Regole del Trattare e del Conversare
Si quis dat mannos, ne quære in dentibus annos.
Ambasciatore non porta pena.
A sta troppo con la gente se gli viene a noiae
Si sta più amici a stare un po' lontani.
A tavola e a tavolino si conosce la gente.
Cioè, a desinare ed al gioco si conosce quel ch'uno è in conversazione, che non è poi tutto l'uomo.
Bisogna fare il muso secondo la luna.
Trattare, comportarsi a seconda delle circostanze.
Burlando si dice il veroe
Non v'è peggior burla che la vera.
In burla diciamo cose che dette sul serio male sarebbero tollerate.
Cani e villani lascian sempre l'uscio aperto.
Per ischerzo s'aggiungeva: e nobili Veneziani. In Francia: e Italiani; i quali vuol dire o che non hanno freddo o che non si guardano.
Chi ben non usa cortesia, la guasta.
Chi canta a tavola e a letto, è matto perfetto.
Chi dà spesa, non dia disagio.
Si usa dire a chi è convitato a casa altrui, perché non si faccia spettare.
Chi dona il dono, il donator disprezza.
Chi ha creanza, se la passa bene,
chi non ne ha, se la passa meglio.
A modo di scherzo.
Chi non rispetta, non è rispettato.
Chi non si ricorda spesso discorda.
Chi parla per udita, aspetti la mentita.
Chi scrive a chi non risponde, o è matto o ha bisogno.
Chi si scusa senz'essere accusato,
fa chiaro il suo peccato.
Chi sta discosto, non vuol giostrare.
Chi sta a sé non vuole dimestichezza.
Chi sta in ascolterìa, sente cose che non vorrìa.
Chi tace acconsente; e chi non parla, non dice niente.
Chi va alle nozze e non è invitato,
ben gli sta se n'è cacciato (o torna a casa sconsolato).
Dare che non dolga, dire che non dispiacciae
Non dar che dolga, e non ischerzar sul vero.
Dimmi quel ch'io non so, e non quel ch'io so.
Di quel che non ti cale, non dir né ben né male.
È meglio esser cortese morto che villan vivo.
È più caro un no grazioso che un sì dispettoso.
Gioco di mano, gioco di villanoe
Il giocar di mani dispiace fino a' canie
Tasto di mano, sta lontano.
Guardati da chi ride e guarda in là.
Ch'è atto di beffae
Da quei tai che non ridon mai,
sta' lontan come da' guai.
I misantropi, i taciturni sono stimati uomini di cattivo augurio e di carattere nocivo.
Guardati in tua vita, di non dare a niun mentitae
La mentita non vuol rispetto.
Il dire fa diree
Una parola tira l'altra.
Il discorrere fa discorrere: ma più sovente quest'ultimo suole accennare al provocarsi con lo scambio di parole che offendano, e nelle quali andando innanzi vien sempre fatto di rincarare.
Il domandare è lecito, il rispondere è cortesiama
Cortesia schietta, domanda non aspetta.
Il tacere è rispondere a chi parla senza ragionema
Molto vale e poco costa,
a mal parlar buona risposta.
In casa d'altri loda tutti
fino i figli cattivi o brutti,
fino al gatto che ti sgraffigna,
fino al can che ti mordigna.
In chiesa e in mercato, ognuno è licenziato.
Sono luoghi d'eguaglianza: s'arriva e si parte senza bisogno di salutare nessuno. Ed anche:
In chiesa né in mercato non andar mai accompagnato.
In chiesa per starci quanto ci pare, in mercato per comprare a piacimento.
I paragoni son tutti odiosi.
Cioè, i paragoni tra uomo e uomo, e peggio tra donna e donna.
La burla non è bella, se la non è fatta a tempoma
Burla con danno, non finisce l'anno.
La carta non doventa rossa.
Negli affari scabrosi, quando la parola offende, scrivere è miglior partito. Anche si dice del chiedere, al che uno s'arrischia meglio per lettera.
La parola non è mal detta, se non è mal presa.
La ragione vuol l'esempio.
Pochi hanno voglia o capacità di tener dietro a un ragionamento; ma gli esempi sono figure che saltano subito agli occhi di tutti, e s'imprimono poi nell'animo perché vi destano un affetto.
L'aspettare rincrescee
Ogni ora par mille a chi aspetta.
Le buone parole ungono, e le cattive pungono.
Le lettere non ridono.
Cioè, delle parole scritte si valuta più il peso che il tono.
Le licenze son cento, e l'ultima è Vatti con Dioe
Si dà dicenza in più modi.
A disfarsi d'uno, più modi si hanno: o spiattellargli la cosa chiara, o fargli mal nel viso, o adoperare perch'egli di te si disgusti.
Lo sciocco parla col dito.
Meglio è non dire, che cominciare e non finire.
Né occhi in lettere, né mani in tasca, né orecchi in segreti d'altri.
Né in tavola né in letto si porta rispetto.
Son bisogni della vita, non si fa complimenti.
Non domandare all'oste se ha buon vino.
Non metter bocca dove non ti tocca.
Non nominare la fune in casa dell'impiccato.
E parimente:
Rammentare il boia, rammenta la fune.
Non rammentar la croce al diavolo.
Non si rammentano i morti a tavola.
Ogni bel gioco dura un pocoe
Scherzo lungo non fu mai buono.
Ogni parola non vuol rispostae
Non bisogna ripescare tutte le secchie che cascanoe
Non si vuol pigliare tutte le mosche che volano.
Contro coloro che fanno caso d'ogni minima contrarietà, d'ogni parola a traverso.
Ogni vero non è ben detto.
Onestà di bocca assai vale e poco costa
Onor di bocca assai giova e poco costa
A parole lorde, orecchie sorde.
Perché
Le parole disoneste, vanno attorno come la peste.
Onestà sta bene anche in chiasso.
Parole di bocca e pietra gettata,
chi le ricoglie perde la giornata.
Parole di complimento non obbligano.
Per un bel detto si perde un amicoe
I bei detti piacciono, ma non chi gli dice.
Intende le spiritosaggini, gli epigrammi, i motti che fanno ridere a spese altrui; ma ironicamente dicesi:
Meglio perder l'amico che un bel detto.
Per un brutto viso, si perde una buona compagnia.
Per uno sgarbo.
Più vale l'ultimo che il primo viso.
Più conto si tiene della cera che ti fa l'amico alla partita, che di quella che ti fa all'arrivo.
Prima di domandare, pensa alla risposta
Chi domanda ciò che non dovrebbe,
ode quel che non vorrebbe.
Quel che tu vuoi dire in fine, dillo da principio.
A chi va troppo per le lunghe e a chi ti mena a cavallo, come non voleva madonna Oretta.
Salutare è cortesia, rendere il saluto è obbligo.
(Vedi Illustrazione XXVII.)
Sotto nome di baia cade un buon pensiero.
Tanto è dir pietra in uscio, come uscio in pietra.
<<Belle marquise, vos beaux yeux me font mourir d'amour; (e per variare la frase): D'amour vos beaux yeux me font mourir, belle marquise, ecc.>> (Lezione d'un maestro di rettorica). (MOLIÈRE.)
Una berretta manco o più, è un quattrino di carta l'anno, poco ti costano, e amici ti fanno.
Cavar di berretta e scriver lettere, mantengono quelle relazioni di urbanità che si chiamano amicizie.
Una parola imbratta il foglio.
Una cortesia è un fioree
Cortesia di bocca, mano al cappello,
poco costa ed è buono e bello.
Zucchero non guastò mai vivandae
Zucchero e acqua rosa, non guastò mai alcuna cosa.
Accennano a quella dolcezza di modi la quale esprime bontà vera; ma de' piaggiatori, degli sdolcinati, de' melliflui si dice al contrario:
Il troppo zucchero guasta le vivande
Il troppo dolce stomaca.
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