e salvo qui una parte del decentramento comunale in corso di realizzazione.

Ora passo ad un secondo fattore di crisi: gli attacchi impotenti al “Berlusconismo”.

In questo contesto anche l’attacco vincente, ma ingiusto al ministero Bondi si può considerare come uno dei tentativi goffi ed elettoralistici di far finta di colpire il suo presidente del consiglio. Rammento qui che Bondi è uno dei pochi Berlusconiani con un passato noto di sinistra! Anche questo influisce nel verificarsi di meschinità quotidiane.

Da Bondi passo a Fini per dire che 16 anni sono troppi per capire i limiti politici del Berlusconismo e per constatare che se sono serviti tanti anni ci sono motivi seri da cercare.

Ho sempre avuto delle perplessità sul rapporto tra destra e moralità (come ce l’ho anche su sinistra e moralità) perché io preferisco l’abbinamento destra – centri di potere e anche sinistra - centri di potere.

Di sicuro il Fini è divenuto l’ariete per buttare giù il castello del Berlusconismo, ma si tratta di un ariete piccolo e non si capisce dove siano i confini tra le realtà politiche.

La mia impressione è che Fini attacchi Berlusconi perché vuole subordinare l’alleanza tra Lega e PDL che da tempo e ai suoi occhi ha natura preferenziale.

Aggiungo qui che solo in Italia un presidente della camera può essere considerato super partes, nei paesi normali ci si limiterebbe a richiedere l’applicazione di regolamenti che possono essere ingiusti, ma sempre chiari.

A molti commentatori le scelte di Fini sono sembrate modeste, molti hanno trasferito le proprie debolezze frustrazioni e impotenze sul politico di destra. Io ho un’idea diversa che non si è mai aspettata molto da Fini e che si basa su due principi:

a) si può colpire Berlusconi solo se si indebolisce quella parte corposa (non totale) della casta che lo sostiene per interesse.

b) non si può pensare che qualcuno faccia il lavoro necessario in nostro nome, siamo noi che dobbiamo riprenderci i nostri comuni, le province (se interessano), le regioni e su su a salire!

Il viaggio è lungo e l’arrivo non è certo.

Fini ha da ricostruire un centro destra con le forze cattoliche, so che è un lavoro che serve al paese, io ho altro da fare!

Per questo ora vado a sinistra e qui trovo quattro protagonisti, anzi due più due.

Da un lato metto Renzi e Di Pietro, dall’altro Vendola e Grillo.

Il primo e il terzo sono delle illusioni, verso il secondo e il quarto ho delle aspettative.

Per me Renzi punta solo ad un futuro personale parlamentare, tutto lecito, ma per me non meritevole del mio impegno e nemmeno di quello di tanti democratici. Il parlamento può fare a meno di lui e delle sue costose tecniche di comunicazione politica!

Sul Vendola ho già scritto, posso dire che non ho cambiato opinione e che non vedo novità: continuo a credere che il sostegno pronosticato alla sua azione politica non esiste e in ogni caso non mi parrebbe meritato.

Il Di Pietro furioso non mi piace: alle europee il suo partito ha avuto un buon risultato che posso considerare meritato, ma dopo ho visto errori e vecchie divisioni. Ho scritto anche che Di Pietro doveva consolidare quel risultato organizzando il partito. Non mi pare che lo stia facendo e io non credo che l’IDV possa crescere con discorsi di fuoco espressi anche in dialetto.

Per me, Grillo ha già dato. Credo che presto avremo nuovi eletti in vari comuni, ma la prospettiva è quella di un secondo partito radicale, più popolare e locale, con una tendenza alla destra e al populismo. Mi aspetto poco e in parte male!

Per tutto questo posso dire che l’Italia politica è più arretrata della sua società civile e del suo sistema produttivo. Io individuo il cuore del problema nella CITTADINANZA PARZIALE.

Non chiedo rinnovamenti e istituzioni spaziali, qui non si è ancora capito il principio della sovranità popolare che non è una figura retorica, ma prima di tutto è l’assunzione delle proprie responsabilità.

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