Nazioni, Città, Paesi
Questi primi abbiamo tolti dal Serdonati; e non ci parve lasciarli addietro per quello che possono avere d'istorico.
Al Francese un'oca, allo Spagnolo una rapa.
Lo Spagnolo è più frugale del Francese.
Chi si fida di greco, non ha il cervel seco
Greco in mare, Greco in tavola, Greco non aver a far seco.
Scherza sul vento greco e sul vin greco.
Chi vuol vincere l'Inghilterra, cominci dall'Irlanda.
Dai giudici galliziani, vacci coi piedi nelle mani.
Per piedi intendi uccelli o polli da regalare
Venite pìando, e tornerete cantando.
Intendi anche qui con le galline in mano. Come Renzo al dottore Azzeccagarbugli.
Da Spagnoli e Imperiali, da Francesi e Cardinali, libera nos, Domine.
Dove stanno de' Tedeschi non vi può stare Italiani.
Il Serdonati lo spiega de' Lanzi a tavola.
Faremo di Roma, adesso adesso di Firenze, a la magnana di Spagna, by and by d'Inghilterra, I warrant you di Scozia, gleich d'Alemagna, tantôt di Francia, son tutte ciancie.
Francese furioso, Spagnolo assennato, Tedesco sospettoso
Francese per la vita, Tedesco per la bocca.
Fiorentini innanzi al fatto; veneziani sul fatto; senesi dopo il fatto; tedeschi alla stalla; francesi alla cucina; spagnoli alla camera; italiani ad ogni cosa; pisantin pesa l'uovo; milanese spanchiarol; veronese cavoso; fiorentin cieco; bolognese matto; mantuan bulhar; ferrarese gambamarze; romagnuolo d'ogni pelo; spagnolo bianco; lombardo rosso; tedesco negro; schiavone piccolo; genovese guercio; veneziano gobbo.
Gli Spagnoli s'accordano a bravare, i Francesi a gridare, gli Inglesi a mangiare, i Tedeschi a sbevazzare e gli Italiani a pisciare.
Gli Italiani piangono, gli Alemanni gridano, i Francesi cantano.
Guardati da Mattutin di Parigi e da Vespri Siciliani.
Allude il primo alla notte di San Bartolomeo. --Quando Arrigo IV poco innanzi al morire disegnava muovere guerra agli Spagnuoli che allora tenevano la Lombardia e le Sicilie, disse un giorno all'ambasciatore di quella nazione: --Se mi vien voglia una mattina d'uscire di casa, farò la colazione a Milano e il pranzo a Napoli. --A cui rispose l'ambasciatore: --V.M. potrà esser pe' vespri in Sicilia.--
Guerra con tutto il mondo e pace con l'lnghilterra.
Guerra spagnola, grande assalto e buona ritirata.
I don di Spagna, i conti d'Alemagna, i monsieurs di Francia, i vescovi d'Italia, i cavalier di Napoli, i lordi di Scozia, i fidalghi di Portogallo, i minori fratelli d'Inghilterra e i nobili d'Ungheria, fanno una povera compagnia.
I Francesi non dicono come voglion fare, non leggono come scrivono, non contano come notano.
I Giudei in Pasqua, i Mori in nozze, i Cristiani in piatire, sanno impoverire.
Il Francese per amico, ma non per vicino, se tu puoi.
Il medico di Valenza, lunghe falde e poca scienza.
Il ministro di Sicilia rode, quel di Napoli mangia, e quel di Milano divora.
Proverbio nato sotto i governatori e vicerè spagnoli.
Inglese italianato, è un diavolo incarnato.
I Tedeschi hanno l'ingegno nella mano.
Accenna ai lavori di squisita diligenza che vengono di Germania.
La fame in Inghilterra comincia dalla mangiatoia del cavallo.
La Spagna è una spugna.
Le nazioni smaltiscono diversamente il dolore: il Tedesco lo beve, il Francese lo mangia, lo Spagnolo lo piange, e l'Italiano lo dorme.
L'Inghilterra è il paradiso delle donne, il purgatorio degli uomini e l'inferno dei cavalli.
L'Italiano è saggio prima di fare una cosa, il Tedesco quando la fa, e il Francese quando è bell'e fatta.
Nel colonizzare un'isola, la prima fabbrica eretta da uno Spagnolo sarebbe una chiesa, da un Francese un forte, da un Olandese un magazzino, e da un Inglese una bottega di birra.
Non conosce l'Italia e non la stima,
chi provato non ha la Spagna prima.
Salamanca, alcuni sana e ad altri manca.
Signore spagnolo, e pasticciere francese.
Spagna magra, Francia grassa, Germania la passa.
Tedeschi intendono più che non sanno esprimere.
Uomo di Spagna ti fa sempre qualche magagna
Uomo asturiano, vino puro, e lancia nella mano.
Per esser la terra piuttosto fredda essi sono amanti del vino, e perchè anche montuosa, turbolenti e faziosi.
A Loreto tanto va lo zoppo che il diritto.
A Padova, i giudici danno la ragione ad ambe le parti.
A Roma ci vogliono tre cose: pane, panni e pazienza.
E dicesi anche:
Chi lingua ha, a Roma va
Chi va a Roma, e porta un buon borsotto,
diventa abate o vescovo di botto
Chi va a Roma, né mula zoppa né borsa floscia.
Chi Roma non vede, nulla non crede.
A Roma dottori, a Napoli ladroni, a Genova scavezzi, a Milan tagliacantoni, a Venezia forestieri, a Fiorenza scardassieri.
A Verona bisogna andare a letto quando le galline.
Era lamento de' Veneziani soliti fare di notte giorno.
A Vinegia, chi vi nasce mal si pasce;
chi vi viene per ben viene.
Meglio la fanno quei che vengono di fuori, che quei che vi nascono.
Bando bolognese, dura trenta giorni meno un mese.
Bergamaschi, Fiorentini e passere, n'è pieno tutto il mondo.
Bologna è grassa per chi ci sta, non per chi ci passa
Bologna la grassa, ma Padova la passa.
Brescia, può e non vuole;
Verona vuole e non può;
Vicenza può e vuole;
Padova né può né vuole.
L'origine istorica di questo dettato, ch'era vivo nel cinquecento, non si è potuta finqui rintracciare per molte indagini fatte in quelle città e nelleZ altre circonvicine.
Castroni pugliesi, mannarini pistolesi, gran siciliano, zucchero di Candia, cera veneziana, magli romaneschi, sproni viterbesi, cacio di Creta, raviggioli fiorentini.
Chi passa Stra e non v'inciampa, va sano sino in Francia.
Stra è borgo tra Venezia e Padova, dove il viandante correva rischio di essere svaligiato.
Chi volta il culo a Milan lo volta al pan.
Chi vuol provar le pene dell'Inferno,
la state in Puglia e all'Aquila di verno.
Compar di Puglia, l'un tiene e l'altro spoglia.
Corsica, morsica.
Proverbio nato ai tempi delle guerre tra Côrsi e Genovesi.
Dove son due Monfin (cioè Monferratesi o Monferrini), due ladri e un assassin.
Detto usato in Lombardia.
Genova, aria senza uccelli, mare senza pesce, monti senza legna, uomini senza rispetti.
Genova, prende e non rende.
Genovese aguzzo, piglialo caldo
A fare un genovese ci vogliono sette ebrei e un fiorentino.
Hanno nome di avarissimi.
Gente di confini o ladri o assassini.
Guardati da Toscan rosso, da Lombardo nero, da Romagnuol d'ogni pelo.
Il Bergamasco ha il parlare grosso e l'ingegno sottile.
Il bianco e il nero han fatta ricca Vinegia.
Cioè, il cotone e il pepe.
Il Piemonte è la sepoltura dei Francesi.
È ricordato dal Baretti, ed allude alle continue guerre tra Piemonte e Francia, la quale vi ebbe quasi sempre la peggio.
Il Po non sarebbe Po, se l'Adda e il Ticin non ci mettesser co' (capo).
Il prim'anno ch'altri va a Bologna, la febbre o la rogna.
In Italia troppe feste, troppe teste, troppe tempeste.
È del Serdonati.
In Roma più vale la cortigiana che la donna romana.
In Sardegna non vi son serpenti, né in Piemonte bestemmie.
È antica lode dei Piemontesi.
In Tirolo si semina fagioli e nascono sbirri.
I Padovani impiccano l'asino.
I Padovani soleano la primavera andare al confine de' Vicentini e con questi far un badalucco da gioco; una volta la cosa finì seria, e i Padovani tolto il Gonfalone de' Vicentini, sul quale era efigiato un asino, lo sospesero alle forche. (CANTÙ.)
I Romagnuoli portano la fede in grembo.
<<E però non è da meravigliare quando i tiranni di Romagna mancano di fede, conciossiachè sieno tiranni e Romagnoli.>> (MATTEO VILLANI.)
I Romaneschi nascono co' sassi in mano.
I Salernitani ingannano il Diavolo.
I Veneziani alla mattina una messetta, dopo desinare una bassetta, e la sera una donnetta.
E più breve:
Messetta, Bassetta, Donnetta.
I vescovi in Roma sono come i crocifissi in bottega del legnaiuolo.
Ai quali nessuno si leva il cappello.
I Vicentini quando piscia uno piscian tutti.
Proverbio vivo anche a' dì nostri. Testimonianza di concordia nella gentile città.
La Corte Romana non vuol pecora senza lana.
E pure:
Corte romana non vuol pecora sana.
Lago di Garda e Bocca di Celina porta spesso la rovina.
È proverbio delle province di Treviso e d'Udine ove sono paventati i temporali che vengono dal lago di Garda. Celina è torrente che scende dalle Alpi Carniche. (PASQUALIGO, Racc. Ven.)
La Lombardia è il giardino del mondo.
Legge veneziana, dura una settimana.
Legge vicentina, dura dalla sera alla mattina
Legge di Verona, dura da terza a nona.
Le Trentine vengono giù pollastre e se ne vanno sù galline.
Proverbio che ricorda le vecchie animosità tra quelli della provincia di Trento e di Verona: con la stessa malignità diciamo in Toscana delle ragazze che vanno per le campagne a cantare il maggio: Le maggiaiole vengono in due e tornano in tre.
Milano la grande, Vinegia la ricca, Genova la superba, Bologna la grassa, Firenze la bella, Padova la dotta, Ravenna l'antica, Roma la santa.
Milan può far, Milan può dir, ma non può far dell'acqua vin.
Non sappiamo in quale città sia nato.
Napoletano largo di bocca e stretto di mano.
Nave genovese, e mercante fiorentino.
Nel monte di Brianza, senza vin non si danza.
Non ha Vinegia tanti gondolieri,
quanti Vicenza conti e cavalieri.
Non sono in Arno tanti pesciolini
quanti in Venezia gondole e camini.
Norcino di sette faccie, e otto se bisognano.
Pan Padovano, vin vicentino, carne furlana, trippe trivigiane.
Pantalon, paga per tutti.
I veneziani erano tenuti più, ricchi d'ogni altro. Ma perchè le tasse più gravavano il popolo basso, usavano dire venezianamente:
Scarpa grossa, paga ogni cossa.
Parma bell'arma, Reggio gentile e Modena un porcile.
Per certo è fatto a Reggio; ma vero è che spesso Modena ebbe taccia di poca nettezza, ed anche il Tassoni scherza così della sua città:
Modena è una città di Lombardia,
Ove si smerda ogni fedel Cristiano
Che s'abbatte a passar per quella via.
Parte veneziana non dura una settimana.
A Venezia la formula con cui proponevasi una legge era: L'andera parte. Qui parte vale la legge stessa, ossia partito vinto.
Prima Veneziani, e poi Cristiani.
Lo dicevano al tempo dell'Interdetto.
Pugliese, cento per forca e un per paese.
Quando Fermo vuol fermare, tutta la Marca fa tremare.
Roma caput mundi, Venezia secundi.
Roma doma.
O meglio:
Roma Roma ogni pazzo doma, e ai cuori non perdona.
Roma a chi nulla in cent'anni, a chi molto in tre dì.
Romagnuol della mala Romagna,
o ti giunta o ti fa qualche magagna.
Abbondano i motti contro a' Romagnuoli, perchè vicini.
Romaneschi, non son buoni né caldi né freschi.
Roma non fù matrigna a nessuno.
Roma travagliata, ché chi ha bella moglie vive d'entrata.
Se Catania avesse porto, Palermo sarìa morto.
Per denotare la favorevole posizione di Catania pel commercio.
Sicilia dà i Covelli, Francolino i Graziani, Bergamo gli Zanni, Venezia i Pantaloni, e Mantova i buffoni.
E ora Firenze gli Stenterelli.
Soldati del Papa, otto a cavare una rapa;
senza il sargente non son buoni a niente.
Nel 1797, quando si costituì la repubblica cisalpina composta anche di papalini, si creò essa un esercito il quale fu vituperato da quel detto di Bonaparte--che non avrebbe resistito a un reggimento piemontese. (PASQUALIGO, Racc. Ven.)
Trieste pien de peste;
Città nova, chi non vi porta non vi trova;
Rovigno pien de ingegno, spacca i sassi come il legno;
Capodistria, pedocciosa; Isola famosa;
a Piran buon pan;
Umago, tre preti e un zago (ragazzo che serve messe);
una femmina da ben, e il pievan che la mantien.
Rivista satirica di alcune terre dell'Istria.
Udine, giardini senza fiori, castel senza cannoni, fontane senz'acqua, nobiltà senza creanza.
Ne duole sempre riferire ingiurie contro a nobili città o provincie, ma qui le poniamo a insegnamento di tutti, e come censura di chi l'ebbe pronunciate.
Vedi Napoli e poi muori
Venezia bella, Padova so' sorella, Treviso forte, Serraval campana, Ceneda villana, Coneglian cacciator, Belluno traditor, Prata disfatta, Brugnera per terra, Sacil crudel, Pordenon selcià, e Porzia innamorà.
Su questo proverbio storico null'altro posso dire se non che Treviso venne fortificato nei primi del secolo XVI, e sarebbe da ritenersi questa l'epoca in cui esso nacque. Il castello di Prata venne interamente distrutto dai Veneziani nel primo quarto del secolo XV, guereggiando cogli Ungheresi e Sigismondo Imperatore. Pordenone poi era selciato anche nel medio evo, ed in quel tempo potè essere questa una circostanza notabile ai vicini. (PASQUALIGO, Racc. Ven.)
Veneziani, gran Signori,
Padovani, gran dottori,
Vicentini, magna gatti,
Veronesi tutti matti,
Udinesi castellani,
col cognome di Furlani,
Trevisani, pane e trippe,
Rovigotti, Bacco e pippe,
Cremaschi, fa cogioni,
i Brescian, tagliacantoni,
ne volete de' più tristi?
Bergamaschi brusa Cristi.
A Crema nell'anno 1448 un Ghibellino Bergamasco diede fuoco a un Crocifisso, perch'era guelfo (e bene Cristo era Guelfo quando Federigo era scomunicato e favoriva i Paterini); questo narrano il Terni ed il Fino cronisti cremaschi; e quindi il dettato contro a' Bergamaschi.
Veronese, bella mano.
Vinegia, chi non la vede non la pregia.
E il Serdonati aggiunge:
Ma chi va a vederla, ben gli costa
Più rara cosa il mondo non possiede,
che la città dove il Leon risiede.
A Firenze per avere ufizii, bisogna avere bel palazzo e stare a bottega.
La repubblica era governata da un patriziato di bottegai: tieni col palagio; cioè tieni la parte di chi ha il romajolo in mano; fattelo amico.
Alla Certosa è un cert'uso, chi vi va e non ha fretta, tocca un pane e una mezzetta.
A Marradi, seminan fagioli e nascon ladri.
Andare a Scarperia la non mi torna,
son tutti birri e spie e limacorna.
A Scarperia è manifattura di coltelli e temperini, che hanno i manichi di corno.
A Ortignano, chi non è birro non è cristiano.
A Prato c'è più preti, che a Pistoia staia.
A San Miniato o tira vento o suona a magistrato.
Bandi da Siena (o da Poppi), per chi sì e per chi no.
Bando di Ciompi, durava tre dì.
Brozzi (o Sesto) Peretola e Campi
son la peggio genia che Cristo stampi.
E si dice proverbialmente:
La compagnia del Ponte a Rifredi, pochi e mal d'accordo
La compagnia di Campi, passi e non baci.
Perchè un di loro baciando l'altare s'empì la bocca di quattrini ch'erano nel vassoio.
Campiglia, ingrassa il porco, e poi lo piglia.
L'aria di Maremma ingrassa chi fa gozzoviglia, ma poi l'uccide: pigliare il porco vale andarsene.
Chi ha a far con Tosco, non vuol esser losco.
Chi non ha moneta, non vada all'Impruneta.
Dov'è una fiera, in antico molto celebre.
Chi sta a' marmi di Santa Maria del Fiore, o è pazzo o sente d'amore.
Era il ritrovo de' Fiorentini le sere d'estate.
Chi va al canto al Giglio e non inciampa, può ir sicuro in Francia.
I bottegai al canto del Giglio in Firenze burlano chiunque passa e a tutti danno il suo ribobolo. Ciò scriveva il Serdonati del tempo suo.
Chi va a San Biagio, perde l'agio; chi va a Santa Maria Nuova, lo ritrova.
San Biagio era uno spedaluzzo suburbano nel Borgo di Monticelli, chiamato per antonomasia lo spedale dei poveri; quello di Santa Maria Nuova fu reputato sempre meglio provvisto tra gli spedali della città.
Chi vuol ben principiare alcuna cosa, vada al Fiorentino.
Così dicono alcuni, volendo mostrare che i nostri uomini sono ingegnosi nel cominciare l'imprese, ma poi poco concordi nel condurle a fine. (SERDONATI.)
Fiorentini ciechi, Senesi matti, Pisani traditori, Lucchesi signori.
Pisani traditori perchè donarono affuocate le colonne che stanno tuttavia alla porta di San Giovanni (donde venne ai Fiorentini il soprannome di ciechi), e perchè Firenze cento anni ebbe grande gelosia di Pisa ed altri cento anni grande sete di pigliarsela.
Fiorentin mangia fagioli, e' volevan li Spagnoli;
li Spagnoli son venuti, Fiorentin becchi cornuti.
I popoli di Toscana desideravano ardentemente i'Infante don Carlo (il quale venne in Livorno, poi a Firenze l'anno 1732, come successore destinato al cadente Gian Gastone), mossi a ciò dal confronto dei Tedeschi perché troppo recente era tuttavia la memoria dei gravi disastri delle contribuzioni. (GALLUZZI.)
Quando Venezia comandava, si desinava e si cenava,
coi Francesi, buona gente, si desinava solamente.
Fiorentin per tutto, Roman distrutto.
Firenze non si muove, se tutta non si duole.
Antico proverbio indicante certa longanimità per la quale i Fiorentini erano tardi alle sommosse.
Gli accoppiatori e le borse a mano, hanno difeso le palle e il piano.
Detto del Dei. È storico a Firenze. I Medici spesso designati per le palle che portavano nell'arma, tiravano innanzi, senza parere, i fatti loro, frodando le borse per le elezioni, e guadagnandosi gli accoppiatori, coloro cioè che presiedevano agli scrutinii.
Grosseto ingrossa, Batignano fa la fossa, Paganico sotterra l'ossa.
Tre paesi maremmani
In maremma si arricchisce in un anno e si muore in sei mesi.
I Fiorentini son cattive doghe da botte, ed i Veneziani buone.
Quelli difficilmente s'uniscono, e questi (come le buone doghe) si combaciano molto bene insieme, così da fare la città forte.
Il Fiorentino mangia sì poco e sì pulito,
che sempre si conserva l'appetito.
Una bolla di Papa Eugenio IV riduce l'assegno pe' cherici Eugeniani: Attentâ præsertim frugalitate Florentinâ.
I Sanesi hanno sei nasi.
Legge fiorentina, fatta la sera e guasta la mattina.
DONATO GIANNOTTI. Trattato della Repub. fior., lib. II, cap. 18.
Lingua senese e bocca pistoiese.
Proverbio che indica che buona è la lingua parlata a Siena; ma che la pronunzia è soprattutto eccellente la pistoiese. Si dice anche:
Lingua toscana in bocca romana.
Lotto, lusso, lussuria e Lorenesi,
quattro L ch'han rovinato i miei paesi.
Motto fiorentino al tempo della Reggenza Lorenese. E dicevano anche:
Co' Medici un quattrin facea per sedici:
dacché abbiamo la Lorena, se si desina non si cena.
Maremmani, Dio ne scampi i cani.
Massa, saluta e passa;
chi troppo ci sta, la pelle ci lassa.
Intende di Massa maremmana: ora ivi è l'aria presso che buona.
Montaione e Montaio,
né penna né calamaio.
Luoghi di Toscana sterili, che non vi si fa faccende. (SERDONATI.)
Né muli, né mulini, né compari dell'Isola (d'Elba), né moglie di Piombino.
Sentito dire da un maremmano.
Palle e gruccia, beato chi le succia.
Le palle insegna de' Medici; la gruccia dello Spedale di Santa Maria Nuova. Detto degli aderenti e favoriti di casa Medici, e di chi avea mano in pasta nelle amministrazioni degli Ospedali.
Panno senese, si rompe prima che si metta in dosso.
Pisa, pesa per chi posa.
Allude alla pesantezza dell'aria pisana: avere i Pisani, è aver sonno.
San Geminiano dalle belle torri e dalle belle campane,
gli uomini brutti, e le donne befane.
Tanto è a dir pennecchio, quanto ladro di Fucecchio.
Nella terra di Fucecchio è grande industria di lini.
Tre cose son difficili a fare: cuocere un uovo, fare il letto ad un cane, ed insegnare a un Fiorentino. |