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PURGATORIO
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- OPUSCOLO N°
19
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PICCOLA COLLANA
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"I TESTIMONI DI GEOVA"
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Per ricevere gli opuscoli rivolgersi:
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Padre Nicola Tornese
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Viale S. Ignazio,
4
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80131 NAPOLI
tel. 081.545.70.44
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PARTE PRIMA
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LA DOTTRINA CATTOLICA SUL PURGATORIO
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La Chiesa Cattolica ha sempre creduto
e crede nell'esistenza del purgatorio ed ha ripetutamente confermato
questa dottrina con dichiarazioni esplicite nel presente e nel
passato, specie in tempi di contestazione. Tuttavia la stessa Chiesa
ha fatto e fa di tutto affinché questa verità sia capita nel suo
esatto significato contro eventuali abusi in teoria e pratica di
gente scriteriata.
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Cominciando dai tempi a noi più vicini,
vogliamo ricordare i principali documenti del Magistero cattolico
sulla esistenza e sulla natura del purgatorio.
- Epoca contemporanea
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1 - Papa Paolo VI, nella
Professione di Fede formulata in occasione dell'Anno
della Fede (1967 - 1968), celebrato nel mondo cattolico per
commemorare il decimonono centenario del martirio dei santi Apostoli
Pietro e Paolo, ha detto:
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“Crediamo che le anime di tutti coloro
che muoiono nella grazia di Dio - sia quelle che devono
essere ancora purificate col fuoco del Purgatorio, sia quelle
che, come il buon ladrone, sono ricevute in Paradiso da Gesù subito
dopo di essersi separate dal corpo - costituiscono il Popolo di Dio
dopo la morte”.
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2 - Appena tre anni prima, vale a dire
nel novembre 1964, lo stesso Paolo VI coi Padri del Concilio
Ecumenico Vaticano II, avevano promulgata la Costituzione
Dogmatica sulla Chiesa (Lumen Gentium), che
contiene chiari ed espliciti riferimenti al purgatorio.
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a)
Nel n. 49,
trattando dei tre stadi o condizioni in cui i credenti in Cristo
possono trovarsi, il Concilio dice:
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“Fino a che il Signore non verrà nella
gloria e tutti gli angeli con lui (cf. Matteo 25, 31) e, distrutta
la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cf. 1 Corinzi
15, 26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra,
altri passati da questa vita, stanno purificandosi, e
altri godono della gloria”.
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b)
Nel paragrafo o numero seguente (n. 50) lo stesso
Concilio ricorda ed approva l'antichissima usanza dei fedeli di
pregare per i defunti:
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“La Chiesa dei viatori riconoscendo
benissimo questa comunione di tutto il Corpo Mistico di Gesù Cristo,
fin dai primi tempi della religione cristiana coltivò con grande
pietà la memoria dei defunti perché siano assolti dai peccati (cf. 2
Maccabei 12, 46), e ha offerto per loro anche suffragi”.
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c) Finalmente la stessa Costituzione
(n. 51) ricorda ed esorta:
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“Questa veneranda fede dei nostri
maggiori circa il vitale consorzio con i fratelli che sono nella
gloria celeste o ancora dopo la morte stanno purificandosi,
questo Sacrosanto Concilio la riceve con pietà e nuovamente
propone i decreti dei Sacri Concili Niceno II, Fiorentino e
Tridentine. E insieme, con pastorale sollecitudine esorta tutti
quelli a cui spetta, perché, se si fossero infiltrati qua e là,
abusi, eccessi o difetti, si adoperino per toglierli o correggerli e
tutto ristabiliscano per una più piena lode di Cristo e di Dio”.
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Osservazioni:
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a) I
documenti del Magistero cattolico finora citati e
quelli che citeremo in seguito si basano su singoli
testi biblici, che saranno spiegati nella
seconda parte di questo opuscolo. Tuttavia ci
piace far notare fin d'ora che la dottrina cattolica del purgatorio
è vista ed inserita in quella più vasta della Chiesa come Popolo di
Dio (Paolo VI) e Corpo Mistico di Cristo (Vaticano II). La fede
cattolica basata sulla Bibbia insegna che vi è continuità tra la
vita presente e quella dopo la morte. Vivi e morti sono cittadini
della “Città Santa”, che scende dal cielo (cf. Apocalisse 21, 2) e
al Cielo ritornerà (cf. Apocalisse 22, 17). Tra i cittadini della
Gerusalemme celeste e quelli della Gerusalemme terrestre vi è uno
scambio di beni e di aiuti, che si chiama “comunione dei santi” (cf.
1 Corinzi 12, 12-26). Vedi infra p. 28.
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b) In effetti, questo stato di cose
durerà fino alla seconda venuta del Signore, vale a dire per
tutto il tempo della storia umana, che nell'ottica cristiana
si chiama “tempo della Chiesa”.Dopo che tutte le potenze del male
saranno sottomesse “cf. 1 Corinzi 15, 25-28), vi sarà solo la Chiesa
celeste o Regno di Dio nella sua fase definitiva ed eterna. E i
figli di Dio “regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse 22, 5).
Anche il purgatorio sarà tra le cose passate.
- Tempo della Riforma
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Nella grande crisi della cristianità,
che ebbe come principale protagonista Martin Lutero (1483 - 1546),
la Chiesa Cattolica al Concilio di Trento riaffermò la sua dottrina
sul purgatorio negata dai riformatori.
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a)
Ribadì anzitutto la dottrina della soddisfazione
secondo cui, dopo ricevuto il perdono dei peccati e la grazia della
giustificazione che rimette la pena eterna, rimane sempre il reato
di pena temporale, che deve essere riparato mediante opere
soddisfattorie o in questa vita o nel in purgatorio per
poter essere ammessi alla gioia piena dei beati.
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b) In modo specifico e diretto il
Tridentino confermò la fede nell'esistenza del purgatorio nei
termini seguenti:
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“La Chiesa Cattolica, ammaestrata
dallo Spirito Santo per mezzo della Sacra Scrittura e attraverso
l'antica tradizione dei Padri, ha insegnato nei sacri Concili, e,
recentemente in questo Sinodo ecumenico, che esiste il purgatorio e
che le anime in esso trattenute vengono aiutate dai suffragi dei
fedeli, e specialmente dal Sacrificio dell'altare (...). Ordina ai
vescovi di procurare diligentemente che la sana dottrina circa il
purgatorio trasmessa dai santi Padri e dai sacri Concili sia creduta
dai fedeli cristiani, conservata e predicata in ogni parte”.
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Osservazioni:
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a) Il Tridentino ha inserito la
dottrina del purgatorio in quella più ampia della giustificazione.
Basandosi sulla Scrittura ha ricordato che, rimessi i peccati
personali, rimane da scontare la pena dovuta appunto per i peccati.
Così ha fatto Davide, per volere divino, dopo il suo peccato (cf.
infra). Il Concilio precisa che questa pena può essere soddisfatta o
nella vita presente o dopo la morte.
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Questa possibilità di purificarsi dopo
la morte costituisce un elemento fondamentale o componente della
dottrina sul purgatorio.
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b) Il secondo elemento o componente di
questa dottrina consiste nella possibilità, da parte dei vivi, di
aiutare mediante suffragi le anime dei defunti. Il Tridentino esorta
le guide qualificate delle comunità ecclesiali, cioè i vescovi, a
vigilare affinché sia predicata questa sana dottrina sul purgatorio,
correggendo ed eliminando eventuali esagerazioni ed abusi specie
nella pratica dei suffragi.
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c) Degno di nota è il fatto che i
vescovi cattolici riuniti a Trento, assieme ad esperti in Sacra
Scrittura e a teologi, erano convinti di poter proporre la dottrina
sul purgatorio perché “ammaestrati dallo Spirito Santo per mezzo
della Sacra Scrittura e attraverso l'antica tradizione dei Padri”.
La dottrina cattolica sul purgatorio ha un sicuro fondamento nella
Parola di Dio contenuta nella Bibbia e conservata nel tempo mediante
l'insegnamento e l'approfondimento dei campioni della fede (i Padri)
e i sacri Concili.
- Il Concilio di Firenze (1439-1445)
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Qualche secolo prima del Tridentino un
altro Concilio, a Firenze, aveva insegnate le stesse verità. Citiamo
dal cosiddetto Decreto per i Greci:
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“In più, se (i defunti), avendo fatto
veramente penitenza, morirono nell'amore di Dio prima di aver
soddisfatto con frutti degni di penitenza per i peccati di
commissione o di omissione, le loro anime, dopo la morte, vengono
purificate con pene purgatorio; e, per essere liberate da queste
pene, giovano loro i suffragi dei fedeli vivi, cioè i sacrifici
della Messa, le preghiere, le elemosine ed altri atti di pietà che,
secondo le istruzioni della Chiesa, sogliono essere compiuti da
alcuni fedeli in favor di altri fedeli”.
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Osservazioni:
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Il Concilio di Firenze propone la
dottrina comune a tutta la Chiesa sia orientale che occidentale,
insegnando ciò che poi ripeteranno i vescovi a Trento e al Vaticano
II. In particolare:
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a) Afferma l'esistenza del purgatorio,
vale a dire di uno stato intermedio tra la vita presente e la gloria
dei beati, avente come scopo la purificazione delle anime di coloro
che, morti in grazia o amicizia con Dio, devono soddisfare per i
loro peccati personali.
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b) Ricorda la possibilità e l'utilità
dei suffragi in aiuto delle anime dei defunti. Tra i suffragi dà la
precedenza all'offerta del Sacrificio della Messa, a cui possono
aggiungersi altri atti di pietà come preghiere, elemosine,
sofferenze volontarie o subite ...
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c) E menziona, anche se di passaggio,
la dottrina della comunione dei santi, secondo cui,
alcuni fedeli possono compiere opere di suffragio a favore di altri
fedeli. E’ chiaro che il riferimento riguarda i fedeli defunti,
ossia quei membri del Corpo Mistico di Cristo che si trovano nello
stato intermedio tra la vita presente e la gloria del paradiso.
- Conclusione
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Riepilogando l'insegnamento della
Chiesa Cattolica sul purgatorio così com'è stato proposto in più
occasioni dal Magistero ecclesiastico possiamo dire che esso
contiene due verità fondamentali:
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La prima.
Il peccato attuale o personale
esige un'adeguata penitenza dopo che è stato perdonato da Dio.
Qualora questa penitenza non è stata soddisfatta in modo esauriente
in questa vita, Dio dà al peccatore la possibilità di soddisfarla
dopo la morte. Esiste dunque uno stato o condizione e modo
di essere dopo la morte, in cui l'uomo può e deve purificarsi,
ossia soddisfare per la pena dovuta per i suoi peccati. E’ uno stato
intermedio tra la morte e la gloria o gioia piena del paradiso. Nel
comune linguaggio dei cattolici è detto
purgatorio.
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La seconda.
I cristiani
ancora pellegrini sulla terra possono aiutare i loro fratelli, che
hanno lasciato questa vita, nell'opera di purificazione dovuta per i
loro peccati mediante atti di pietà, soprattutto col Sacrificio
della santa Messa.
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Esortando i vescovi perché procurino
che la sana dottrina sul purgatorio sia creduta dai fedeli, il
Tridentino mostra certamente la viva preoccupazione che i suffragi
non siano pensati e fatti come se fossero atti di magia. Devono
scaturire da una vera pietà congiunta a una genuina bontà. Dopo
tutto è sempre Dio che giudica sul valore purificatorio di quegli
atti. In altre parole, il valore purificatorio dei suffragi è
proporzionato al loro valore o carica intrinseca, se cioè sono atti
di vero amore di Dio e dei prossimo, emananti dalla conversione del
cuore, e non piuttosto gesti di una devozione superficiale o di
usanze sociali o peggio ancora di vanitoso esibizionismo. Se così
non fosse, sarebbe facile e comodo liberarsi e liberare dal
purgatorio a suon di quattrini. “Non basta strapparsi le vesti,
bisogna cambiare il cuore!” (Gioele 2, 13).
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PARTE SECONDA
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BIBBIA E PURGATORIO
- Premessa
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Giustifica la Bibbia la dottrina dei
purgatorio così com'è insegnata dalla Chiesa Cattolica? La risposta
a questa domanda deve essere affermativa. Perciò noi
vogliamo interrogare la Sacra Scrittura su questo
argomento, analizzare cioè alcuni testi biblici nei limiti concessi
da un opuscolo. Vogliamo ragionare facendo uso corretto delle
Scritture.
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Precisiamo ancora una volta che due
sono gli elementi o componenti essenziali della dottrina sul
purgatorio.
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Primo: La volontà o bontà di Dio
concede al peccatore, dopo il perdono delle colpe, la possibilità di
offrire un'adeguata soddisfazione per la sua completa purificazione.
Nulla d'impuro può entrare nella celeste Gerusalemme (cf. Apocalisse
21, 27).
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Secondo:
La stessa volontà salvifica o bontà di Dio ha
disposto che anche i membri del Corpo Mistico o cittadini del Regno
ancora su questa terra possono aiutare coi suffragi i
loro fratelli nella purificazione dopo la morte.
- Peccato e soddisfazione
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Dio perdona sempre i peccati al
peccatore pentito, ma esige un'adeguata soddisfazione. Insegnamento
biblico.
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Antico Testamento
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1 - La sorte di Mosè.
Uomo di Dio, servo di Jahve fu certamente Mosè. Ma in qualche
circostanza della sua vita non era stato senza macchia al cospetto
del Signore. Una volta aveva parlato da stolto, con poca saggezza
(cf. Numeri 20, 1-12; Salmo 105, 32-33). A motivo di questa
stoltezza:
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“Jahve allora disse a Mosè e ad Aronne:
"Poiché non avete creduto in me riconoscendomi santo agli occhi dei
figli di Israele, perciò non introdurrete quest'assemblea nel. la
terra che io ho assegnato loro” (Numeri 20, 12; cf. Deuteronomio 1,
37).
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Ciò che Dio aveva predetto, si avverò
alla fine della vita del grande condottiero. Mosè salì sul monte
Nebo e Jahve gli mostrò tutta la terra:
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“Jahve gli disse: "Questa è la terra
che ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: Alla tua
posterità io la concederò. Te l'ho fatta vedere con i tuoi occhi,
ma tu non c'entrerai” (Deuteronomio 34, 4).
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Spiegazione:
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a) Senza dubbio Mosè fu e rimase un
grande amico di Dio (cf. Ebrei 11, 23-28; Siracide 45, 1-6), il più
grande profeta dell'antichità. Solo Gesù, la Sapienza divina fattasi
presente nel figlio di Maria, sarà superiore a lui (cf. Atti 3,
22-24).Dio perdonò a Mosè il suo peccato, che forse dovette
consistere in qualche mancanza di fiducia in Jahve (cf. Numeri 20,
10). Il peccato, comunque, fu perdonato. Mosè apparirà agli Apostoli
sul monte Tabor circonfuso di gloria assieme ad Elia, quale
testimone qualificato della divinità di Gesù (cf. Matteo 17, 1-9; 1
Pietro 1, 16-19).
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b) Tuttavia Dio non esentò Mosè dalla
legge della soddisfazione dopo ottenuto il perdono dei peccato.
Jahve non concesse a Mosè di entrare da trionfatore nella terra
promessa. Fu certamente un modo di soddisfare per la colpa commessa,
senza essere comunque escluso dalla gloria e dalla gioia degli amici
di Dio nella patria celeste (cf. Ebrei 11, 13-16).
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2 - Il peccato di Davide.
Quest'uomo, benché scelto da Dio per essere il primogenito, ossia il
più potente tra i re della terra (cf. Salmo 88, 26), si macchiò d'un
duplice delitto: si appropriò della moglie di Uria, suo fedelissimo
soldato, e poi lo fece uccidere a tradimento per coprire il suo
crimine vergognoso (cf. 2 Samuele 12, 1-12).
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Ma David si pentì sinceramente del suo
peccato e pianse amaramente (cf. Salmo 50).
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“Disse Davide a Nathan: "Ho peccato
contro Jahve" Nathan rispose a Davide: "Anche - Jahve perdona il tuo
peccato: tu non morirai; tuttavia, poiché hai osato oltraggiare -
Dio liberi - Jahve con questa azione, anche il figlio che ti fu
generato, morirà certamente” (2 Samuele 12, 13-14, Garofalo).
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Il bambino che la moglie di Urìa aveva
generato a Davide s'ammalò gravemente e dopo poco morì (cf. 2
Samuele 12, 15-19).
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Spiegazione.
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a) E’ degno di nota, prima di tutto,
che il male fatto ad Urìa è considerato come un atto di grave offesa
a Dio, cioè come un peccato, una grave colpa morale. Davide si pente
e chiede perdono a Dio: “Pietà di me, o Dio, nel tuo grande amore
(...). Sono colpevole e lo riconosco...” (Salmo 50, 1-5). Dio
perdona a Davide il peccato. Davide continua ad essere il
primogenito dei re della terra, l'unto di Jahve.
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“Il Signore perdonò a Davide i suoi
peccati ed esaltò per sempre la sua potenza. Sì impegnò con lui per
la successione reale, gli assicurò un regno glorioso in Israele” (Siracide
47, 11).
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b) Ma il pentimento ed il perdono non
cancellarono ogni traccia del male commesso. Sarebbe stato troppo
comodo!! A Davide viene inflitta una pena gravissima, che come un
fuoco brucia l'intimo del suo essere. Non è il bambino a essere
castigato! E’ il padre che subisce il castigo nella perdita del
figlioletto tanto amato.
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Commenta la Bibbia di Salvatore
Garofalo:
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“Si noti come, anche rimessa la colpa,
rimanga da scontare la pena, più o meno grave: solo la soddisfazione
libera completamente dal reato”.
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Alle stesse conclusioni si arriva
analizzando il racconto biblico del censimento ordinato da Davide
(cf. 2 Samuele 24, 1-17; 1 Cronache 21, 1-117).
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Nuovo Testamento
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1 - Nel Nuovo Testamento non è assente
l'idea della soddisfazione nel senso che il peccatore possa
riacquistare l'amicizia con Dio e la salvezza mediante la sofferenza.
Caso tipico può essere quello dell'incestuoso di Corinto (cf. i
Corinzi 5, 1-5). Al colpevole non è negata la salvezza. Paolo
afferma esplicitamente che il suo intervento e il giudizio di
condanna hanno come scopo “che il suo spirito possa ottenere la
salvezza nel giorno del Signore”.
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Tuttavia al colpevole deve infliggersi
una grave pena espiatoria, che non comporta solo l'espulsione dalla
comunità dei fedeli, ma anche la consegna a satana perché lo
colpisca con malattie e altre pene corporali. La punizione o
sofferenza ha per fine la salvezza eterna del peccatore.
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2 - Neppure manca nel Nuovo Testamento
l'idea circa la possibilità d'una purificazione dopo questa vita,
dovuta a causa del peccato, e quindi l'esistenza del purgatorio o di
uno stato intermedio tra la morte e la gioia del paradiso. Non pochi
biblisti vedono questa idea e quindi un valido fondamento della
dottrina cattolica del purgatorio in alcune espressioni di san Paolo
ai fedeli di Corinto. Riportiamo prima le parole dell'Apostolo:
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“Ora, se si costruisce su questo
fondamento con oro, argento, pietre preziose, legname, fieno,
stoppia, l'opera di ognuno si renderà manifesta. Il giorno del
giudizio la farà conoscere, dato che esso si ha da rivelare col
fuoco, e il fuoco stesso proverà la qualità dell'opera di ciascuno.
Se l'opera di chi ha costruito sussisterà, egli ne riceverà la
mercede; se l'opera di qualcuno sarà consumata dal fuoco, egli la
perderà; quanto a lui, però, sarà salvo, ma come attraverso il fuoco”
(1 Corinzi 3, 12-16, Garofalo).
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Spiegazione:
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a)
San Paolo fa qui alcune considerazioni sul lavoro di
coloro che predicavano il Vangelo, ossia che intendevano edificare
la Chiesa. A Corinto non tutto andava per il meglio: vi erano
gelosie e contese (cf. 1 Corinzi 3, 3-5). L'Apostolo esprime il suo
pensiero con l'immagine delle costruzioni e dei costruttori. Alcuni
usano materiale pregiato e resistente come marmo, pietre preziose e
simili, altri, materiale scadente come legno, fieno, stoppia. Il
materiale pregiato rappresenta la predicazione genuina del Vangelo,
la costruzione sul fondamento che è Cristo; quello scadente indica
l'opera dei predicatori facili ad errori ed eresie.
-
b) Come prova della solidità o meno
della costruzione, della validità o meno della predicazione, per
Paolo vale il giudizio di Dio, che sarà manifesto nell'ultimo giorno
mediante il fuoco (cf. 2 Tessalonicesi 1, 8; 2 Pietro 3, 7).Mediante
il fuoco sarà verificata la qualità del lavoro apostolico, la
solidità della costruzione: quella buona resisterà e l'operaio avrà
la sua mercede; quella cattiva sarà distrutta. Che cosa avverrà
dell'operaio o predicatore infedele o scriteriato?
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c) Egli sarà salvo, dice Paolo,
ma come attraverso il fuoco. La sua sorte non sarà la
distruzione come per la sua opera, ma la salvezza, non senza però
qualche danno personale, non senza qualche scottatura come chi fugge
da un incendio improvviso. L'operaio o predicatore infedele subirà
una pena personale prima di conseguire la salvezza.
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“Molti teologi vedono qui, non a torto,
una prova implicita della esistenza del purgatorio; infatti, benché
l'Apostolo non parli direttamente di esso e tanto meno della pena
del purgatorio, tuttavia suppone chiaramente la possibilità che dopo
la morte una eventuale imperfezione dell'opera del predicatore possa
essere espiata mediante qualche sofferenza o pena”.
-
d)
A conferma vale la considerazione specificamente
biblica secondo la quale il giudizio finale termina solo con la
felicità o condanna degli uomini (cf. Matteo 25, 46; Giovanni 5,
28-29). Se Paolo concede la salvezza anche agli operai evangelici
non privi di imperfezioni, si può dedurre che essi saranno ammessi
alla vita eterna - saranno salvi - mediante una purificazione dopo
la morte. Nella Città Santa Gerusalemme, ossia nel Regno di Dio
nella sua fase definitiva “non entrerà tutto ciò che è impuro né chi
compie abominazione o menzogna” (Apocalisse 21, 27).
- Buona cosa è pregare per I morti
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Anche l'altro elemento costitutivo
della dottrina cattolica sul purgatorio, vale a dire la possibilità
di aiutare i defunti nella loro purificazione, di suffragarli, non
è- privo d'una valida base o giustificazione biblica. La Bibbia
approva la pia pratica di offrire sacrifici per i defunti e non
condanna altre pie pratiche fatte con l'intenzione di beneficiare
l'anima di chi è passato all'altra vita. Esamineremo due testi
biblici, di cui uno appartiene all'Antico Testamento e l'altro al
Nuovo.
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Antico Testamento
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Un sacrificio offerto
per i morti. Assai noto è un testo del
Secondo Libro dei Maccabei, che dice:
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“Il giorno seguente gli uomini di
Giuda andarono, quando già tale azione si imponeva con urgenza, a
raccogliere i corpi dei caduti per inumarli presso i loro parenti
nei sepolcri dei loro padri. Essi trovarono sotto la tunica di ogni
morto oggetti sacri agli idoli di Jamnia, che la legge interdice ai
Giudei. Così fu palese a tutti il motivo per cui erano morti. Tutti,
allora, benedicendo le opere del Signore giusto che rende manifeste
le cose occulte, accorsero a pregare, supplicando che il delitto
commesso venisse completamente perdonato. Allora il forte Giuda
esortò la moltitudine a conservarsi senza colpe, vedendo coi propri
occhi ciò che era successo per il peccato di coloro che erano caduti.
Dopo aver raccolto quasi duemila dracme d'argento secondo la
possibilità di ognuno, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto
un sacrificio per il peccato. Questa fu una buona e nobile azione,
perché ispirata dal pensiero della risurrezione. Infatti, se non
avesse sperato che coloro che erano morti sarebbero risorti, sarebbe
stato superfluo e vano pregare per i morti. Inoltre egli pensava
alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano
nella pietà. Santo e pio pensiero! Perciò egli fece compiere un
sacrificio espiatorio per i morti affinché fossero assolti dal
peccato” (2 Maccabei 12, 3946), Garofalo).
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Spiegazione:
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1.
- I fatti:
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a) L'episodio qui narrato si colloca
nella guerra d'indipendenza degli Ebrei contro i popoli vicini e
l'ellenismo (i Greci), sotto la guida dì Giuda Maccabeo durante la
prima metà del Il sec. a.C. in una battaglia Giuda sconfigge Gorgia,
governatore dell'Idumea, la regione situata a sud della Palestina;
ma perde sul campo di battaglia un certo numero di soldati.
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b) A battaglia finita, nel compiere il
pio ufficio della sepoltura, gli uomini di Giuda trovano sotto la
tunica dei soldati uccisi alcuni oggetti sacri a divinità pagane, di
cui i morti si erano impossessati, violando la legge giudaica che
proibiva una tale cosa (cf. Deuteronomio 7, 25-26).
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c) Giuda considera la morte di quei
soldati come un castigo di Dio per tale loro colpa; ma era convinto
che quei combattenti si erano addormentati nella pietà (verso 45).
Erano infatti caduti combattendo per una nobile causa. Pensò
tuttavia che avessero bisogno di essere purificati.
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Compresi da tale sentimento, Giuda e i
suoi soldati accorsero a pregare e anche a far pregare per i
compagni caduti. Fece una colletta di quasi duemila dracme d'argento
e la inviò a Gerusalemme perché fosse offerto, un sacrificio
espiatorio affinché i soldati caduti in battaglia fossero purificati
dal peccato.
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2. - Le idee
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a) Dal racconto risulta abbastanza
chiaro che tra gli Ebrei al tempo dei Maccabei (11 sec. a.C.) vi era
la convinzione sulla possibilità di essere purificati dal peccato
anche dopo la morte e così fatti degni della risurrezione tra i
giusti. Questo è uno degli elementi costitutivi della dottrina
cattolica sul purgatorio.
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b) Ma è soprattutto chiaro che i vivi
possono contribuire alla purificazione dei defunti. Ne è indicato
anche il modo, cioè preghiere e sacrifici. Giuda e i suoi uomini
sono convinti che il sacrificio espiatorio era offerto perché fosse
eliminato ciò che separava l'uomo da Dio.
-
c) L'autore sacro loda il gesto di
Giuda e dei
suoi compagni con la semplice
esclamazione : “Santo e pio pensiero!”. Questo basta per dire che
siamo qui in presenza d'una dottrina ispirata da Dio e non già
frutto di speculazioni più o meno emotive o, peggio, di
superstizione. Qui abbiamo in sostanza la dottrina del purgatorio
come insegnata dalla Chiesa Cattolica e non si può negare che abbia
una solida base nella parola di Dio.
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Nuovo Testamento
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Con riferimento alle preghiere o
suffragi per i defunti molti studiosi della Bibbia vedono un
fondamento di tale dottrina in una pia pratica in uso al tempi di
san Paolo nella comunità cristiana di Corinto. Ce ne dà notizia lo
stesso Apostolo che scrive:
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“Altrimenti, che cosa farebbero quelli
che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono,
perché si fanno battezzare per loro?” (1 Corinzi 15, 29).
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Spiegazione:
-
a) San Paolo tratta della certezza
della risurrezione dei morti, di tutti i morti, per convincere
alcuni cristiani di Corinto che ne dubitavano (cf. 1 Corinzi 15,
12). L'Apostolo prende lo spunto da una pratica religiosa in uso
presso quella comunità, vale a dire “il battesimo per i morti”. Da
parte sua Paolo non disapprova tale pratica, anche se non sembra
approvarla esplicitamente. Egli vuol far solo riflettere quel
dubbiosi che tale pratica sarebbe inutile e incomprensibile, se non
ci fosse risurrezione dei morti. Infatti il battesimo è caparra di
risurrezione (cf. Romani 6, 3-5).
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b) Che cosa era questo “farsi
battezzare per i morti”? La spiegazione più comune è che si trattava
del battesimo ricevuto da
una persona ancora viva a favore di un defunto - di un catecumeno -
morto senza battesimo: era un'azione vicaria, fatta cioè al posto di
un altro, in vece sua, e a suo vantaggio. Inoltre, e forse
principalmente, si voleva aiutare il defunto con un rito di
suffragio.
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c) In questa spiegazione condivisa
dalla stragrande maggioranza dei biblisti è implicita l'idea che i
vivi possono aiutare i defunti, cioè suffragare le loro anime.
Questo è l'essenziale. Vi è qui una conferma della convinzione già
chiara fin dai tempi dei Maccabei: pregare per i morti è un pensiero
santo e belle (cf. 2 Maccabei 12, 45).
- Una spiegazione settaria
-
L'errore:
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Ai tdG non garba la spiegazione che di
Corinzi 15, 29 danno quasi tutti i biblisti, cattolici e non
cattolici. E’ troppo scomoda per loro perché comporta non solo
l'utilità dei suffragi, ma anche la sopravvivenza dell'uomo
subito dopo la morte. Per i geovisti, l'uomo con la morte
ritorna in uno stato di non-esistenza; a loro dire, la morte
dell'uomo è come quella del cane. Per distruggere la verità biblica
traducono 1 Cor. 15, 29 arbitrariamente, in modo del tutto diverso
dai veri cristiani:
-
“Altrimenti che faranno quelli che si
battezzano allo scopo di (essere) dei morti? Se i morti non saranno
destati, perché sono anche battezzati allo scopo di (essere) tali?”
(Traduzione del Nuovo Mondo).
-
Per gettare poi un po' di polvere
negli occhi, gli anonimi traduttori della Bibbia geovista aggiungono:
-
“La versione della "Traduzione del
Nuovo Mondo" è grammaticalmente corretta, e concorda con i suddetti
versetti biblici”.
-
-
La verità:
-
a) Notate, prima di
tutto, come la traduzione geovista di 1 Cor. 15, 29 è completamente
diversa da quella di
tutti i traduttori della Bibbia, cattolici e non
cattolici. Si ha qui una prova incontestabile di quanto sia
menzognera l'affermazione dei tdG quando dicono che la loro Bibbia è
la stessa di quella dei cattolici.
-
b) In secondo luogo, la traduzione
geovista di 1 Cor. 15, 29 è scorretta perché contraria
alla lettera e allo spirito del testo paolino:
-
- Contraria alla lettera, ossia
grammaticalmente errata, perché nel testo originale non vi è il
verbo essere. I geovisti l'hanno aggiunto abusivamente
per ben due volte. San Paolo ha scritto: “si fanno
battezzare per i morti” (testo greco); non già “allo
scopo di essere morti”. Parimenti: “perché si fanno
battezzare per essi” (testo greco); non già “allo scopo
di (essere) tali”.
-
- Contraria allo spirito, ossia
contraria a tutto l'insegnamento di san Paolo circa l'efficacia del
battesimo. Infatti, secondo san Paolo, il battesimo cristiano non è
conferite> “allo scopo di essere morti”, bensì allo scopo
di essere vivi. Il battesimo, dato in nome di Gesù o della SS.ma
Trinità, di- strugge il peccato, cioè la morte, e dà una nuova vita
(cf. Atti 2, 38; Romani 6, 3-6; Colossesi 2, 12-13; Giovanni 3,
3-7). Dire perciò, come fanno i geovisti, che “si battezzano allo
scopo di essere morti”, equivale a capovolgere l'insegnamento della
Bibbia, commettendo un madornale errore.
-
c) Per coprire il loro inganno i
geovisti dicono che “le uniche altre scritture che menzionano la
morte in relazione col battesimo si riferiscono a un battesimo che
l'individuo stesso riceve, non a un battesimo in favore d'un altro,
d'una persona morta”.
-
Si tratta d'un inganno, d'una
scappatoia. Infatti anche in 1 Corinzi 15, 29 si parla dello stesso
battesimo, di cui si parla in tutto le altre Scritture. Ma si
aggiunge che si tratta di un battesimo vicario, in favore d'un
defunto. E anche questa è Scrittura
- La comunione dei santi
-
a) Nel riaffermare la dottrina
cattolica sul purgatorio, il Concilio Vaticano Il fa esplicita
menzione di un'altra dottrina - quella della Chiesa come “comunione
dei santi” - e in base a questa dottrina ricorda che “fin dai primi
tempi della religione cristiana la Chiesa dei viatori coltivò con
grande pietà la memoria dei defunti e "poiché santo e salutare è il
pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai loro
peccati" (2 Maccabei 12, 46), ha offerte per loro anche suffragi.
-
b) La dottrina della “comunione dei
santi” è in- segnata esplicitamente da san Paolo. E’ utile perciò
fare una breve analisi di essa in rapporto alla dottrina sul
purgatorio. Scrisse l'apostolo:
-
“Poiché, a quel modo che il corpo è
uno, sebbene abbia molte membra, e che tutte le membra del corpo,
pur essendo molte, formano un solo corpo, così pure il Cristo. E
infatti, in un solo Spirito noi tutti, Giudei o Greci, schiavi o
liberi, fummo battezzati per formare un solo corpo; e tutti bevemmo
di un unico Spirito.
-
Ora, il nostro corpo non è composto di
un membro solo, ma di molte membra (...).'Iddio ha composto il corpo
in modo da dare maggior onore a ciò che manca, affinché non vi sia
divisione nel corpo, ma le membra siano vicendevolmente sollecite
del bene comune. Così se un membro soffre, soffrono con esso tutte
le membra, e se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscano
con esso. Ora voi siete il corpo di Cristo e, ciascuno per la sua
parte, sue membra” (1 Corinzi 12, 12.24-27).
-
-
Spiegazione:
-
a) San Paolo si serve dell'immagine
del corpo (umano) per mettere in luce la solidarietà che deve
regnare nella comunità dei credenti, cioè nella Chiesa. In virtù del
battesimo e dell'effusione dello Spirito tutti i battezzati, di
qualunque provenienze sociale, sono diventati membra di uno stesso
corpo San Paolo chiama Cristo questa nuova comunità non certamente
il Cristo storico, ma il Cristo in quanto Salvatore, che una volta
disse: “Quanto , me, allorché sarò innalzato da terra tutti attirerò
a me” (Giovanni 12, 32). Lui Capo e Redentore e quanti credono in
Lui, quanti sono attirati da Lui, formano una nuova umanità detta
con linguaggio cattolico “Corpo mistico di Cristo”.
-
b) Come nel corpo umano tutte le
membra col lavorano al bene comune, anche se con funzioni diverse,
così nel Corpo Mistico. “Così, se un membro soffre, soffrono con
esso tutte le membra”.
-
Questa solidarietà trae la sua origine
e la sua efficacia dal battesimo, che dà ai rinati da acqua e da
Spirito (cf. Giovanni 3, 5) una nuova vita, una nuova linfa vitale,
che anima tutte le membra del Corpo Mistico nel tempo e
nell'eternità. Il vincolo che lega i discepoli di Cristo non conosce
soluzioni di continuità. “Chiunque vive e crede in me, noi morirà
mai” (Giovanni 11, 26).
-
c) Su questa base biblica, noi siamo
certi che i nostri fratelli defunti non sono tornati in uno stato di
non-esistenza. Lasciamola ai tdG questi macabra visione. La vita non
è stata loro tolta, ma solo mutata. Anche se alcuni di loro devono
ancor purificarsi, essi sono membra vive della Gerusalemme celeste.
-
Tra loro e noi ancora viatori sulla
terra esiste il vincolo soprannaturale, che ci fa tutti membra del
Corpo Mistico di Cristo. Tra noi e loro vige la legge della
solidarietà, della comunione dei santi, vale a dire dello scambio
reciproco dei beni e degli aiuti: “Se un membro soffre, soffrono
tutte le membra”, e tutte le membra possono e devono alleviare le
sofferenze del membro che soffre.
-
In questa magnifica dottrina
dell'Apostolo Paolo la Chiesa Cattolica giustamente vede affermata
la sua fede nell'esistenza del purgatorio e soprattutto nella
possibilità dei suffragi per i suoi figli defunti perché siano
assolti dai loro peccati e liberati dalle pene del purgatorio .
-
Sì, tutti quelli che sono di Cristo,
avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro
uniti in Lui (cf. Efesini 4, 16). L'unione quindi dei viatori coi
fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata,
anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla
comunione dei beni spirituali. Parola di Dio!
-
-
PARTE TERZA
-
TRADIZIONE E PURGATORIO
- Cose da non dimenticare
-
a)
A chiusura del suo vangelo san Giovanni ha scritto:
-
“Vi sono, poi, molte altre cose fatte
da Gesù, le quali, se si scrivessero una per una, ritengo che
neppure il mondo potrebbe contenere i libri che si dovrebbero
scrivere” (Giovanni 21, 25, Garofalo; cf. Giovanni 20,
30-31).
-
Dunque non fu intenzione degli
evangelisti mettere per iscritto tutti i detti e i fatti
di Gesù.
-
Da parte sua san Paolo ricordava ai
cristiani di Tessalonica:
-
“Dunque, o fratelli, state saldi e
seguite fedelmente le dottrine che vi abbiamo trasmesse sia a viva
voce che per lettera” (2 Tessalonicesi 2, 15, Garofalo).
-
Dunque san Paolo aveva trasmesso ai
cristiani anche dottrine a viva voce (tradizioni, testo
greco) e voleva che fossero seguite fedelmente.
-
b)
Lo stesso Paolo, non molto prima di morire, scrisse
al discepolo Timoteo:
- “0
Timoteo, custodisci il deposito che ti confido, schiva le vuote
chiacchiere profane e le diatribe della pretesa gnosi
che molti promettono, ma naufragando nella fede” (1 Timoteo
6, 20 Garofalo).
-
A giudizio dei biblisti,
deposito vuol dire la sana dottrina dei Vangelo in tutta la sua
interezza. Certo la Scrittura è una parte preponderante del
deposito. Ma non tutti gli elementi del deposito
originale (parole e opere di Gesù) sono stati esplicitamente e
formalmente consegnati allo scritto.
-
La catechesi o insegnamento orale e la
vita stessa delle comunità cristiane, a cominciare dal- l'età
apostolica, hanno conservato e trasmesso il deposito in
una forma più ricca e più viva dello scritto. Gesù aveva assicurato
che lo Spirito Santo avrebbe introdotto i suoi discepoli a tutta
intera la verità (cf. Giovanni 16, 12-13; 14, 25-26).
-
Questa fedele custodia del deposito e la sua
esplicitazione sotto la guida della Spirito Santo costituisce la
Tradizione ecclesiale, che non ha nulla che vedere con le tradizioni
degli antichi, giustamente condannate da Gesù (cf. Matteo 7, 8-13).
- Tradizione e dottrina sul
purgatorio
-
a)
Alla luce di questa retta comprensione dei
deposito, noi possiamo dire che le numerose ed esplicite
testimonianze della Tradizione sul purga- torio non sono qualcosa di
nuovo e di distaccato dagli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli,
ma si connettono sostanzialmente alla Buona Novella, ossia al
Vangelo, annunciato all'umanità dal Figlio di Dio.
-
La New Catholie Encyclopaedia,
trattando del purgatorio, osserva:
-
“Il Nuovo Testamento mostra come i
discepoli di Gesù erano familiari col suo insegnamento sul peccato e
sul giudizio (cf. Matteo 12, 32.36; 16, 27; Luca 7, 47; 12, 47-48).
Le sue parole fecero approfondire il sentimento della santità di Dio,
infiammando la loro speranza nella sua misericordia e li indussero a
pregare per i morti. Egli insegnò loro le grandi verità sulla morte
e sul giudizio, e nulla fa credere che solo quelli esenti da
qualsiasi macchia sarebbero liberati dall'inferno” (cf. Matteo 8,
12; Luca 12, 20:16, 22; Giovanni 9, 4; 11, 9; 12, 25).
-
-
Osservazioni:
-
a)
Gli autori della New Catholie
Encyclopaedia notano espressamente come
gli insegnamenti di Gesù sulla santità di Dio e la sua misericordia
indussero i discepoli a pregare per i morti. Dunque coloro che erano
stati in diretto contatto col Maestro e familiari col suo
insegnamento sul peccato e sul giudizio credevano nell'efficacia
della preghiera a vantaggio dei defunti. La dottrina dei suffragi
faceva parte della fede e della prassi degli immediati discepoli di
Gesù. Era contenuta nel deposito della fede.
-
b) Gli stessi autori notano ancora
come il Maestro “insegnò ai discepoli le grandi verità sulla morte e
sul giudizio e nulla fa credere che solo quelli esenti da qualsiasi
macchia sarebbero liberati dall'inferno”. Qui vi è una chiara
allusione all'esistenza del purgatorio nell'insegnamento di Gesù.
Infatti, se nulla fa credere che solo gli esenti da qualsiasi
macchia di peccato sarebbero liberati dall'inferno, tutto fa credere
che anche altri, ben- ché non esenti da macchie di peccati,
avrebbero conseguita la salvezza. Come? Mediante una purificazione
dopo la morte concessa dalla misericordia di Dio, grazie anche alle
preghiere dei fedeli.
-
c) Quando dunque la stessa
New Catholic Encyclopaedia scrive che “in ultima analisi, la
dottrina cattolica del purgatorio si basa sulla tradizione, non
sulle Sacre Scritture”, non intende assolutamente escludere la
dottrina cattolica del purgatorio dal deposito della
fede.
-
La verità è che la New
Catholie Encyclopaedia afferma chiaramente che la dottrina
cattolica sul purgatorio affonda le sue radici negli insegnamenti di
Gesù e degli Apostoli. 1 discepoli immediati di Gesù hanno recepito
calorosamente l'insegnamento del Maestro sulla misericordia di Dio,
che si estende anche dopo la morto dell'uomo, e lo hanno trasmesso
mediante la Tradizione ecclesiale. Numerosi documenti risalenti ai
primi tempi del cristianesimo ce lo attestano.
-
Riportiamo ora alcuni documenti di
questa Tradizione cominciando dalla pia pratica di pregare per i
morti.
- La preghiera per i defunti
-
Questa devota usanza è largamente
testimoniata da antichissimi documenti cristiani.
-
1 - Le catacombe, come
tutti sanno, erano soprattutto cimiteri cristiani. Sulle tombe dei
morti si leggono spesso espressioni significative, frasi augurali,
invocazioni di preghiere:
-
“La tua anima sia nella gioia!”. “Dio
renda felice il tuo spirito!”. “Vi esorto, o fratelli,
di pregare quando venite qui: scongiuro voi tutti che leggete:
pregate per me peccatore”.
-
-
2 - L'epitaffio d'Abercio.
E’ la regina delle iscrizioni cristiane, uno dei più antichi
documenti lapidari, che ricorda tante verità care ai cattolici: la
celebrazione dell'Eucaristia o Santa Messa, la grandezza e la fede
della Chiesa di Roma, “un popolo che porta un luminoso sigillo”, ecc.
-
A noi interessa soprattutto la
testimonianza sull'efficacia della preghiera per i defunti, che
comporta chiaramente la fede nella sopravvivenza dell'uomo dopo la
morte e la possibilità di aiutare i defunti mediante la preghiera.
In altre parole, l'iscrizione di Abercio testimonia la fede della
primitiva Chiesa nell'esistenza del purgatorio. Ecco le parole di
Abercio:
-
“Queste cose dettai direttamente io
Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età.
Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio”.
-
a)
Chi era Abercio? Un cristiano, forse vescovo di
leropoli, nell'antica Frigia o Asia Minore (vicino Oriente). Aveva
viaggiato in quasi tutto l'impero romano, compresa Roma. Prima di
morire compose di proprie mani l'epitaffio o iscrizione per sua
tomba.
-
b) A giudizio degli esperti",
l'epitaffio fu composto nella seconda metà del secondo secolo Era
Cristiana. Tenendo presente che Abercio, quando lo
scrisse, aveva settantadue anni di età, ne segue che dovette nascere
a principio del secondo secolo o anche prima. Al tempo della sua
nascita era forse ancora vivo san Giovanni ed erano certamente in
vita moltissimi, che avevano appreso la fede direttamente dagli
Apostoli. La dottrina di Abercio affonda le sue radici e si
ricollega all'insegnamento apostolico.
-
c) Di questo insegnamento, appreso e
trasmesso da Abercio, facevano parte tante verità preservate
fedelmente nella Chiesa Cattolica: tra queste l'efficacia
delle preghiere per i defunti. Se Abercio chiede che si preghi
per lui dopo la sua morte, è segno evidente che aveva appreso nella
sua educazione cristiana risalente agli Apostoli “non essere
superfluo e vano il pregare per i morti” (2 Maccabei 12, 44).
-
-
3. – Tertulliano, vissuto tra la
seconda metà del secondo secolo e la prima del terzo, enumera
minuziosamente quasi tutte le pie pratiche, di cui era intessuta la
vita del cristiano; parla del battesimo, dell'Eucaristia, del
digiuno ecc. E ricorda anche le preghiere di suffragio: “Nel
giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti”.
-
Altrove scrive:
-
“La moglie sopravvissuta al marito
offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari
della sua morte”.
-
-
4 - Sant'Agostino (354-430)
è molto esplicito. Rifacendosi al libro dei Maccabei (2 Maccabei
12, 43), il grande pensatore cristiano Agostino scrive:
-
“Nei libri dei Maccabei leggiamo che
fu offerto un sacrificio per i morti. Ma anche se nelle Scritture
Antiche non si dicesse nulla di questa cosa, abbiamo una non piccola
testimonianza autorevole di tutta la Chiesa, che getta piena luce su
questa pia pratica. In tutta la Chiesa infatti, nelle preghiere che
i sacerdoti offrono a Dio sull'altare (S. Messa) trova spazio anche
il ricordo dei morti (commendatio mortuorum)”.
-
E altrove:
-
“Non si può negare che le anime dei
defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in
vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (la
S. Messa), oppure mediante elemosine”.
-
-
5 - Riportiamo ancora una
testimonianza (tra le tante!), quella di sant'Efrem
(306-373). Egli appartiene alla Chiesa d'Oriente ed è detto il
profeta dei Siri, arpa dello Spirito Santo. Di lui
scrisse san GiroIamo: “Giunse a tanta fama che in alcune chiese i
suoi scritti erano letti pubblicamente subito dopo la Scrittura”.
-
Questo grande maestro di vita
cristiana lasciò scritto nel suo testamento:
-
“Nel
trigesimo della mia morte, ricordatevi di me, fratelli, nella
preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai
vivi (...). Se infatti gli uomini di Matatìa, che avevano la verità
rivelata da Dio (cf. 2 Maccabei 12, 38-46), con le offerte espiarono
i peccati di quelli che erano caduti in guerra in uno stato di colpa,
quanto più i sacerdoti del Figlio coi santi sacrifici e le preghiere
possono espiare i peccati dei defunti”.
- Possibilità di purificarsi
-
1 - Tertulliano, verso il
principio del secondo secolo, nel suo scritto che ha per titolo
De anima (Sull'anima) ammette che l'anima, dopo la
morte, possa purificarsi:
-
“Noi riteniamo che quella prigione di
cui parla il Vangelo (cf. Matteo 5, 26) corrisponda agli inferi (regione
del morti), dove deve essere pagato il debito fino all'ultimo
centesimo in attesa della risurrezione”.
-
-
2 - San Cìpriano, nato a
Cartagine verso l'anno 210 e morto martire (14 settembre 258),
insegnava la stessa dottrina di Tertulliano:
-
“Altra cosa è non uscire dalla
prigione finché non si sia pagato l'ultimo centesimo, altra cosa
ricevere subito la mercede della fede e della virtù; altra cosa
purificarsi dal peccato con lungo dolore e fuoco, altra cosa aver
scontato tutti i peccati con la penitenza”.
-
-
3 - Origene (185-254) fu
prima di tutto un grande biblista, il più grande forse che
l'antichità cristiana abbia conosciuto. Fu l'uomo della Scrittura
per eccellenza. Conosceva bene il greco e l'ebraico e poteva così
penetrare il vero senso della Parola di Dio.
-
Alla scuola della Bibbia Origene
insegnò che con la morte l'uomo non torna in uno stato di non-esistenza:
tutte le creature umane, non soltanto alcune privilegiate,
continuano a vivere subito dopo la morte in uno stato di gioia o
anche di sofferenza (i peccatori). Origene insegnò pure che dopo la
morte Dio dà al peccatori la possibilità di purificarsi e conseguire
così la gioia eterna:
-
“Anche i buoni - afferma Origene -
sono imperfetti e pertanto tutti i giusti saranno provati con il
fuoco; questa prova è da ritenere come un battesimo di fuoco (baptismus
ignis), che purificando l'anima dai difetti inevitabili della vita
terrena, la renderà degna del Cielo”.
-
E’ vero che Origene insegnò cose che
la Chiesa Cattolica non accetta; ma occorre tuttavia ammettere che,
studiando o scrutando le Scritture con intelligenza ed amore, fu un
grande assertore della dottrina cattolica della possibilità di
purificarsi dopo la morte, ossia del purgatorio.
-
-
4 - Sant'Agostino, oltre
all'utilità dei suffragi, insegnò pure in modo esplicito e senza le
esagerazioni di Origene, la natura espiatoria del purgatorio.
- “Le
pene temporali alcuni le subiscono in questa vita soltanto, altri
dopo la morte, altri sia in questa vita che nell'altra, tuttavia
sempre prima del giudizio finale. Non tutti infatti subiranno le
pene eterne dopo quel giudizio, se dopo la morte hanno subìto pene
temporali”.
- Conclusione: Scrittura e
Tradizione
-
1 - Chi scrive le pagine di questo
opuscolo con- divide ciò che si legge in una Enciclopedia
della Bibbia:
-
“La Bibbia non parla esplicitamente
del "Purgatorio ma l'Antico Testamento vi ci prepara mediante il
concetto, sempre più preciso, di responsabilità personale e con I'
idea, così frequente, che bisogna espiare una pena dopo la
remissione dei peccati” (cf. Numeri 20, 12, 2 Samuele 12, 13-14).
-
E ancora:
-
“Il Nuovo Testamento non contiene
nessun insegnamento diretto sul purgatorio. Ma vari testi si
spiegherebbero perfettamente alla luce del secondo Libro dei
Maccabei”.
-
Accetto pure le seguenti precisazioni,
con cui l'Enciclopedia Cattolica inizia il suo studio
sul purgatorio:
-
“La Bibbia non parla esplicitamente
del purgatorio, ma contiene testi che ne suggeriscono
l'idea. Il concetto di una responsabilità personale, che divenne
sempre più chiaro con il progresso della Rivelazione, congiunto coli
quello diffuso nel Vecchio Testamento (cf. Sapienza 10, 2; Numeri
20, 12), secondo cui, rimesso il peccato, rimane una pena temporale
da scontare, è un importante presupposto della dottrina del
purgatorio. Se a questa esplicita concezione del Vecchio Testamento
si associa l'idea neo. testamentaria di una personale partecipazione
dei singoli alla propria salvezza, soprattutto nell'economia
penitenziale, non è difficile rilevare che, se qualche testo biblico
insinua il fatto di un prolungamento ultraterreno di tale economia,
il pensiero cristiano, guidato dalla Chiesa, poteva, in qualche
momento del suo sviluppo, dedurre l'esistenza di quello stato
intermedio tra inferno e paradiso, che da secoli è chiamato
purgatorio”.
-
-
2 – E’ questo un linguaggio chiaro,
onesto, equilibrato. La Sacra Scrittura, al di là d'ogni possibile
dubbio, contiene elementi anche se indiretti sulla esistenza e la
natura di uno stato intermedio tra paradiso ed inferno, che da
secoli si chiama purgatorio. L'Antico Testamento ci ha preparato a
questa dottrina; il Nuovo Testamento, sulla linea dell'Antico,
contiene testi che si spiegano perfettamente solo alla luce di
questa dottrina.
-
Basato su questi elementi, il pensiero
cristiano guidato dallo Spirito Santo (cf. Giovanni 14, 26),
nell'ambito della Chiesa (cf. 2 Pietro 1, 21), ha esplicitato e
formulato la dottrina del purgatorio. Questa è la Tradizione
ecclesiale intesa nel suo esatto significato. La Tradizione
ecclesiale conserva quello che Gesù e gli Apostoli hanno insegnato.
-
La dottrina cattolica del purgatorio
si basa dunque sulla Scrittura esplicitata fedelmente dalla comunità
dei credenti sotto la guida dello Spirito Santo. E’ perciò dottrina
rivelata da Dio e va accettata da ogni vero cattolico.
-
Va perciò rigettata come superficiale
e settaria l'insinuazione dei tdG secondo cui la dottrina del
purgatorio si basa solo sulla tradizione intesa come
insegnamenti di uomini, e non sarebbe insegnamento biblico. I
geovisti arrivano a questa errata conclusione, strappando dal loro
contesto alcune espressioni di autori cattolici e corrompendo il
loro pensiero. Ma questa è disonestà.
- Il fuoco del purgatorio
-
1 - La Chiesa Cattolica ha sempre
affermata l'esistenza del purgatorio, ossia la sopravvivenza
dell'uomo subito dopo la morte in uno stato di attesa e
di purificazione prima di essere ammesso nella Casa del Padre. Ha
anche insegnato ed insegna l'utilità e il valore dei suffragi.
Tuttavia è stata ed è d'una sobrietà significativa quando si tratta
di specificare in che cosa consiste la pena o purificazione delle
anime del purgatorio.
-
-
2 - E’ vero che
non pochi libri cattolici, specie nel passato, con tanto di
imprimatur e non poche immagini e raffigurazioni, presentano il
purgatorio come una fornace ardente piena di anime sofferenti. Ma
questa letteratura o arte piuttosto popolare non fa autorità e va
spiegata nel contesto storico-culturale che la produsse: un
purgatorio o un inferno tutto fuoco e fiamme è roba del passato.
-
A onor del vero, se leggiamo la Bibbia
in modo superficiale, come fanno i tdG, potremmo parlare di fuoco
reale. Un fuoco inestinguibile brucerà i ribelli contro Dio (cf.
Isaia 66, 24; Marco 9, 48-49). In un lago di fuoco sarà gettato il
diavolo col mostro e il profeta per essere
tormentati per sempre (cf. Apocalisse 20, 10); e la stessa sorte
toccherà a coloro che non furono trovati iscritti nel libro della
vita (cf. Apocalisse 20, 15). E' facile dire che il fuoco in questo
caso è simbolo dello stroncamento eterno, del ritorno nella non-esistenza,
come spiegano i tdG. Ma non sembra facile convincere chi ha ancora
una mente sana come possano essere “tormentati giorno e notte per i
secoli dei secoli” (Apocalisse 20, 10), coloro i quali non esistono
più.
-
-
3 - Questo realismo biblico spiega e
giustifica in parte le rappresentazioni di un purgatorio (e d'un
inferno) tutto fiamme e zolfo, tanto care a scrittori, predicatori e
artisti del passato. La Chiesa Cattolica, comunque, non ha mai
definito l'esistenza di un fuoco letterale nel
purgatorio e nell'inferno. Al contrario non sono mai mancati anche
nel passato e non mancano al presente studiosi cattolici della
Bibbia, profondi conoscitori del suo linguaggio, delle sue immagini
ecc., i quali danno al fuoco biblico non un significato puramente
simbolico di distruzione assoluta, ma neppure un senso
letterale. Danno tuttavia all'immagine del fuoco un significato
reale (che è ben diverso dal senso letterale), in conformità
all'insegnamento globale della Bibbia. La Bibbia infatti si spiega
con la Bibbia. Lo dicono pure i tdG, ma altra cosa è dire, altra
cosa fare. Qual è questo significato?
-
4 – E’ insegnamento biblico che Dio
salva l’uomo per vie dell'amore, non del terrore. “Dio ha tanto
amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito affinché
chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita
eterna” (Giovanni 3, 16). I frutti salvifici della morte di Cristo,
sono applicati all'uomo mediante il battesimo, che ci dà una nuova
vita, che non conosce tramonto, e poi la risurrezione del corpo. E’
l'assimilazione dell'uomo a Gesù Cristo, Via, Verità e Vita (Romani
6, 3-7; Giovanni 3, 5; 14, 6; Filippesi 3, 20-21).
-
-
5 - La vita dei cristiani, anzi
dell'uomo, deve essere una risposta all'amore di Dio. In effetti,
l'o- pera di Dio mediante il Figlio non è una bacchetta magica, che
cambia d'un colpo la vita di chi crede, distruggendo ogni egoismo e
trasformando in un istante la natura umana. Cristiani non sì nasce,
ma si diventa. Dio vuole che l'uomo risponda al suo amore con
l'amore verso di Lui e verso il prossimo. L'impegno di questa
risposta dura tutta la vita, fino alla morte, ultimo atto di amore
se offerta a Dio con amore. Con la morte giunge per il cristiano il
tempo beato di conseguire lo scopo della vita: vivere nell'amore con
Dio e i suoi simili.
-
-
6 - Ma ecco, per colpa dell'uomo,
questa vita beata è resa impossibile o piuttosto ritardata per- ché
nulla d'impuro può coesistere con la santità di Dio e la bellezza
della celeste Gerusalemme (cf. Apocalisse 21, 27).
-
Che cosa avverrà allora? Il
fuoco dell'attesa. E’ un fuoco d'amore che
spinge verso la vita beata, ma la spinta è come rallentata da
residui di egoismo, di peccato. E’ come uno sposalizio rimandato,
come un'attesa bruciante di un incontro tra persone che si amano,
tra genitori e figli, tra amici sinceri, come l'attesa del
prigioniero che sconta la pena per il suo reato.
-
E’ sempre un amore che brucia
e allo stesso tempo purifica. E l'amore sarà più
forte, più bruciante, quando l'uomo, al di là delle
barriere di questa vita, capirà che c'è un Padre che l'attende, una
comunità di santi, una vita senza lacrime, senza lutto né grida né
dolore perché le cose di prima sono passate (cf. Apocalisse 21, 4).
- Dov'è il purgatorio?
-
Non è raro che domande di questo
genere vengono rivolte anche da persone d'una certa cultura a chi
dovrebbe saper rispondere: dov'è il purgatorio?
-
Prima di tentare una risposta, su base
biblica, vogliamo fare due precisazioni. La prima: la do- manda
potrebbe essere formulata in modo diverso e più completo:
Dove sono i morti? La seconda: ricordiamo, sempre con
riferimento alla Bibbia, che la Rivelazione è stata fatta da Dio
progressivamente, ed ha trovato il suo compimento nei
fatti e nei detti di Gesù (cf. Matteo 5, 17; Ebrei 1, 1-2).
-
1 - Prima di Cristo, ossia nell'Antico
Testamento; vi è o vi era una geografia dell'aldilà in termini
piuttosto precisi. Gli Ebrei, e non solo essi, immaginavano che i
morti, tutti i morti, andassero in una regione chiamata Sceol (in
greco Ade), situata al di sotto dell'oceano, al centro della terra.
-
A cominciare dal V 'secolo a.C., dopo
l'esilio babilonese, sempre presso gli Ebrei, vi fu un certo
cambiamento,. nello Sceol o Ade, collocato al centro della terra,
andavano i malvagi, mentre ai giusti era assegnato un luogo in alto
chiamato paradiso, e situato in qualche regione elevata
della terra, oppure in alto nei cieli.
-
-
2 - Nel Nuovo Testamento continua in
parte la stessa mentalità: i peccatori sono collocati nella massima
profondità della terra, “nel cuore della terra” (Matteo 12, 40),
mentre al giusti è assegnato il paradiso, un luogo di felicità in
alto, chiamato anche in modi diversi.- seno di Abramo (cf. Luca 16,
22), cielo (Filippesi 3, 20), tempio di Dio (Apocalisse 7, 15) ecc.
-
Tuttavia questa mentalità geografica
viene superata, anzi radicalmente trasformata alla luce de- gli
insegnamenti e della vita di Gesù. I discepoli dei Risorto sanno che
i morti non sono più nel- l'Ade, ma con Gesù, col Signore. San Paolo
esprime questa certezza (cf. Filippesi 1, 23).Il suo “essere col
Signore” ripete la promessa fatta da Cristo al buon ladrone: “Oggi
sarai con me in paradiso” (Luca 23, 43).
-
L'aspetto geografico scompare ed
emerge una nuova concezione, quella di uno stato o modo di
essere: il paradiso consiste nella compagnia, anzi comunione di
vita con Cristo, subito dopo la morte. Tale espressione
- comunione con Cristo - rivela la mentalità specificamente
cristiana sullo stato intermedio tra la morte e la futura
risurrezione dei corpi
-
-
3 - Dov'è il purgatorio? Abbiamo ora
alcuni elementi per rispondere a questa domanda, sempre su base
biblica. Ricordiamo, prima di tutto, che il purgatorio nella
concezione cattolica non va immaginato come un luogo di fuoco e di
fiamme, ma va pensato come una esclusione temporanea un penoso
rinvio del paradiso, dell'essere col Signore. Le anime del
purgatorio sono anime che hanno raggiunto la salvezza, anime
gloriose, alle porte del paradiso. Vanno perciò pensate vicine a
Cristo.
-
Dov'è Cristo? La risposta che dà la Bibbia. “in cielo” (Marco 16,
19), “al cospetto di Dio” (Ebrei 9, 24) ecc., non indica affatto un
luogo sia pure alto nei cieli, ma la sua trascendenza,
vale a dire un modo di essere libero dai
condizionamenti di questa vita, “dalla carne e dal sangue” (1
Corinzi 15, 50). Paradossalmente, egli è dovunque, senza essere in
un luogo.
-
Come lui anche le anime di coloro che
sono morti nel Signore, e a questo numero appartengono le anime del
purgatorio: esse perciò vanno pensate in un modo di essere
libero dai condizionamenti del nostro mondo fisico-geografico.
Il tempo e lo spazio non le riguarda. Non sono più soggette alla
carne e al sangue (senso biblico). Paradossalmente, possono essere
dovunque, senza essere in un luogo. Dopo tutto non è il luogo, come
noi legati ai sensi lo immaginiamo, che fa una persona felice. E’
qualcosa che trascende la materia, lo spazio, il tempo.
-
La sofferenza o fuoco che purifica le
anime del purgatorio non è la loro lontananza fisico-geografica dal
Signore, ma piuttosto il non essere ancora ammessi alla perfetta
comunione con Lui.
- Errori e verità
-
L'errore:
-
“La New Catholic
Encyclopaedia ammette che la dottrina del purgatorio si basa
sulla tradizione, non sulle Sacre Scritture”.
-
La verità:
-
La New Catholic
Encyclopaedia afferma che la dottrina del
purgat1orio affonda le sue radici negli insegnamenti di Gesù e degli
Apostoli. I tdG citano la New Catholic Encyclopaedia
solo in parte. E’ un inganno a danno , degli ignoranti. L'abbiamo
già detto sopra.
-
L'errore:
-
“Nessuno sa con certezza cosa succede
in purgatorio”.
-
La verità:
-
La Chiesa Cattolica insegna
con certezza l'esistenza del purgatorio, ma lascia alla libertà
degli studiosi l'approfondire la natura delle pene (del fuoco).
L'una cosa non esclude l'altra come vorrebbero far intendere i tdG.
-
L'errore:
-
“Non c'è
purgatorio perché l'anima
non sopravvive alla morte - Ezec. 18 : 4 e 20;
Giac. 5: 20”.
-
La verità:
-
a)
In Ezec. 18, 4 e
20 si parla di nefesh, ossia di essere
vivente umano (persona), non di anima, ossia di: componente
spirituale e immortale dell'uomo. Ezechiele parla della morte della
persona, ossia della fine della vita terrena. Egli non fa nessun
riferimento alla sopravvivenza dell'uomo né per negarla né per
affermarla. Nella Bibbia vi sono numerose testimonianze sulla
sopravvivenza dell'uomo alla morte del corpo.
-
b) In san Giacomo 5, 20
non è questione della morte dell'anima in senso di mancata
sopravvivenza alla morte del corpo. San Giacomo afferma solo che chi
riconduce un peccatore sulla retta via, assicura la salvezza anche
della propria anima, ossia libera la propria anima dalla morte
spirituale (cf. Apocalisse 20, 6). Infatti, la
conversione del peccatore copre una moltitudine di peccati (Giacomo
5, 20). “Qui è in primo piano la "morte" spirituale ed eterna, come
in Giacomo 1, 15 e abitualmente in Paolo (cf. Romani 5, 12-21; 6,
23; 8, 2)”.
-
L'errore:
-
“Secondo la Bibbia il mezzo con cui si
può ottenere la purificazione dei peccati è il sangue di Cristo”
(cf. 1 Giovanni 1, 7-9; Apocalisse 1, 5).
-
La verità:
-
Nessun cattolico ha mai detto che la
purificazione dei peccati avvenga indipendentemente dal
sangue di Cristo. Tutti siamo salvi in virtù di quel sangue.
Tuttavia l'uomo è chiamato a fare penitenza affinché quel sangue gli
rimetta i peccati (cf. 1 Corinzi 5, 5).
-
Anche la sofferenza delle anime del
purgatorio, qualunque essa sia, in tanto è efficace in quanto Cristo
dà ad essa un valore purificatorio: “Cristo Gesù, che è morto, anzi,
che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi” (Romani
8, 34; cf. Ebrei 7, 25).
-
L'errore:
-
Chi è morto, è ormai libero dal
peccato (Romani 6, 7). Dunque dopo la morte non vengono inflitte
altre punizioni per il peccato.
-
La verità:
-
San Paolo dice che chi è morto non può
più peccare, ma non dice affatto che dopo la morte non possa
purificarsi dai peccati commessi durante la vita.
-
-
PARTE QUARTA
-
I LIBRI DEUTEROCANONICI
- Differenze di Bibbie
- 1 -
La Bibbia venduta dai tdG differisce essenzialmente dalla Bibbia dei
cattolici e di tutti i veri cristiani. Non credete ai tdG quando vi
dicono il contrario. Non dicono la verità. Si tratta d'un inganno.
-
Stando così le cose, è bene ripetere
per amore della verità che la Traduzione del Nuovo Mondo
delle Sacre Scritture, ossia la Bibbia dei tdG, è una
falsa Bibbia, una traduzione infedele dei testi originali, degli
scritti cioè degli autori ispirati
-
2
- Vi è poi una differenza quantitativa, matematica,
tra la Bibbia dei cattolici e la falsa Bibbia dei tdG, che consiste
nel numero dei libri. In effetti, la Bibbia dei tdG, nella sua prima
parte o Antico Testamento, contiene sette libri in meno
rispetto a quella dei cattolici. Essi sono:
Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico (o Siracide),
I e II Maccabei, Baruc, Lettera di Geremia.
-
Questi sette libri assenti nella
Bibbia geovista e presenti in quella dei cattolici sono detti
dèuterocanònici. Perciò la Bibbia dei cattolici, nella
sua prima parte e Antico Testamento, contiene 46 libri
o scritti, mentre quella falsa dei tdG ne ha solo 39. La differenza
tra le due Bibbie è evidente, matematica.
-
Tra i dèuterocanònici vi
è anche il Il Maccabei, e poiché in questo libro si trova una
solida base per la dottrina cattolica del purgatorio (cf. 2
Maccabei 12, 39-45, supra), crediamo di fare' cosa
gradita e utile ai lettori, se ricordiamo brevemente le ragioni per
cui la Chiesa Cattolica considera come ispirati e perciò parte
essenziale della Bibbia anche i sette libri dèuterocanònici.
- Giustificazione
-
1 - La parola
dèuterocanònici deriva dal greco dèuteros
secondo) e kanon (-- norma, regola,
canone).Chiamando dèuterocanònici i sette libri sopra
elencati non si vuol dire che, essi siano secondi, cioè
inferiori agli altri libri della Bibbia, in quanto a dignità, cioè a
ispirazione. Sotto questo aspetto sono uguali agli altri, 39 libri.
Solo si vuol dire che la Chiesa Cattolica li riconobbe conte
ispirati in un secondo tempo rispetto agli altri. In altre parole,
poiché vi erano alcuni dubbi nei loro riguardi, la Chiesa volle
prima accertarsi come esorta l'apostolo (cf. 1 Tessalonicesi 5, 21)
sull'origine dei dèuterocanònici. Quando poi ha avuto
prove sicure sulla loro natura o dignità di libri ispirati, li
dichiarò parte del canone o regola della fede.
-
Perché?
-
-
2 - La ragione fondamentale è il fatto
che i dèuterocanònici sono inclusi nella Bibbia detta
dei Settanta. Ora tale Bibbia fu largamente usata dai
primi cristiani, dagli Apostoli ed Evangelisti, ed è citata
abbondantemente nei libri ispirati del Nuovo Testamento.
-
“La versione dei LXX (Settanta),
diffusa tra tutti i Giudei del mondo greco-romano, fu in mano ai
banditori del Vangelo un efficace strumento di conquista, prima fra
i Giudei stessi, poi anche fra i pagani. La Bibbia dei
Settanta fu l'alleata del Vangelo”.
-
“Delle 350 citazioni dell'Antico
Testamento nel Nuovo si calcola che circa 300 corrispondono ai
Settanta. La Bibbia dei Settanta è la
fonte principale di queste citazioni. Non si citano i libri
dèoterocanònici, benché di essi si trovino echi”.
-
Da questo innegabile fatto storico
possiamo e dobbiamo dedurre almeno due conclusioni:
-
La prima.
Se la Chiesa del tempo degli apostoli ha fatto largo
uso della Bibbia dei Settanta, che conteneva anche i
libri detti in seguito dèuterocanòníci, è segno
evidente che questi libri erano ritenuti dagli Apostoli ed
Evangelisti come ispirati, cioè come Parola di Dio. La vera Chiesa
di Cristo di ogni tempo può e deve fare altrettanto.
-
La seconda. I
Giudei, ai quali gli Apostoli ed Evangelisti annunciavano il Vangelo,
non avevano nessuna difficoltà ad accettare la Bibbia dei
Settanta tutta intera, considerando come ispirati anche i
dèuterocanònici. Questo è segno evidente che anche tra
i Giudei vi era la convinzione che i dèuterocanònici
potevano essere considerati parte integrante della Bibbia. La Chiesa,
che è il vero popolo di Dio (cf. Galati 6, 16), può continuare a
fare lo stesso.
- Origine della Bibbia dei LXX
-
Un po' di storia circa l'origine della
Bibbia dei Settanta può far maggior luce sulla
questione che stiamo trattando.
-
1 - La Bibbia detta dei Settanta (LXX)
o la Settanta è la prima traduzione in lingua diversa -
la lingua greca - dei libri tenuti sacri dagli Ebrei e scritti quasi
tutti in ebraico. Venne fatta in Egitto, ad Alessandria, tra il
terzo e secondo secolo a.C., ed è perciò detta anche
Alessandrina.
-
Al tempo di questa traduzione,
l'elenco dei libri sacri degli Ebrei non era ancora così determinato
e chiuso come avvenne dopo (cf. infra, p. 63). Gli
esperti in materia ritengono che vi erano più edizioni - almeno tre
- delle Scritture ebraiche. Una di queste (canone lungo) conteneva
anche i dèuterocanònici; in un'altra (canone breve)
erano assenti. Dietro la traduzione dei
Settanta vi è il canone lungo.
-
-
2 - E' pure storicamente accertato che
i traduttori dei Settanta, nel fare il lavoro di
traduzione, non agirono in modo indipendente dalle autorità
religiose di Gerusalemme. Sembra anzi che proprio le autorità
religiose della Palestina abbiano mandato ad Alessandria alcuni
dotti rabbini per il lavoro di traduzione a beneficio dei loro
correligionari residenti fuori a Palestina.
-
A cose fatte, non risulta che le
autorità religiose di Gerusalemme abbiano mai contestato la
traduzione dei Settanta, che pure conteneva i
dèuterocanònici come parte integrante della Bibbia. Tra le due
comunità - quella della Palestina e quella di Alessandria -
intercorsero sempre buoni rapporti, specie in materia di libri sacri.
Comune era la fede se non la patria; comune anche la fonte della
fede, benché differisse il numero dei libri ritenuti sacri. Questi
buoni rapporti non si potrebbero spiegare se gli alessandrini
avessero ritenuto sacri alcuni libri ripudiati da Gerusalemme. In
materia di Scritture gli Ebrei erano piuttosto rigidi e
intransigenti.
-
-
3 - Due ricordi storici confermano
quanto detto finora.
-
a)
Ai tempi di Gesù e della Chiesa nascente vi era a
Gerusalemme una sinagoga per gli Ebrei alessandrini (cf. Atti 6, 9).
Ora è risaputo che nelle sinagoghe, al centro del culto, vi era la
lettura della Bibbia (cf. Luca 4, 16-21). Nella sinagoga di
Gerusalemme per gli alessandrini era certamente letta e spiegata la
Bibbia dei Settanta, che conteneva anche i
dèuterocanònici. Non consta che le autorità religiose di
Gerusalemme abbiano proibita o contestata questa lettura.
-
b) Una notizia, che leggiamo nel
vangelo di Giovanni, indica chiaramente che i Giudei della Palestina,
non meno di quelli della diaspora (= dispersione), non ignoravano i
dèuterocanònici, anzi si ispiravano ad essi per il loro
culto. Nel capitolo decimo di Giovanni, versetto 22, è detto che
ricorreva in quei giorni la festa della Dedicazione. Questa festa
era celebrata, allora come oggi, dalla comunità ebraica in tutto il
mondo. E’ detta in ebraico “festa dellHanukkah”. Orbene,
della istituzione di questa festa si parla solo nei
dèuterocanònici e precisamente in 1 Maccabei 4, 36-59, e 2
Maccabei 1, 1-2.19; 10, 1-8. Durante questa festa era letto tutto
intero il primo libro dei Maccabei. E’ difficile Spiegare questo
fatto senza ammettere che ai tempi di Gesù tutti gli Ebrei
ritenevano come sacri anche i dèuterocanònici.
-
Possiamo concludere questo paragrafo
dicendo che ci fu un tempo in cui i sette libri detti in seguito
dèuterocanònici facevano parte delle Sacre
Scritture. Che cosa avvenne dopo?
- Origine della Bibbia ebraica
-
1 - Oltre alla Bibbia dei
Settanta, abbiamo oggi la Bibbia in ebraico, quella
a cui generalmente si riferiscono le traduzioni moderne del Vecchio
Testamento quando si qualificano come traduzioni dai testi
originali. Come ha avuto origine la Bibbia ebraica? A che epoca
risale la sua edizione?
-
Come già abbiamo accennato, al tempo
in cui fu fatta la traduzione dei Settanta il canone o
elenco ufficiale delle Scritture ebraiche non era ancora determinato
e chiuso come avvenne dopo. Vi erano più edizioni o elenchi (o
canoni) di libri che gli Ebrei ritenevano sacri, vi era cioè una
certa elasticità circa il numero dei libri ispirati. Ma questo
atteggiamento subì un mutamento verso la fine del primo secolo dopo
Cristo, o secondo altri, durante la prima metà del secondo. Perché?
-
-
2 - Com'è risaputo, nel 70 dopo Cristo
Gerusalemme fu occupata e in parte distrutta dai Romani. Israele in
quanto nazione cessò di esistere. Rimaneva solo la religione come
eredità comune e vincolo di un popolo disperso. Per conservare e
rinsaldare sempre più questa unità, i rabbini o capi religiosi degli
Ebrei, che godevano grande autorità presso il popolo, decisero di
stabilire in modo preciso e definitivo quali fossero i libri sacri o
Scritture e quali no, per i discendenti di Abramo e di Mosè. Usando
criteri a noi purtroppo ignoti, ma che certamente non potevano
essere quelli critico- scientifici dell'epoca del Rinascimento, dei
manoscritti allora esistenti ne scelsero alcuni e distrussero le
copie non conformi ad essi. Diedero così luogo a quello che si suol
chiamare un textus receptus (= testo accettato), ossia
alla Bibbia ebraica oggi in nostro possesso, escludendo altri
elenchi o edizioni che consideravano meno autorevoli.
-
“Dopo la caduta di Gerusalemme (.a 70
d.C.), distrutto il tempio e con esso cessato il sacerdozio, i
farisei conquistarono facilmente il primato spirituale sui
correligionari. Ma esageratamente attaccati a quelle che essi si
vantavano di chiamare "tradizioni dei padri", pare che abbiano
voluto sottoporre ad un esame scrupoloso i libri sacri per
assicurarsi se tutti realmente "macchiassero le mani", cioè fossero
canonici, e se non fosse il caso di "nascondere" qualcuno, cioè
escluderlo dalla lettura sinagogale”.
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3 - Questa sorte toccò ai
dèuterocanònici. Perché?
-
Tra i criteri non certamente
critico-scientifici gli studiosi di storia biblica ne enumerano
soprattutto tre:
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a)
Il primo sembra
essere stato il fatto che i dèuterocanònici erano di
composizione recente e non rispecchiavano perciò appieno le
“tradizioni dei padri”.
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b)
Il secondo perché non
scritti in lingua ebraica.
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c)
Il terzo perché
erano inclusi nella Bibbia dei Settanta usata
largamente dai cristiani. Il rifiuto della Bibbia dei
Settanta in odio ai cristiani che se l'erano appropriata,
trascinò con sé il rifiuto definitivo dei dèuterocanònici.
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