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...E VOI CHI DITE CHE IO SIA?
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OPUSCOLO N°
5
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PICCOLA COLLANA
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"I
TESTIMONI DI GEOVA"
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- Per ricevere
gli opuscoli rivolgersi:
- Padre Nicola
Tornese
- Viale S.
Ignazio, 4
- 80131 NAPOLI
tel. 081.545.70.44
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IL
SIGNIFICATO DEL NOME “CRISTIANO”
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1 - La testimonianza della
Bibbia. Il significato del nome cristiano si
deduce dalla sua origine. Ce lo dicono gli Atti degli
Apostoli, capitolo 11, versetto 26. “Ad Antiochia per la prima
volta i discepoli furono chiamati cristiani”.
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Antiochia è oggi un villaggio della
Siria nel vicino oriente. D'importanza ha solo il suo passato.
Infatti, al tempo a cui si riferiscono gli Atti -
verso gli anni 40 dopo Cristo - era una grande città con circa
mezzo milione di abitanti, la terza dell'impero, dopo Roma e
Alessandria d'Egitto. Ed era pagana nel culto e nei costumi. Ma
contava tra la sua popolazione un discreto numero di Ebrei, in
mezzo ai quali si ebbero le prime conversioni al Vangelo.
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Negli anni
40 d.C. vi giunsero dalla Giudea alcuni zelanti discepoli,
che coraggiosamente “cominciarono a parlare anche ai Greci (ossia
ai pagani), predicando la buona novella dei Signore Gesù. E la
mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si
converti al Signore” (Atti 11, 20-21).
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Questi nuovi credenti non rimasero a
lungo sconosciuti. Parenti, amici, conoscenti vennero a sapere che
avevano abbandonato il culto di dèi e semidèi pagani e
riconoscevano il Signore Gesù come unico e vero Dio. Per
designarli li chiamarono cristiani.
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Stando dunque alla Bibbia,
cristiano è colui che riconosce Gesù come Signore,
ossia come unico e vero Dio. Infatti Signore era
un nome divino equivalente a Tahve. I primi cristiani, invocando e
confessando Gesù come Signore, professavano la sua divinità od
uguaglianza con Dio.
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2 - La testimonianza della
storia. Circa mezzo secolo dopo i fatti ricordati dagli
Atti, un funzionario romano nella stessa regione di
Antiochia dovette fare un'inchiesta giudiziaria sulle credenze e
le pratiche dei cristiani. Si chiamava Plinio (il Giovane) ed era
un uomo colto e coscienzioso.
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Fatta l'inchiesta accurata e severa, Plinio espose i risultati
all'imperatore Traiano in una lettera lunga e dettagliata. La
lettera è giunta fino a noi. Vi si legge tra l'altro,: “Questa
gente (ossia i cristiani) usa radunarsi in giorni determinati
all'alba, e dire inni a Cristo come a Dio”.
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Dunque
dal rapporto ufficiale dell'autorità romana risulta che i
cristiani del primo secolo adoravano Cristo come Dio. Non erano
atei, come alcuni li accusavano, perché avevano abbandonato il
culto degli dèi. Per essi l'unico vero Dio era Cristo, il
Signore. Non si rivolgevano a Jahve, e tanto meno a Geova.
L'unico vero Dio si era rivelato, immedesimandosi, nel Cristo, il
Signore.
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Il giudizio del funzionario romano
collima con quello del popolo di Antiochia. Cristiano è
solo colui che crede nella divinità di Gesù il Cristo ed
invoca il Cristo come l'unico Signore e Dio.
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PARTE PRIMA
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L'ERRORE
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a)
I testimoni di Geova (tdG) negano la divinità di Gesù Cristo. Essi
dunque non sono cristiani. Questo gravissimo errore è ripetuto
incessantemente nelle loro pubblicazioni ufficiali fin dalla
fondazione della setta. Pochi anni fa hanno ribadito l'errore in
una loro formula di fede, dove è detto che “Gesù Cristo è il
Figlio di Dio e inferiore a lui”. In breve, per i geovisti Gesù
Cri- sto sarebbe una creatura, nobile, grande, potente, ricca di
anni e di virtù quanto volete; ma solo una
creatura.
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b)
L'errore dei tdG è gravissimo perché distrugge il vero
cristianesimo, ed è un errore an- tiscritturale soprattutto per
tre ragioni:
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- perché i geovisti, al fine di
inoculare questo errore, hanno manipolato la Bibbia con aggiunte e
modifiche ;
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- perché spiegano arbitrariamente
alcuni testi biblici per far dire al Sacro Testo ciò che essi
vogliono, non ciò che hanno detto gli autori ispirati;
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- perché ignorano, cioè nascondono
ai loro seguaci, non pochi testi biblici, dov'è esplicitamente
affermata la divinità di Gesù Cristo. Mentre dicono che bisogna
accertarsi di ogni cosa (cfr. 1 Tessalonicesi 5, 21), usano ogni
accorgimento per impedire che i loro adepti
conoscano la verità tutta intera. Il loro metodo è un feroce
lavaggio dì cervello a senso unico.
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c)
Da questa manipolazione della Bibbia è venuta
fuori una storia di Gesù artefatta e senza alcun
fondamento biblico, la storia del piccolo dio,
divisa in tre tempi:
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Primo tempo:
Esistenza preumana di Cristo.
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Secondo tempo:
Sua esistenza umana o terrena.
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Terzo tempo:
Sua esistenza post-terrena.
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Di questa storia diamo ora un breve
ragguaglio.
- Esistenza preumana di Cristo
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A sentire i geovisti, un tempo
Cristo non esisteva: non era assolutamente, in nessun modo. Egli
sarebbe venuto all'esistenza prima che il mondo fosse. “Dio suo
celeste Padre lo generò nel senso che Dio lo produsse da sé senza
intermediario. Come uno che è generato o che è creato,
l'“unigenito Figlio” ebbe un principio nella sua vita ed
esistenza”.
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Cristo dunque sarebbe il principio
della creazione di Dio, ossia il primo principiato,
generato, cioè creato da Geova, suo celeste Padre, come una
creatura spirituale.
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E' detto unigenito per
il modo in cui è venuto all'esistenza: egli sarebbe
stato il solo a essere creato direttamente da Dio
Geova, senza alcun intermediario, come avverrà per le altre
creature.
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E' detto primogenito
perché avrebbe preceduto nel tempo le altre creature, sarebbe
stato creato prima di tutte le altre creature.
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Durante la sua vita o esistenza
preumana il celeste Figlio di Geova avrebbe prestato servizio nei
cieli quale agente di Geova, suo Padre, specialmente come
strumento nella creazione di tutte le cose.
- Esistenza umana di Cristo
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Sia come si voglia, per il celeste
Figlio di Geova, creatura spirituale, giunse il tempo
stabilito perché nascesse bambino maschio sul nostro pianeta. Ci
fu perciò un giorno, circa due mila anni fa, in cui “la vita del
Figliolo di Dio venne trasferita dalla sua gloriosa posizione con
Dio Padre nel cielo all'embrione umano di una vergine giudea
chiamata Maria, e dopo nove mesi quel celeste Figlio di Geova
nacque come bambino umano sulla terra”.
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Tuttavia fu non parte spirito e
parte uomo; fu non un'ibrida creatura celeste e terrestre. Egli fu
un puro uomo, la cui energia vitale era stata trasferita d ci
mediante la miracolosa opera dello spirito di Dio potente”.
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In ogni modo, all'età di trent'anni “Iddio lo generò
ancora una volta quale Figlio spirituale invece di Figliuolo
umano. Ciò malgrado, egli visse e mori come uomo.
- Esistenza post-terrena
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Dopo la morte “il suo Padre immortale Geova risuscitò non come
Figliuolo umano, ma come Potente Figlio spirituale” . L'uomo Gesù
fu risuscitato come spirito. Questa volta fu
l'energia umana di Cristo a volatilizzarsi subito dopo la
sepoltura.
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Stando così le cose, le apparizioni del Risorto, di cui parlano i
vangeli, devono dirsi vere e proprie materializzazioni d'uno
spirito. Le pie donne credevano di vedere il corpo del Maestro (cfr.
Matteo 28, 9), i discepoli si illudevano di toccare le mani di
Gesù (cfr. Luca 24, 39; Gio- vanni 20, 27). In realtà si trattava
di uno spirito senza carne e senza ossa!
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Dopo
quaranta giorni di questo giuoco illusionistico Gesù ascese al
cielo, si levò cioè in alto verso le nubi come un veloce
elicottero, sottraendosi dalla vista dei discepoli.
- E
che cosa ha fatto e che cosa fa in cielo Cristo puro spirito dopo
l'ascensione?
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Rispondono i geovisti:
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a)Fino al 1914 si prese cura di un
piccolo regno spirituale composto unicamente degli appartenenti
alla classe privilegiata dei 144.000 contrassegnati. Non tutti
naturalmente perché una buona parte di loro venne al mondo dopo il
1914; e di tanto in tanto ne spuntano ancora. Per le altre
creature umane (miliardi!) nessun pensiero. Non era ancora giunta
la loro ora.
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b) Nel 1914 - come assicurano i tdG
- il Cristo celeste prese possesso del suo regno in senso pieno.
In quel fatidico anno 1914 egli tornò invisibilmente
in mezzo a noi, quale re e rappresentante di Geova. Bisogna
accettare per fede questo suo ritorno.
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Dal
suo trono invisibile Cristo - quale maresciallo di Geova - vigila
con occhi grifagni sull'afflitta umanità, che sta per dare gli
ultimi tratti. Se ha qualche sorriso, questo è riservato solo ai
membri della società geovista. Per tutti gli altri - i malvagi -
ira e minacce di sempiterna distruzione.
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Tra breve l'infuriato figlio di
Geova piomberà come uno sparviero sul nostro pianeta. Eli- minerà
in un bagno di sangue tutti i non geovisti. Saranno risparmiati
solo i membri della setta, circa tre milioni in una popolazione
mondiale che supera i cinque miliardi. Questa è la volontà di 13
Geova, dio d'amore!
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PARTE SECONDA
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LA VERITA'
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IL CRISTO PREUMANO
- Eternità del Figlio
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Domandano i geovisti:
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“Sapevate che Gesù ebbe una gloriosa
esistenza molto tempo prima di nascere come uomo qui sulla
terra?”.
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Rispondiamo noi cattolici e tutti i
veri cristiani:
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a) Sì, lo sapevamo assai
prima e motto meglio di voi. Infatti, secoli e millenni prima
che i tdG apparissero sulla faccia della terra, noi cattolici e
tutti i veri cristiani sapevamo e sappiamo che Gesù Cristo è
sempre stato. Egli non ebbe, cioè non
ricevette, una esistenza prima di nascere qui sulla terra.
Egli ha sempre avuto l'esistenza. Egli è
l'Eterno.
-
Questa dottrina della
eternità del Figlio di Dio noi cattolici e tutti i veri
cristiani la conosciamo dalla Bibbia. In Apocalisse 22,
13 Gesù dice di sé: “lo sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e
l'Ultimo, il Principio e la fine”. Questo significa essere
sempre esistito.
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In effetti, Gesù si. appropria le
parole che Jahve, l'Eterno, aveva detto di sé:
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“Così dice Jahve degli eserciti: lo sono il Primo e l'Ultimo” (Isaia
44, 6). “Ascoltatemi, Giacobbe, Israele che ho amato: Sono io, io
solo il Primo e anche l'Ultimo” (Isaia 48, 12). “Ecco: lo sono
l'Alfa e l'Omega, il Princicipio e la Fine” (Apocalisse 21, 6; cfr.
Apocalesse 1, 8).
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b) Riflettendo su queste chiare
parole della Bibbia, molto saggiamente ha osservato uno - uno dei
tanti! - che coraggiosamente si è dissociato dal tdG, ritornando
alla fede cattolica:
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“In Isaia 44, 6 e 48, 12 troviamo
scritto che 'Jahve è il Primo e l'Ultimo'. In Apocalisse 22, 13
Gesù, riferendosi a se stesso, dice: 'Io sono l'Alfa e l'Omega, il
Primo e l'Ultimo>, il Principio e la Fine'. Ora io chiedo: vi sono
due Primi e due Ultimi? Oppure Jahve e Gesù sono gli stessi?”.
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La parola di Dio insegna
inequivocabilmente che il Figlio è sempre esistito. Egli
è l'Eterno.
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Obiettano i geovisti:
Le parole “lo sono l'Alfa e l'Omega ece.”
si trovano in due contesti diversi. Quindi non si applicano al
Figlio come si applicano al Padre (Jahve).
-
Si risponde:
Le parole “lo sono l'Alfa e l'Omega ecc.” sono
una definizione dell'unico Dio in quanto eterno. Una
definizione, in qualunque contesto si trovi, indica sempre la
stessa realtà. il contesto non cambia la natura della realtà
definita.
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Facciamo un esempio: Il Capo dello
Stato in Italia è detto per definizione Presidente della
Repubblica Italiana. Egli è sempre Presidente
della Repubblica Italiana sia quando firma i decreti nel suo
ufficio presidenziale sia quando presiede il Consiglio Supremo
della Magistratura sia quando assiste a una partita di calcio o
passa alcuni giorni di riposo in Val Gardena.
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Le parole “lo sono l'Alfa e l'Omega
ecc.”, che Gesù applica a se stesso in Apocalisse 22, 13, possono
avere un solo significato anche se il contesto è diverso. Esse
indicano che l'Eterno si identifica con Lui, Egli è l'Eterno.
- Creatore di tutte le cose
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Noi evidenzieremo la stessa verità,
ossia l'eternità del Figlio, ricordando che, sempre
secondo la Bibbia, il Verbo o Parola di Dio è il Creatore
di tutte le cose.
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Leggiamo dal vangelo di Giovanni:
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“In principio era il Verbo (la
Parola), e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo (greco).
Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di
Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”
(Giovanni 1, 1-3).
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Osservazioni:
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a) Se tutto ciò che esiste
vale a dire tutte le creature - è stato fatto per mezzo di
Lui, è chiaro che Lui, la Parola o Verbo di Dio, non è una
creatura. Non.poteva fare se stesso. Non ha ricevuto l'esistenza.
L'ha data a tutte le cose create. Egli è Eterno.
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Se il Verbo o Parola avesse ricevuto
l'esistenza, san Giovanni avrebbe dovuto dire: “Tutto è stato
fatto per mezzo di Lui, eccetto Lui stesso”. Questo
la Bibbia non lo dice mai. Lo dicono i tdG. L'affermazione di
Giovanni è assoluta; esclude ogni altra creazione diretta
o indiretta.
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b) Prima dunque che ci fosse il
mondo delle creature, cielo e terra, esseri celesti ed esseri
terrestri (Genesi 1, 1; Colossesi 1, 15-17), il Verbo era, ossia
esisteva non creato.
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In principio
(in greco en archè senza articolo)
indica il primo istante di tutta la creazione. Prima
di quell'istante non c'erano creature né ter- restri né celesti.
Non c'era neppure il tempo. Ma il
Verbo c'era.
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Egli dunque non appartiene agli
esseri creati né in cielo né in terra. Egli è il Creatore
di tutto, il Principio, ossia la Causa Prima di
tutta la creazione (Apocalisse 3, 14); in quanto tale è
Eterno.
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c) Ricordiamo il classico commento
di S. Agostino:
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“Si faccia pure avanti un qualsiasi
infedele ariano (i tdG ripetono le eresie di Ario) e
mi venga a dire che il Verbo di Dio è stato fatto. Com'è possibile
che il Verbo di Dio sia stato fatto, quando Dio ha fatto ogni cosa
per mezzo del Verbo? Se lo stesso Verbo di Dio è stato fatto, per
mezzo di quale altro Verbo è stato fatto? L'evangelista dice: “In
principio era il Verbo”,, e tu invece: “In principio fu fatto il
Verbo”. L'evangelista aggiunge: “Tutte le cose furono fatte per
mezzo di lui” ' e tu sostieni che il Verbo
stesso fu fatto. L'evangelista avrebbe potuto dire.- “In principio
fu fatto il Verbo”. Invece il suo esordio è un altro: “In
principio era il Verbo”. Se era, vuol dire che non è
stato fatto”.
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d) L'evangelista ripete il suo
insegnamento con una frase esplicita e lapidaria.- “E Dio
era il Verbo” (Giovanni 1, 1 greco). L'autore
ispirato vuole inculcare che l'unico Dio e il Verbo sono la
stessa realtà. Tra i due vi è perfetta identità di
natura e di onnipotenza. Ciò che noi intendiamo col termine Dio (predicato
nominale) si trova nel Verbo (soggetto della frase giovannea). Il
Verbo o Figlio di Dio è Eterno come l'unico Dio e a
Lui consustanziale.
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L'errore:
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Per distruggere
l'identità di natura tra il Verbo o Parola (o Sapienza) e Dio, e
negare quindi la divinità e l'eternità
del Figlio, i tdG traducono Giovanni 1, 1: “E la Parola era un dio”'.
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La verità:
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a) Notate prima di
tutto che non si tratta d'una traduzione
letterale, benché ì geovisti vi assicurano di aver
tradotto la loro Bibbia con la mas- sima fedeltà
letterale al testo critico con solo “occasionali scostamenti
dal testo letterale”. Inoltre i dirigenti della setta sanno che
“alcune volte l'uso d'una piccola cosa come l'articolo definito .o
indefinito o la sua omissione può alterare l'esatto significato
del testo originale”.
-
Malgrado questo, i tdG hanno
alterato, cioè corrotto, il senso del testo biblico, usando
indebitamente l'articolo indefinito senza nessuna fedeltà al testo
originale. Infatti, nel testo greco ispirato non vi è
nessun articolo davanti a “Dio” (greco Theòs). I
geovisti vi hanno aggiunto l'articolo indeterminativo un. Si
tratta - ripetiamo - d'una infedeltà al testo biblico originale e
di un inganno a discapito degli ignoranti.
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b) Per giustificare il loro inganno
i geovisti ricorrono all'equivoco. Hanno scritto:
-
“La Bibbia completa -
Una traduzione americana rende questa
espressione (cioè Theòs) con " divino ", 'facendo
leggere l'intero verso. " Nel principio il Verbo esisteva. Il
Verbo era con Dio, e il Verbo era divino " (1943, ristampa).
Una Nuova Traduzione della Bibbia del Dr. Jas. Moffat
legge in modo simile: " Il Verbo esisteva nel principio assoluto,
il Verbo era con Dio, e il Verbo era di- vino" (edizione 1953).
Ogni persona onesta dovrà ammettere che le parole di Giovanni che
il Verbo o Logos 'era divino' non dicono che egli era Dio con cui
egli era. Esse dicono di una certa qualità del Verbo o Logos, ma
non lo identificano come uno e lo stesso Dio”.
-
Si risponde:
Ogni persona onesta dovrà ammettere che si
tratta di una truffa geovista. in effetti, se due traduttori
rendono “Theòs” con “divino” non ne segue che
Giovanni abbia voluto dire “divino”. I tdG attribuiscono a
Giovanni ciò che va attribuito a due traduttori. Ecco l'imbroglio!
Perché i geovisti non citano numerose altre traduzioni della
Bibbia che rendono Giovanni 1, 1 con le parole:
E il Verbo era Dio?'
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Dopo tutto, se Giovanni avesse
voluto dire “divino”, non mancava nella lingua greca la parola
appropriata che è “theiòs”. Perché i geovisti non dicono anche
questo?
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L'errore:
-
“Accurati traduttori ammettono che
la costruzione del nome con l'articolo indica una identità, una
personalità, mentre una costruzione senza articolo indica una
qualità di qualcuno”. A sopporto citano La Grammatica
greca del Nuovo Testamento di Dana e Mantey .
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La verità:
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a) Non è affatto vero
che la costruzione con l'articolo in dica una identità, mentre
quella senza articolo indicherebbe una qualità. Basta interrogare
qualunque insegnante di sintassi della. lingua o greca o latina o
italiana ecc. Non solo gli insegnanti, ma chiunque abbia una
minima istruzione sanno che il predicato nominale, abbia o non
abbia l'articolo davanti a sé, abbia l'articolo determinativo o
indeterminativo, indica sempre una
identità sostanziale col soggetto.
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Facciamo un esempio: lo posso dire:
“Il Presidente è avvocato o un avvocato o l'avvocato”.
L'esserci o no l'articolo indeterminativo o determinativo davanti
al predicato nominale (avvocato) non cambia mai l'identità
sostanziale tra soggetto e predicato. Nell'esempio addotto il
Presidente è sempre avvocato nel pieno senso della parola. Anche
se il predicato nominale è collocato, all'inizio della frase,
rimane sempre l'identità sostanziale tra soggetto e predicato. lo
posso dire: “Avvocato o un avvocato o l'avvocato è il Presidente”
senza nessun danno per l'identità tra soggetto e predicato. Tutto
ciò che comporta la parola “avvocato” appartiene al presidente, e
non solo qualche o alcune sue qualità".
-
b) Nella frase giovannea: “E Dio era
il Verbo”, così com'è nel testo originale greco ispirato, il
predicato nominale “Dio” (greco Theòs) senza articolo,
anche se posto a principio della frase, indica una identità
sostanziale col soggetto “il Verbo” (greco o Logos).
Tutto ciò che appartiene a Dio, all'unico eterno onnipotente Dio,
appartiene al Verbo, e non soltanto qualche o alcune qualità
divine.
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c) In quanto all'uso o abuso che i
tdG hanno fatto della grammatica di Dana e Mantey, va detto che lo
stesso Dr. Mantey ha protestato con una lettera al Corpo Direttivo
della Società geovista, in data I I luglio 1974, dove dice tra
l'altro: “Poi- ché mi avete citato fuori contesto, vi invito a non
citare più la mia grammatica”.
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L'errore:
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“In Atti 28: 6 noi abbiamo un caso
parallelo a Giovanni 1, 1, con esattamente la stessa costruzione
del predicato, cioè theòs senza articolo”. Ma alcune
traduzioni della, Bibbia anche cattoliche non rendono Atti 26, 8
“con 1 egli era Dio', bensì con 'egli era un dio'. Con eguale
giustificazione dal testo greco della Scrittura ispirata noi
abbiamo tradotto Giovanni 1, 1: 'E il Verbo era un dio'” .
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La verità:
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Contrariamente a ciò
che dicono i geovisti per confondere le idee, l'analisi accurata
di Atti 28, 6 conferma la loro errata spiegazione di Giovanni 1, 1
e quella esatta dei veri cristiani.
Infatti, in Atti 28, 6 il predicato nominale theòs,
benché senza articolo, indica una identità
sostanziale col soggetto, che in questo caso è san Paolo. 1 nativi
di Malta erano convinti che egli, Paolo, dovesse essere collocato
su un piano veramente divino, tra il numero dei 'loro dèi, con
natura e potenza divina, come avevano fatto i pagani di Listra (cfr.
Atti 14, 11-13). Dunque il predicato theòs indica non
una qualità, ma una identità con la divinità, anche se non ha
l'articolo.
- Generato prima di ogni creatura
(Col. 1, 15)
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La meravigliosa dottrina della
eternità del Cristo preumano contenuta esplicitamente
in san Giovanni si trova anche in san Paolo. Prendiamo in esame un
testo della Lettera ai Colossesi, di cui i tdG fanno
un pessimo uso.
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Scrisse san Paolo del
Cristo preumano:
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“Egli
è l'immagine del Dio invisibile, generato
prima di ogni creatura; poiché per mezzo di Lui
sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla
terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono
state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di
tutte le cose e tutte sussistono in Lui” (Colossesi 1, 15-17).
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Osservazioni:
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1 - Notate anzitutto
come san Paolo afferma chiaramente che il Cristo è prima di tutte
le cose (verso 17). Il Verbo preesiste a
tutte le creature, visibili e invisibili, celesti e terrestri.
Egli va collocato al di là di tutta la creazione,
vale a dire al di là del tempo, ossia nell'eternità. Il Cristo
pneumano è sempre esistito. Egli è
eterno.
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2 - In secondo luogo san Paolo
attribuisce al Cristo preumano la creazione di tutte le cose,
ripetendo con insistenza che tutte le cose sono state
create per mezzo di Lui (versi 16 e 17).
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Il Cristo preumano ha dato
l'esistenza a tutte le creature indistintamente. Non vi è creatura
che non abbia ricevuto da Lui la sua esistenza. Egli non è una
creatura perché non poteva dare l'esistenza a se stesso. Egli è
il Creatore di tutte le creature spirituali e celesti.
Egli è l'Eterno.
- Generare non è creare
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L'errore:
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Per oscurare tanta chiarezza i tdG
ricorrono all'equivoco. La Bibbia dice che il Cristo preumano è
stato generato. Ma - spiegano i geovisti - generare
significa creare. Dunque il Cristo preumano è stato creato .
-
La verità:
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In
nessuna parte della Bibbia è detto che il Figlio di Dio sia stato
creato. La Bibbia parla solo e sempre di generazione: “Generato
prima di ogni creatura” (Colossesi 1, 15). “Tu sei mio Figlio-
oggi ti ho generato” (Ebrei 1, 5).
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Il significato
proprio di generare, in tutte le lingue' è radicalmente diverso da
quello di creare. Creare vuol
dire fare dal nulla: “In principio Dio creò il cielo
e la terra” (Genesi 1, 1). Prima non esisteva né cielo né terra,
né cose visibili né cose invisibili. Esisteva solo Dio Uno e Trino.
Dio ha fatto tutte le cose dal nulla: le ha create. In
virtù della sua onnipotenza chiamò all'esistenza ciò che non
esisteva (cfr. 2 Maccabei 2, 28; Salmo 8, 2-5; Isaia 37, 16).
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Generare,
al contrario, vuol dire comunicare ad altri
qualcosa che già esiste, trasmettere la propria vita.
1 genitori non creano i figli. Trasmettono loro la vita, che essi
stessi hanno ricevuto. Tutti gli uomini erano in qualche modo nel
primo uomo: “Dio creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini” (Atti
17, 26).
- Un linguaggio che offende
-
Tutti gli uomini di senno accettano
la distinzione tra creare e generare. Solo i tdG
insistono sul loro equivoco e dicono.- Se generare non significa
creare, deve significare necessariamente procreare mediante
l'unione dei sessi.
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Hanno scritto:
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“Ebbene, c'era
dunque qualche persona di sesso femminile in cielo da cui Geova
Dio generasse il suo unigenito Figlio? '.. Inoltre, perché generò,
non dobbiamo immaginare che Dio abbia un seno come una persona di
sesso femminile. Dio non è femmina”.
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Rispondiamo:
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a) La Sacra Scrittura è
completamente aliena da tali volgarità. In nessuna
pagina della Bibbia vi è, la benché minima insinuazione di
attività sessuale di Dio. Mai i veri cristiani hanno neppure
lontanamente immaginato simili cose. Solo i tdG vi possono pensare
come facevano e fanno i pagani con le loro divinità.
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b) Tuttavia la Bibbia parla di
generazione (mai di creazione) dei Figlio (cfr. Ebrei 1, 5;
Colossesi 1, 15). Qual è il significato di questa generazione? .
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Notate anzitutto che generare non
significa unicamente accoppiamento di sessi come insinuano i tdG.
Noi usiamo spesso la parola generare senza riferimento al sesso.
Diciamo, per esempio, che un corpo incandescente genera luce e
calore; che un motore genera moto; che la mente genera il pensiero
ecc.
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Seguendo tale comune linguaggio,
l'autore sacro, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, volle
farci capire in qualche modo come il Figlio sia della
stessa sostanza o natura del Padre benché da Lui distinto come
Persona. Il verbo generare si presta a indicare tale
cosa. Infatti il generato (il figlio) ha la stessa natura del
generante (il padre), e insieme se ne distingue
come persona. Né d'altra parte si può dire che il figlio
sia creato dal padre. Generare non significa
creare.
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c) L'ultimo esempio sopra indicato -
quello del pensiero generato dalla mente - ci aiuta
me- glio a capire il linguaggio biblico. La mente, ossia la nostra
natura pensante, genera qualcosa che è parte di noi stessi, ossia
il nostro pensiero. Eppure in qualche modo se ne distingue e si
manifesta come parola.
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Questa analogia o modo di esprimersi
per rassomiglianza tra due cose non è fantasiosa. Ha una base
biblica. La Bibbia infatti chiama il Figlio Logos (cfr.
Giovanni 1, 1), ossia Pensiero o Sapienza o Parola (Verbo) di Dio.
Il Cristo-Logos è il pensiero o Sapienza dell'Unico
Dio, ossia l'@Unico Dio, che si è manifestato al mondo prendendo
dimora in Gesù di Nazareth. Il Padre è in Lui e Lui nel Padre (cfr.
Giovanni 14, 10). Non soltanto opera per mezzo di Lui. Ma è in Lui,
e conseguentemente parla e opera per mezzo di Lui.
- Unigenito e Primogenito
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Alla luce di questa dottrina biblica
appare chiaro quale sia il significato esatto sia di
Unigenito che di Primogenito, detti del Figlio di
Dio.
-
a) Unigenito (monoghenès)
letteralmente non indica il modo in cui uno viene
all'esistenza. In- fatti, anche altri generati, se ci fossero,
verrebbero all'esistenza allo stesso modo.
-
Unigenito
dice soltanto che vi è uno solo, senza
pari. Il Verbo è detto Unigenito (cfr. Giovanni
1, 14) non per il modo in cui sarebbe venuto alla esistenza, cioè
perché sarebbe stato creato direttamente da Geova
senza intermediario. Questo è un grosso errore geovista. Il Verbo
non è stato creato in nessun modo. Egli è Eterno e
Creatore di tutto.
-
E' detto Unigenito perché
Unico, senza pari. Se fosse una creatura, sarebbe imparentato
con le creature. Non sarebbe Unigenito.
-
b) Primogenito
(cfr. Colossesi 1, 15), nell'uso biblico, non
indica la priorità nel tempo (= essere nato prima),
bensì la preminenza, la superiorità, la dignità
impareggiabile.
-
Così, ad esempio, Israele è chiamato
da Jahve “figlio primogenito” non perché fu creato prima degli
altri popoli, ma perché eletto da Dio a essere superiore agli
altri popoli (cfr. Deuteronomio 7, 6-8; Romani 9, 1-5).
-
Parimenti Davide, benché fosse il
più giovane tra i figli di Jesse (cfr. 1 Samuele 16, 10-13), fu
costituito primogenito, ossia il più grande tra i re
della terra (cfr. Salmo 89, 28).
-
Il Cristo è detto
Primogenito perché superiore a tutto il creato: Egli è “il
Primo' l'Alfa, il Principio” cioè la Causa di
tutte le cose.
- Proverbi 8, 22-36
-
Ripetiamo con fermezza e chiarezza:
in nessuna parte della Bibbia è detto che il Figlio di Dio sia
stato creato. Generato non creato, professano i veri
cristiani. Creato non generato, ripetono gli eretici.
-
Nello sforzo di provare questo loro
errore i tdG fanno uso del libro dei Proverbi, cap. 8
verso 22, dov'è detto: “Jahve mi creò fin dall'inizio del suo
potere, prima delle sue opere, fin d'allora” (Garofalo).
E spiegando male questo versetto, dicono: la sapienza, di cui
si parla, è il Figlio di Dio. Dunque egli è stato creato da Geova.
-
Dov'è la verità?
-
Per conoscerla, bisogna leggere e
spiegare il verso citato (v. 22) nel suo intero contesto, non
isolatamente; bisogna capirlo nel suo nesso con quanto l'autore
sacro dice fino alla fine del capitolo. Da questa accurata lettura
si ne ricava quanto segue:
-
a) La sapienza, di cui
si parla nel verso 22, è la sapienza creata, ossia l'armonia del
cosmo, dell'universo ordinato, che si rivela soprattutto nell'uomo.
L'autore sacro, mediante un artificio letterario, fa parlare tale
armonia( o sapienza) come se fosse una persona e afferma la sua
origine divina- “Jahve mi creò fin dall'inizio del suo potere”,
ossia ha fatto ogni cosa con ordine o sapienza, non a caso.
-
b) Subito
dopo l'autore sacro dalla sapienza creata assorge a quella
increata, di cui dice: “Dall'eternità fui stabilita
(…) Non c'erano ancora abissi: io fui concepita; (…) prima delle
colline io ero nata ( ... ). lo stavo accanto a lui come
architetto” (Proverbi 8, 23.24.25.30).
-
Qui dunque si parla di una Sapienza
che esiste fin dall'eternità, concepita, nata, non
creata, e come tale sussiste in Dio quale idea operante (architetto)
di tutta la creazione. E' lo stesso Dio che crea l'universo
sapientemente armonizzato.
-
San Giovanni nel Prologo
si riferisce alla Sapienza inarcata, che ha dato esistenza e
vita a tutte le cose. Ciò che egli leggeva nel libro dei
Proverbi servi a fargli capire la natura del Logos, che
sussiste in Dio, eterno ed onnipotente come Lui, e dal quale ha
avuto origine tutto l'universo.
- Tre sofisma geovisti
-
Il chiaro insegnamento biblico,
specialmente quello dei Prologo di san Giovanni, non
piace ai tdG. L'evangelista distrugge irrimediabilmente la loro
storiella della creazione preumana del Figlio di Dio. Perciò
contro quanto dice san Giovanni puntano le loro batterie. Vogliamo
analizzare alcuni dei loro botti.
-
Primo: sull'eternità del
Verbo hanno scritto:
-
“Non è possibile che ci fosse anche
un tempo in cui la Parola (il Verbo) non esisteva e il Padre era
solo? Questo è sottinteso da Giovanni 1, 1: 'In principio era la
Parola'. E' molto diverso dal dire: 'La Parola sempre esistette'.
In se stessa la parola principio dà l'idea di qualche
tempo passato”.
-
La risposta:
-
Non è vero che la
parola “principio” in se stessa dìa
l'idea di qualche tempo passato. In se stessa la
parola “principio” dà l'idea di qualche tempo futuro.
Chi comincia guarda verso il futuro, non verso il passato. Il
passato può anche non esistere.
-
Facciamo un esempio. Il principio
d'una costruzione (d'una casa, d'un ponte, d'una strada e simili)
dà l'idea del futuro, non del passato. La costruzione che qualcuno
vuole fare non ha passato, ha solo futuro. Nel passato c'è solo
l'ingegnere, l'architetto, che non è parte della costruzione.
-
Allo stesso modo, se noi pensiamo al
principio della creazione di tutte le cose, non ha senso parlare
di passato. Allora non c'era passato. C'era solo tempo
futuro perché il tempo comincia con la creazione. Quel
“principio assoluto” non dà l'idea d'un tempo passato. E' perciò
errato dire che “in se stessa la parola principio dà
l'idea di qualche tempo passato”.
-
- San Giovanni parla appunto
dell'inizio di tutte le cose create, chiamate alla
esistenza dalla Parola o Verbo. In quell'inizio non c'era passato,
c'era solo futuro. In quell'inizio senza passato la Parola era.
Questo equivale a dire che la Parola esisteva prima
del tempo, prima di tutta la crea- zione. La Parola è fuori del
tempo. E' eterna.
-
Secondo: sulla Onnipotenza
creatrice del Verbo hanno detto:
-
“E' questa la prova che la Parola
fosse il Creatore? Noi Perché no? Perché la creazione fu compiuta
per mezzo di lui. La Parola fu perciò lo strumento di
Dio per compiere le opere creative”.
-
La risposta:
-
Nel vangelo di
Giovanni (1, 3 testo greco) non sta
scritto: “Dio creò tutte le cose per mezzo di lui”. Il testo
originale, così com'è uscito dalla penna dell'autore ispirato,
dice: “Tutte le cose sono state create per mezzo (o per opera) di
lui”. Questo modo di esprimersi è ben diverso dal precedente.
-
Nel primo caso - così come affermano
i tdG travisando il pensiero dell'evangelista - la Parola sarebbe
uno strumento passavo maneggiato da Dio. La Bibbia
non dice questo.
-
Nel secondo caso - così come dice
effettiva- mente la Bibbia - la Parola è soggetto agente
della creazione. Soggetto agente vuol dire che la
Parola fu la causa Prima, ossia il Creatore
in senso assoluto ed indipendente di tutte le cose.
-
- Una conferma è data dalla
Lettera agli Ebrei 2, 10. Parlando di Dio, l'autore ispirato
dice: “Per il quale e per mezzo del quale sono tutte
le cose” (testo greco). Se l'espressione “per mezzo del qua- le”,
indicasse lo strumento della creazione, Dio dovrebbe dirsi
strumento della creazione.
-
Terzo: sulla divinità della
Parola dicono i geovisti:
-
“In che senso la Parola è Dio? La
risposta a questa domanda si capisce considerando, com'è usato
nella Bibbia il termine Dio”. Poi spiegano: nel Salmo 8, 5 gli
angeli sono chiamati dèi (elo-him). Così pure alcuni uomini (cfr.
Salmo 82, 1-6). Nell'uno e nell'altro caso dio significa un
potente, ossia una creatura potente. Perciò anche in
Giovanni 1, 1, theòs (Dio) detto della Parola,
significa una creatura potente (un dio).
-
La risposta:
-
a) Si tratta d'un sofisma,
ossia d'un piccolo imbroglio. Per evidenziarlo diciamo con parole
chia- re ciò che i geovisti dicono con parole. confuse:
-
Nella Bibbia alcune volte
il termine elo-him è usato col significato di creatura potente.
Dunque in Giovanni 1, 1 deve significare una creatura
potente.
-
Questa conclusione è falsa. Infatti,
ritorcendo l'argomento, possiamo dire:
-
Nella Bibbia “il più delle volte”
elo-him sìgnifica Dio Jahve: 1570 volte contro 200
con significato di creatura potente. Dunque in Giovanni 1, 1 deve
significare Dio Jahve. La statistica è in nostro favore con peso
schiacciante.
-
b) Noi tuttavia non leggiamo la
Bibbia con metodi settari, ma con rispetto e serietà. Nel caso
presente diciamo:
-
- L'ebraico elo-him, come pure il
greco theòs e l'italiano Dio o dio,
possono essere usati con due significati: alcune volte
col senso di creatura potente; il più delle volte
in senso proprio di Dio. Onestà esige che il vero
significato sia precisato caso per caso secondo il
contesto, e non arbitrariamente.
-
- Nei testi citati (Salmi 8, 5; 82,
1-6) e in altri appare chiaro dal contesto che elo-him significa
una creatura potente. Non così in Giovanni 1, 1, dove la
Parola (o Verbo o Logos), qualificata come Theòs
(Dio), è presentata come Eterna e Creatrice di tutte
le cose. Sono due attributi esclusivi di Dio. Dunque il termine
Theòs detto della Parola non può avere il senso di
creatura potente, ma quello dell'unico Dio, Eterno ed
Onnipotente.
-
-
-
IL CRISTO TERRENO
-
Scrivono i tdG:
-
“Gesù è
Dio? Lasciamo che sia la Parola di Dio a ,chiarire le cose (... )
Gesù non pretese mai d'essere Dio. Quando gli Ebrei lo accusarono
di essersi fatto Dio, egli li corresse dicendo: 'Sono Figlio di
Dio'” (Giovanni 10: 33-36, CEI).
-
La nostra risposta:
-
Sì,
lasciamo che sia la Parola di Dio a chiarire le cose. Citiamo
anzitutto ciò che segue a quel 'Sono Figlio di Dio'. I geovistí
tralasciano il contesto e spiegano il testo in modo errato,
settario. Gesù dunque continuò dicendo:
-
“Se non faccio le opere di mio Padre
non credetemi; ma se io le faccio, anche se non credete a me,
credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è
in me e io nel Padre. Cercavano, dunque, di prenderlo ,di nuovo,
ma egli sfuggì alle loro mani” (Giovanni 10, 37-39,
Garofalo).
- Ha prima agito
-
Per capire correttamente le parole
di Gesù ricordiamo anzitutto che in Lui era presente la Sapienza
divina: “E il Verbo (greco Logos = Sa- pienza) si è
fatto carne (= uomo) ed ha dimorato in mezzo a noi” (Giovanni 1,
14). In quanto tale, Gesù seguì una pedagogia o metodo educativo
divino, per aprire la mente e il cuore degli uomini alla inaudita
rivelazione della sua identità: Dio- con-noi! (Emmanuele, cfr.
Matteo 1, 23).
-
Se nell'ambiente ebraico dove visse,
avesse detto 'io sono Dio', avrebbe certamente provocato una
reazione di incredulità forse insanabile. Egli fece in modo che
gli uomini retti arrivassero a porsi la domanda: Chi è costui? e
dare la risposta adeguata.
-
A tal fine ha prima agito
e poi parlato (Atti 1, 1). Perciò la sua sfida:
“Anche se non credete a me, credete alle opere”.
-
Quali opere?
-
“Minacciò il vento e disse al mare:
" Taci! Calmati!" e il vento cadde e si fece grande bonaccia (...
). E dicevano tra loro: " Chi è costui che anche il vento e il
mare gli ubbidiscono?"” (Marco 4, 39-40, Garofalo).
-
Senza dubbio, davanti a un fatto
così meraviglioso, quegli uomini di Galilea dovettero ricordare
istintivamente le parole del Salmista sulla potenza di Jahve:
-
Tu fai tacere il fragore
del mare
-
il fragore dei suoi
flutti (Ps. 65, 8, CEI).
-
In un'altra circostanza a un uomo
paralizzato Gesù disse: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”.
-
“Gli scribi e i farisei si misero a
ragionare tra sé: Chi è costui che dice bestemmie? Chi può
rimettere i peccati se non Dio' solo? Ma Gesù,
conosciuti i loro ragionamenti disse loro: Che cosa è- più facile,
dire: Ti sono rimessi i peccati" o dire: "Levati e cammina?".
Ebbene, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere
sulla terra di rimettere i peccati... - disse al paralitico - dico
a te: Levati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua".
All'istante quegli si levò sotto i loro occhi, prese il suo
giaciglio e se ne andò a casa, glorificando Dio” (Luca 5,
20-25, Garofalo).
-
E fece ancora di più: ha risuscitato
i morti: “Giovinetto, dico a te: Alzati! E il morto si levò a
sedere e incominciò a parlare” (Luca 6, 6-10).
-
“Gridò a gran voce: Lazzaro, vieni
fuori! E il morto uscì” (Giovanni 11, 43-44).
- Vana contestazione
-
L'errore:
-
I
tdg sono dei parere che Gesù con le parole di Giovanni'101 37-39,
voleva solo 'dire che fosse Geova a operare i miracoli per mezzo
del Figlio. I miracoli fatti da Gesù attesterebbero solo il
sostegno divino. Non dice forse Pietro che era Dio a operare i
miracoli per mezzo di Gesù? (cfr. Atti 2, 22) 35.
-
La verità:
-
a) Notate, prima di
tutto, che nel testo riportato da Giovanni 10, 37-39 Gesù non
dice: “perché sappiate e conosciate che
il Padre opera in me”. Egli dice tassativamente. “Il
Padre è (greco estìn) in me e io
(sono) nel Padre”. Non si tratta dunque d'un sostegno
esteriore, ma d'una presenza divina intima e dinamica. In un'altra
occasione Gesù aveva detto: “Il Padre mio opera sempre e anch'io
opero” (Giovanni 5, 17). Egli si appropriava la stessa attività o
potenza operativa del Padre, “facendosi uguale al Dio” (Giovanni
5, 18).
-
b) In Atti 2, 22 non è
detto che Cristo faceva i miracoli col sostegno di Dio. San Pietro
vuol dire che nell'uomo Gesù l'unico Dio si era rivelato mediante
i miracoli. In Lui la divinità era presente e operante. Questo
appare chiaro da Atti 10, 38 dove, parlando ancora
delle opere prodigiose di Cristo, lo stesso apostolo Pietro le
spiega dicendo “perché Dio era con lui” e non solo
operava per mezzo di lui.
- Poi ha parlato
-
E disse cose che nessun uomo aveva
mai detto prima di lui:
-
“Tutti onorino il Figlio come
onorano il Padre, Chi non onora il Figlio non onora il Padre che
lo ha mandato” (Giovanni 5, 23).
-
Quale uomo, fosse pure il più
illustre rappresentante di Dio, può avere la pretesa di essere
onorato come lo stesso Dio?
-
Prima della Passione incoraggiava i
discepoli dicendo:
-
“Qualunque cosa chiederete in nome
mio lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi
domanderete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giovanni 14,
13-14).
-
E poco dopo affermava: “Qualunque
cosa domanderete al Padre, egli ve la darà nel mio nome” (Giovanni
16, 23).
-
Nel concedere favori e grazie Gesù,
il Figlio di Dio, si colloca allo stesso livello del Padre. Ciò
che il Padre fa, lo può fare anche il Figlio. In effetti, tutto
ciò che è del Padre è anche del Figlio: “Tutto ciò che ha il Padre
è mio” (Giovanni 16, 15). E di nuovo: “Tutto ciò che è mio e tuo,
e ciò che è tuo è mio” (Giovanni 17, 10).
- Figlio di Dio: in che senso?
-
In che senso dunque va presa la
dichiarazione di Gesù di essere “Figlio di Dio”? Per capirlo
interroghiamo sempre la Parola di Dio.
-
a) Ricordate, prima di tutto, che in
tutti e quattro i vangeli sta scritto che l'accusa determinante
della condanna a morte dì Gesù fu il fatto che egli si era detto
Figlio dì Dio: “Noi abbiamo una legge e secondo
questa legge deve morire per- ché si è fatto Figlio di Dio”
-
Ora chi conosce discretamente la
Bibbia sa che chiamarsi figlio di Dio non è una
bestemmia e tanto meno costituisce un reato punibile con la morte.
Infatti tutti gli Israeliti erano figli di Dio (Deuteronomio 14,
1; Osca 2, 1). Dovevano tutti dirsi bestemmiatori? Tutti degni
della pena di morte? E se essi no, perché Gesù sì?
-
b), La risposta a questa legittima
domanda ci è data dal vangeli, dov'è,
attestato che Gesù si disse Figlio di Dio in un modo
unico, particolare, non come gli altri, tanto da apparire un
bestemmiatore.
-
Leggiamo in san Giovanni (5, 16-18):
-
“Per questo i Giudei cominciarono a
perseguire Gesù perché faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose
loro: Il Padre mio, opera sempre ed anch'io opero'. Proprio
per questo i Giudei cercavano di ucciderlo perché non
soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre facendosi,
uguale a Dio (greco: al Dio)”.
-
Gesù non corregge l'interpretazione
dei Giudei, anzi la conferma, appellandosi alla sua uguaglianza
col Padre in autorità, potenza ed onore: “Quello che fa il Padre,
anche il Figlio lo fa” (Giovanni 5, 19). Perciò “tutti onorino il
Figlio come onorano il Padre” (Giovanni 5, 23). Com'è possibile
che un puro uomo o una creatura anche
spirituale pretenda di agire come Dio ed essere onorata come Lui?
La verità è che Gesù non si considerava Figlio di Dio come gli
altri, angeli compresi, ma come uno che ha la stessa natura, gli
stessi poteri, gli stessi diritti dell'unico Dio. Gesù si faceva
uguale al Dio (Giovanni 5, 18).
-
c) Racconta san Marco:
-
“Di nuovo il sommo sacerdote lo
interrogò dicendogli: 'Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio
benedetto?'. Gesù rispose: 'Io lo sono!'. E vedrete il Figlio
dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi
del cielo. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti,
disse: 'Che bisogno abbiamo di testimoni? Avete udito la bestemmia;
che ve ne pare?'. Tutti sentenziarono che era reo di morte” (Marco
14, 61-64).
-
Spiegano gli esegeti:
-
“Proclamarsi Figlio di Dio nel
significato dei testi giudaici antichi non era una bestemmia. Ma,
parlando contemporaneamente di sedersi alla destra di Dio e di
venire con le nubi, Gesù rivendica la dignità divina e pub essere
accusato di ledere le prerogative divine” .
-
Dunque, Figlio di Dio riferito a
Gesù il Cristo, può avere un solo significato, che è - quello
della sua stessa natura divina col Padre.
- lo e il Padre siamo uno
(Giovanni 10, 30)
-
Le cose dette fin qui, seguendo
fedelmente la Parola di Dio, non convincono i tdG. Essi insistono
,dicendo: “I Giudei non hanno capito bene il pensiero di Gesù.
Egli non voleva farsi uguale all'Onnipotente Iddio” .
-
Rispondiamo sempre con la
Bibbia:
-
“I
Giudei gli si fecero attorno e dicevano: 'Se tu sei il Cristo,
dillo a noi apertamente'. Gesù rispose loro: 'Ve l'ho detto e non
credete perché non siete mie pecore. .Le mie pecore ascoltano la
mia voce e lo. le conosco ed esse mi seguono. Nessuno le rapirà
dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di
tutti, e nessuno può rapirle dalla mano
del Padre mio. Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10,
24-30).
-
Analizziamo questo testo:
-
- I Giudei rivolgono a Gesù
una precisa do- manda: “Dicci chiaramente chi sei”. A Lui era ,offerta
un'occasione assai propizia per dissipare l'equivoco pericoloso
per la sua vita. Gesù poteva spiegare che egli era solo un profeta,
un figlio Dio come tutti gli altri...
-
- No! Gesù ribadisce la stessa
pretesa, affermando la sua uguaglianza, anzi la perfetta unità,
con Colui che è più grande di tutti: lo e il Padre siamo
uno (Gv. 10, 30). Fate attenzione al modo ,di esprimersi di
Gesù. Egli non dice: “lo sono più grande di tutti”. Ha preferito
dire: Il Padre è più grande di tutti, e poi
aggiungere: lo e il Padre siamo uno come per dire: vi
è perfetta unità tra l'Unico Dio - mio Padre - e me, suo proprio
Figlio (Romani 8, 32).
-
- Dire che il Padre è più
grande di tutti equivale a dire che il Padre è onnipotente. Se
Padre e Figlio sono uno, ciò significa che anche il Figlio
è Onnipotente. Gesù non ha voluto mettere in risalto
la perfetta unione di volontà o di proposito con il Padre, ma
l'unità sostanziale di natura, su cui si basa la Onnipotenza.
-
- Nessuna rettifica da parte di Gesù.
Vi è piuttosto una nuova più chiara conferma della sua pretesa di
essere uguale a Dio. E identica è pure la reazione da parte dei
Giudei che vogliono lapidarlo perché ha bestemmiato: “Tu che sei
uomo, ti fai Dio” (Giovanni 10, 33).
- Una sola cosa come noi (Gv. 17,
11-22)
-
Se vi capita di dover discutere coi
tdG, sappiate che appena voi spiegate Giovanni 10, 30:
“lo e il Padre siamo una cosa sola” così come noi l'abbiamo
spiegato e come lo spiegano i grandi studiosi della Bibbia,
saltano meccanicamente a Giovanni 17, 11-21, dove
Gesù dice:
-
“Padre Santo, custodisci nel tuo
nome coloro che mi hai dato perché siano una cosa sola come noi
(...). Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la
loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa.
Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una
cosa sola (...). Perché
siano come noi una cosa sola. lo in loro e tu in me perché siano
perfetti nell'unità.”
-
Su queste parole di Gesù i tdG fanno
il seguente ragionamento:
-
“Ovviamente i fedeli
discepoli di Gesù non potevano mai diventare parte di un
Dio Trino. Comunque, potevano essere uno nel proposito e
nell'attività”. Dunque - concludono i geovisti
- anche Giovanni 10, 30 significa che tra Cristo e
Dio vi è solo una unione di proposito, non già una
unità sostanziale. In altre parole, Cristo sarebbe
una cosa sola col Padre in quanto - come puro e bravo uomo -
faceva la volontà di Dio.
-
La nostra risposta:
-
- Leggendo come si
deve le parole citate da Giovanni 17,
11-21 appare chiaro che Gesù non parla dell'unione dei fedeli
discepoli con Dio, ma di quella tra loro. Egli non
dice: “Perché siano una sola cosa con Te”, ma “Perché
siano una sola cosa, cioè perfetti nell'unità tra di loro”.
Non vi è nessuna richiesta perché i fedeli discepoli diventino
parte di un Dio Trino. Questa è una pura invenzione e distorsione
biblica dei tdG.
-
- Gesù chiede che l'unione dei
fedeli tra loro abbia come base o motivo
e come modello l'unione tra Lui e il Padre: “Perché tutti siano
una sola ,cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano
anch'essi in noi una sola cosa”. (Giovanni 17, 21).
Quel in noi indica appunto il motivo
della desiderata unione dei fedeli tra loro e anche il modello,
che è appunto l'unione esistente tra Padre e Figlio.
-
- Questo modo di esprimersi è
perfettamente conforme alla Scrittura. Gesù stesso aveva detto:
“Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5,
37; cfr. Levitico 14, 2). E san Paolo scriveva ai fedeli di Efeso:
“Fatevi imitatori di Dio come figli carissimi” (Ef. 5, 1).
-
Ovviamente né Cristo né Paolo si
aspettavano che i fedeli discepoli fossero perfetti
come Dio e, imitassero in tutto e per tutto l'Onnipotente.
Avrebbero chiesto l'assurdo!
- La fede degli Apostoli
-
Dopo tante prove e dichiarazioni da
parte del Maestro, specialmente dopo la prova suprema
della sua risurrezione dai morti, i fedeli discepoli di Gesù,
prima di tutti gli Apostoli, hanno professato la sua divinità, la
sua uguaglianza sostanziale con l'unico Dio.
-
Ricordiamo alcune di queste professioni di fede:
-
1 - A Natale noi cattolici e tutti i
veri cristiani, anzi l'intero mondo civile, riviviamo la gioia di
quei fortunati pastori, ai quali nella notte in cui nacque Gesù,
un angelo disse: “Vi annunzio una grande gioia: (. ..). Oggi,
nella città di Davide, è nato a voi un salvatore che è il Messìa,
il Signore” (Luca 2, 10-11, Garofalo).
-
In quel neonato l'evangelista Matteo
ha visto avverata la profezia di Isaia: “Ecco, la vergine
concepirà e partorirà un figlio, e lo chiameranno Emmanuele, che
significa Dio-con-noi” (Matteo 1, 23; Isaia 7, 14; 9, 6) . Dunque
il bambino nato dalla vergine giudea, oltre a essere un bambino
maschio, era anche Dio-con-noi. Era molto più di un puro uomo. In
Lui, Matteo, autore ispirato, indica l'Uomo-Dio.
-
2 - San Giovanni l'evangelista dice
la stessa cosa quando scrive: “E il Verbo si fece carne (= uomo) e
venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv. 1, 14)'
-
L'espressione di Giovanni:
venne ad abitare in mezzo a noi
' tradotta letteralmente dal greco equivale a: pose
la tenda in mezzo a noi. Ora nell'Antico
Testamento la tenda indicava la dimora di Dio dove
Jahve aveva voluto essere realmente presente.
-
Giovanni perciò vuol dire che il
bambino nato da Maria e divenuto poi adulto era l'uomo in cui
Dio si trovava realmente presente. Il Verbo,
rimanendo quello che era, ossia l'Eterno e l'Onnipotente, cominciò
ad essere anche uomo. Non semplicemente puro uomo, ma vero Dio e
vero Uomo.
-
3 - Fu pure Giovanni a conservarci
la lapidaria professione di fede dell'Apostolo san Tommaso: “Mio
Signore e mio Dio!” (Giovanni 20, 28). Essa non è una vaga
esclamazione di meraviglia, come vorrebbero far intendere i
geovisti, ma un esplicito riconoscimento della divinità e
della signoria universale di Cristo. Il testo greco scritto
dall'autore ispirato dice: “Rispose Tommaso e disse a Lui:
'Signore di me e Dio di me'”.
-
4 - Infine Giovanni ha fatto la sua
solenne dichiarazione di fede, nella divinità di Gesù Cristo ,chiudendo
la sua Prima Lettera con le ben note parole:
-
“Sappiamo pure che il Figlio di Dio
è venuto e ci ha dato discernimento per cui conosciamo il Vero. E
noi siamo nel Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero
Dio e vita eterna” (1 Giovanni 5, 20. Garofalo).
-
5 - Quando perciò Giovanni chiude il
suo vangelo dicendo: “Queste cose sono state scritte affinché
crediate che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio” (Giovanni 20, 31)
non intende affatto dire che Gesù è un figlio di Dio come tanti
altri, ma ,che è il Figlio proprio, unico di Dio,
l'Unigenito (cfr. Giovanni 3, 16), consustanziale al
Padre, Onnipotente ed Eterno come Lui, Uno con Lui.
- In forma di Dio e in forma di
uomo
-
San Paolo professa la sua fede nella
divinità di Cristo soprattutto attribuendogli il titolo divino di
Signore (Kyrios), che ricorre più di 130 volte nelle
sue lettere. Riportiamo il celebre inno cristologico della
Lettera ai Filippesi:
-
“Abbiate in voi lo stesso sentire
che fu in Cristo Gesù. Lui che, avendo forma di Dio non riputò una
preda l'essere uguale a Dio; esinanì, invece, se stesso,
prendendo la formi di schiavo, divenuto simile agli uomini.
(... ). Per questo Iddio lo esaltò e gli donò il nome che è al di
sopra di ogni nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio sì
pieghi in cielo, in terra, nell'inferno e ogni lingua confessi che
Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2,
5-11).
-
Spiegazione:
-
a) Benché Cristo Gesù avesse forma
divina (greco morphé = natura immutabile), fosse cioè
consustanziale al Padre, non si aggrappò tenacemente a questa sua
incomparabile grandezza. Al contrario, rinunciò agli onori a Lui
dovuti, umiliandosi fino alla condizione dì servo, fìno alla morte
di croce.
-
Chi si umilia nulla perde della sua
naturale grandezza. Rimane quello che sostanzialmente è conforme
alla sua natura.
-
b) Dopo questo atto di
umiliazione e in virtù di esso Gesù Cristo, l'Emmanuele, il
Dio-con-noi, fu esaltato alla dignità di
Signore, davanti al quale si piega ogni ginocchio. Tutte le
creature, terrestri, celesti e infernali, riconoscono la sua
Signoria, ossia la sua divinità.
-
Commenta la Nuova
Enciclopedia Cattolica:
-
“In questo testo il nome che è al dí
sopra di ogni altro nome non è quello di Gesù, che Egli ricevette
alla sua circoncisione, ma quello di Kyrios
(Signore), che sostituisce il nome Jahve; e così questo antico
inno afferma che Cristo va collocato allo stesso livello del
Padre”.
-
c)
Né serve cavillare, come fanno i tdG, dicendo che
fu Dio a dare a Cristo quel nome e
che l'esaltazione di Cristo mediante quel nome ridonda alla
esaltazione del Padre, che deve perciò dirsi superiore a lui.
-
Infatti, san Paolo vuol dire che
tutta l'opera di Cristo, l'uomo-Dio, sofferente e glorioso, ha
come fonte e come termine l'unico Dio, Alfa e Omega, Principio e
Fine della creazione e della re- staurazione o redenzione.
L'esaltazione del Figlio manifesta la bontà dell'unico Dio, non è
un re- galo fatto da un superiore a un inferiore.
-
Se fosse come dicono i tdG avremmo
l'assurdo. Infatti, ciò che Cristo riceve è l'essere
Signore, ossia essere in tutto uguale a Dio. Dio Padre avrebbe
dato a Cristo tutto se stesso, si sarebbe annientato, avrebbe
cessato di essere Dio!
-
-
IL CRISTO POST-TERRENO
-
-
Sul Cristo post-terreno la Bibbia ci
dà i seguenti inoppugnabili insegnamenti.
- La vera causa della risurrezione
-
Circa la causa della
risurrezione di Cristo abbiamo nella Bibbia due serie di
testimonianze, che devono essere spiegate in modo da non far dire
agli autori ispirati cose contraddittorie. Questo sarebbe falsare
la Parola di Dio, come fanno i tdG.
-
a) In alcuni testi la risurrezione
di Cristo è attribuita direttamente a Dio. Su questi si ferma- no
di preferenza i tdG, ignorando o traducendo male gli altri.
-
Eccone alcuni:
-
“Questo Gesù Dio lo ha risuscitato
da morte” (Atti 2, 32; cfr. Atti 3, 15; 4, 10; 5, 30 ecc.). “Gesù
è stato risuscitato per la nostra giustificazione -” (Romani 4,
24-25). “Cristo fu risuscitato per mezzo della
gloria del Padre” (Romani 6, 4). “Dio che ha
risuscitato il Signore, risusciterà anche noi
con la sua potenza” (1 Corinzi 6, 14).
-
b) Vi sono poi altri testi biblici
dov'è detto chiaramente che Cristo è risuscitato per
virtù propria:
-
“Distruggete questo tempio e in tre
giorni lo farò risorgere (... ). Egli parlava del ternpio dei suo
corpo”.(Giovanni 2, 19-22). “Ho il potere di offrire (la vita) e
il potere di riprenderla. Questo comando ho ricevuto dal padre”
(Giovanni 10, 18). Questa cioè è la volontà divina. A queste
chiare parole corrisponde l'accusa dei suoi avversari:
“Quell'impostore disse mentre era in vita: 'Dopo tre giorni
risorgerò'” (Matteo 27, 63) 45.
-
In questo stesso senso, vale a dire
che Gesù è risorto da morte per virtù propria, vanno spiegati i
due testi di Marco: “Dopo che sarò risorto” (Me. 14, 28) e “E'
risorto, non è qui” (Mc. 16, 6).
-
In Giovanni 21, 14 è
detto: “Ouesta era la terza volta che Gesù si manifestava ai
discepoli dopo essersi destato da morte.
-
San Paolo ha scritto:
-
“Per
questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita”
(Romani 14, 9).
-
c) Da queste inoppugnabili
testimonianze bibliche bisogna concludere che la risurrezione di
Cristo è attribuita insieme al Padre e al Figlio. Non
meno dei miracoli di Gesù, la risurrezione di Cristo prova che “il
Padre è in Lui e Lui nel Padre” (Giovanni 10, 38).
L'unica potenza divina opera nell'uomo Gesù in vita e in morte.
-
Spiegano i biblisti:
-
“La variazione nel modo di
esprimersi della Bibbia sta a dimostrare che la forza risuscitante
(la potenza divina) viene sì da Dio, ma appartiene anche al Figlio,
che è una sola cosa col padre”.
-
Va perciò rigettata come parziale e
tendenziosa l'affermazione geovista secondo cui “il suo Padre
immortale, Geova Iddio, lo risuscitò da morte”.
- Non è risuscitato puro spirito
-
Contro l'errore geovista, secondo
cui Cristo sarebbe risuscitato come “persona spirituale” e che
durante i quaranta giorni successivi si sarebbe “materializzato” ,
vi sono esplicite testimonianze bibliche.
-
a) San Paolo ci assicura che il
Cristo glorioso “col potere che ha di sottomettere l'universo,
trasformerà il nostro misero corpo mortale e lo renderà
somigliante al suo corpo glorioso” (Filippesi 3 , 21).
-
-
Dunque Cristo Risorto ha un
corpo glorioso.
-
-
San Pietro afferma di sé e degli Apostoli che “abbiamo mangiato e
bevuto con Lui dopo la risurrezione dai morti” (Atti
10, 41). E' mai possibile che si trattasse d'una continuata
illusione o allucinazione voluta dal Maestro?
-
- In san Luca Gesù
stesso, apparendo agli Apostoli dopo la risurrezione, li assicura
che non è uno spirito: “Uno spirito non ha carne né
ossa come vedete che io ho” (Luca 24, 39). Dobbiamo ammettere che
il Maestro non dicesse la verità? E perché doveva mostrarsi quello
che non era?
-
b) Tuttavia il corpo glorioso di
Cristo non era certamente come quello morto sulla croce. Era un
corpo spiritualizzato, ossia esente dal
condizionamenti carnali a cui è soggetto il corpo umano nel suo
presente stato di vita, come sarà detto subito.
-
Scrive san Paolo:
-
“Se c'è un corpo di condizione
terrena c'è pure un corpo spirituale. Se, come sta scritto, 'Il
primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente', il secondo Adamo
divenne uno spirito che vivifica. Ma non venne per primo lo
spirituale, bensì quello di condizione terrena e poi lo spirituale”
(1 Corinzi 15, 44-46).
-
L'Apostolo parla sempre di
corpo, che può essere in due condizioni: una terrena e l'altra
spirituale. Il Cristo glorioso possiede un corpo spirituale. Egli
ha redento e rivestito di spiritualità il corpo umano: come il suo
sarà anche il nostro corpo dopo la risurrezione (cfr. Filippesi 3,
21).
-
c) Né vale obiettare che “la carne e
il sangue non possono entrare in possesso del regno di Dio” (1
Corinzi 15, 50). Infatti, “carne e sangue” è un'espressione
biblica per indicare l'uomo nei suoi aspetti di fragilità e
debolezza fisica e morale, cioè l'uomo corrotto a
causa del peccato nel suo fisico (malattie ecc.) e nel suo morale
(passioni ecc.). Perciò san Paolo aggiunge: “Né la corruzione può
venire in possesso dell'incorruttibilità” (1 Corinzi 15, 50). Il
corpo di Cristo è detto “spirituale” perché esente da qualsiasi
fragilità e debolezza. Ma è sempre corpo, non puro spirito,
com'era Adamo prima del peccato.
- Il Cristo glorioso non è Michele
-
Che il Cristo, dopo la sua
esaltazione alla destra di Dio, sia noto come Michele, è una pura
invenzione geovista senza nessuna giustificazione biblica. Bastino
le seguenti testimonianze scrit- turali:
-
- il Cristo è “l'Alfa e l'Omega, il
Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine” (Apocalisse 22, 13; cfr.
1, 8.17). Michele è soltanto uno dei primi: “Ecco Michele,
uno dei primi principi” (Daniele 10, 13). Com'è
possibile essere il Primo, e allo stesso tempo
uno dei primi?
-
- Cristo è il Figlio. Solo di Lui è
detto. “Tu sei mio Figlio”. A nessuno degli angeli Dio ha
mai detto: Tu sei mio figlio. Michele è un angelo, ministro o
servitore di Dio (cfr. Ebrei 1, 5-7).
-
- Il Figlio è tanto superiore agli
angeli quanto più eccellente del loro è il nome (= natura,
personalità), che ha ereditato. Perciò Lo adorino tutti gli angeli
di Dio (cfr. Ebrei 1, 4-6).
-
- Cristo è il Signore che verrà a
giudicare il genere umano. Michele è solo uno della sua corte (cfr.
1 Tessalonicesi 4, 16), che ha il compito di preparare la venuta
del Giudice e proclamare la sua potenza (cfr. Apocalisse 12, 7-11;
Matteo 13, 41).
-
-
ERRORI E VERITA'
-
-
1 - L'errore:
Nel salmo 90, 2 leggiamo: “Prima
che i monti nascessero e fosse generata la terra”. Qui generare
vuol dire creare. Dunque anche il Figlio fu creato.
-
La verità:
Nel Vocabolario della lingua italiana di Nicola
Zingarelli, Decima Edizione, è detto che generare
vuol dire far nascere, procreare un essere della medesima
specie. E' detto pure che può significare causare.
Nel caso dei monti e della terra è chiaro che
generare deve significare causare cioè creare. Né
monti né terra sono della stessa specie di Dio. Nel caso dei
Figlio non può essere così perché numerosi testi biblici, parte
dei quali sono stati da noi esa- minati, esigono che il Figlio sia
della stessa natura di Dio.
-
2 - L'errore:
In Apocalisse 3, 14 è detto: “Così parla l'Amen, il
testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio”.
Qui l'Amen e il testimone fedele e verace è Gesù Cristo. Egli
dunque è il primo principato, cioè la prima creatura.
-
La verità:
La parola greca che corrisponde a “principio” è archè,
che non significa “principiato”, bensì causa,
cioè principio attivo e quindi capo, superiore. Qui il Figlio è
detto Causa cioè Creatore di tutte le cose e ad esse superiore (cfr.
Colossesi 1, 15-19; 2, 9-10). In Apocalisse Gesù parlando di sé
dice: “lo sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio
(Archè) e la Fine” (22, 13). Poco prima, nella stessa Apocalisse
(21, 6) le stesse parole le troviamo in bocca a Dio Padre.
-
3 - L'errore:
“Il Padre è più grande di me” ,
(Giovanni 14, 28). Dunque non vi è eguaglianza tra Padre e Figlio.
-
La verità:
Gesù come uomo parla dei suo prossimo ritorno al Padre. Vedendo i
discepoli turbati e pieni di paura dichiara loro che devono
piuttosto rallegrarsi perché, ritornando al Padre, ossia lasciando
la sua debolezza umana (inferiorità), e rientrando nella pienezza
del divino, comincerà a sottomettere ogni potenza avversa. Sarà
esaltato alla destra del Padre e ogni creatura dovrà piegare il
ginocchio davanti a lui (cfr. Filippesi 2, 9-1 1). La sua
inferiorità rispetto al Padre va riferita alla sua umanità nello
stato debole e mortale della vita terrena, ossia alla sua
componente umana.
-
4 - L'errore:
Cristo non è uguale al Padre. Infatti dice: “Padre, se
vuoi, allontana da me questo calice; però noi? la
mia volontà sia fatta, ma la tua” (Luca
22, 42). “L'anima mia è triste fino alla morte” (Matteo 26, 38).
“Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?” (Marco 15, 34).
-
La verità:
In questi testi e in altri consimili Gesù prega e soffre
come uomo. “La volontà umana di Gesù insorge al pensiero di
ciò che sta per accadere”. Il Padre certamente è in Lui (cfr.
Giovanni 10, 30; 14, 10), vicinissimo a Lui, ma distinto dall'uomo
Gesù. L'uomo- Gesù si rivolge al Padre affinché sorregga la sua
umanità nella grande prova che l'attende.
-
E' possibile questo? Pensate a un
uomo che è anche medico: se l'uomo si ammala, può ricorrere al
medico che è in lui per il rimedio conveniente. Pensate a un
avvocato, se l'uomo è coinvolto con la legge, può consultare
l'avvocato che è in lui, ma distinto dall'uomo, affinché lo aiuti
nelle sue difficoltà con la giustizia.
-
5 - L'errore:
Il titolo di Signore applicato al
Figlio non prova l'uguaglianza tra Padre e Figlio. Infatti, in
Atti 2, 36 è detto: “Dio ha costituito Signore questo Gesù”.
-
La verità:
Riportiamo anzitutto per intero il testo di Atti 2, 36.- “Sappia
dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito
Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”.
-
Spiegazione:
San Pietro si riferisce a quel
Gesù crocifisso dai Giudei, ossia a Gesù in quanto
uomo, e spiega che cosa si è verificato in questo uomo. Dio,
ossia l'unica Potenza divina, ha risuscitato da morte l'uomo Gesù
e lo ha innalzato alla sua destra sul trono divino (cfr. Atti 2,
32-34). Sul trono divino l'uomo Gesù possiede la Signoria
universale, che è un attributo divino, e la esercita su tutte le
potenze dei male (cfr. Atti 2, 35).
-
Non si tratta di due Signori, di cui
uno più grande e uno più piccolo, di uno che dà e di uno che
riceve, ma di un unico Signore - Jahve - che ha posto la sua tenda
(cfr. Giovanni 1, 14) come Sovrano universale nel figlio di Maria
elevato sul trono divino. La stessa unica Signoria divina
appartiene al Padre e, al Figlio, li titolo di Signore (Kyrios)
attribuito al Figlio prova la sua ugua- glianza col Padre.
-
6 - L'errore:
“Il salmista, profetizzando
sull'unzione del Messia Gesù Cristo, scrisse: 'Ti ha unto Jahve,
tuo Dio', Salmo 45, 7, Garofalo (Ebrei 1, 8-9). Dunque il Figlio
non è uguale al Padre.
-
La verità:
-
a) L'autore ispirato della
Lettera agli Ebrei cita il Salmo 45 '7-8
per dimostrare la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con
Jahve. Scrive (Ebrei 1, 6-13):
-
Lo adorino tutti gli
angeli di Dio
-
e Il tuo trono, Dio, sta
in eterno
-
e ancora: Tu, Signore, da
principio hai fondato la terra
-
e opera delle tue mani
sono i cieli.
-
……………………………………...............
-
Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto
-
i tuoi nemici Sotto i tuoi piedi
.
-
Dunque, dal modo in cui l'autore
ispirato del N.T. applica il Salmo 45, 7-8 appare chiaro che il
Figlio deve essere adorato dagli angeli come Jahve (cfr. Salmo 97,
7); che il trono del Figlio sta in eterno come quello di Jahve;
che il Figlio, chiamato Signore, è il Creatore dell'universo; che
al Figlio è detto dì sedere alla destra di Dio, osso condividere
appieno col Padre -la Signoria dell'universo.
-
b) Stando così le cose, è
impossibile che le parole: “Ti ha unto Jahve, tuo Dio” possano
indicare una disuguaglianza tra Padre e Figlio. Questo Unto,
sempre nella interpretazione dell'autore ispirato del N.T.,
l'unica che vale, è lo stesso Signore adorato dagli angeli,
Creatore del- l'universo ecc.
-
7 - L'errore:
“In Giovanni 17, 22 leggiamo: 'Ho dato loro la gloria (
... ), che tu hai dato a me'.
Ora colui che riceve è inferiore a colui che dà. il Figlio dunque
che riceve non è uguale al Padre”.
-
La verità:
-
a) In Isaia 42, 8 Jahve dice: “Non
cederò la mia gloria ad altri” (cfr. anche Isaia 48, 11). Se il
Figlio ha avuto la gloria dal Padre, non è un altro rispetto al
Padre: vi deve essere uguaglianza sostanziale tra Padre e Figlio.
-
Gesù dunque, in Giovanni 17, 22, non
vuol dire che egli ha ricevuto la gloria che prima non aveva, ma
che la gloria o divinità, da lui sempre posseduta (cfr. Giovanni
17, 5), si è fatta presente e visibile nella sua umanità, di modo
che gli uomini l'han potuto vedere (cfr. Giovanni 1, 14-18).
Videro un Uomo, e in Lui adorarono Dio.
-
b) A conferma ricordiamo ciò che
dice san Paolo in Colossesi 2, 9: “Poiché in Lui (in Cristo) abita
corporalmente tutta la pienezza della divintà”. Garofalo.
Tutto ciò che costituisce Dio, si trova anche in Gesù (cfr.
Giovanni 16, 15). Notate che san Paolo non ha scritto: “la
pienezza delle qualità divine” come traducono,
falsificando la Parola di Dio, i geovisti. L'Apostolo ha scritto:
della divinità (greco Theòtes = essenza divina, non
theiòtes = qualità divina). Si tratta d'un
falso, uno dei tanti che troverete nella Bibbia geovista.
-
-
8 - L'errore:
“L'Iddio di Abrahamo ( ...
) ha glorificato il suo servitore
Gesù” (Atti 3, 13). Dunque il Figlio non è uguale al Padre”.
-
La verità:
San Pietro si riferisce a Gesù che gli Ebrei avevano rinnegato
davanti a Pilato (ivi), quindi a Gesù in quanto uomo,
ed applica a lui la profezia messianica di Isaia 52, 13-15; 53,
1-12 del “servo sofferente e glorificato”. Sono sempre le due
componenti del Figlio - quella urnana e quella divina - che
ritornano nell'insegnamento del primo degli Apostoli. Nell'uomo
Gesù Dio ha manifestato la sua presenza salvifica mediante la
risurrezione. Sotto questo aspetto non vi è disuguaglianza tra il
Padre e Figlio. L'insegnamento di san Pietro è lo stesso di quello
di san Paolo in Filippesi 2, 6-11.
-
-
9 - L'errore:
Solo il Padre è da adorare com'è detto
in Giovanni 4, 23. Dunque il Figlio non è uguale al Padre.
-
La verità:
Gesù non dice che bisogna adorare solo il Padre. Egli parla del
modo come bisogna adorare Dio, ossia “in spirito e verità” senza
dare troppa importanza al luogo: “né su questo monte (Garizirn) né
in Gerusalemme” (Giovanni 4, 21). Il termine Padre equivale a Dio.
-
Se la spiegazione geovista fosse
vera, vi sarebbe una contraddizione con le parole che Gesù dirà
poco dopo: “Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre”
(Giovanni 5, 23).
-
-
10 - L'errore:
In Marco 10, 17 Gesù dice all'uomo
ricco: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo”
(cfr. anche Matteo 19, 17 e Luca 18, 19). Dunque il Figlio non è
uguale al Padre.
-
La verità:
-
a) Ricordiamo, prima di tutto, come
altrove nel Nuovo Testamento è affermata l'assoluta bontà o
santità di Gesù: “Chi di voi può convincermi di peccato?”
(Giovanni 8, 46). “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo
trattò da peccato” (2 Corinzi 5, 2 1). “Tale era in- fatti il
sommo sacerdote che ci occorreva: santo, inno- cente, senza
macchia, separato dai peccatori...”. “Egli non commise peccato e
non si trovò inganno. sulla sua bocca” (1 Pietro 2, 22).
1
-
b) Qual è dunque il vero significato
di quelle parole di Gesù? Dal contesto appare chiaro che quel tale
che lo interrogava, mostrava di fermare la sua attenzione su di
lui, su l'uomo o maestro Gesù che vedeva, dimenticando la Fonte
suprema della bontà espressa nei comandamenti di Dio. Quel ricco
non poteva vedere in Gesù altri che un rabbi (cioè un
maestro) degno di fiducia, dal quale voleva avere una risposta al
suo problema, come cioè conciliare il suo attaccamento al denaro e
la vita eterna.
-
Gesù corregge questo atteggiamento.
Distoglie l'attenzione dell'interrogante dalla sua persona e la
indirizza verso la Fonte di ogni bontà: Dio. Non era il caso di
spiegargli appieno chi era lui. L'avrebbe capito? Se quel ricco si
fosse messo alla sequela di Gesù fino, alla fine, come tanti altri,
avrebbe esclamato a suo tempo come Tom- maso: “Signore di me e Dio
di me!” (Giovanni 20, 28).
-
-
11 - L'errore:
In Giovanni 17, 3 Gesù dice: “Questa e la vita eterna:
che conoscano Te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato Gesù
Cristo” (Garofalo). Dunque
Cristo non è Dio.
-
La verità:
Gesù parla della conoscenza del solo vero Dio in
contrasto con la conoscenza degli dèi non veri, ossia dei falsi
dèi pagani. Come dirà san Paolo: “Vi convertiste dagli idoli a Dio
(greco al Dio), per servire al Dio vivo e vero” (1
Tessalonicesi 1, 9). Dalla conoscenza del vero Dio Gesù non
esclude se stesso ' anzi vi si include,
aggiungendo: “E colui che hai mandato Gesù Cristo” (Giovanni 17,
3). Lo stesso evangelista dirà: “E noi siamo nel Vero, nel Figlio
suo Gesù Cristo: Ouesti è il vero
Dio e vita eterna” (1 Giovanni 5,
20; Garofalo).
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