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Il Diacono chi è?

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Il diacono chi è?


Il Concilio Vaticano II ha ripristinato l’Ordine del diaconato anche per gli uomini sposati. Dopo oltre quarant’anni, questo ministero, da molti assai apprezzato, è ancora sconosciuto a tanti fedeli; forse perché ha diverse possibilità pastorali ancora da implementare.
In diverse parrocchiee tra la gente vi è, già da alcuni anni, una figura “nuova”:  il diacono coniugato. Tuttavia, per molti fedeli non è ancora chiara la sua identità e il ministero che svolge nella Chiesa. Ecco perché molto spesso essi rivolgono ai presbiteri e agli stessi diaconi queste domande: “Il diacono chi è? Qual è il suo compito?”.

Occorre ricordare che il diaconato ha origine apostolica, i primi che ricevettero l’investitura sacra per l’imposizione delle mani dagli Apostoli, furono i diaconi: “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza” (At 6,5). Il ministero diaconale fu prospero fino al V-VI sec.; poi, per diverse ragioni, nella Chiesa latina subì un lento declino (mentre le Chiese d’Oriente lo hanno sempre conservato) fino a diventare una tappa intermedia per i candidati al presbiterato (salvo qualche ricomparsa come nel caso di san Francesco d’Assisi).  Il Concilio di Trento (XV sec.) dispose il ripristino del diaconato come alle origini ma questa decisione non trovò nessuna attuazione. Solo dopo il Concilio Vaticano II (1962/65) nella Chiesa latina il diaconato fu ripristinato e attuato come grado proprio e permanente nella gerarchia e conferito anche ad uomini sposati.

Il diaconato, pertanto, non è una riscoperta “archeologica”, né un nostalgico ritorno al passato; esso ha un ruolo specifico e necessario nella gerarchia fin dall’inizio della Chiesa primitiva, per questo la sua “restaurazione” non è un rimedio alla situazione d'emergenza pastorale preoccupata dalla penuria dei preti. I diaconi, infatti, non possono essere considerati delle riserve di rincalzo della pastorale; piuttosto, il diaconato uxorato è un rinnovamento nella Tradizione della Chiesa suscitato dall'azione dello Spirito Santo nel Concilio Vaticano II.

Per spiegare ai fedeli l’azione ministeriale del diacono occorre mettere l’accento soprattutto sulla “grazia sacramentale” in quanto, egli essendo chierico agisce in forza del suo ministero, nel proprio grado dell’Ordine Sacerdotale. Quindi, con l’ordinazione sacramentale, i diaconi sono degli uomini consacrati, dei ministri sacri conformati in modo specifico a Cristo Sacerdote, nella veste di Diacono del Padre e degli uomini. La peculiarità di questa partecipazione spirituale al sacerdozio di Gesù, sommo diacono in terra, è nel servizio.

I diaconi, di fatto, pur non svolgendo il ministero sacerdotale della presidenza, ossia, la funzione strettamente sacrificale dell’Eucaristia (riservata ai vescovi e ai presbiteri), partecipano in modo proprio al sacerdozio di Gesù Cristo che” ci ha insegnato un nuovo modo di essere sacerdoti; un nuovo modo che ogni Giovedì Santo rievochiamo nella Lavanda dei piedi…” e che si esprime solo nell’essere servi; poiché: “Della missione e della grazia del supremo Sacerdozio partecipano in modo proprio anche…i Diaconi, i quali, servendo ai misteri di Dio e della Chiesa, devono mantenersi puri da ogni vizio e piacere a Dio e studiarsi di fare ogni genere di opere buone davanti agli uomini.” (LG n°41).

Nella Bibbia c’è una parola da ricordare e da vivere: Diaconia (servizio, come dono di sé, contro ogni forma d’egoismo), perché si trova al centro del piano della nostra salvezza. Il Messia, infatti, è stato profetizzato come “il Servo di Jahvè”, sofferente, umiliato, condannato e ucciso (Is. 52,13-15;53), per questo Gesù di Nazareth ha messo al primo posto la diaconia, come Lui stesso ha affermato: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire...”( Mt 20,28). Il diacono ha la gioia e l’onore d’essere memoria permanente del servizio di Cristo e della sua kenosi. Proprio dal servizio fino al martirio, dalla “Diaconia di sangue”(6), dall’estremo dono del Figlio di Dio, dall’Eucaristia nasce il servizio al prossimo, perché l’amore è segno dell’opera eucaristica. Ciò che conta agli occhi di Dio, quindi, è l’amore, il servizio per il prossimo: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo (diakonos) di tutti.” (Mc 9,34-35).

Non a caso i sommi pontefici hanno sempre amato il titolo di “servus servorum Dei”, servo dei servi di Dio, perché il vero modo di governare è il servire. Gesù ha manifestato la Signoria di Dio proprio sulla croce, “…scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23), servendo (amando) “sino alla fine” (Gv 13,1), sconvolgendo e superando così ogni concetto che si aveva di Dio.
    Pertanto, gli uffici dei diaconi, “...ministri della salvezza”, sono “sommamente necessari alla Chiesa”. Essi sono “…istituiti, per la cura delle anime” (LG n°29 b). Il Concilio Vaticano II così sintetizza: i diaconi “sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e i presbiteri. è ufficio del Diacono amministrare solennemente il Battesimo, essere custode e dispensatore dell’Eucaristia, in nome della Chiesa assistere e benedire il matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, celebrare i sacramentali, presiedere il rito funebre e della sepoltura.”( LG n°29). “Spetta anche ai diaconi servire il popolo di Dio nel ministero della parola…” (cf. can. 757), “… i diaconi godono della facoltà di predicare…” (cf. can.764), “…l'omelia… è riservata al sacerdote o al diacono” (cf. can. 767).

Nel documento della CEI, “I diaconi permanenti nella Chiesa in Italia”, l’identità e il ministero del diacono sono ben precisati. Il Magistero ha voluto “riconsiderare il dono prezioso del diaconato… a servizio della pastorale ecclesiale, tesa a realizzare la comunione tra i suoi vari soggetti”(8). La Chiesa ripresenta questo ministero con profonde motivazioni teologiche, ecclesiologiche e bibliche. Il diacono è segno sacramentale di Cristo Servo del Padre per l’edificazione della Chiesa Corpo di Cristo. Egli è segno e strumento dell’unità tra il pastore e la comunità(9); è come “sacramento” dell’incontro tra la Chiesa e il mondo. Nel diaconato uxorato la Chiesa acquista piena unità tra clero e fedeli, tra liturgia e vita. Il chierico uxorato, infatti, può essere considerato come un “anello d'unione” tra la gerarchia e i laici, come un “ponte” tra la parrocchia e il resto dei fedeli. Il diacono, apostolo della diaconia, ha il carisma di “interpretare e mediare” le necessità e i desideri delle comunità cristiane; “promuove e sostiene le attività dei laici” perciò è chiamato ad essere “l’animatore degli animatori” e a suscitare i ministeri, sia quelli istituiti sia quelli riconosciuti di fatto, rispondendo ai bisogni e alle esigenze pastorali.

Dichiara il documento CEI: il diacono è abilitato a servizi ecclesiali rilevanti, non semplici funzioni di supplenza (non è stato ordinato per fare il tappabuchi), in quanto è inserito, in maniera attiva e corresponsabile, nel piano pastorale diocesano e parrocchiale. “..Ai diaconi si chiede particolare cura per l’educazione dei giovani al Vangelo della carità... per l’educazione permanente dei cristiani alla presenza necessaria nel sociale e nel politico... in particolare essi sono ministri qualificati per la preparazione catechetica e pastorale dei candidati ai sacramenti, dei genitori e dei padrini per il Battesimo e la Cresima. I diaconi presiedono inoltre la celebrazione della Parola di Dio, anche quando è sostitutiva della messa festiva in caso di necessità (cf. can. 1248 § 2)... essi sono ministri ordinari della sacra comunione (cf. can. 910 § 1), dell’esposizione e della benedizione eucaristica (cf. can. 943)... possono impartire le benedizioni espressamente consentite loro dai libri liturgici (cf. can. 1169 § 3)... al diacono può essere affidato un compito specifico nella cura pastorale di una parrocchia... e impiegato anche nelle comunità parrocchiali senza presbitero residente (diaconie)... ai diaconi possono essere affidati impegni pastorali nelle strutture diocesane, come negli uffici di curia, negli organismi o commissioni diocesane, nei vicariati... essi sono presenti nel Consiglio Pastorale Diocesano e nel Consiglio Diocesano degli Affari Economici...”.
Il diacono, come ogni consacrato, è un uomo di preghiera, che trae forza anche dalla “celebrazione quotidiana delle lodi mattutine, dei vespri e della compieta”(can. 276, §2, n°3). Egli è ordinato “in ministerio episcopi”, cioè, per il vescovo, per cui il suo ministero è in particolare comunione e in dipendenza con il ministero del Vescovo, e in comunione e in collaborazione con i presbiteri. Nei primi secoli della Chiesa, è definito: “l’orecchio, la bocca, il cuore e l’anima del vescovo”.
   A causa del suo ministero liturgico al servizio del Vescovo, il diacono svolge un ufficio pubblico per la Chiesa; la forma “primitiva” della celebrazione Eucaristica esigeva un diacono, così come nella liturgia orientale è una presenza fondamentale. Pertanto il diaconato, essendo il primo grado dell’unico e non reiterabile sacramento dell’Ordine Sacerdotale, non può essere considerato come un gradino previo o di passaggio verso il presbiterato. Il diaconato è unico, non c’è alcuna rilevanza essenziale tra quello permanente e quello transeunte.

   I diaconi, dunque, sono “segnati dal carattere e sostenuti dalla grazia sacramentale” dell’ordine ricevuto e svolgono il loro ministero nella diaconia della liturgia (servizio all’altare), nella diaconia della carità (servizio sollecito ai poveri), e nella diaconia della Parola di Dio (servizio alla Verità - difatti, nel rito dell'Ordinazione viene consegnato al diacono il Libro degli Evangeli). Pertanto, il sacramento dell’Ordine del diaconato, nel suo significato teologico, configura i ministri, nel proprio grado, a Cristo Profeta, Sacerdote e Pastore.
Papa Giovanni Paolo II, nei suoi insegnamenti, afferma: “Il diacono nel suo grado personifica Cristo servo del Padre, partecipando alla triplice funzione del sacramento dell’ordine: è maestro (funzione profetica, in quanto proclama la Parola di Dio; é santificatore (funzione sacerdotale, in quanto amministra il sacramento del Battesimo, dell’eucaristia e i sacramentali; è guida (funzione pastorale) n quanto è animatore di comunità o settori della vita ecclesiale. In tal senso, il diacono contribuisce a fare crescere la Chiesa come realtà di comunione, di servizio, di missione.”

    L’identità e il ministero dei diaconi,“sacri ministri dei misteri di Gesù Cristo”, che la Chiesa professa, è ciò che Dio ha rivelato nella Storia della Salvezza: “Ciò che si riferisce alla vita e al ministero dei diaconi, potrebbe essere riassunto in un’unica parola: fedeltà. Fedeltà alla Tradizione, al Magistero, all’impegno di rievangelizzazione che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa.”
Si è citato il documento CEI sul diaconato, con l’auspicio che possa essere utilizzato per catechesi nelle comunità alle quali i diaconi uxorati saranno inviati, per dare un senso pieno alla “nuova” figura del diacono, che va collocato con la sua specificità nell’attività pastorale. Occorre intendere, quindi, il suo servizio come frutto della “provvidenziale fantasia dello Spirito”, come dono di grazia per tutto il popolo di Dio, perché il diacono è segno di Gesù che sta in mezzo a noi.

Inoltre, nella pastorale è un segno della volontà di Dio: il diaconato è attualmente l’unica Vocazione in continua crescita e non va “ostacolata”, perchè, come tutte le vocazioni, è un dono che viene dall’Alto: “Il diacono è una vocazione, una chiamata del Signore rivolta nella libertà dello Spirito per la costruzione del Regno di Dio.”

Le chiamate, quindi, sono un diritto esclusivo di Dio, usurpare tale diritto, bloccando le vocazioni (o rendendo oltremodo difficile l’itinerario di formazione), sarebbe un atto di empietà e di superbia inaudito. La penuria dei sacerdoti è certamente conosciuta da Dio che nel suo provvidenziale disegno di salvezza trasforma una situazione negativa in una opportunità di profondo rinnovamento e crescita della sua Chiesa chiamata a discernere i segni dei tempi. Tutto questo ci consente di sostenere che la Chiesa Diocesana (così la stessa parrocchia) deve attivarsi per aiutare tali vocazioni, perché senza diaconi la Chiesa è un corpo mutilato e limitato, privo di una parte irrinunciabile perché costitutiva del suo stesso corpo.

Poiché nella Chiesanessun ministero ha in sé la sintesi dei carismi (bensì, c’è chi è preposto per il discernimento dei carismi), il ruolo del diacono (dei ministri istituiti e di fatto) in parrocchia va visto nell’ottica della complementarietà dei ministeri, intesa non come scambio di ruoli (il diacono non aspira a sostituire il presbitero), ma come diversità di ruoli, cioè, ministeri distinti che si completano a vicenda nellacomunione e nella reciprocità di sentimenti di stima(27). Inoltre, è opportuno rimarcare che la figura del diacono in parrocchia mette in risalto ancor di più il ruolo fondamentale del presbitero.

Tra l’altro, il diacono uxorato ha il vantaggio di non essere “tentato” dal carrierismo. Egli è un semplice padre di famiglia che, confortato dal suo munus, riesce a mantenere la propria identità di marito e di padre senza annullarla o contrapporla a quella di ministro ordinato. Con l’aiuto prezioso della moglie e della sua condivisione, il diacono non trascura i suoi impegni familiari e di lavoro. Anzi, trae la forza e l’armonia proprio dalla felice unione della grazia ottenuta dal sacramento del Matrimonio e dell’Ordine Sacro.
In virtù di questo, con un sano equilibrio spirituale (sul quale bisogna sempre vigilare) e con spirito di servizio (svolto gratuitamente), il diacono offre il suo contributo di esperienza di vita, d’intelligenza, di sensibilità paterna, di capacità culturale, esercitando il suo ministero come una ricchezza da vivere e da comunicare principalmente fuori della parrocchia, negli ambienti di lavoro, nella cura pastorale delle famiglie (ambito connaturale al diacono e di grande urgenza pastorale), tra gli ammalati, tra la gente, partecipando alla costruzione di una “Chiesa tutta ministeriale”.

Il ministero dei diaconi, pertanto, va inteso come risorsa, ancora da implementare, in prospettiva di una Chiesa che vuole camminare ed operare con “stile sinodale”, nel principio di sussidiarietà applicato fino in fondo, nell’ascolto della fantasiosa creatività e delle infinite possibilità dello Spirito che fa nuove tutte le cose e va oltre ogni nostra aspettativa. Ciò è necessario se si vuole un’azione pastorale di maggiore partecipazione e di corresponsabilità di tutti i suoi membri, come ha espresso lo stesso Sinodo Diocesano. Sinodo che si è ispirato alla concezione di Chiesa del concilio Vaticano II: Corpo di Cristo, “popolo di Dio” in cammino (cf LG n°18). Popolo chiamato alla santità, che deve saper coniugare, in un rapporto d’amore e di rispetto, l’opera di ciascuno e di tutti. Ciò comporta necessariamente che ciascuno attui il proprio compito in piena armonia e nella verità, in un’operosità d'insieme, poiché l’attività di ciascuno rende possibile l’attività di tutti (cf LG n°32c). La stessa gerarchia ecclesiastica va vista in quest’ottica; essa, infatti, è ministeriale, intesa nel suo più elevato e nobile significato di ufficio al servizio degli altri.

Il Vescovo, come pastore e buon padre educatore, ha il compito di “non spegnere lo Spirito”(1Ts 5,19) e di stare “all’ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese”(Ap 2,7) per “tirare fuori” e condurre tutte le vocazioni (anche quelle diaconali) e sviluppare tutte le facoltà buone dei suoi “figli”. é su questi principi che il Sinodo vuole realizzare una maggiore fecondità nella vita della Chiesa che è in Pozzuoli, la quale è chiamata a discernere e valorizzare tutti i carismi che lo Spirito provvidenzialmente suscita nei suoi membri. Nella nostra diocesi, guidati dall’esempio del nostro pastore, siamo tutti chiamati ad esercitare il “ministero dell’Effatà”(29), ossia, la diaconia della Chiesa che aiuta l’uomo ad emanciparsi, ad “aprire” se stesso e questo mondo alla venuta di Cristo, accogliendolo come l’unico salvatore, Via, Verità e Vita eterna.

Effatà è la parola che Gesù rivolge a noi oggi per aprirci alla vera Vita, scoprendo il meraviglioso disegno del Padre sull’uomo, per farci riacquistare la dignità perduta, le nostre potenzialità di bene, rinnovati dallo Spirito, così da manifestare nel mondo il volto reale e regale della Speranza.

Sull’esempio dell’umile e necessario Servizio della Beata Vergine Maria, che in piena libertà proclamò: “Sono la serva del Signore”(Lc 1,38) e degli Angeli di Dio“…inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza” (Eb 1,14), anche noi siamo chiamati a servire i nostri fratelli (contrariamente a quanti oggi gridano: “Non serviam” - Ger 2,20 - alla maniera degli angeli ribelli); perché nel servizio al prossimo, che è l’anti-peccato, Dio ha voluto la sua Chiesa “…come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG n°1), una: “stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato.” (1 Pt 2,9).

 
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