- NICOLA TORNESE
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VIVI O
MORTI ?
- MORTI DICONO I
TESTIMONI DI GEOVA
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VIVI AFFERMA LA BIBBIA
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OPUSCOLO N° 2
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PICCOLA COLLANA
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"I TESTIMONI DI GEOVA"
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Per
ricevere gli opuscoli rivolgersi:
-
Padre Nicola Tornese
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Viale S. Ignazio, 4
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80131 NAPOLI tel. 081.545.70.44
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- Astuta propaganda
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Proprio
in un giorno di grande dolore
(Era morto quel giorno
proprio in quel rione, un giovanetto di nome Mario. Aveva
solo 16 anni.)
ho visto un volantino fatto cadere da mano ignota nelle
cassette di posta in arrivo. Ho preso e ho letto:
-
-
"Speranza dei morti. Che la
speranza dell'uomo di vivere dopo la morte sia basata sul
possesso di un'anima immortale è una credenza tanto antica
quanto diffusa (…).
-
I suoi sostenitori
rispondono che essi hanno la prova scritturale. Ma che
cosa dice la Bibbia?
-
Per la Bibbia tanto l'uomo
che gli animali inferiori sono anime
( Il volantino è illustrato come una vignetta in cui
accanto all'uomo compaiono un asino, un bue e una pecora
qualificati tutti come anime viventi.)
e perché essi muoiono tutti,
si deve dedurre che le anime muoiono. E questo è
esattamente ciò che la Bibbia inequivocabilmente dichiara:
"L'anima che ha peccato, quella morrà" (Ezechiele 18,
4-20). "Ogni anima vivente morì nel mare (Apocalisse 16,
3)"
(E' una traduzione infelice e ingannevole).
-
Invece di essere basata sul
possesso di un'anima immortale, la Bibbia mostra che la
speranza dell'uomo è fondata sulla risurrezione".
- Vediamoci chiaro
-
La mano
ignota è quella dei testimoni di Geova. Vengono di
nascosto come un ladro (cf. Giovanni 3,20), per rubare la
vostra fede, approfittando del vostro dolore. E dopo
questo tentativo di furto, che cosa vi danno in cambio? Vi
dicono che dopo la morte non si va in cielo, ma si fa la
fine dei pesci che muoiono nel mare, o del cane, che
termina la sua esistenza sotto una macchina mentre
attraversa la strada.
-
- a) Vi dicono che
la speranza dell'uomo di vivere dopo la morte tanto antica
quanto diffusa, in cui l'umanità ha creduto fin dalle sue
origini e in ogni parte della terra, è sbagliata.
-
-
Si
risponde: Com'è possibile che la stragrande maggioranza
degli uomini, tra cui tantissime elette intelligenze, si
sia completamente sbagliata? Non è detto nel Vangelo che
il Verbo Eterno di Dio, vera Luce del mondo, illumina ogni
uomo? (cf. Giovanni 1,9).
-
-
b) Vi dicono che i
giudei presero la loro credenza nell'immortalità
dell'anima dai vicini pagani.
-
Si
risponde: Chi sono questi giudei? Non sono forse quelle
stesse persone che, ispirate da Dio, hanno scritto la
Bibbia? Anche se il contatto coi popoli vicini ha
contribuito a conoscere meglio certe verità, dopo che
queste verità sono state avallate dallo Spirito Santo,
devono dirsi parte integrante della Bibbia.
-
-
c) Vi dicono: Il gran
numero di quelli che si professano di essere cristiani
ritengono similmente che la speranza dell'uomo nella vita
futura sia basata sul suo possesso d'un anima che alla
morte va in cielo, purgatorio o inferno.
-
Si
risponde: Dunque tutti (e sono miliardi!) si sarebbero
sbagliati? Come mai Gesù Cristo, che è la Verità (cf.
Giovanni 14,6), avendo assicurato i suoi discepoli di
essere presente in mezzo a loro fino alla fine del mondo
(cf. Matteo 28,20), li ha poi abbandonati in balìa
dell'errore? Come mai lo Spirito di verità (cf. Gv.
16,13), mandato dal Padre perché rimanesse sempre coi
discepoli (cf. Gv.14,16), non ha avuto la capacità di
intervenire in difesa della verità?
-
-
-
d) Vi dicono: gli
scienziati non hanno potuto scoprire nessuna prova che
l'uomo abbia un'anima immortale.
-
-
Si
risponde: Che valore ha la prova degli scienziati a favore
o contro una verità di fede? Non dicono i geovisti che
bisogna seguire la Bibbia come unica guida? Che significa
questo appello agli scienziati? Se l'appello geovista alla
scienza fosse valido, noi potremmo dire che non c'è
futura risurrezione perché gli scienziati non hanno potuto
scoprire nessuna prova che l'uomo debba risorgere!
-
Comunque,
noi sappiamo che moltissimi scienziati di ieri, di oggi,
di sempre, hanno creduto e credono, da veri cristiani, che
la vita umana continua subito dopo la morte: la scienza,
in cui erano e sono versatissimi, non ha scoperto nessuna
prova contro la loro fede cristiana nella sopravvivenza
dell'uomo. Ecco qualche nome: Biagio Pascal, Isacco
Newton, Lazzaro Spallazzani, Luigi Pasteur, Gregorio
Mendel, Enrico Medi, Antonino Zichichi, fisico vivente
di fama mondiale, e tantissimi altri.
- Aspetto la risurrezione
dei morti
-
Certo,
la Bibbia parla della futura risurrezione dei morti e i
veri cristiani, sempre fedeli agli insegnamenti della
Bibbia, professano questa verità, nutrono questa speranza
da secoli, anzi da millenni, prima ancora che apparissero
sulla terra i tdG. Nel Credo che noi recitiamo i tdG danno
rinnegato, è detto: Aspetto la
risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
- La vita d'oltretomba
-
La
Bibbia, comunque, non parla solo di futura risurrezione:
essa insegna anche in modo inequivocabile che l'uomo
sopravvive alla morte. La nostra fine terrena non è come
quella degli animali. Questo lo possono pensare e dire i
tdG, non veri cristiani. Tra l'uomo e gli animali vi è un
abisso incolmabile: Il Dio della Bibbia ha fatto l'uomo di
poco inferiore agli angeli (Salmo 8,6).
-
Gli
animali cessano di respirare e di esistere: muoiono per
sempre. Non così l'uomo. Per lui cessare di respirare non
significa cessare di esistere: Dopo la vita terrena,
condizionata dalle presenti leggi biologiche, l'uomo
continua a vivere in un nuovo stato di vita, seguita a suo
tempo dalla risurrezione dei corpi.
-
Per
evidenziare meglio la truffa geovista (perché d'una grande
truffa si tratta), noi preferiamo parlare di vita
d'oltretomba, di sopravvivenza dopo la morte, piuttosto
che di immortalità dell'anima. Non già perché non vi sia
nell'uomo una componente immortale, che sfugge cioè alla
morte del corpo e che possiamo chiamare anima, ma solo
perché tutta la truffa geovista è basata sui loro cavilli
ed equivoci circa la parole "anima".
-
-
PARTE
PRIMA
-
-
L'INSEGNAMENTO
-
DELL'ANTICO TESTAMENTO
- La creazione dell'uomo
-
Analizziamo, prima di tutto, il racconto biblico della
creazione dell'uomo. Questo aiuterà a capire meglio la
dottrina biblica della sopravvivenza dell'uomo dopo la
morte o, che è lo stesso, l'immortalità dell'anima.
-
- "Allora Jahve Dio plasmò
l'uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle narici un
alito di vita (neshamah); così l'uomo divenne un essere
vivente (nefesh hayyâh)" (Genesi 2,7, Garofalo).
-
-
Spiegazione:
-
-
a)
Tutti gli studiosi della Bibbia sono
unanimi nel dire che l'autore sacro descrive qui due
distinte operazioni divine: la prima riguarda la
formazione del corpo senza vita; la seconda, l'origine
della vita umana mediante l'aggiunta di un soffio
divino (neshamah), causato direttamente da Dio.
-
La
polvere del suolo plasmata da Dio è una figura inerte,
cioè un corpo senza vita. Allora Jahve aggiunse al
corpo senza vita il soffio divino. In virtù di
questo nuovo elemento la figura inerte divenne nefesh
hayyâh. "Qui si vuol dire che Javhe pose in quel corpo
(soffiò) ciò che lo fece diventar vivo" (Salvatore
Garofalo, La Sacra Bibbia, vol. I, commento a Genesi 2,7).
-
-
Il
nefesh hayyâh equivale a figura umana plasmata più
soffio divino. Schematicamente, il pensiero dell'autore
sacro può essere espresso con la formula seguente:
-
-
polvere
plasmata +
-
-
soffio
divino =
-
-
nefesh
hayyâh.
-
-
Commenta
la Bibbia di Salvatore Garofalo:
-
-
"Noi sappiamo che quanto fa
vivo l'uomo è l'anima, sostanza spirituale. Che l'Autore
voglia qui insegnare la presenza nell'uomo, di due
elementi risulta dal confronto col verso 19, dove gli
animali dono modellati dal suolo, ma non si parla a loro
riguardo di un alito soffiato direttamente da Dio".
-
-
b)
L'espressione ebraica nefesh hayyâh, ossia
il composto umano (polvere plasmata più soffio divino) può
essere tradotta in vari modi. L'antica versione latina
detta Volgata traduce anima vivens; così pure alcune
versioni in lingue moderate hanno "anima
-
vivente".
-
Ma qui
"anima" vuol dire "persona", ossia l'uomo tutto intero,
l'essere vivente umano.(Così
traducono quasi tutte le Bibbie moderne. Ne citiamo alcune:
La sacra Bibbia di Salvatore Garofalo, La Bibbia
Concordata, La TOB, La Bibbia di Gerusalemme, La Bibbia
della CEI, La Bibbia Nuovissima versione dai testi
originali, EP., La Sacra Bibbia in lingua moderna, La
Revised Standard Version, La Sacra Bibbia a cura di Louis
Pirot (francese) ecc.).
Non vuol
dire anima quale soffio divino o sostanza spirituale,
com'è intesa abitualmente nel linguaggio corrente. Questi
due significati di anima come parte spirituale e immortale
dell'uomo e come persona sono distinti nel Vocabolario
della lingua italiana di Nicola Zingarelli.
-
I
traduttori moderni, per maggior chiarezza e per evitare
equivoci, preferiscono rendere il nefesh hayyâh con essere
vivente, persona e simili. Se qualche traduttore usa
ancora il termine anima per Genesi 2,7b, si premura di
precisare che tale parola, in tal caso, va intesa nel
senso di composto umano o persona, non come soffio divino
o anima spirituale
(La Sacra Bibbia a cura
dell'Istituto Biblico, Roma, nota a Genesi 2,7 e a
Ezechiele 18,4).
Fanno eccezione i tdG che preferiscono giocare sempre
sull'equivoco per turlupinare la gente.
- Un imbroglio geovista
-
L'errore:
"
Per creare l'uomo, prese Dio un'anima néfesh o psyché che
svolazzava nei cieli invisibili come una farfalla e la
imprigionò in un corpo umano (…). No: ma leggiamo ciò che
nella sua propria Parola scritta il Creatore dice di essa:
"E Geova Dio formava l'uomo dalla polvere della terra e
gli soffiava nelle narici l'alito (neshamáh, ebraico)
della vita, e l'uomo divenne un'anima (néfesc) vivente".
Così venne all'esistenza la prima ani,a umana" (tratto da
"Cose nelle quali è impossibile che Dio menta" , pp.
139-140).
-
-
La
verità:
Per creare l'uomo, Dio non prese certamente una farfalla
svolazzante nei cieli invisibili, ma aggiunse alla polvere
plasmata il soffio di vita proveniente da Lui stesso.
Questo soffio si può chiamare anima nel senso di elemento
spirituale. Questa "anima" non è il nefesh.
-
Alla
base dell'imbroglio geovista sta la confusione che essi
volutamente fanno dei due significati, che la parola anima
può avere: quello di soffio divino (neshamah) o elemento
spirituale aggiunto al corpo; e quello di composto umano o
essere vivente umano o persona (nefesh).
-
Il
nefesh hayyâh non significa "anima" nel primo senso.
Tradurlo "anima vivente" è una traduzione infelice, che si
presta a tradire la Parola di Dio come fanno appunto i
geovisti.
-
-
"La parola anima è usata per
tradurre l'ebraico nefesh. La traduzione è infelice.
L'ebraico nefesh non corrisponde al nostro concetto
abituale di anima.
- Il nefesh non è l'anima
-
Insistiamo nel dire che la parola ebraica nefesh non
significa anima nel senso in cui questo vocabolo è usato
ordinariamente nel linguaggio comune.
-
Secondo
gli studi più accurati dei biblisti la parola ebraica
nefesh può avere i seguenti significati:
-
1 -
Essere vivente, uomo o animale, così come appare ai nostri
sensi.
-
2 -
Persona (uomo o donna), quando il nefesh è detto d'un
essere vivente umano.
-
3 -
Animale, quando il nefesh indica un essere vivente
infraumano.
-
4 -
Vita, sia umana che infraumana, secondo i casi, come
risulta dal contesto.
-
5 -
Tutti questi significati del nefesh possono essere
espressi nelle nostre lingue coi pronomi corrispondenti io,
tu, egli, ella, noi, voi, loro, essi, esso, essa, essi,
esse.
-
I tdG,
nella loro unica versione della Bibbia, quella autorizzata
dalla setta, hanno deciso di usare sempre la parola anima
per tradurre l'ebraico nefesh. Sulla testimonianza di
tutti i grandi biblisti dobbiamo dire che la loro è una
traduzione infelice.
-
-
Ecco un
primo esempio di traduzione infelice:
-
-
In
Genesi 1, 20-21 sta scritto: "Dio disse: Le acque
brulichino di un brulichio di esseri vivi (nefesh) … E
così avvenne. Dio creò i grandi cetacei e tutti gli esseri
vivi (nefesh) guizzanti di cui brulicano le acque, secondo
la loro specie" (Garofalo). E' ovvio che qui la Bibbia
parla di pesci, non di anime.
-
Malgrado
questo inequivocabile significato del testo biblico i tdG
traducono:
-
- "E Dio proseguì dicendo:
Brulichino le acque di un brulichio di anime viventi (nefesh)…
E Dio creava i grandi mostri marini e ogni anima vivente (nefesh)
che si muove, di cui le acque brulicano secondo la loro
specie".
-
-
In
nessuna lingua moderna la parola anima indica un pesce,
piccolo o grosso che sia; e neppure un animale selvatico o
domestico, come per esempio la tigre, l'asino, il gatto,
la pecora ecc. La traduzione geovista è sbagliata
linguisticamente e concettualmente.
- Perché lo fanno ?
-
La
risposta non è difficile. Con la traduzione infelice della
parola nefesh (anima anziché essere vivente) i geovisti
preparano il terreno per convincere i meno accorti che
l'anima muore, vale a dire che non vi è sopravvivenza per
l'uomo subito dopo la morte. L'uomo farebbe la fine del
cane. Si tratta evidentemente di un grossolano sofisma,
ossia di un inganno.
-
Per
scoprire l'inganno e il gravissimo errore antiscritturale
basta ricordare ciò che abbiamo appena detto, vale a dire
che secondo tutti i biblisti, che fanno autorità,
l'ebraico nefesh non corrisponde al nostro concetto
abituale di anima, quale componente spirituale e immortale
dell'uomo.
-
-
Da ciò
segue logicamente e sicuramente che la morte del nefesh
non equivale alla morte dell'anima. Dalla morte
dell'essere vivente umano, ossia della persona, non
possiamo dedurre che l'uomo faccia la fine degli animali
inferiori. La Bibbia non giustifica questa erronea
deduzione.
-
Per
illustrare: se uno dice: "Nella peste di Milano sono morte
centomila anime", non intende affatto dire che la vita di
quei deceduti sia cessata completamente, in modo assoluto.
Egli intende dire che quelle persone (anima = Persona)
hanno perso la vita terrena. Che tutti quei morti vivano
ancora nel loro Signore in attesa della risurrezione dei
corpi il vero cristiano lo sa da numerosissime prove
bibliche. Lo diremo in seguito dettagliatamente.
- Norma pratica
-
Per
scoprire l'inganno geovista suggeriamo la seguente norma:
-
-
Sempre
che nella traduzione della Bibbia geovista o citazioni da
essa, specie dall'Antico Testamento, trovate la parola
"anima", sostituitela con termini meglio corrispondenti al
testo ebraico (nefesh) come "essere vivente", "persona", "uomo",
"animale" e simili, oppure coi relativi pronomi.
-
-
Attenendovi a questa norma, troverete il vero significato
della Parola di Dio, scartando quello falso della
propaganda geovista. Scoprirete pure quanto sia errata
l'affermazione dei tdG che hanno scritto:
-
-
"Secondo più di sessanta
dichiarazioni che si potrebbero citare dalle Scritture
Ebraiche, l'anima umana non deve dirsi senza morte o a
prova di morte. Essa deve essere mortale. (da "Cose nelle
quali è impossibile che Dio menta" p.144).
- Esempi di equivoci
geovisti
-
1 -
L'errore: "Per
la Bibbia tanto l'uomo quanto gli animali inferiori sono
anime, e perché essi muoiono, si deve dedurre che le anime
muoiono. E questo è esattamente ciò che la Bibbia
inequivocabilmente dichiara 'L'anima che ha peccato,
quella morirà ' " (Ezechiele 18, 4.20)
-
-
La
verità: Nel testo ebraico di Ezechiele 18, 4.20 non vi è
anima ma nefesh. La traduzione esatta e fedele è la
seguente: "Morirà la persona che pecca" (Garofalo). Qui
non centra la morte dell'anima. Ezechiele voleva dire che
la persona o uomo che pecca, non un suo discendente, sarà
punito da Dio con la privazione della vita terrena.
Ezechiele credeva nello Sceol, ossia nella sopravvivenza
dell'uomo subito dopo la morte. (cf. Ezechiele 32, 17-32).
-
-
2 -
L'errore: I
tdG traducono Numeri 31,19: "Ognuno che ha ucciso un'anima
…. Vi dovreste purificare". Parimenti Giosuè 10,35: "E
quel giorno votarono ogni anima alla distruzione"
-
-
La
verità. E' una traduzione infelice ed equivoca nell'uno e
nell'altro caso, come in tantissimi altri. Sia in numeri
31,19, che in Giosuè 10,35 non si tratta di anime, ma di
persone o nemici uccisi in guerra. Ad essi è stata tolta
la vita terrena. Nulla si può ricavare contro la
sopravvivenza dopo la morte. Gli Ebrei credevano che tutti
i morti andavano nello Sceol.
-
-
3 -
L'errore: "Genesi
2,7 "Geova Dio formava l'uomo dalla polvere della terra e
gli soffiava nelle narici l'alito della vita, e l'uomo
divenne un'anima vivente". (Si noti che non vien detto che
all'uomo fu data un'anima, ma che egli divenne un'anima,
una persona vivente). (Il termine ebraico qui tradotto
"anima" è nèphesh" (da Ragioniamo facendo uso delle
Scritture, p.30)
-
-
La
verità:
-
-
a)
- In
Genesi 2,7 è detto che Dio ha prima formato l'uomo dalla
polvere e poi soffiato l'alito di vita. Questi due
elementi, cioè polvere plasmata e alito di vita (neshamah),
hanno costituito l'uomo cioè il nefesh vivente, la persona
umana. Sì, alla polvere plasmata fu dato l'alito di
vita o spirito o anima immortale.
-
-
b)
- Come
abbiamo già detto, nefesh non significa anima, ma persona,
essere vivente. Tradurre anima equivale a dare una
traduzione infelice. Quasi tutte le traduzioni moderne
della Bibbia traducino Genesi 2,7 con persona, essere
vivente e simili. Fanno eccezione i tdG.
-
-
4 -
L'errore
“Gen. 9,5: "Oltre a ciò, io richiederò il sangue delle
vostre anime ( o "vite"; ebraico, da nèphesh)". (Qui è
detto che l'anima ha sangue)” (da Ragioniamo facendo uso
delle Scritture p.30)
-
-
La
verità:
-
-
Ripetiamo ancora una volta che qui si tratta di persona o
essere vivente umano. Tanto più che nella seconda parte
del versetto si specifica che Dio domanderà conto “dall'uomo”.
Qui è detto che l'uomo, non l'anima, ha sangue.
-
-
5 -
L'errore:
“Giosuè 11,11 "Colpirono ogni anima (ebraico, nèphesh)
ch'era in essa col taglio della spada". (Si noti che
l'anima può essere raggiunta dalla spada, per cui queste
anime non potevano essere spiriti)” (da Ragioniamo facendo
uso delle Scritture, p.30).
-
-
La
verità:
-
Lo
stesso imbroglio di prima, di sempre. L'anima che può
essere raggiunta dalla spada è l'essere vivente, uomo o
animale. Di questo parla il testo citato da Giosuè 11,11.
Sì, queste anime, cioè questi esseri viventi, uomini o
bestie, non sono puri spiriti. Ma da ciò non segue che Dio
non abbia dato all'uomo, e a lui solo, un soffio vitale,
uno spirito, un'anima spirituale e immortale, che non può
essere raggiunta dalla spada (cfr. Matteo 10,28: Luca 12,
4-5, infra).
-
-
6 -
L'errore:
“Lev. 24, 17-18: "Nel caso che un uomo colpisca
mortalmente alcun'anima (ebraico nèphesh) del genere umano,
dovrebbe essere messo a morte senza fallo. E chi colpisce
mortalmente l'anima (ebraico nèphesh) di un animale
domestico dovrebbe darne il compenso, anima per anima". (Si
noti la stessa parola ebraica per anima è usata sia per il
genere umano che per gli animali)”.
-
-
La
verità:
-
-
a)
- Si
noti come i tdG, mediante un uso aberrante della Bibbia,
degradono l'uomo a livello delle bestie. Dio ha creato
l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Genesi 1,27), i
tdG lo fanno a immagine e somiglianza degli animali.
-
-
b)
- Sì, in
ebraico la stessa parola nefesh è usata sia per il genere
umano che per gli animali. Ma tale parola non significa
anima. Il suo significato di base è quello di essere
vivente. Stando così le cose, noi possiamo dire che sia
l'uomo che l'anima sono esseri viventi, senza degradare
l'uomo al livello delle bestie. L'animale è un nefesh o
essere vivente di una specie radicalmente diversa da
quella dell'uomo.
- La fede degli antichi
Ebrei
-
-
Gli
antichi Ebrei credevano nella sopravvivenza dell'uomo
subito dopo la morte.
-
Questa
credenza era loro proprio fin dalle origini. Non l'avevano
presa né dagli egizi, né dai babilonesi, né dai greci. Ci
credevano prima ancora che conoscessero questi popoli.
-
a) Nei
libri della Bibbia, nei quali sono ricordate le credenze
più antiche degli Israeliti, si trovano spesso espressioni
come queste: “I morti vanno in pace presso i loro padri”
(Genesi 15,15); “sono riuniti ai loro antenati” (Genesi
25, 8-9; 35,29; 49,33).
-
-
Questi
modi di esprimersi non equivalevano a dire semplicemente
che uno morisse, come erroneamente spiegano i tdG. No!
Morire e riunirsi ai propri antenati indicavano due cose
distinte. Di Abramo è detto: “Spirò e morì in felice
canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi
padri” (Genesi 25, 8-9). Si tratta di due affermazioni
diverse: per lo scrittore ispirato una cosa era morire, e
un'altra riunirsi ai propri padri.
-
-
E
neppure significavano quelle espressioni che il defunto
era seppellito nella tomba di famiglia. Abramo morì e fu
sepolto in Palestina nella grotta di Macpela (Genesi 25,9)
e lì rimase. I suoi antenati erano stati sepolti assai
lontano, in Mesopotamia, a centinaia di chilometri di
distanza, in una altra tomba. Eppure di lui la Bibbia dice
che si riunì ai suoi padri. La riunione non avveniva
dunque nello stesso sepolcro. L'autore sacro aveva in
mente qualche altra cosa.
-
-
Parimenti di Davide è detto che “dopo avere servito i
disegni di Dio, morì e di unì ai suoi padri e andò in
corruzione” (Atti 13,46, Garofalo). Chi va in corruzione
non si riunisce ai propri padri.
-
-
b) La
Bibbia, dunque, distingue assai bene tra tomba o sepolcro
di famiglia, dov'era deposto il corpo soggetto alla
corruzione, e una regione dove si credeva che si
radunassero tutti i viventi: “la casa dove si riunisce
ogni vivente” (Giobbe 30,23): lo Sceol.
-
-
Nello
Sceol le creature umane continuavano a vivere come ombre
di ciò che erano stati in vita. Queste ombre erano
chiamate Refaim (Giobbe 26,5):
-
La vita
dei Refaim nello Sceol era concepita come in uno stato
inconscio, un vagare nelle tenebre; come una forzata
inattività, senza desideri né passioni. Ma tutto ciò solo
in forte contrasto con quanto avviene sulla terra. (Qoèlet
9, 5-10).
-
-
Non era
comunque una distruzione, un ritorno nel nulla, una
perdita completa della energia vitale. Alcune volte i
Refaim sono presentati in grande agitazione come quando
accolgono con amaro sarcasmo il potente re di babilonia,
che arriva in mezzo a loro (Isaia 14, 3-15; cf. Ezechiele
32, 17-32).
-
-
c) Gli
antichi Israeliti credevano che i morti continuassero a
vivere e potessero anche comunicare coi vivi. La Legge
mosaica proibiva non solo di consultare gli spiriti, ma
anche di evocare i morti: “Presso di te non si troverà (…)
chi consulti gli spettri e gli spiriti familiari, chi
interroghi i morti” (Deuteronomio 18, 10-11, Garofalo). Il
comando divino riguarda sia gli spiriti sia i morti. Se
esistono gli spiriti, devono avere un'esistenza anche i
trapassati.
- False spiegazioni
-
1 -
L'errore: A
parere dei tdG, non fu il defunto Samuele a parlare con
Saul, ma uno spirito maligno, il diavolo.
-
-
La
verità: Anche se fosse così, rimane la verità di fondo,
vale a dire che dopo la morte l'uomo continua a vivere.
Infatti lo spirito evocato risponde a Saul: “Domani, tu e
i tuoi figli sarete con me!” (1 Samuele 28,19). E così fu.
Saul e i suoi figli furono uccisi dai Filistei (cf, 1
Samuele 31,2) e non finirono nel nulla, ma andarono a
fare compagnia a Samuele!
-
-
2 -
L'errore: “E'
impossibile parlare con i morti; i tentativi sono
condannati come spiritismo”. Come prova citano Isaia 8,19;
Deuteronomio 18, 10-12; 1 Cronache 10, 13-14.
-
-
La
verità: Si tratta evidentemente di un tentativo d'inganno.
La Parola di Dio non dice ciò che dicono i geovisti. Sia
in Isaia 8,19 che in Deuteronomio 18, 10-12 non è
questione di impossibilità di parlare coi morti, ma di
illiceità. La Bibbia condanna tale pratica non perché
impossibile, ma perché era considerata possibile ed
offensiva alla maestà divina.
-
-
3 -
L'errore: “Nel
Salmo 146, 3-4 è detto: "Non confidate nei nobili, né nel
figlio dell'uomo terreno, a cui non appartiene nessuna
salvezza. Il suo spirito se ne esce, egli torna alla sua
terra; in quel giorno periscono in effetti i suoi pensieri".
Quando l'uomo muore, il suo spirito "se ne esce". Non
esiste più”.
-
-
La
verità: Il salmista consiglia di avere fiducia solo in Dio,
non nei potenti di questa terra. Infatti, tutti i
progetti, le promesse, le garanzie anche dei potenti della
terra sono fragili perché anche il potente muore. Qui
nulla si dice di ciò che avviene o non avviene dopo la
morte.
-
-
-
-
-
-
PARTE
SECONDA
-
-
L'INSEGNAMENTO
-
DEL
NUOVO TESTAMENTO
- Alla scuola del Maestro
Divino
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La
Bibbia, dunque, nella sua Prima Parte o Antico Testamento
contiene numerose testimonianze attestanti la
sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Tuttavia
agli antichi Israeliti Dio non fece conoscere nella sua
pienezza la dottrina circa il destino dell'uomo subito
dopo la morte. Gesù ha portato a compimento questa prima
rivelazione. Disse un giorno Gesù:
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“Non crediate che io sia
venuto per abolire la Legge o Profeti: non sono venuto
per abolire, ma per portare a compimento” (Matteo 5,17).
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Da parte
sua san Paolo insegna:
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“Dopo avere Iddio, a più
riprese e in modi parlato un tempo ai padri per il tramite
dei profeti, ora, alla fine dei giorni, ha parlato a noi
per il tramite di un Figlio” (Ebrei 1,2, Garofalo).
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Obiettano i geovisti:
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“La venuta di Gesù Cristo su
questa terra non recò alcun cambiamento. Dio non cambia la
sua personalità o le sue giuste norme. Mediante il suo
profeta Malachia egli dichiarò: 'Io sono Geova; non sono
cambiato' (Malachia 3,6)”.
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Si
risponde:
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a)
L'affermazione geovista è antiscritturale. La venuta di
Gesù Cristo su questa terra ha recato molti cambiamenti.
Se ciò non fosse vero, dovremmo annullare tutti gli
scritti del Nuovo Testamento.
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No,
mediante Gesù Cristo Dio ha fatto nuove tutte le cose (cf.
Apocalisse 21,5); “le cose vecchie sono passate, ecco ne
sono nate delle nuove” (2 Cor. 5,17).
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b) I tdG
tentano di oscurare tanta bellezza biblica con la
citazione di Malachia 3,6 strappato dal suo contesto. Dio,
mediante il profeta Malachia voleva dire semplicemente che
egli era sempre fedele alle sue promesse, anche se gli
Israeliti si mostravano infedeli ai loro impegni verso di
Lui. Questo significa che Dio in se stesso mai cambia. Ma
le parole di Malachia non vogliono affatto dire che non
possa cambiare ossia arricchirsi la conoscenza che noi
abbiamo di Dio, della sua bontà, delle sue giuste norme
ecc., se a Lui piace rivelarsi attraverso il tempo. Questo
appunto Dio ha fatto mediante il Figlio.
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c) Tra
le cose che il figlio di dio ci ha fatto conoscere meglio
vi è il destino dell'uomo subito dopo la morte. Gesù ha
confermato con la sua autorità divina che, secondo la
giusta norma o volontà di Dio, la fine dell'uomo non è
come quella del cane, ma con l'ingresso gioioso del servo
fedele nella Casa del Padre (cf. Matteo 25,21), oppure per
chi volontariamente si è separato dall'Amore, come il
rifiuto di essere ammessi nella gioia del Regno (cf. Luca
16,23).
- Voi siete in grande
errore (Mt. 22,29)
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In una
disputa coi sadducei, che negavano la risurrezione, Gesù
rispose e disse più di quanto gli era stato chiesto:
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“Voi siete in grande errore
e non comprendete le Scritture né la potenza di Dio. Alla
risurrezione infatti non si prende moglie né marito, ma si
è come angeli in cielo. Quanto poi alla risurrezione dei
morti, non avete letto quel che vi è stato detto da Dio: '
Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di
Giacobbe?'. Non è il Dio dei morti ma dei viventi” (Matteo
22, 29-32).
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Due cose
afferma Gesù assai chiaramente:
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La prima
riguarda la futura risurrezione. Contro i sadducei che la
negavano, Gesù dichiara che i morti risorgeranno (cf.
Giovanni 5, 28-29). La dichiarazione di Gesù va riferita
alla risurrezione dei corpi alla fine del mondo.
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La
seconda è una esplicita affermazione della sopravvivenza
dell'uomo subito dopo la morte o, che è lo stesso,
dell'immortalità dell'anima.
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Commenta
La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo:
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“Gesù cita le parole dette
da Dio a Mosè dal roveto (Esodo 3,6) per provare
l'immortalità dell'anima. Perché Dio sia Dio di qualche
cosa o di qualcuno, la cosa o la persona devono esistere;
d'altra parte, se Dio dopo la morte dei patriarchi,
continua a dirsi loro Signore (io sono e non io ero) è
segno che non li ha abbandonati alle tenebre
dell'oltretomba (lo Sceol) e tanto meno alla distruzione
completa, ma si riserva di glorificarli nel futuro, con la
risurrezione del corpo perché l'uomo sia completo secondo
natura”.
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I tre
patriarchi, dunque Abramo, Isacco, Giacobbe - secoli dopo
la morte - sono raltà viventi, hanno un modo di essere che
è vita.
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Obiettano i geovisti: Gesù
non intendeva dire che i tre patriarchi fossero anime
viventi nell'oltretomba. Egli voleva solo far capire che,
dopola sua morte, Dio “controlla le prospettive di vita
futura dell'individuo. Spetta a Dio decidere se ridarà al
deceduto lo spirito o forza vitale” (da "E' questa vita
tutto quello che c'è?", p.52).
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Si
risponde:
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a) Si
tratta evidentemente d'una spiegazione superficiale, che
va direttamente contro la Scrittura. In effetti, i
deceduti conservano lo spirito o forza vitale (meglio
anima) nella regione dei morti, che gli antichi israeliti
chiamavano Sceol, ma Gesù chiamava “seno di Abramo” (cf.
Luca 16,22) o anche Ade (cf. Apocalisse 20,12), o cielo
(cf. Matteo 5,12) o paradiso (Luca 23,43).
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b)
Inoltre Dio ha già deciso di dare il corpo risuscitato a
tutti indistintamente.
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“Perché verrà l'ora in cui
tutti (greco pantes) coloro che sono nei sepolcri, udranno
la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una
risurrezione di vita e quanti fecero il male per una
risurrezione di condanna” (Giovanni 5, 28-29; Atti 24,15).
- Apparvero Mosè ed Elia
(Mt. 17,3)
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E poi
Gesù stesso ha dato una prova tangibile che i defunti sono
realtà viventi, non semplici ricordi nella memoria di Dio.
Basta ricordare il racconto della Trasfigurazione (cf.
Matteo 17, 1-9); Luca 9, 28-36; Marco 9, 2-8; 2Pietro 1,
16-18).
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Gesù fa
vedere ad alcuni suoi discepoli due grandi personaggi
dell'antichità. Uno di essi, Mosè, era vissuto e morto
circa milletrecento anni prima di Gesù Cristo. L'altro
Elia, visse e morì nel nono secolo sempre avanti Cristo.
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Nella
Trasfigurazione del Signore, Mosè ed Elia parlano con Gesù.
I tre discepoli presenti alla scena sentono le loro voci,
capiscono ciò che dicono ( Luca 9, 30-31). I due
personaggi apparivano vivi e reali come Gesù col quale
conversavano.
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Obiettano i geovisti: Si è
trattato di un sogno. Infatti Pietro e i suoi compagni
erano oppressi dal sonno (cf. Luca 9,32).
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Si
risponde:
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a)
Veramente il vangelo di Luca dice: “Pietro e i suoi
compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono
svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano
con lui” (Luca 9, 32). Alcuni decenni dopo Pietro
ricordava questa visione e scriveva: “Siamo stati
testimoni oculari della sua grandezza” (2 Pietro 1,
16-18).
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b) Se si
fosse trattato d'un sogno o di una allucinazione, non si
capirebbe perché “Gesù, mentre scendevano dal monte,
ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano
visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse
risuscitato dai morti” (Marco 9,9; cf. Matteo 17,9). Il
Maestro non poteva ingannare i suoi discepoli facendo loro
capire che avevano visto, mentre avevano sognato.
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Dicono pure i tdG: Mosè ed
Elia erano in cielo perché del numero dei 144.000
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Si
risponde: Dov'è scritto nella Bibbia che Mosè ed Elia
erano di quel numero? E poi non è più vero che i
privilegiati membri di quella classe cominciarono ad
essere trasferiti in cielo solo nell'anno 1918 dopo Cristo?
Come mai Mosè ed elia erano saliti lassù già dai tempi di
Cristo?
- Il ricco egoista e
Lazzaro povero
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Dopo la
morte del corpo la vita umana non finisce come quella
delle bestie. Le bestie dopo la morte non sono giudicate.
Gli uomini, sì. Nella parabola del ricco egoista e di
Lazzaro povero, Gesù ha puntualizzato ciò che attende gli
uomini subito dopo la morte.
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“C'era un uomo ricco, il
quale vestiva di porpora e di bisso e ogni giorno
banchettava splendidamente. Un povero di nome Lazzaro,
giaceva al portone di lui, coperto di ulcere e bramoso di
sfamarsi con ciò che cadeva dalla tavola del ricco: ma
perfino i cani venivano a leccargli le ulcere. Or accadde
che il mendico morì e fu portato dagli angeli nel seno di
Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Nell' Ade fra i
tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo, e
Lazzaro nel seno di lui. Allora gridò: "Padre Abramo, abbi
pietà di me e manda Lazzaro a intingere la punta di un
dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché spasimo
in questa fiamma". Ma Abramo disse: "Figlio, ricordati che
tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro,
similmente, imali; ora, invece qui egli è consolato e tu
spasimi. Oltre a tutto ciò, fra voi e noi sta scavata una
grande voragine, perché chiunque voglia di qui passare
dalla vostra parte non lo possa, né di costì si venga a
noi"” (Luca 16, 19-26, Garofalo)
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La vera
spiegazione:
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Ricordiamo anzitutto che la parabola è un racconto
immaginario e simbolico. Essa tuttavia serve a inculcare
verità reali in una forma semplice e chiara perché siano
recepite più facilmente dagli uditori. Nel cap.16 di san
Luca, dov'è inserita questa parabola, Gesù intende dare
una lezione sull'uso, buono e cattivo, delle ricchezze, e
sulle conseguenze eterne secondo il giudizio di Dio, che
conosce i cuori (verso 15).
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In
questo contesto Gesù insegna:
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- Che i
beni terreni usati egoisticamente attirano il castigo di
Dio. I beni materiali appartengono a tutti e non sono un
privilegio dei più furbi (Leggere le belle parole di Amos
8, 4-10; Luca 6,20; Giacomo 2,1-11).
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- Che i
sofferenti, gli ammalati, gli emarginati sono i prediletti
di Dio.
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- Che
una ricompensa grande e senza fine sarà data subito dopo
la morte a coloro che hanno sofferto con fede e amore.
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- Che
una punizione atrocissima ed eterna attende subito dopo
la morte quelli che in questa vita hanno chiuso
egoisticamente il cuore alla giustizia sociale e alla
bontà.
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Notate
bene. Gesù pone il povero Lazzaro nel seno di Abramo,
ossia riunito ai padri nella gioia di Dio, e il ricco tra
i tormenti dell'inferno, ora al presente, subito dopo la
morte (Luca 16,23)
- Una spiegazione falsa e
settaria
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Scrivono i tdG:
“Considerate: E' ragionevole o scritturale credere che un
uomo sia nel tormento semplicemente perché è ricco?”
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Si
risponde: Nella parabola il ricco è condannato non
semplicemente perché era ricco, ma perché aveva chiuso
egoisticamente il suo cuore alla necessità, cioè ai
diritti altrui. La sua condanna è scritturale. In Luca 6,
24-25 Gesù dice: “Guai a voi ricchi, guai a voi sazi,
perché avrete fame”.
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Scrivono ancora: “E'
scritturale credere che uno sia benedetto con la vita
celeste solo perché mendicante?”.
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Si
risponde: Di Lazzaro è detto che i cani venivano a
leccargli le ulcere e li lasciava fare. Ma a lui neppure
delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco era
permesso sfamarsi. Era povero e buono. Di questi poveri
Gesù dice: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di
Dio” (Luca 6,20).
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E ancora: “Considerate anche
questo: Si trova l'inferno letteralmente a una tale
distanza dal cielo che vi potreste fare un'effettiva
conversazione?”.
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La
risposta: Poche righe prima (ivi, p.42) l'anonimo
testimone di Geova afferma che Gesù pronunciava una
parabola o illustrazione, cioè usava espressioni
simboliche, non letterali. Ora lo stesso anonimo scrittore
afferma che bisogna prendere le cose letteralmente. Vi
può essere serietà in chi cade in contraddizioni così
stridenti? Affermare e insieme negare la stessa cosa?
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Hanno pure detto: Nel ricco
vanno identificati i farisei e la classe sacerdotale che
non credettero a Gesù, e in ultima analisi gli
ecclesiastici della cristianità, che non vogliono
accettare oggi gli errori dei testimoni di Geova.
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Si
risponde: Secondo il contesto, cioè nel cap.16 di san
Luca, Gesù condanna il cattivo uso delle ricchezze. Nel
ricco egoista vanno identificati tutti coloro che sono
attaccati egoisticamente al denaro e chiudono il cuore ai
diritti degli altri. Tali ricchi egoisti possono
appartenere a qualunque classe sociale. Ve ne possono
essere anche tra le file dei tdG.
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E' poi
contro la Scrittura affermare che i farisei e la classe
sacerdotale rifiutarono l'insegnamento di Gesù. Sappiamo
infatti dal libro degli Atti che folti gruppi di sacerdoti
si sottomettevano l'uno dopo l'altro alla fede (Atti
6,21). Molti delle decine di migliaia convertiti al
Vangelo, di cui parla san Giacomo (cf. Atti 21,20), erano
certamente farisei; alcuni di essi presero parte al
concilio di Gerusalemme (cf. Atti 15,5).
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Questa è
la verità contro l'errore e la calunnia dei tdG.
- Il caso del buon ladrone
(Luca 23,40-43)
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La
verità: Luca, l'evangelista della misericordia divina, ci
ha conservato le parole che Gesù morente disse al buon
ladrone. Questi aveva rivolto a Gesù una preghiera:
“Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli
rispose: 'In verità ti dico, oggi sarai con me nel
paradiso'” (Luca 23, 42-43). Con questa sua chiara
risposta Gesù assicura che quella preghiera veniva
esaudita: in quello stesso giorno, subito dopo la morte,
sarebbero stati insieme in un nuovo modo di essere, in uno
stato felice di vita: in paradiso.
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Commenta
la Bibbia di Salvatore Garofalo:
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- “Al tempo di Gesù, negli
scritti non canonici, paradiso era usato sia nel
significato generale di giardino recinto, sia per indicare
il paradiso terrestre o una regione del cielo (cf. 2
Corinzi 12,4); Apocalisse 2,7) o luogo dove vanno le anime
dopo la morte. Qui designa il luogo dove erano raccolte le
anime dei giusti in attesa della redenzione e dove Gesù
sarebbe disceso (cf. Atti 2, 24-31: 1 Pietro 3, 18-20 ecc.),
in attesa del trionfo della risurrezione, al quale seguirà
il definitivo ritorno in cielo”.
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Dunque,
quello stesso giorno, il corpo del ladrone sarebbe finito
chissà dove. Eppure egli, il suo io spirituale e immortale,
sarebbe sfuggito alla morte del corpo e avrebbe continuato
a vivere con Cristo.
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L'errore:
Questa indubbia dichiarazione di Gesù sull'immortalità
dell'anima crea una seria difficoltà ai tdG. Per superbia,
spostano arbitrariamente la punteggiatura, cioè la virgola,
e fanno dire a Gesù: “Veramente io ti dico oggi: Tu sarai
con me in Paradiso”.
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Questa
spiegazione è sbagliata e da scartarsi:
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a) Va
notato anzitutto che nel testo originale di san Luca (testo
critico), ricuperato scrupolosamente e scientificamente
dai migliori studiosi della Bibbia, la virgola è posta
prima e non dopo “oggi”. I tdG dicono che la loro
traduzione della Bibbia è una versione fedele del testo
critico, di cui riconoscono sia l'autenticità che
l'integrità generale. Vi sarebbero solo occasionali
scostamenti. Nel caso di Luca 23, 42-43 hanno introdotto
uno scostamento sostanziale al testo critico e hanno dato
ai loro seguaci una infedele traduzione. Una cosa dicono
ma un'altra fanno. Quanta ipocrisia!!!
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b) In
secondo luogo è risaputo che le espressioni Io ti dico, In
verità ti dico e simili, senza determinazioni di tempo
(come oggi), sono formule di stile biblico paragonabili
alle altre Dice il Signore, Oracolo di Jahve ecc. Usandole,
gli autori sacri vogliono mettere l'autorità di chi parla.
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Nel caso
presente, san Luca intende mettere in evidenza la maestà
di Gesù. Benché apparentemente sconfitto, Egli parla da
sovrano che distribuisce favori ed assegna posti a chi lui
si rivolge. Gesù ha perciò usato la formula biblica
abituale: Sono io a dirtelo! Te l'assicuro io! Senza
aggiunta. Egli ha detto: “Io ti dico: oggi sarai con me in
Paradiso” (Luca 22,43).
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Obiettano i geovisti: Quel
giorno Gesù non andò in paradiso. Quindi non poteva
promettere al ladrone di essere con lui in paradiso.
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La
risposta: Quel giorno Gesù “discese agli inferi”, ossia
andò col suo spirito nell'Ade o regno dei defunti (cf.
Atti 2,31) per annunciare la liberazione ai morti
dell'antichità: “Cristo morto una volta per sempre per i
peccati (…) per ricondurvi a Dio (…); in spirito andò ad
annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano
in prigione” (1 Pietro 1, 18-19). Il buon ladrone era con
Lui.
- Io sono la risurrezione
e la vita (Gv. 11,25)
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Un
esempio della maggior luce apportata da Gesù sul destino
dell'uomo dopo la morte si ha nel dialogo tra lui e Marta,
la sorella di Lazzaro, che Gesù risuscitò da morte (cf.
Giovanni 11, 1-44).
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Appena
incontrata quella donna che piangeva la morte del fratello,
Gesù le dice: “Tuo fratello risorgerà” (Gv. 11,23). E
poiché Marta, da buona giudea, era abituata all'idea della
risurrezione futura, risponde prontamente a Gesù: “So che
mio fratello risorgerà nell'ultimo giorno” (Gv. 11,24).
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Ma Gesù
rettifica quell'idea, completa quella speranza e dice a
Marta: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in
me, anche se muore vivrà; anzi, chi vive e crede in me non
morirà mai” (Gv. 11,26).
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Sì, Gesù
è la Vita, ora, presentemente: Io sono la Vita. Egli dà la
vita ora, al presente a quanti si legano a lui con la fede:
“Chiunque vive e crede in me non morirà mai. Credi tu
questo?” (gv.11,26).
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Che cosa
chiede Gesù a quella donna?
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Un atto
di fede non nella futura risurrezione in cui Marta già
credeva, ma accettare una nuova idea, che quella donna nn
riesce a capire. E' comunque sicura che il Maestro dice la
verità: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il
Figlio di Dio che deve venire in questo mondo” (Gv.
11,27).
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Cos'è
questa nuova idea?
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Lazzaro,
suo fratello, che ha creduto nel Figlio di Dio, non è
morto. Chiamandolo d'oltretomba, Gesù dà la prova che le
sue parole sono verità e vita
- Errori e verità
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1 - L'errore: In
Giovanni 11,26 Gesù non dire “non morirà mai”, ma
“non morirà in eterno” che è ben di verso. Così traducono
anche alcune Bibbie cattoliche. ora l'espressione “non
Morirà in eterno” (greco eis tòn aiona) fa pensare
più a una morte completa, totale, senza sopravvivenza, ma
con la speranza, anzi la certezza della risurrezione.
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La
verità:
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Sì, è
vero che alcune traduzioni della Bibbia anche cattoliche,
rendono la frase greca eis tòn aiona con le parole “in
eterno”; ma molte altre Bibbie cattoliche e non cattoliche,
traducono “non morirà mai” (iamais, never). Anche la
Bibbia dei tdG traduce così! Il mio corrispondente da
Cagliari non conosce neppure la propria Bibbia!
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2 - L'errore: “Jn Giov.
11,25-26, oltre alla speranza della risurrezione, Gesù
indicò qualcos'altro per coloro che sarebbero stati in
vita quando l'attuale mondo malvagio avrebbe avuto fine.
Quelli con la speranza di essere sudditi terreni del Regno
di Dio avrebbero avuto la prospettiva di sopravvivere
senza mai morire”.
-
La
verità:
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Questo è
contrario alla Bibbia. Infatti, specie nel vangelo di
Giovanni, Gesù ripetutamente afferma che, per chi crede in
Lui, la vita eterna non comincia in un futuro
indeterminabile, ma è già Posseduta ora, al presente. In
Giov. 3,15 Gesù dice: Affinché chi crede abbia (greco éke,
al presente) la vita eterna”. E in Giov. 5,24 leggiamo: <
chi ascolta la rnia parola e crede a colui che mi ha
mandata>, ha la vita eterna (... ), è passato dalla morte
alla vita” (cf. 1 Giov. 3,14). Parimenti in Giov. 8,51
Gesù afferma: , In verità, in verità vi dico: se uno
osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.
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- 3 - L'errore: in tutti
questi testi di Giovanni, Gesù vuol dire che “le persone,
che esercitano fede nel riscatto di Cristo sono da Dio
considerate carne nella via della vita eterna.
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-
La
verità:
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In tutti
questi testi di Giovanni, Gesù parla di un fatto compiuto,
d'un passaggio dalla morte alla vita già avvenuto, d'una
vita eterna già posseduta, non di una via alla vita eterna.
Dio considera tutte queste persone già in Possesso d'una
vita, su cui la morte non ha più Potere.
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b) Si
ricordi pure che in Apocalisse 20,4-5, Giovanni parla di
una prima risurrezione per “quanti non avevano adorato la
bestia e la sua statua ecc.”. Risurrezione vuol dire
“passaggio già avvenuto dalla morte alla vita”. Si tratta
evidentemente di una risurrezione spirituale, distinta da
quella del corpo che avverrà alla fine dei tempi. Tutti
costoro hanno già la vita eterna e continuano ad averla
anche dopo la morte. Tutti, non soltanto uno sparuto
numero di 144.000!
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4 - L'errore: Lazzaro
risuscitato non disse nulla della vita d'oltretomba.
Quindi non è vita d'oltretomba.
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-
La
verità:
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a)I
vangeli non ci hanno conservato tutti i fatti sulla vita
di Gesù, Se fossero stati scritti uno per uno, il mondo
stesso non basterebbe a contenere i libri che si
dovrebbero scrivere (cf.
Giovanni 21, 24-25).
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b) Tanto
meno i vangeli sono stati scritti per soddisfare a
curiosità di uomini cavillosi, ma “perché crediate che
Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo
abbiate la vita eterna nel suo nome” (Giovanni 20,21).
Gesù risuscitò Lazzaro non perché egli, un uomo come tutti
gli altri, prendesse il posto di Gesù nel rivelarci la
vita d'oltretomba, ma perché i testimoni del miracolo,
presenti e futuri, “credano che tu mi hai mandato”
(Giovanni 11,42).
- L'insegnamento di san
Paolo
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1 -
Scrisse ai Filippesi:
- “Per me infatti il
vivere è Cristo e il morire un guadagno (...) Sono
stretto in questa alternativa: ho il desiderio d'andarmene
per essere con Cristo, che è cosa -di gran lunga migliore;
ma il rimanere nella carne è più necessario a riguardo di
voi” (Filippesi 1,21-24).
-
Spiegazione:
-
San
Paolo guarda alla morte come a un guadagno, non come a una
non-esistenza e neppure come a una vita inconscia e
tenebrosa. Se dipendesse da lui, egli sceglierebbe,
preferirebbe di andarsene per essere con Cristo. Questo
stato, o modo di essere, che egli considera molto migliore
(verso 23), è una esistenza con Cristo, che succede
direttamente alla morte senza attendere la risurrezione
dei corpi.
-
L'essere
con Cristo ricorda certamente le parole di Gesù al buon
ladrone: “In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso”
(Luca 23,43).
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2 - In
termini simili scriveva ai Corinzi:
- “Preferiamo piuttosto
sloggiare da questo corpo per andare nella patria, presso
il Signore” (2 Corinzi 5,8).
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Spiegazione:
-
Qui come
in Filippesi 1,21-24 Paolo intravede una unione del
cristiano con il Cristo immediatamente dopo la morte
individuale. Questa attesa di una beatitudine dell'anima
separata risente dell'influsso greco, che d'altra parte
era già sensibile nel giudaismo contemporaneo'. La novità
di questa fede deriva da una rivelazione radicalmente
nuova del significato della vita e della salvezza".
-
Commenta
la Bibbia di Salvatore Garofalo.
-
“Le
anime dei giusti (in questo caso quella di Paolo),
subito dopo la morte, senza aspettare la risurrezione dei
corpi saranno ammesse alla presenza di Dio e alla sua
visione. Questa concezione supera quella ebraica dello
Sceol dove le anime sarebbero restate fino alla
risurrezione finale vivendo una vita grama”.
- Anime sotto l'altare (Apocalisse
6,9)
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Leggiamo
nell'Apocalisse, capitolo 6, versetti da 9 a 11:
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“Quando
l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le
anime di coloro che furono immolati a causa della
Parola... Allora venne data a ciascuno di essi una veste
candida e fu detto di pazientare ancora un poco fìnché
fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e
dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro”.
-
Spiegazione:
-
Per
capire questa visione di Giovanni bisogna tener presente
che egli poco prima (Apocalisse 6, 1-8) descrive la
dolorosa realtà della vita qui sulla terra. In contrasto
con ciò che avviene sulla terra è rivelato a Giovanni quel
che accade in cielo. Nel santuario celeste egli vede le
anime (psychai) dei fedeli che hanno subìto il martirio
per amore di
Cristo. Esse sono attualmente e realmente ai piedi
dell'altare celeste. La loro vita, con la morte, non fu
spazzata via dall'esistenza.
- Falsa spiegazione
-
L'errore:
- I
tdG sono del parere che Giovanni voleva dire che “gli
uomini avevano ucciso i loro corpi umani, ma non avevano
potuto uccidere le loro anime, cioè il loro diritto o
titolo alla vita celeste nel regno di Dio.
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La
verità:
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a) San
Giovanni ha visto anime (psychai), non titoli di futura
gloria. In nessun vocabolario greco è detto che la parola
psychè significa titolo o diritto. Essa significa vita
reale. In questo caso, vita umana trasferita in cielo,
cioè anime nello stato di gloria.
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b)
L'autore ispirato parla di vita celeste già raggiunta, non
di diritto alla vita futura. Come il “Testimone fedele e
verace” (Apoc. 3,14) ha compiuto sulla croce il sacrificio
di sé al Padre
ed è ora assiso sul trono (Apoc. 7,17), così anche i
martiri cristiani sono già nel santuario del cielo
vicinissimi a Dio (Apoc. 7,9-17).
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-
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PARTE
TERZA
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-
LA
VERITA' SULLA PSYCHE E LO PNEUMA
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-
I tdG
equivocano con le parole greche psychè e pneuma come fanno
con la parola ebraica nefesh. Lo scopo è sempre lo stesso,
distruggere cioè la dottrina biblica della sopravvivenza
dell'uomo subito dopo la morte e convincere i loro seguaci
che la fine dell'uomo è come quella delle bestie.
-
Per
scoprire l'inganno geovista bisogna precisare quali siano
nella Bibbia i significati di psychè e di pneuma.
- La Psychè come
persona
-
Nella
maggior parte dei casi il termine greco psychè corrisponde
all'ebraico nefesh ed ha perciò gli stessi signiíìcati che
sono: essere vivente, persona, animale, vita. Questi
possono essere espressi coi pronomi corrispondenti: io, tu,
egli, ella, noi, voi, loro, esso, essa, essi, esse.
-
L'equivoco o imbroglio geovista, simile a quello che essi
fanno abusando dell'ebraico nelesh, può essere espresso
nei termini seguenti: la Bibbia dice che la psychè muore,
ma la psychè è l'anima, dunque l'anima muore.
-
Per
inoculare il loro errore, i tdG traducono sempre psychè
con la parola anima. E' una traduzione infelice, per dirla
col gesuita McKenzie.
-
-
1 - In
Luca 6,9 Gesù domanda- “t lecito in giorno di sabato
salvare una vita umana (psychè) oppure perderla?”. Questa
è la traduzione dei veri cristiani.
-
I tdG
traducono: “E' lecito di sabato salvare o distruggere
un'anima?”. Questa traduzione è inesatta ed equivoca. Nel
testo citato di Luca psychè significa uomo che Gesù vuole
curare come fa effettivamente. 1 tdG insinuano che si
tratta della distruzione di un'anima!
-
2 - In
Apocalisse 16,3 si legge: “E il secondo versò la sua coppa
sul mare; e vi fu sangue come di un morto, ed ogni essere
vivente (psychè) morì nel mare” (Garofalo).
-
1 tdG
traducono: “Ogni anima vivente morì nel mare” e si servono
di questa inesatta traduzione per provare che l'anima
muore come gli animali inferiori. Le parole citate
dall'Apocalisse 16,3 si riferiscono a pesci, che muoiono
nel mare.
-
- 3 - Hanno pure
scritto: “Il cristiano apostolo Paolo mette in risalto
questo fatto quando scrive, in 1 Corinzi 15:45. 11 primo
uomo Adamo divenne anima (psyché) vivente'. Adamo, nostro
primo padre umano, fu un" anima vivente'. Egli non ebbe
qualche ombrosa, invisibile, imponderabile, intoccabile
cosa dentro di sé che potesse fuggire dal suo corpo quando
mori e che potesse continuare ad esistere come 'anima
vivente' in un reame spirituale che fosse proprio così
invisibile come si pensa che sia l'anima. umana. No; non
secondo il racconto della creazione della Parola di Dio”
-
La
verità:
-
a) Il
cristiano Apostolo Paolo mette in risalto che Dio, nella
creazione dell'uomo, diede origine a un “essere vivente
umano”, cioè a una persona modellata prima dalla polvere e
senza vita (cf. supra p. 8). Nel testo paolino psychè
vuol dire persona come traducono quasi tutte le Bibbie
moderne, eccetto naturalmente i tdG.
-
b) Sì,
le Scritture Greche concordano con quel- le ebraiche nel
dire che Dio creò una persona o essere vivente umano (nefesh)
". Ma da ciò non segue che questo essere vivente umano non
abbia una componente spirituale e immortale o anima (psychè)
come abbiamo appreso alla scuola del Maestro Gesù, che è
Via, Verità, Vita.
-
-
4 - Atti
3:23: “In realtà, ogni anima (greco psychè) che non
ascolterà quel Profeta sarà completamente distrutta di fra
il popolo”
-
La
verità:
-
Traduzione infelice e settaria: Il senso è che chiunque,
ossia qualunque persona non ascolterà quel Profeta, sarà
escluso dall'appartenere al Popolo di Dio. Qui non c'entra
la morte dell'anima e tanto meno la sua distruzione
completa.
- La psychè come anima
-
Quanto
detto finora sulla psychè è dottrina biblica e rimane
valida. Ma alla scuola di Gesù i veri cristiani hanno
imparato a conoscere meglio la psychè: vi è stato un
approfondimento e arricchimento di significato. La psychè
umana è conosciuta nella sua interezza solo quanto la si
concepisce dotata di una dimensione spirituale e immortale.
-
A questo
proposito ripetiamo le belle parole del gesuita McKenzie:
-
“La novità della fede del
Nuovo Testamento non deriva da una nuova idea del
nefesh-psychè, ma da una rivelazione radicalmente nuova
del significato della vita e della salvezza”.
-
a) Gesù
ha detto chiaramente che nell'uomo a componente spirituale
che è sede della soprannaturale e in quanto tale sfugge
alla morte terrena e si proietta nell'aldilà: è immortale.
Diceva ai discepoli:
-
“Non
temete coloro che uccidono il corpo ma non uccidere
l'anima (psychè). Temete, piuttosto, Colui che può far
perire e anima (psychè) e corpo nella Geenna” (,Matteo
10,20, Garofalo).
-
Oltre
dunque alla vita umana, che può essere stroncata dall'uomo,
Gesù afferma l'esistenza d'una vita (psychè), che sfugge
alla morte terrena. L'uomo non ha potere su di essa.
Continua anche dopo la morte del corpo e può essere
gettata nella Geenna (cf. Luca 12,4)
-
b) si
tratta d'una realtà presente non di una di futura
felicità; di un tesoro già posseduto che bisogna
custodire gelosamente, preservare per la vita eterna,
costi quel che costi.
-
Perciò
diceva Gesù:
-
“Chi ama la sua vita (psychè)
la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la
conserverà per la vita eterna” Giovanni 12,24, Garofalo).
-
Il
significato è che esiste nell'uomo una realtà che bisogna
conservare per la vita eterna: nulla vieta di chiamarla
anima come parte spirituale e immortale dell'uomo. Per
conservarla, è necessario non amarla d'un falso amore,
cedendo cioè alle passioni e al peccato, ma di quell'amore
vero, che al mondo può sembrare odio, ma di fatto è vero
amore
-
c) I
fedeli discepoli di Cristo capirono bene quale tesoro
fosse presente nell'uomo e ne fecero oggetto delle loro
cure pastorali. Certo Cristo stesso continua ad essere
pastore e guardiano delle anime (psychai) (cf. 1 Pietro
2,25), ma ha voluto che anche i suoi rappresentanti
fossero responsabili della loro salvezza. Paolo pieno di
zelo assicurava i cristiani di Corinto:
-
“Ora molto volentieri per
le vostre anime (psychai) Io spenderei tutto e spenderei
anche interamente me stesso” (2 Corinzi 12,15).
-
Qui san
Paolo parla in qualità di ministro di Cristo. La sua
generosità verso quei cristiani non aveva come scopo il
loro benessere materiale e sociale, ma i loro interessi
eterni, la salvezza delle loro anime.
-
Lo
stesso interesse dimostra l'apostolo quando esorta i
destinatari della Lettera agli Ebrei di non venire meno
davanti alle prove: “Noi però non siamo di quelli che si
ritirano a rovina, ma di quelli che credono a salvaguardia
dell'anima (psychè)” (Ebrei 10,39). E consiglia loro di
obbedire alle loro guide perché esse vegliano per le
vostre anime (psychai) come coloro che devono renderne
conto (Ebrei 13,17).
-
Non meno
zelante si mostra san Giacomo quando scrive: “Rigettando
ogni sozzura ed eccesso cattivo, accogliete con dolcezza
la parola in voi seminata, che può salvare le anime (psychai)
vostre” (Giacomo 1,21).
- Un testo di san
Giacomo (5,20)
-
L'errore:
-
Giacomo
ammette che l'anima muore. In- fatti scrive: “,Colui che
converte un peccatore dall'errore della sua via salverà la
sua anima dalla morte” (Giacomo 5,20).
-
La
verità: Riportiamo, anzitutto, per intero il testo di san
Giacomo:
-
“Fratelli miei, se qualcuno tra voi avesse errato lontano
dalla verità e qualcuno l'avesse avvertito, sappia che chi
converte un peccatore dal suo traviamento sal- verà
l'anima sua dalla morte e coprirà una moltitudine di
peccati” (Giacomo 5,19-20,
Garofalo).
-
Spiegazione:
-
a) San
Giacomo assicura una ricompensa divina allo zelo o amore
di colui che riesce a ricuperare dalla cattiva strada un
traviato. Questa ricompensa è espressa con le parole:
“Salverà l'anima sua dalla morte”. Che cosa dobbiamo
intendere per “morte dell'anima”?
-
Se per
anima (greco psychè) s'intende la “persona”, è chiaro che
Dio non ha mantenuto mai la sua promessa. Infatti, vi sono
stati moltissimi uomini, cristiani e non cristiani, che
hanno avvertito e ricuperato tantissimi altri dalla via
dell'errore; eppure sono morti! In tantissimi casi Dio non
sarebbe stato fedele alle sue promesse. E' impossibile!
Egli è “Dio di fedeltà” (cf. Deuteronomio 32,4).
-
b) San
Giacomo dunque aveva in mente l'anima in quanto parte
spirituale e immortale dello uomo. Quest'anima può morire
in quanto può essere separata da Dio, non distrutta (cf.
Matteo 10, 28). Infatti, nella stessa lettera san Giacomo
parla del peccato che genera la morte (1,15, cf. 1
Giovanni 5.16). Anche qui non si tratta di morte fisica *
distruzione perché molti peccano e continuano a vivere
fisicamente. Si tratta invece di quella morte spirituale
opposta alla vita che Dio dà all'uomo fedele, virtuoso,
collaudato dalle prove come dice lo stesso san Giacomo
(cf. 1,12). li pensiero dunque di san Giacomo è che lo
zelo o carità del cristiano nel ricuperare il fratello
traviato sarà ricompensato mediante la sua salvezza: la
sua anima non morrà nel senso che non subirà la morte
spirituale, ossia la separazione da Dioper la vita e per
l'eternità. Su di lei non avrà potere la seconda morte
(cf. Apocalisse 20,6).
-
c) Una
conferma a questa spiegazione si ha da ciò che segue, vale
a dire che al cristiano zelante sarà perdonata una
moltitudine di peccati. Mediante il perdono dei peccati
l'anima è liberata dalla morte spirituale. Il cristiano
zelante avrà come ri- compensa la salvezza eterna perché
“la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pietro
4,8; cf. Proverbi 10,12).
- Lo pneuma (spirito)
nell'A.T.
-
Nella
Bibbia dell'Antico Testamento al vocabolo italiano spirito
corrisponde l'ebraico rúah e anche nishmat (o nesbamah).
Alla base dei due vocaboli vi è l'idea del vento e del
respiro o alito come segno di forza invisibile. Così, per
esempio, in Genesi 8,1, è detto: “Dio fece passare un
vento (rúah) sulla terra e le acque si abbassarono”.
Parimenti in Esodo 15,8 leggiamo: “Al soffio delle tue
narici (rúah alito), si accumularono le acque”. Per
quanto riguarda l'uomo, che a noi ora inte- ressa, il
signìficato della rúah o neshamah (nishmat) appare chiaro
dal racconto della creazione di Adamo in Genesi 2,7, che
abbiamo già spiegato. Aggiungiamo qui alcune osservazioni:
-
a)Il
soffio divino (rúah) è la fonte di ogni vita sulla terra,
anche degli animali (cf. Genesi 6,17; 7,15). Ma nell'uomo
è ispirato direttamente da Dio e lo distingue perciò da
tutte le creature viventi. Gli animali sono modellati dal
suolo, ma non si parla a loro riguardo di forza vitale
soffiata direttamente da Dio (cf. Genesi 2,19). Nell'uomo
il soffio vitale è la causa di tutte le attività proprie
di una persona, vale a dire non solo di quelle che l'uomo
ha in comune con le altre creature viventi, ma soprattutto
di quelle specifiche come la sapienza, la scienza, il
senso religioso e morale, l'amore del bello ecc. Non si
tratta di poteri e di sapienza superiori a quelli degli
animali", ma essenzialmente o radicalmente diversi. Gli
animali non sono dotati in nessun modo di sapienza o di
amore e giustizia. Essi vivono d'istinto. In virtù del
soffio divino solo l'uomo è stato creato a immagine e
somiglianza di -Dio (Genesi 1,27), e non trovò sulla terra
nessuno che gli fosse simile (cf. Generi 2,20). L'uomo
lascia il vuoto intorno a sé in tutto il creato'.
-
b) Dio,
comunque, rimane sempre il padrone del soffio vitale,
ossia della vita. Nella Bibbia la morte è vista come il
ritiro da parte di Dio del soffio vitale:
-
-
Se egli riconduce a sé
il soffio (rúah)
-
e ritrae a sé il suo
spirito (neshamah),
-
muore ogni carne
all'istante.
-
(Giobbe 34,14-15,
Garofalo)
-
Questo
però non si deve intendere come un ritorno dell'uomo in
uno stato di inesistenza, ma solo come la fìne della vita
umana così come noi la vediamo. Quando perciò il sálmista
dice:
-
Esce il suo spirito e
torna alla sua terra
-
in quel giorno
tramontano i suoi piani
-
(146,4, Garofalo)
-
non vuol
dire che lo spirito “non produce intelligenza
separatamente dal corpo fìsico”, come erro- neamente
spiegano i geovisti. Qui l'autore sacro non si pone il
problema dell'aldilà. Egli vuol mettere in evidenza la
caducità della vita umana (cf supra, p. 23)
- Errori ed orrori
-
1 - Hanno
scritto: “Al tempo della creazione di Ada- mo, Dia
fece vivere i miliardi delle cellule del suo corpo, perché
in esse fosse la forza vitale. Questa attiva forza vitale
è ciò che qui si intende con la parola 'spirito' (ru'ahh).
Ma perché la forza vitale continuasse ad essere nei
miliardi di cellule di Adamo, esse avevano bisogno di
ossigeno, e questo doveva essere provveduto mediante la
respirazione. Perciò, Dio quindi 'soffiò nelle narici un
alito (neshamah) di vita. Allora i polmoni di Adamo
cominciarono a funzionare e a sostenere in tal modo col
respiro la forza vitale delle cellule del corpo. - Genesi
2:7, Ga” 55.
-
La
risposta:
-
Si
tratta d'una spiegazione settaria della Bibbia. Nel
racconto della creazione di Adamo (cf. Genesi 2,7) si
parla di un solo atto divino per cui la polvere plasmata e
senza nessuna vita cominciò a vivere in modo normale e
perfetto. Dio aggiunse il soffio di vita
(neshamah) alla polvere inerte e Adamo cominciò a vivere
perfettamente. Non vi fu prima lo “spirito” (rúah) e poi
il “respiro” (neshamah). Basta leggere il testo biblico. I
tdG hanno modificato la Parola di Dio (cf. Apocalisse
22,18).
-
E' poi
assurdo e blasfemo affermare che Dio abbia creato il primo
uomo come un bambino anormale, che per respirare ha
bisogno di essere sculacciato". Dio ha fatto ogni cosa in
modo perfetto. “E Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed
ecco, era molto buono” (Genesi 1,31). Solo i tdG possono
immaginare Adamo come fisicamente deficiente e solo i loro
seguaci possono accettare tali idiozie.
-
-
2 - Insistono i geovisti:
“Da Giobbe 34:14,15 apprendiamo che ci sono due cose
che l'uomo (o qualsiasi altra creatura terrena cosciente)
deve avere per essere e restare in vita: lo spirito e il
respiro. Ivi leggiamo: 'Se egli (Dio) volge il cuore a
qualcuno, se raccoglie a sé lo spirito (ebraico, ru'ahh) e
il respiro (ebraico, 'neshamah') di lui, ogni carne
spirerà, e l'uomo terreno stesso tornerà alla medesima
polvere”.
-
-
La
risposta: A tutti gli studiosi seri e coscienziosi della
Bibbia è noto il parallelismo poetico, largamente usato
specie nei Libri poetici dell'Antico Testamento. Esso
consiste nell'esprimere la stessa cosa o idea per mezzo di
termini equivalenti (sinonimi). I geovisti ignorano o
fingono di ignorare questa elementare norma di ermeneutica
e fanno dire alla Bibbia ciò che essi vogliono. Gli esempi
sono innumerevoli, specie nei salmi.
-
In
Giobbe 34,14-15 l'autore sacro applica il parallelismo
poetico e dice la stessa cosa con due parole equivalenti,
o sinonimi. Non si tratta di due cose, che l'uomo deve
avere per essere e restare in vita, ma di una sola cosa,
chiamata con due vocaboli equivalenti (rúah e neshamah).
-
Nel
Salmo 1,04,29-30 è detto:
-
-
Ritrai il loro spirito
(rúah),
-
muoiono e tornano alla
loro polvere;
-
mandi il tuo spirito (rúah),
-
vengono creati e
rinnovi la faccia della terra
-
(Garofalo)
-
-
Secondo
la chiara affermazione del salmista una sola cosa basta
per vivere cioè la rúah (soffio di vita), se manca la
quale l'essere vivente muore. Non si parla di due cose
diverse.
-
-
3 - L'errore: “Mentre
l'anima umana è la persona vivente stessa, lo spirito è
semplicemente la forza vitale che permette a tale persona
d'essere in vita. Lo spirito non ha nessuna personalità,
né può fare le cose che può fare la persona. Esso non può
pensare, parlare, udire, vedere e sentire. Sotto tale
aspetto, può paragonarsi alla corrente elettrica nella
batteria di un'automobile. Quella corrente può incendiare
il combustibile che fa produrre al motore energia,
accendere i fari, suonare la tromba (...). Ma, senza il
motore, i fari, la tromba o la radio, potrebbe la corrente
di quella batteria fare alcuna di queste cose? No, poiché
è semplicemente l'energia che permette agli apparecchi di
funzionare e compiere tali cose.
-
-
La
verità:
-
a) Come
dimostrato precedentemente la Bibbia non dice che bisogna
aggiungere lo spirito alla persona vivente perché essa
possa pensare, parlare ecc. Al contrario, la Bibbia dice
che lo spirito (neshamah) fu aggiunto alla materia inerte
e in virtù di questa sola aggiunta essa divenne persona
vivente, cioè un essere vivente (nefesli hayydh) capace di
pensare, parlare ecc. (cf. Genesi 2,7). Fu dunque lo
spirito (neshamah) a conferire alla materia inerte (non
alla persona) la sua personalità. Se l'ha conferita, lo
spirito ha in se stesso la personalità. Nessuno dà ciò che
non ha. A conferma basta ricordare che nella Bibbia gli
spiriti (come Dio, angeli, demoni) sono persone, cioè
pensano, parlano ecc. senza bisogno di alcun motore.
-
-
b) Il
paragone con l'energia elettrica conferma la spiegazione
da noi data ed è contro quella errata dei geovisti. In
effetti, l'energia elettrica ha in se stessa tutta la
potenzialità, come per dire la personalità. Anche senza il
motore può compiere tante cose. Pensate, per esempio, agli
effetti dinamici e calorifici d'una scarica elettrica. Il
motore senza l'energia non può far nulla; l'energia senza
il motore può fare tanto.
- Lo spirito dell'uomo
nel N.T.
-
1 - Alla
parola ebraica rúah (e anche neshamah) corrisponde nel
Nuovo Testamento il greco pneuma, tradotto spirito nella
lingua italiana. I significati di pneuma nel N.T. sono
molteplici: può indicare realtà impersonali come il vento
(Cf. Giovanni 3,8; Ebrei 1,7 ecc.), o il respiro, ossia
l'alito (Cf. Giovanni 20,22; 2 Tessalonicesi 2,8 ecc.); e
anche persone come gli angeli buoni (Cf. Ebrei 1,14) e
cattivi (Cf. Matteo 12,43), soprattutto Dio (Cf. Giovanni
4,24) e in modo specifico la Terza Persona della SS.
Trinità (cf. Giovanni 16,13-14) -11.
-
A noi
interessa sapere se nel Nuovo Testamento lo spirito (pneuma)
è riferito all'uomo; vogliamo cioè conoscere il
significato antropologico di spirito (pneuma) e se
sopravviva alla morte dell'uomo.
-
Eminenti
studiosi moderni della Bibbia affermano concordemente e
documentano copiosamente che la dottrina
veterotestamentaria riguardante la natura dello spirito (rúah,
neshamah) fu approfondita ed esplicitata da dotti giudei (i
rabbini) sia dentro che fuori la Palestina, anche prima
della venuta di Cristo. Questo approfondimento gettò
maggior luce sulla natura dello spirito (rúah, neshamah),
ossia sull'alito divino immesso nel primo uomo, e confermò
la loro fede nella sopravvivenza dell'uomo subito dopo la
morte. Lo spirito dell'uomo dopo la morte continua ad
esistere in uno stato di felicità o di sofferenza in
attesa di riunirsi al corpo nella risurrezione.
-
“E' dunque chiaro che al
tempo di Gesù il giudaismo crede tanto nella risurrezione
dell'uomo quanto nella sopravvivenza dell'anima (pneuma)
in uno stato intermedio successivo alla morte.
-
-
Gesù,
con la sua divina autorità confermò questa dottrina, e i
suoi fedeli discepoli l'hanno insegnata e l'accettano
tutti i veri cristiani.
-
2 - E lo
spirito (pneuma) tornò in lei (Luca 8,55,).
-
Riferisce
san Luca, “Egli (Gesù) disse.- 'Non piangete; essa non è
morta, ma dorme'. E quelli, sapendo che era morta, lo
deridevano. Ma egli (Gesù) la prese per mano e disse ad
alta voce: 'Fanciulla, lèvati!”. E lo spirito (pneuma)
tornò in lei Luca 8,52-55).
-
Sarebbe
ridicolo pensare che Gesù abbia rianimata la fanciulla
mediante una boccata di ossigeno come pensano i geovisti o
con una scarica di energia elettrica. La fanciulla era già
morta. L'ossigeno o l'energia elettrica non possono ridare
la vita a un morto. Gesù pronunciò solo due parole, diede
un ordine: “Fanciulla, lèvati!”. E il medico Luca spiega
lo straordinario fenomeno dicendo: “E lo spirito (pneuma)
tornò in lei”.
-
Lo
spirito (pneuma), che ritorna, non può essere una nullità,
ma qualcosa o qualcuno, che continua ad esistere anche
dopo la morte. Qui lo spirito (pneuma) “appare come una
parte dell'uomo che sopravvive alla morte”.
-
-
3 -
Padre, nelle tue mani, rimetto lo spirito mio (Luca
23,46).
-
-
a) Anche
Gesù, in quanto vero uomo, aveva lo pneuma come componente
spirituale e immortale della sua umanità. Lo afferma
chiaramente al punto di morte con le parole: “Padre, nelle
tue mani rimetto lo spirito (pneuma) mio” (Luca 23,46).
Gesù si serve delle parole del Salmo 31,6, ma ne rivela il
significato oggettivo. Rimettere lo spirito nelle mani di
Dio significa allo stesso tempo esalare l'ultimo soffio e
rimettere, cioè consegnare, a Dio la propria ricchezza, lo
stesso essere".
-
In
effetti, Gesù quel giorno, anche in quanto uomo, non fìnì
nel nulla, ma andò nell'Ade o regione dei morti, mentre il
suo corpo attendeva incorrotto la risurrezione nel
sepolcro (cf. Atti 2,31-32; 1 Pietro 3,18-20). E non vi
andò solo, ma accompagnato dallo spirito del buon ladrone,
al quale aveva detto: “Oggi sarai con me nel
paradiso” (Luca 2,3,43) (pp. 34-3,6). Qui come in Luca
8,55 lo pneuma “appare come una parte dell'uomo che
sopravvive alla morte”.
-
b) A
imitazione del suo Maestro anche il primo martire Stefano,
prima di chiudere gli occhi alla scena di questo mondo,
consegna il suo spirito (pneuma) al Signore Gesù: “Signore
Gesù, accogli l'anima mia” (greco pneuma) (Atti 7,59,
Garofalo).
-
il verbo
“accogliere” (greco dèchomai) indica l'atto di chi
accoglie o riceve qualcuno, per esempio, nella sala di un
festino. Lo spirito o anima del martire Stefano al momento
della morte terrena non si dileguò nel vuoto del nulla, ma
venne accolta dal Signore Gesù nella dimora eterna (cf.
Luca 16,91).
-
In Atti
7,59 come in Luca 8,55 e 23,46 lo spirito “appare come una
parte dell'uomo che sopravvive alla morte” ".
-
-
4 -
L'autore della Lettera agli Ebrei afferma e conferma la
stessa verità quando invita i suoi lettori a guardare in
alto alla Gerusalemme celeste, dove con miriadi di angeli
vi sono gli spiriti (pneumata) dei giusti resi perfetti
(cf. Ebrei 12,23, Garofalo).
-
Spiegano
i biblisti: “Una certa tradizione ebraica chiama 'spiriti'
le anime degli uomini, soprattutto quando sono separate
dal corpo. Questi giusti, questi santi (senza limite di
numero) sono arrivati alla perfezione nel senso che godono
della felicità suprema” In Ebrei 12,23 pneuma (spirito)
sta per anima separata dal corpo'.
-
-
Obiettano i geovisti:
L'anima non è la stessa cosa che lo spirito. Come prova
citano 1 Tessalonicesi 5,23 ed Ebrei 4,12.
-
-
Si
risponde: Come già è stato detto, la parola spirito nella
Bibbia può avere molteplici significati, di cui uno non
esclude l'altro. In Ebrei 4,12 e in 1 Tessalonicesi '5,23
lo spirito (pneuma) è la parte più intima dell'uomo, che
non si pone in contrasto con l'anima (psychè), ma ne è
l'espressione più elevata.
-
Paolo
afferma che la Parola di Dio penetra e giudica i movimenti
del cuore e le intenzioni più segrete (.pneuma) dell'uomo
(in Ebrei 4,12) e augura che Dio conservi irreprensibile
l'uomo tutto intero, fìn nelle parti più recondite ed
elevate del suo essere (pneuma) (in 1 Tessalonicesi 5,23).
-
Nell'uno
e nell'altro testo l'apostolo non mette in dubbio la
sopravvivenza dello spirito subito dopo la morte. Egli è
sicuro che, morendo, “saremo con Cristo” (cf. Filippesi
1,23; 2 Ccrinzi 5,6-8), non in uno stato di inesistenza.
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