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Ambizione, Signoria, Corti

Alla corte del Re ognun faccia per sé.

Chi a molti dà terrore, di molti abbia timore. Multos timere debet, quem multi timent

Chi fa temere ogni uomo, teme ogni cosa.

Chi bene e mal non può soffrire, a grande onor non può venire Chi attende a vendicare ogni sua onta, o cade d'alto stato o non vi monta.
Il procedere dell'ambizioso vuole pazienza: è un farsi strada tra una folla d'accorrenti, e qualche botta pure si tocca; convien beccarsela in santa pace e tirar via. Chi è in alto, non pensa mai al cadere. Pare così all'invidia che guarda dal sotto in su; e chi è in alto mostra la faccia sicura, ma in quel mentre co' piedi tasta se il terreno è sodo. Chi è più alto, è il bersaglio di tutti-- e La saetta non cade in luoghi bassi.
Anche in Orazio: feriuntque summos Fulmina montes. Chi è vicino alla pignatta, mangia la minestra calda.

Chi ha prete o parente in corte, fontana gli risurge. Dimostra che si sale di continuo a guadagno. (SERDONATI.) Chi in corte è destinato, se non muor santo, muor disperato-- e Chi vive in corte, muore in paglia
Chi serve in corte, muore allo spedale
Corte e morte, e morte e corte, fu tutt'uno. Chi servo si fa, servi aspetta. Cuncta serviliter pro dominatione (TACITO.) <<Il me plaist de veoir combien il y a de lascheté et de pusillanimité en l'ambition; par combien d'abjecion et de servitude il luy fault arriver à son but.>> (MONTAIGNE.) Oh, quanti per giungere a comandare hanno piegato il groppone! e non è meraviglia se ci arrivano curvi, e se l'abitudine di curvarsi gli rende inabili a far cosa diritta. Chi signoreggia, brameggia. Non gli basta essere locato in alto: più in su, più in su; e poi? Ma

Chi comincia andare un po' in su non vorrebbe finirla più.

Chi tropp'alto monta, con dolor dismonta Chi troppo sale dà maggior percossa
Chi monta più alto ch'e' non deve, cade più basso ch'e' non crede
Chi troppo in alto sal, cade repente precipitevolissimevolmente. È meglio viver piccolo che morir grande.

Fumo, fiore e corte, è tutt'uno.

I cortigiani hanno solate le scarpe di buccie di cocomero. Sulla buccia del cocomero si sdrucciola facile. I favori delle corti sono come sereni d'inverno e nuvoli di state. Durano poco. I gran personaggi o non hanno figliuoli o non son saggi.

Il campanile non migliora la cornacchia. Il luogo e il grado non muta la qualità del possessore. Il cortigiano è la seconda specie de' ribaldi.

Il gran signor non ode, se non adulazion, menzogna e frode.

La prima scodella piace a tutti. E piaceva anche ai Farisei;

Ognuno vorrebbe il mestolo in mano.

L'onore va dietro a chi lo fugge. L' onore (bada bene, o lettore) qui s'intende per gli onori; ed anche può intendersi per la celebrità, per la fama. Meno male i calci d'un frate, che le carezze d'un cortigiano.

Lontan da' signori, lontan da' disonori.

Nelle corti, la carità è tutta estinta, né si trova amicizia se non finta.

Nelle stracce e negli straccioni s'allevano di gran baroni.

Non è buon anno quando il pollo becca il gallo.

Quando l'inferiore insorge contro al superiore, il debole contro al forte. Non riposa colui che ha carco d'altrui. Purché vi pensi: il che però sempre non accade. Ogni servo gallonato è un ozioso affaccendato. <<Qu'est-ce qu'on fait à la cour? Courir et attendre.>> Paura de' birri, desio di regnare, fanno impazzare.

Penitenza senza frutto, epiteto della corte.

Per proverbio dir si suole,
che tre cose il re non ha:
di mangiare il pan condito,
come noi dall'appetito:
di veder levare il sole:
di sentir
e di udir
la verità.

Signor di maggio dura poco.

Intendi il signore delle feste o allegrie che si facevano in Firenze nel mese di maggio. Sotto la scuffia spesso è tigna ascosa. La scuffia era de' magistrati, dei dottori, dei barbassori, prima d'essere delle donne.

 
 
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