L

LABEL

Etichetta, esistono due modi per dare un nome a un disco. Il primo (valido se si tratta di floppy) consiste nell'incollare un'etichetta autoadesiva con il nome prescelto direttamente sul dischetto. Il secondo invece consta nel fornire al disco una label elettronica, cioè un nome da introdurre via software, che viene detta 'nome del volume'. Se oltre a un nome identificativo si intende dare anche una breve descrizione del contenuto di un dischetto (descrizione che verrà mostrata nella finestra Risorse del Computer), basta selezionare l'icona che rappresenta il disco in questione e quindi aprire la finestra dove sono elencate le sue proprietà. Si potranno così inserire, oltre al nome desiderato, anche dei brevi cenni sulle caratteristiche dei dati memorizzati sul disco.

LAN

Local Area Network - rete locale. Una rete d'interconnessione tra diversi computer entro un'area delimitata dai muri dell'edificio o dal perimetro dello stabilimento in cui viene installata, oppure dal raggio di pochi chilometri nel caso in cui non esistano confini di riferimento precisi. Consente lo scambio diretto di dati in formato elettronico tra più di due computer. Esistono diversi tipi diversi di rete locale, ma sono tutti accomunati dal fatto di trasmettere dati ad alta velocità (da 100 Kbps a 1 Gigabit per secondo). Come mezzo di connessione si usano cavi in rame, fibra ottica o canali radio.

LAPTOP

Termine inglese con il quale si indicano i computer portatili, che può essere tradotto liberamente con "computer da tenere sulle ginocchia" (più precisamente, "sulle cosce"). Normalmente viene chiamato anche Notebook.

LARGHEZZA DI BANDA

E' la misura della capacità di trasmissione di dati in una rete. Una maggiore larghezza di banda permette una maggiore velocità di comunicazione.

LaserJet

E' il marchio di fabbrica di un modello di stampante prodotto dalla Hewlett-Packard. Queste stampanti sono dotate di un loro linguaggio, detto PCL, che definisce il modo in cui i caratteri e gli elementi grafici devono essere stampati sul foglio. Il PCL è oggi divenuto uno dei due standard più diffusi per la comunicazione dei dati fra computer e stampanti laser. L'altro linguaggio è il PostScript. Molte stampanti laser sono compatibili con lo standard LaserJet. Ciò significa che una volta che Windows sia stato impostato in modo da supportare una LaserJet HP, sarà anche in grado di comunicare con qualunque altra stampante compatibile con lo stesso standard.

LATENZA

Indica il tempo che, misurato in millisecondi, un pacchetto di dati passa attraverso una connessione di rete. I due fattori fondamentali che determinano una connessione sono latenza ed ampiezza di banda.

LAYOUT

Disposizione, aspetto. E' il termine che indica la disposizione del testo, delle immagini, dei bordi e degli sfondi grafici all'interno di una pagina Web o una pagina di Word.

LCD

Liquid Cristal Display - display a cristalli liquidi.
Una tecnologia di fabbricazione dei display che per produrre un'immagine utilizza filtri polarizzati e celle di cristalli liquidi al posto di uno schermo fosforescente bombardato da un fascio di elettroni (vedi CRT). In origine questi schermi erano solo monocromatici, ma oggi ne esistono anche versioni a colori. Per controllare l'intensità dei punti rossi, verdi e blu che compongono l'immagine, il circuito di controllo modifica la quantità di carica elettrica applicata a ciascuna cella di cristalli liquidi. La luce viene innanzitutto polarizzata da un primo filtro, questo significa che viene orientata su un singolo piano invece di essere diffusa a 360 gradi come di solito, dopo di che attraversa la cella e viene deviata in funzione dell'orientamento assunto dai cristalli liquidi. La quantità di luce che attraversa la singola cella dipende dalla quantità di carica elettrica applicata a quest'ultima. Se la luce viene deviata dal proprio percorso originale oltre un certo angolo non riuscirà ad attraversare un secondo filtro posto prima della maschera verde, rossa o blu, attraverso cui deve passare per assumere la colorazione voluta. Gli LCD vengono usati comunemente sui computer portatili.
Tutti i display che usano cristalli liquidi vengono costruiti sovrapponendo a mo' di sandwitch sette strati fondamentali. Al centro c'è lo strato molle dei cristalli liquidi veri e propri (alcuni micron di spessore) contenuto tra due sottili lamine di vetro che hanno scanalature rettilinee sulla superficie interna, quella rivolta verso il cristallo liquido. Le scanalature sono ricavate depositando sulla superficie interna del vetro una sottile pellicola trasparente che viene quindi "arata" con tecniche di precisione. Le scanalature della lamina superiore sono perpendicolari rispetto a quelle della lamina inferiore. Di conseguenza i cristalli, che seguono l'orientamento delle scanalature incise sulla superficie a loro più vicina, finiscono per descrivere una spirale che ruota di 90 gradi, partendo dall'orientamento logitudinale di una lamina per arrivare a quello latitudinale dell'altra. Il nome assegnato a questo genere di tecnologia è twisted nematic, vale a dire cristalli nematici ruotati. La luce che entra da un estremo tende ad attraversare lo strato di cristallo seguendo l'orientamento dei vari "filamenti" di quest'ultimo. Di conseguenza esce all'altro estremo ruotata di 90 gradi. Se aggiungiamo elettrodi trasparenti sul entrambe le superfici esterne delle lamine trasparenti potremo applicare un campo elettrico che costringa i cristalli a orientarsi tutti nella stessa direzione, azzerando l'influenza di attrazione spontanea esercitata dalle scanalature. Quando il campo elettrico viene applicato, la luce attraversa il cristallo senza subire alcuna rotazione. Questa variazione di fatto non è apprezzabile dall'occhio e perciò bisogna aggiungere altri due strati composti da un filtro polarizzatore (del tipo impiegato nelle lenti per occhiali da sole e in altri apparati). La caratteristica di questi filtri è di far passare unicamente la luce orientata lungo un asse ben definito. Allineando questo asse con la direzione delle scanalature incise sul vetro, avremo che la luce entra esattamente alineata con lo primo strato di cristalli liquidi e quindi prosegue seguendo la rotazione dei cristalli fino a uscire all'altro estremo perfettamente allineata con il filtro di uscita. Quando, però, si applica il campo elettrico e il cristallo abbandona la condizione di riposo per allinearsi lungo una sola direzione, la luce viene intercettata dal filtro in uscita, rispetto al quale ora è sfasata di 90 gradi, e lo schermo appare nero o grigio scuro in quel particolare punto. Potete riprodurre sperimentalmente questo fenomeno nella pratica senza l'ausilio dei cristalli liquidi: prendete due filtri polarizzati (magari le lenti di due occhiali Polaroid) e sovrapponetele: la luce continuerà a passare, anche se attenuata dalla colorazione delle lenti. Ora ruotate di 90 gradi una delle due lenti così che siano perpendicolari tra loro e osservate che diventano sempre più scure a mano a mano che vi avvicinate alla completa rotazione, dopo di che non vedrete più nulla.
Questa è la disposizione tipica dei filtri montati su un LCD e l'unico motivo per cui la luce attraversa il display è grazie all'influenza del cristallo che costringe il fascio luminoso a ruotare di 90 gradi lungo il suo percorso. Quando viene invece applicato il campo elettrico, i filamenti di cristallo diventano tutti paralleli, di conseguenza la luce non viene più ruotata e viene bloccata. Per questo motivo i display a cristalli liquidi vengono anche chiamati LCD shutter, vale a dire otturatori LCD, prendendo il termine a prestito dalla fotografia. Quando l'otturatore di una macchina fotografica si apre, la luce passa e la pellicola viene impressionata, quando si chiude, il passaggio cessa e l'interno rimane buio.
A seconda del numero di elettrodi che costruiamo nei due strati intermedi, avremo tanti punti o aree del display che si comporteranno come tanti otturatori indipendenti, descrivendo nell'insieme lettere, numeri o figure.
I più elementari display LCD, quelli montati sugli orologi, sulle calcolatrici e sui pannelli di controllo, usano questo genere di struttura e aggiungono semplicemente su uno dei due lati una superficie riflettente così che la luce entri dall'alto e venga riflessa all'indietro oppure non venga riflessa, mostrando un'area nera o grigia, quando viene applicata tensione all'elettrodo corrispondente a quella particolare area.
Poiché gli elettrodi sono costruiti in materiale plastico, è possibile conferire loro qualsiasi forma a piacimento. La prima forma sperimentata, che ciascuno di noi conosce, è quella dei sette segmenti allungati che composti tra loro formano una cifra o una lettera: li si trova in orologi e calcolatrici e sono gli eredi dei precedenti display LED(tipicamente rossi o verdi) che li hanno preceduti e che avevano il pregio di emettere luce e di essere quindi anche visibili al buio, ma che comportavano lo svantaggio di consumare parecchia corrente (in rapporto alla capacità delle batterie miniaturizzate usate in un orologio).
Successivamente si è passati a realizzare display con singoli punti, piuttosto grossolani, ma abbastanza numerosi per tracciare lettere maiuscole e minuscole, simboli e cifre (li si vede negli apparati industriali, sui pannelli di controllo incorporati in alcune stampanti o server, e sono stati anche utilizzati per i monitor computer: chi è vecchio del mestiere si ricorderà il mitico portatile M10 Olivetti).
Oggi si possono costruire display a specchio con punti tanto piccoli da poter visualizzare anche immagini grafiche di ragionevole qualità (come nei computer palmari) oppure figurine che simboleggiano la batteria, il disco rigido, la spina dell'alimentatore e altro ancora, nei pannelli di controllo integrati sopra la tastiera di molti notebook.
La vera svolta nell'impiego dei cristalli liquidi come tecnologia di visualizzazione è arrivata con l'impiego del colore. Condizione primaria per realizzare un oggetto di questo tipo è disporre della retroilluminazione, cioè una fonte luminosa uniforme e regolabile che si trovi dietro al pannello LCD e che attraversi quest'ultimo per arrivare fino agli occhi dell'osservatore. In questo caso non si usa uno specchio che rifletta la luce che entra nel display dal davanti, bensì l'illuminazione arriva da dietro e può essere vista agevolmente anche in condizioni d'illuminazione ambientale scarsa. Anzi, a differenza di quanto avviene con i display a luce riflessa, che si vedono meglio quando la luce circostante è alta, i monitor retroilluminati perdono di qualità quando usati all'aperto o molto vicino a una finestra da cui entra il sole.
Il colore è ottenuto facendo passare la luce attraverso tre filtri colorati (rosso, verde e blu, come nella televisione, e sommando in un singolo punto - pixel - l'effetto dei tre punti). A ciascun punto corrisponde un elettrodo e mediante l'apertura o la chiusura dell'otturatore elettronico corrispondente otteniamo tre punti tutti oscurati (nero) oppure uno, due o tre punti illuminati, che combinandosi ci danno un punto con diverse colorazioni (per lo meno 256, anche se ormai è comune trovare display con 65.536 colori e la tecnologia si sta spingendo oltre).
Un'altra caratteristica di questi display è la dimensione. I primi LCD a colori per notebook avevano una diagonale di circa 8 pollici e risultavano perciò decine di volte più grandi dei tradizionali display LCD a striscia che vediamo sui pannelli di controllo o sulle calcolatrici. Col tempo la dimensione è cresciuta fino ad arrivare a 14 pollici e già esistono anche display più grandi. L'aumento della dimensione ha sollevato il problema di uniformare la qualità di visualizzazione e di aumentare la risoluzione. Il primo passo in questo senso è stato di ampliare il grado di torsione dei cristalli portandolo a 270 gradi. Si parla in questo caso di STN (SuperTwisted Nematic). La tecnica STN consente di ottenere un contrasto migliore su schermi di grandi dimensioni, contrasto che viene ulteriormente migliorato quando si aggiunge una seconda cella STN sopra la prima facendo in modo che la rotazione delle due sia contrapposta e risulti un punto completamente bianco. Questa sovrapposizione viene identificata con la sigla DSTN (Double Super Twisted Nematic) e migliora anche la resa cromatica dell'immagine. I display DSTN sono più pesanti e corposi degli STN, ma correggono l'alterazione dei colori che si nota in questi ultimi. Una terza variante prende il nome di TSTN (Triple Super Twisted Nematic). Si tratta sempre di DSTN a cui sono stati aggiunti due sottili strati di pellicola polimerica (plastica) con altro potere di rifrazione e idonea per costruire display monocromatici di qualità eccellente oppure per migliorare ulteriormente la resa cromatica dei display a colori.
La gran parte dei notebook con display a matrice passiva usa la tecnologia DSTN o TSTN. Si parla di matrice perché lo schermo è suddiviso in una serie di punti, ciascuno indirizzato separatamente. Dalla combinazione di punti accesi e spenti si forma l'immagine grafica colorata. La sua formazione assomiglia a quella del quadro televisivo: si traccia una riga alla volta, aprendo o chiudendo tutti i pixel di quella riga (così che facciano o meno passare la luce che arriva dalla lampadina di retroilluminazione), quindi si passa alla riga successiva fino a che si raggiunge il fondo del display e si ricomincia da capo. Non appena il campo elettrico viene tolto, l'immagine della prima riga appena tracciata comincia a dissolversi e questa dissolvenza diventa sempre più accentuata a mano a mano che si scende con le righe successive. L'unico motivo per cui l'immagine non scompare immediatamente è che i cristalli per DSTN restano in posizione per qualche tempo anche dopo che il campo elettrico ha cessato d'influenzarli. Lo svantaggio di questo genere di display è che l'immagine appare abbastanza slavata e tende anche un poco a sfarfallare (si nota la scansione progressiva verso il basso e l'altrettanto progressiva dissolvenza). Inoltre, poiché i cristalli usati sono di tipo "lento", al fine di mantenere le informazioni per un certo tempo, il display a matrice passiva non si presta a visualizzare immagini in rapido movimento e presenta spesso effetti di striatura orizzontali e verticali, per il fatto che gli elettrodi di una certa riga o di una certa colonna s'influenzano tra loro, creando aloni che prolungano le cornici delle finestre fino ai bordi dello schermo.
Un modo per migliorare il funzionamento di questi oggetti consiste nel dividere lo schermo in due metà verticali e nell'eseguire una doppia scansione contemporanea, costruendo due linee alla vota, una nella metà superiore e una nella metà inferiore, arrivando solo sino alla fine di quella metà prima di ricominciare. In questo modo lo schermo viene rigenerato il doppio delle volte, l'immagine risulta più brillante e meglio definita e lo sfarfallio scompare quasi del tutto. Questo genere di display viene definito dual scan. Resta pur sempre il problema che l'immagine risulta praticamente invisibile a chi osserva lo schermo con una leggera angolazione, come potrebbe accadere a uno spettatore che guarda il nostro lavoro al computer, e la velocità di rigenerazione non è comunque tale da permettere la visualizzazione d'immagini in rapido cambiamento (il tempo di risposta medio è di 300 millisecondi). Inoltre, al crescere della risoluzione, si moltiplica anche il numero di linee da tracciare e perciò, un display dual scan che potrebbe essere abbastanza nitido alla definizione di 640 x 480 (ogni metà è composta da 240 righe) diventa subito meno inciso a 800 x 600 punti (si aggiungono 60 righe per ciascuna metà), una risoluzione ormai abbastanza diffusa anche nei notebook economici.
Fino a tre anni fa, la gran parte degli utenti di notebook usava display a matrice passiva. Chi aveva budget limitati lavorava con schermi monocromatici, chi invece aveva qualche lira in più si concedeva il lusso del colore. Solo pochi potevano permettersi la nitidezza e la brillantezza della matrice attiva. Oggi la situazione si va rapidamente trasformando e, benché la percentuale di utilizzatori di tecnologia DSTN sia ancora corposa, l'utente medio cerca di puntare al massimo della qualità, magari risparmiando sulle dimensioni del display.
La matrice attiva offre notevoli vantaggi. Innanzi tutto la luminosità è molto maggiore e l'angolo di visione si estende a 45 gradi e oltre, consentendo anche agli spettatori vicini di vedere quel che compare sul monitor del computer. È possibile visualizzare immagini in rapido movimento senza scie o discontinuità (il tempo di risposta è di 50 millisecondi invece di 300 millisecondi) e senza sfarfallio, di conseguenza questa tecnologia può anche essere utilizzata per i computer convenzionali (al posto del tubo a raggi catodici, ingombrante e poco salutare) oppure come schermo per le nuove televisioni ultra piatte. Il contrasto è superlativo (150 o 200 a 1 contro il 30 a 1) perciò si ha un distacco tra nero e bianco persino migliore di un tubo a raggi catodici e il testo diventa facilmente leggibile. I due soli inconvenienti sono il prezzo, peraltro tendenzialmente in calo grazie al miglioramento dei processi produttivi, e il consumo, che richiede l'impiego di batterie più capienti e più costose.
Il principio di funzionamento è molto simile a quello di un display LCD con matrice passiva di tipo base (TN - Twisted Nematic). Anche qui abbiamo una fonte di retroilluminazione che genera una luce bianca che viene filtrata attraverso due filtri polarizzatori perpendicolari tra di loro e tre filtri colorati (rosso, verde e blu) posti a strisce alternate una vicina all'altra così da formare gruppi di tre sub-pixel la cui somma genera un singolo pixel (punto luminoso) variamente colorato. L'unico cambiamento è nella matrice degli elettrodi che pilotano le singole celle (i singoli sub-pixel). Invece di avere soltanto coppie di elettrodi che ricevono tensione ciclicamente a mano a mano che il display viene rigenerato, qui si aggiunge un transistor di memoria per ciascuna cella. Il transistor è un componente elettronico capace di memorizzare un'informazione digitale (0 oppure 1). Perciò, una volta che riceve l'informazione, il transistor la memorizza mantenendo la cella in quello stato fino a quando una nuova informazione viene fornita. Di conseguenza è possibile usare uno strato di cristalli più sottile e fluido visto che, a differenza di quel che accade nei display DSTN, non dobbiamo più contare sull'inerzia del singolo cristallo per mantenere visibile l'immagine quando lo schermo viene ridisegnato (o semplicemente rinfrescato) una riga per volta. Il transistor è collocato sul dorso della lastra trasparente (vetro) sul retro del display. Per questo motivo deve essere a sua volta trasparente e non impedire il passaggio della luce. La materia utilizzata per fabbricarlo è un film (pellicola) sottile di materiale plastico, da cui il nome TFT, Thin Film Transistor - transistor a film sottile. Lo strato è talmente sottile da essere nell'arco del decimillesimo di millimetro e del centimillesimo di millimetro, cioè da un decimo a un centesimo di micron. Per realizzare uno spessore tanto ridotto è necessario un processo produttivo molto preciso e controllato, e diventa quasi impossibile evitare difetti visto anche il numero di transistor che bisogna distribuire sulla matrice del display. Un tipico schermo a colori con una risoluzione SuperVGA usa 800 x 600 x 3 colori = 1.440.000 transistor individuali. Diventa perciò normale avere, anche nei display più pregiati, un certo numero di transistor difettosi che compaiono nella forma di un puntino (pixel) che rimale sempre illuminato di un certo colore oppure sempre nero (partecipa solo in parte alla visualizzazione dell'immagine, del testo o della grafica riprodotti sullo schermo). Secondo i propri parametri di qualità, ciascun produttore definisce il numero di sub-pixel difettosi ammissibile in una determinata area. Diciamo che, per un display SVGA, si possono accettare fino a dieci o quindici difetti e che la distanza minima ammissibile tra due difetti è di 5 millimetri. Se il numero di difetti supera la ventina oppure ci sono interi grappoli di punti difettosi riuniti insieme, il display va scartato e bisogna chiedere al fornitore o al rivenditore di sostituirlo. Chiunque può eseguire questo controllo a occhio nudo, portando sullo schermo uno sfondo completamente nero, completamente bianco, completamente verde, completamente blu e completamente rosso.

LED

Acronimo di "Light Emitting Diode" (diodo emettitore di luce). Componente elettronico, equivalente ad un diodo, che emette luce quando è in conduzione.

LEGACY

Termine nato nei mainframe per definire un hardware od un software che continua ad essere utilizzato perché il suo aggiornamento richiederebbe un costo sproporzionato rispetto alle migliori prestazioni che si otterrebbero, oppure perché il suo rimpiazzo non sarebbe compatibile con altre applicazioni od altro software. In pratica si tratta di un sistema obsoleto, ma che ha richiesto all'origine un sostanzioso investimento e che adesso si rivela lento ed incompatibile con i nuovi sistemi. La sua sostituzione, però, richiederebbe la sostituzione dell'intero sistema e la messa in opera di nuovo software. Mentre l'upgrade sarebbe costoso o impossibile (mancanza di pezzi di ricambio). Nei personal definisce quei protocolli, connettori, interfacce che vengono inseriti anche nei computer nuovi, per eventuali necessità e compatibilità, ma che in realtà siano obsoleti, lenti, non convenienti e fuori produzione. Per esempio, il connettore ISA/EISA, o la quantità di connettori PCI, quando la tecnologia corrente consente di usare AGP e USB. Si definisce legacy anche la compabilità con un sistema operativo vecchio, ma che costringe ad utilizzare un file system meno efficiente (es: DOS e FAT16). Ciò costringe a costruire computer più costosi e più ingombranti. Da qui la produzione di personal legacy-free, cioè senza legacy, più economici e piccoli.

LETTORE

Apparecchiatura elettronica per la traslazione di un tipo d'informazione da un supporto di memorizzazione a un altro: per esempio, lettore di caratteri magnetici, lettore di codici a barre, lettore ottico ecc.

LIBRERIA DI PROGRAMMI

Archivio dove sono raccolti e organizzati i programmi di elaborazione.

LINEA COMMUTATA

Vedi connessione dial-up.

LINEA DEDICATA

Tipo di connessione realizzato tramite un "cavo" ad essa riservato. In Italia tale tipo di linea può essere acquistato dalla Telecom. Questo tipo di connessione è indicato come CDN (Circuiti Diretti Numerici).

LINGUAGGIO

L'insieme delle regole, dei caratteri e dei simboli usati per l'elaborazione dei dati.
Linguaggio macchina: le istruzioni in formato binario riconosciute dal un particolare tipo di processore. Questo è il linguaggio operativo usato da tutti i computer del mondo per elaborare le informazioni e i programmi forniti dall'utente. Il programmatore scrive i programmi usando linguaggi di più alto livello (più vicini al modo di espressione umano) e questi vengono convertiti in linguaggio macchina prima della loro esecuzione. Esistono diverse famiglie di processori con linguaggi macchina differenti.
Linguaggio simbolico: quello costituito da un insieme di istruzioni basate su codici alfanumerici, usate per impostare i programmi e tradotte dal computer in linguaggio macchina. I linguaggi simbolici piò usati sono il Basic, il Cobol, il Fortran, il Pascal, il C.

LINGUAGGIO D'EMULAZIONE

E' un gruppo di comandi e di istruzioni utilizzato dal computer per gestire la stampante.

LINK

Collegamento. Riferimento a un altro documento Web oppure a un'altra sezione del medesimo documento. Questo tipo di aggancio costituisce l'elemento chiave per costruire ipertesti. Di solito questi collegamenti sono messi in evidenza quando compaiono sullo schermo (colore diverso, sottolineatura, grassetto e via dicendo).

LINUX

Una versione del sistema operativo Unix per personal computer, creata da Linus Torvald come progetto di ricerca per l'Università di Helsinki. Ne esistono diverse versioni tutte disponibili a costi molto ridotti o, in alcuni casi, praticamente gratuite.
Linux è un sistema operativo ricco di funzioni e particolarmente predisposto per funzionare nel mondo Internet. Consente di utilizzare il personal computer con molta più efficienza rispetto a Windows NT oppure altri sistemi operativi per PC. Richiede una certa esperienza per le operazioni di configurazione, ma garantisce una buona stabilità di funzionamento. E' molto diffuso in ambiente universitario e ha cominciato a diffondersi anche in ambito aziendale a partire dal 1998, grazie anche al supporto ufficiale che gli viene garantito dai principali produttori di hardware.

LOCAL BUS

Bus locale. Di solito si riferisce a un bus di sistema che si collega direttamente al microprocessore oppure a un bus sulla scheda madre che si trova più vicino al processore di quanto lo siano i bus di espansione ordinari (vale a dire che vi sono minori gradi di bufferizzazione) e che di conseguenza è in grado di fornire prestazioni superiori.

LOG

Dicesi "log file" quel file nel quale si registra automaticamente quanto compare sullo schermo durante un collegamento.

LOGIN

Il momento iniziale di collegamento a un servizio, quando si inseriscono i propri identificativi, cioè lo Username e la Password necessari a entrare nel sistema.

LOGOFF

Procedura di conclusione di una sessione di collegamento ad un computer (BBS o altro).

LOGON

Procedura di connessione e presentazione dell'utente alla BBS o ad altro computer.

LOL

Acronimo di Laugh Out Loud oppure Lots Of Laughs. Indica una grande risata utilizzata delle chat e nei newsgroup; serve in pratica per ridurre la scrittura dei caratteri.

LOSSLESS

E' un metodo di compressione di un file, sia un documento, un'immagine, un video o un file musicale che, nel momento della decompressione, non subisce perdite di qualità, per cui risulta essere come in origine. Rispetto alla compressione Lossy, questo tipo di file consente un minor risparmio di spazio.

LOSSY

E' un metodo di compressione dei dati dove la qualità dei file è sacrificata a fronte di un maggior risparmio di spazio. La quantità dei dati persi è in funzione dall'algoritmo di compressione utilizzato; tipico esempio viene dato dalla compressione delle immagini, come nel formato jpg.

LPT

Acronimo di Line Printer o Line Printing Terminal. Porta stampante di linea ma anche di scanner. Il nome abbreviato usato sui personal computer per identificare la porta parallela. La porta primaria si chiama LPT1, ma ne possono esistere altre come LPT2.

LYNX

Browser testuale per sistema Unix. E' una delle interfacce base per WWW.

LURK

Termine inglese che significa "restare nascosti". Pratica applicazione si ha quando si leggono gli interventi di un newsgroup o di un forum di discussione, senza parteciparvi; "lurkare" è l'azione di leggere senza intervenire, di rimanere nell'ombra.

LZW

Lempel-Ziv-Welch. Un metodo di compressione molto diffuso che garantisce il mantenimento di tutti i dati contenuti nel documento originale e che tipicamente raggiunge un rapporto di compressione massimo di 2,8:1. Il metodo trae le sue origini da due tecniche inventate da Jacob Ziv e da Abraham Lempel. La tecnica LZ77 esamina un blocco di dati di lunghezza fissa ed elimina qualsiasi ripetizione della medesima informazione inserendo al posto della ripetizione un puntatore che rimanda alla prima e unica copia di quel particolare dato. La tecnica LZ78 esamina i dati e crea un dizionario contenente le frasi ripetute, inserendo poi nel documento compresso alcuni puntatori che rimandano a tali frasi. Questo sistema di compressione è stato brevettato da Unisys nel 1985 ed è stato adottato da CompuServe per il formato grafico GIF e dai modem ad alta velocità come parte dello standard V.42bis (che regola appunto il modo in cui il modem comprime le informazioni prima di trasmetterle sulla linea e decomprime quelle in arrivo prima di inviarle al computer, in questo caso il massimo rapporto di compressione raggiungibile è di 4:1).
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