Cinesi a Prato - Ascensione

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Cinesi a Prato

Cina Italia

La comunità cinese a Prato (S.Brunetti)
Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/09


E ormai un fatto di cronaca nazionale il fatto che a Prato ci sia una comunità cinese che fa parlare di sé per la sua consistenza numerica. Si parla di 25.000 cinesi. Una città nella città! Prato sta in testa alle classifiche europee. Si dice che più del 20% della popolazione sia di origine immigrata. Si parla di 107 etnie presenti nel territorio della provincia. Una geografia fortemente mutata che ci ha obbligati a vedere un volto nuovo della città.
Il motivo: era una città fortemente imprenditoriale. Il lavoro ha fatto arrivare gente da ogni dove. Come negli anni ’50-’60 ha visto insediamenti di popolazioni del Sud d’Italia, oggi vede insediamenti da ogni parte del mondo.
Si dice che Prato sia una città accogliente. E uno slogan che si dice e che condisce bene ogni intervento pubblico. Dal mio punto di vista non esito a mettere qualche ma… Con la prima immigrazione, quella degli anni ’50-’60, non sono mancate note di polemica razzista: venivano chiamati “marocchini”, abitavano in case o capanne non sempre dignitose ed erano guardati con sospetto. A loro si attribuiva la colpa di non essere molto civili e anche di essere, in un certo senso, inferiori agli indigeni, ed anche sospettati di pendenze malavitose. Oggi gli stessi ritornelli vengono ripetuti per gli immigrati.
Insieme a qualche segno di intolleranza e di sospetto, la gente del posto non ha esitato a darsi da fare per sfruttare l’occasione: i cinesi, si dice, è gente che paga. Allora si vendono case e strutture artigianali. E non a prezzi di “buona accoglienza”. Qualche volta il nostro mercato ha il timbro dell’usuraio e dello strozzino. La città ha ormai un quartiere molto vasto quasi interamente abitato da cinesi, con i loro negozi, ristoranti, tavole calde, pizzerie, rosticcerie, supermercati, gioiellerie, abbigliamento, arredamento, agenzie immobiliari, transfer money, e tutto quello che è necessario per una vita completa. Non fa più notizia che gli orari di apertura e di chiusura dei loro negozi sconfinano dagli orari che regolano i normali negozi della città. Per almeno 10 anni i cinesi hanno fatto come gli è parso, o almeno si sono lasciati fare secondo le loro regole. Si può dire di tutto sui cinesi, ma non si può dire certamente che abbiano rubato le case e gli ambienti artigianali! Oggi c’è una sorta di guerra o di caccia al cinese irregolare. La politica pre-elettorale cerca consenso sull’adagio della legalità e della sicurezza. Allora si cerca di mettere delle regole. Ma l’illegalità degli anni precedenti, probabilmente è stata pagata! Anche a suon di bustarelle! E fuori dubbio che l’immigrato sia accolto nella misura in cui è funzionale ai nostri interessi. Il lavoro dei cinesi è servito soprattutto agli imprenditori italiani. Il loro modo di lavorare in squadre corpose e senza sosta di orario permetteva una produzione che rispondeva al mercato e all’esportazione italiana. Ora che il lavoro manca e anche Prato è nella spirale della crisi nazionale, è giusto fare guerra e chiedere legalità con sistemi di pulizia etnica? I cinesi questo non lo capiscono, appunto perché hanno già pagato per “istituzionalizzare il loro stile di vita” e poi per il fatto che fino ad ora si è lasciato fare.
Si sa, poi, che il cinese, per arrivare in Italia deve sborsare dai 15-20mila euro. Vengono dati in prestito da forti organizzazioni, le quali obbligano a un lavoro controllato fino a quando non avranno restituito il tutto maggiorato da interessi da capogiro! Si ha una sorta di schiavitù. E per di più in mano a organizzazioni mafiose, italo-cinesi. Si conoscono storie di raccapricciante violenza, specialmente sulle donne.
E un popolo definito chiuso. Ed è vero solo in parte. La difficoltà della lingua crea problemi di comunicazione. Resta anche vero che se loro sono estranei a noi, noi siamo estranei a loro. C’è un problema di comunicazione che è difficile da impostare: spesso la questione della lingua è un modo di difesa. Il “vecchio” cinese dice: “non capisco” e se manca un mediatore si è veramente di fronte a un muro. Anche i bambini, che frequentano regolarmente le scuole, e parlano correttamente l’italiano con l’idioma pratese, sono istruiti a dire: “non capisco” quando vengono interrogati.
In verità il fenomeno immigratorio non è stato gestito dalle istituzioni. Si è provveduto a creare delle strutture, dei servizi, sono stati dati alcuni fondi alla Caritas Diocesana per gestire l’accoglienza e i bisogni primari, ma mai sono stati creati dei percorsi di “cittadinanza attiva” per aiutare le persone immigrate, non solo cinesi, a entrare in relazione con la città per una giusta integrazione e iterazione. Questa avviene solo a livello imprenditoriale, e non sempre corretta. Si parla di legalità, per loro. Ma loro sanno che noi non siamo maestri di legalità. Il lavoro in nero, l’evasione fiscale, gli affitti senza contratto, l’abuso edilizio ecc., sono anche una nostra arte!
Resta vero il fatto che attualmente affrontiamo una difficile convivenza. Se non a livelli alti, però cresce l’intolleranza del cittadino verso il “cinese”. Eppure questi vanno avanti e con fantasia creativa. Ultimamente hanno preso in mano l’agricoltura. Comprando o prendendo in affitto dei terreni, ormai incolti, hanno creato una vera e propria industria di ortaggi. Sempre più si vedono sulle strade dei furgoni che presentano, per la vendita al dettaglio, della verdura fresca. La gente del posto sa che i loro prezzi sono più abbordabili dei nostri, e diversi frequentano i loro negozi o i loro punti vendita. Tutto questo ci dice che ormai questa nuova immagine di città non si ferma, anzi! Se la natalità non è sotto zero lo si deve a loro.
Ma c’è la seconda generazione: giovani cinesi che frequentano l’università, professionalmente preparati, coesi in associazioni culturali di alto livello. Che cosa non fa sperare che anche la prossima classe politica non sarà fortemente rappresentata anche dal popolo cinese? I ragazzi frequentano regolarmente le scuole dell’obbligo e non pochi tentano l’avventura della scuola superiore. Il loro modo di vestire e di rapportarsi è ormai europeizzato. Insieme assumono anche i “vizi” del nostro bel mondo, non ultimo lo scivolone verso l’alcolismo e la droga! Una generazione che non sarà più cinese e farà fatica ad essere italiana. Questa seconda generazione, ormai non si riconosce più nei modelli dei padri, e crea forti contrasti all’interno della famiglia. Non pochi si ribellano al modello imprenditoriale dei primi immigrati. Come i giovani italiani, amano farsi mantenere nei loro vizi dalla famiglia. Sempre più vediamo “bande” che stanno tutto il giorno ad oziare, fumano, bevono, amano fare immagine vestendo all’ultima moda, ma c’è anche chi spesso delinque. Non sono rari i casi di aggressioni a scopo di rapina. I vizi vogliono soldi! Anche la prostituzione è ben organizzata. Non certamente sulle strade, ma in locali protetti. Interrogando e dando filo a dei “tonterelli” vengo a sapere che addirittura si può fare l’abbonamento mensile con buoni sconti. Sono gli uomini a gestire le case “allegre” e spesso questi servizi vengono offerti nei negozi di parrucchiere ed estetiste. Ci sono anche degli aspetti belli. I giovani cinesi che si identificano in associazioni culturali, amano anche dare una buona immagine, ad esempio con gesti di beneficenza messi veramente nella condizione di fare immagine.
Un altro capitolo va riferito alla comunità cattolica cinese che qui a Prato conta circa 150 persone, abbastanza fedeli ai loro appuntamenti religiosi. Fin da subito è stata premura della diocesi di attivarci per accogliere i cattolici che provenivano dalla Cina, qualcuno anche fuggito a motivo della persecuzione. Un sacerdote e una suora cinesi furono subito accolti dalla diocesi proprio per la loro cura, ma anche per un lavoro di evangelizzazione e promozione umana. Dobbiamo dire che proprio grazie ad una testimonianza evangelica della carità che la comunità cattolica cinese è andata, se pur lentamente, crescendo. Il sacerdote e la suora hanno dovuto anche assumersi il compito di “mediatori culturali”. Non conoscendo la lingua italiana senza la presenza del sacerdote o della suora molti di loro hanno rischiato anche di non venire presi in considerazione presso i presidi ospedalieri. La suora passava molte ore in ospedale. La Caritas diocesana ha aperto uno sportello, come centro di ascolto unicamente per i cinesi, investendo anche su personale italiano che ha imparato la lingua cinese.
Le attività culturali e pastorali per questo popolo in continua crescita sono state molteplici; dall’oratorio per i ragazzi alla scuola di lingua italiana per gli adulti; alla scuola di lingua cinese per i ragazzi, fino al dopo scuola come sostegno scolastico per i ragazzi della scuola dell’obbligo. La celebrazione della S. Messa festiva in lingua cinese è stata un punto fermo. Ora la comunità cattolica cinese ha una sua chiesa e sta anche portando a termine le strutture pastorali grazie anche ai contributi della Conferenza Episcopale Italiana.
La formazione di laici come operatori pastorali è un investimento che è ancora in atto. Di fatto abbiamo dei laici cinesi preparati e anche animati di un forte senso missionario. Si sa che i cinesi provengono da una cultura di ateismo e loro vengono unicamente per lavorare, perciò l’approccio religioso è abbastanza difficile.
I luoghi in cui meglio si evangelizza, appunto perché non sono presi dal lavoro sono il carcere e l’ospedale. In questi luoghi operano un sacerdote cinese e dei laici; anche tre frati francescani e due suore francescane sono impegnati principalmente per una pastorale di evangelizzazione. Sono stati creati dei sussidi italo-cinesi per far conoscere la proposta evangelica. Infatti non sono pochi i catecumeni che si stanno preparando ad entrare nella comunità cattolica. In questa Pasqua 2009, 11 persone adulte hanno ricevuto i sacramenti della iniziazione, insieme a due matrimoni e quattro battesimi di bambini. Dobbiamo anche riconoscere che i cattolici presentano uno stile di vita molto più aperto e ordinato. Oso affermare: più cattolici, più legalità e integrazione. Anche le sette sono fortemente presenti con un lavoro di proselitismo accanito, ma i loro adepti sono gente chiusa, impedita a integrarsi con il tessuto sociale.
Una nota che merita attenzione è il lavoro di strada. Coordinati dal Vicariato per gli immigrati che la diocesi ha istituito con un suo Vicario episcopale, una équipe formata da religiosi, suore, sacerdoti cinesi, laici cinesi e italiani, periodicamente porta avanti un lavoro di evangelizzazione di strada. Alla vigilia della Settimana Santa si è tenuta, presieduta dal Vescovo, la Via Crucis nei quartieri cinesi, suscitando curiosità e anche interesse. I giovani cinesi non si vergognano di andare verso i loro connazionali offrendo volantini e sussidi in lingua madre per una proposta cristiana. Grazie al lavoro di strada abbiamo visto tessere nuove e buone relazioni ed anche non poche domande di entrare nel cammino del catecumenato. Una ragazza cinese fa parte del Consiglio Pastorale diocesano. La loro presenza nelle nostre assemblee liturgiche è ormai un fatto normale. Nella zona di forte presenza di cinesi, oltre alle attività che si tengono da parte della comunità cattolica cinese, è funzionante un oratorio per ragazzi di diverse provenienze etniche, tra cui anche non pochi cinesi. Il fatto che tanto ci dà speranza è dato dalla scelta di due giovani cinesi come candidati al sacerdozio e di un gruppo di giovani con i quali stiamo impostando una forma di vita consacrata con una dimensione esplicitamente missionaria. Come è prevedibile una classe dirigente politica e imprenditoriale chiaramente cinese, così prevediamo un clero diocesano cinese.
A livello pastorale stiamo battendo il tasto delle “nuove relazioni”. E una sfida pastorale: vanno preparati anche i nostri laici ad avere uno spirito missionario proprio entrando in relazione con questo popolo perché diventi soggetto attivo nella vita civile e anche ecclesiale. E un campo vasto e aperto che ci appassiona. Ci sono esperienze positive che oltre a dare un volto giovane e vivace alla nostra Chiesa, contribuiscono a sfatare tanti luoghi comuni per una feconda convivenza, un nuovo tempo dello Spirito.

 
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