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INFERNO
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OPUSCOLO N° 17
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PICCOLA COLLANA
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"I TESTIMONI DI GEOVA"
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Per ricevere gli opuscoli rivolgersi:
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Padre Nicola Tornese
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Viale S. Ignazio,
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80131 NAPOLI
tel. 081.545.70.44
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PRIMA PARTE
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SIGNIFICATO DELLE PAROLE
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Con la guida dei migliori dizionari
biblici diamo anzitutto i significati di alcuni termini o parole
attinenti al nostro problema. E' una precisazione doverosa a motivo
soprattutto della confusione che i testimoni di Geova (tdG) creano
nella mente di chi li ascolta, equivocando per malafede o ignoranza
sui diversi significati che lo stesso termine o parola può avere e
di fatto ha nella Bibbia secondo il contesto. Esamineremo in seguito
alcuni casi di questo equivoco geovista.
- Sceol
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1 - Il termine Sceol lo si incontra
nei libri dell'Antico Testamento. Il suo significato fondamentale è
quello di “soggiorno o regno o dimora o regione dei morti”, dove gli
Ebrei immaginavano che si radunassero tutti i defunti, buoni e
cattivi i Refaim.
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“Questa parola (Sceol) designa
nell'A.T. la dimora dei morti, concepita come un luogo oscuro (cf.
Giobbe 10, 21 ss.) e situato al di sotto dell'oceano (cf. Giobbe 26,
5), che dietro le sue 'porte' (cf. Isaia 38, 10; Giobbe 38, 17)
racchiude per sempre (cf. Giobbe 7, 9 ss; 16, 22; Ecclesiaste 12, 5)
tutte indistintamente (cf. Salmo 89, 49) le 'ombre' dei trapassati
(cf. Isaia 14, 9)”.
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Osservazioni:
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a) E' dunque fuor di dubbio che gli
Ebrei, molto tempo prima di Gesù Cristo, credevano nella
sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Lo Sceol non significa
“la distruzione completa” dell'uomo, ma “un modo di essere” dopo la
morte. L'esistenza dell'uomo continua, anche se in modo diverso.
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A conferma sta il fatto che agli Ebrei
era severamente proibito non solo di consultare gli spiriti, di
praticare cioè lo spiritismo, ma anche di evocare i morti (cfr.
Deuteronomio 18, 11). Il comando divino riguardava sia gli spiriti
sia i morti. Se esistono gli spiriti, devono esistere anche i morti,
altrimenti la duplice proibizione divina non avrebbe senso.
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E' perciò errato affermare che le
parole dette da Dio ad Adamo: " Tornerai alla terra, perché da essa
sei stato tratto: polvere sei e in polvere tornerai " (Genesi 3, 19)
significano che Adamo quando morì “tornò in quello stesso stato di
inesistenza in cui si trovava prima della creazione”. La Bibbia non
dice questo. Lo dicono i tdG.
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b) Con questa chiara dottrina biblica
della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte non contrastano
le parole dell'Ecclesiaste (Qoèlet):
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“I vivi sanno che moriranno, ma i
morti non sanno nulla, non c'è più salario per loro, perché il loro
ricordo svanisce (...). Tutto quello che trovi da fare, fallo finché
ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né
scienza, né sapienza giù negli ìnferi (Sceol), dove stai per andare”
(9, 5.10).
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Infatti:
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- L'autore di Qoèlet non nega
la sopravvivenza dell'uomo subito dopo la
morte. Non dice: “stai per andare nel nulla”, ma “stai per andare
nello Sceol” ossia nella “regione” delle “ombre”, dei “Refaim”.
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- Egli si limita a descrivere la vita
dell'aldilà secondo le idee del suo tempo (terzo secolo a.C.): una
vita o modo di essere in forte contrasto con quella sulla terra.
Senza attività, senza passioni, senza conoscenza. Non è comunque uno
stato di inesistenza.
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- In effetti, lo Sceol era immaginato
come la fine delle attività terrene, anche della lode di Jahve (cfr.
Salmo 6, 6), la fine della potenza e prepotenza umana, ma non
dell'esistenza in modo assoluto. In Ezechiele 32, 17-32 sono passati
in rassegna i re e i guerrieri caduti di spada, che giacciono
impotenti nello Sceol; tuttavia continuano ad esistere. Isaia
presenta gli abitanti dello Sceol in grande
agitazione all'arrivo del re di Babilonia (cfr.
Isaia 14, 9-20).In Giobbe è detto che “i Refrain tremano sotto
terra” (26, 5). Tutto questo non si può conciliare con uno stato di
inesistenza, di distruzione completa.
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c) Parimenti non è contro la dottrina
biblica della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte un altro
testo di Qoèlet che dice:
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“La sorte degli uomini e quella delle
bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c'è un
soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell'uomo rispetto
alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la
medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna alla
polvere. Chi sa se il soffio vitale dell'uomo salga in alto e se
quello delle bestie scenda in basso?” (3, 19-21).
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Infatti:
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- Ciò che Qoèlet intende mettere in
rilievo è la universalità della morte: ogni essere vivente sulla
terra - uomo, bestia e anche pianta - è soggetto alla legge della
morte. Da questo punto di vista, la sorte di tutti i viventi è,
comune. Tutti sono diretti verso la terra o polvere, che è per tutti
la medesima dimora.
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- Ma da ciò non segue che dopo la
morte vi sia per tutti il medesimo destino. L'autore esprime i suoi
dubbi circa il destino dell'uomo a differenza di quello della bestia:
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“Chi sa se il soffio vitale dell'uomo
salga in alto?”. In seguito affermerà che l'uomo, e solo l'uomo,
discende nello Sceol (9, 10). Infine ricorderà che lo spirito torna
a Dio che l'ha dato (12, 7) e ammonisce: “Temi Dio e osserva i suoi
comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto. Infatti, Dio citerà
in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male” (12,
13-14).
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- E' lecito domandarsi: com'è
possibile che l'uomo sia citato in giudizio, se con la morte piomba
nel nulla? In uno stato di inesistenza? Notate che Qoèlet non parla
di un vago ricordo di Dio, che darebbe ai morti una seconda vita in
un futuro regno millenario, come insegnano i tdG. Egli si riferisce
al giudizio di Dio sulle azioni dell'uomo alla fine di questa vita.
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2 - In secondo luogo Sceol ha il
significato di tomba o morte. Andare nello Sceol equivale alcune
volte, secondo il contesto, a morire, a scendere nella tomba. Questo
secondo significato è logicamente legato al primo, com'è
comprensibile.
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Cosi, per esempio, David nel suo
testamento raccomanda al figlio Salomone di punire con la morte
alcuni colpevoli. Dice Davide: “Non permetterai che la sua vecchiaia
scenda in pace negli inferi (Sceol)” e “Farai scendere la sua
canizie agli ìnferi (Sceol) con morte violenta” (1 Re 2, 6.9). In
questo caso e in altri simili Sceol significa morte, o tomba e
“scendere agli ìnferi” (Sceol) equivale a “morire”.
- La comune tomba del genere umano
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.Alla luce di questa dottrina biblica
appare evidente quanto sia equivoca la definizione che dello Sceol
danno i tdG, quando dicono che lo Sceol “è la comune tomba del
genere umano”.
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Riflettete:
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- Stando alle parole usate dai
geovisti la cosa più ovvia sarebbe immaginare lo Sceol come “una
immensa fossa o tomba”, dove vanno a finire le ossa di tutte le
creature umane. Sono miliardi! Ma non è questo il pensiero dei tdG.
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- Si potrebbe anche legittimamente
pensare che la frase geovista desse allo Sceol il significato di
morte, nel senso che tutti dobbiamo scendere nella tomba, ossia
morire, come abbiamo appena spiegato. Ma neppure questo intendono
dire i geovisti.
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- Scoprendo a poco a poco le carte, i
tdG vorrebbero farvi credere che “tomba comune del genere umano”
equivalga a “distruzione completa”, al passaggio cioè dalla vita
alla non-esistenza. Nulla è più contrario alla Bibbia, come abbiamo
già provato e come proveremo ancora meglio appunto con testimonianze
bibliche.
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- E' vero che i geovisti, nello sforzo
di convincervi dell'errore, vi parlano del dopomorte come di uno
stato inconscio. Ma poi spiegano (e convincono gli ignoranti) che
“stato inconscio” significa “non-esistenza”. A loro avviso, colui
che dorme, che è cioè in uno stato inconscio, è senza vita, non-esistente!
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Ma chi ha un po' di senno pensa ed
obietta: “Non è possibile che il sonno sia uno stato, un modo di
essere, migliore della vita attiva? Colui che dorme non è forse
libero dalle sofferenze fisiche e morali, che la vita di chi è
sveglio necessariamente comporta? Non è forse il sonno un ristoro,
un tempo di pace? Sapientemente i discepoli fecero notare a Gesù in
una circostanza ben nota: “Signore, se l'amico Lazzaro si è
addormentato, guarirà” (Giovanni 11, 12).
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- 3 -
Un terzo significato di Sceol connesso coi due precedenti è quello
di potenza invincibile, la potenza appunto della morte e della
caducità di tutte le cose. E' una potenza diabolica, dopo il peccato
(cf. Romani 5, 12). Diceva Giobbe: “Come siccità e calore assorbono
le acque nevose, così lo Sceol (la morte) rapisce il peccatore” (24,
19).
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Sotto questo aspetto, Isaia paragona
lo Sceol a un mostro, che apre le fauci per divorare, “spalanca
senza misura la bocca. Vi precipitano dentro nobiltà e popolo” (5,
14). L'uomo nulla può fare contro questo mostro, ma Jahve ha potere
anche sullo Sceol (cf. Osea 13, 14).
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4 - Sinonimo di Sceol è, nell'Antico
Testamento, la parabola Abaddon, che ha quindi gli stessi
significati, secondo il contesto. In Giobbe 26, 6 Abaddon significa
“la regione dei morti”, come Sceol che l'accompagna; altrove indica
la “morte” (Giobbe 28, 22), altrove “la tomba” (cf. Salmo 88, 12;
Proverbi 15, 11).
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Abaddon come Sceol non ha mai il
significato di “completa distruzione”, bensì quello di rovina o
perdizione: distruzione della vita e dei beni presenti, ma non
distruzione assoluta, passaggio alla non-esistenza.
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- Ades
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Nel Nuovo Testamento l'ebraico Sceol
ha come corrispondente il greco Ades, che come Sceol può avere
diversi significati:
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1 - Ades anzitutto significa “la
dimora o soggiorno o regno dei morti”. Così in Atti 2, 31 dove
leggiamo: “Questi (Gesù) non fu abbandonato nell'Ades né la sua
carne vide la corruzione”. Qui san Pietro adatta alcune parole del
Salmo 16, 8-11 e spiega come Cristo dopo la morte non rimase nella
“regione dei morti” (Ades), ma risuscitò senza che ìì suo corpo
subisse la corruzione del sepolcro.
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Non si tratta evidentemente d'una
discesa di Cristo all'inferno propriamente detto, anche se alcune
versioni traducono Ades con la parola inferno. Infatti “inferno”,
dal latino “infernus”, può avere anche il significato di “soggiorno
dei morti”, ossia di Sceol o Ades come spiegheremo dopo.
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Tuttavia, a differenza di ciò che
credevano gli antichi Ebrei, l'Ades (o Sceol) non custodirà per
sempre i suoi morti (cf. Apocalisse 20, 13). Questa è una novità
rispetto all'A.T., dovuta al fatto che - come tutti sanno - la
Rivelazione, specie circa il destino dell'uomo dopo la morte, è
stata fatta progressivamente, e raggiunse il suo culmine nella
predicazione del Figlio di Dio.
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- 2 -
Un secondo significato di Ades nel N.T. è quello di “potenza o forza
ineluttabile o di caducità di tutte le cose”, ossia di “morte”.E' la
potenza della morte contro cui l'uomo nulla può fare. San Paolo, per
esempio, traduce Osea 13, 14 usando la parola morte, che corrisponde
a Sceol in Osea: “La morte (Sceol in Osea) è stata ingoiata per la
vittoria” 1 Corinzi 15, 54; cf. Isaia 25, 8). L'Apostolo vuol dire
che la morte (Sceol, Ades) è stata vinta da Cristo, autore della
vita (cf. Atti 3, 15). Egli, il Risorto, “ha il potere sopra la
morte e sopra l'Ades” (Apocalisse 1, 18).
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Identico significato in Matteo 16, 18,
dove Cristo assicura i suoi discepoli che “le porte dell'Ades
non prevarranno contro la sua Chiesa. Egli vuol
dire che la potenza distruggitrice della morte o della caducità di
tutte le cose non avrà alcun effetto negativo sulla sua Chiesa
ancorata su Pietro.
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3 - Qualche volta Ades nel N.T. indica
lo stato o condizione di pena dei malvagi. Tale è il caso del ricco
cattivo che subito dopo la morte va nell'Ades tra i tormenti (cf.
Luca 16, 23), mentre Lazzaro, povero e buono, passa in uno stato di
gioia.
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Abbiamo qui un'altra novità rispetto
all'A.T., ossia una migliore conoscenza circa il destino dell'uomo
subito dopo la morte. Mentre, infatti, lo Sceol degli antichi Ebrei
raccoglieva tutti i morti, buoni e cattivi, nel N.T. i malvagi hanno
in sorte la sofferenza, i tormenti, ma ai buoni è riservata la
felicità.
- Sceol e Ades nelle traduzioni
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Le precisazioni che seguono sono
necessarie per sventare gli equivoci geovisti, che sono molti e
gravi, come apparirà nella Terza Parte.
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1 - Sceol. In alcune traduzioni è
stata conservata la parola ebraica Sceol, che assume secondo il
contesto uno dei significati indicati precedente. ente. In altre
Sceol è tradotto con “soggiorno o regione
o regno dei morti” oppure “altro mondo”, oppure “tomba”. Più spesso
è reso con “ìnferi” e alcune volte con “infernus” e “inferno”.
Questi ultimi due termini (infernus, inferno) meritano precisazioni
particolari per l'abuso o equivoco che ne fanno i tdG a danno sempre
della verità di Dio.
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a) Inferno (latino infernus)
letteralmente significa “che sta sotto”, “inferiore” (in greco
katòteros, cf. Efesini 4, 9). In quanto a concetto, inferno (e
infernus) ha subìto una certa evoluzione. In molte religioni antiche
“inferno” indicava il luogo o regione sotterranea, dov'erano
relegati gli spiriti dei morti e anche gli dèi infernali.
-
Con questo significato, che
corrisponde al primo significato di Sceol, si trova nella Bibbia
detta Volgata (infernus) e anche in alcune traduzioni in lingue
moderne: inferno in italiano, hell in inglese, Hólle in tedesco ecc.
In tutti questi casi, quando cioè inferno o hell o Hólle traduce
Sceol, non ha il significato di luogo (meglio stato) di eterno
tormento per i malvagi. Inferno assume secondo il contesto uno dei
significati di Sceol.
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b) Con l'andare del tempo, a
cominciare cioè dall'epoca dei profeti, gli Ebrei si posero il
problema della diversa sorte dei buoni e dei cattivi dopo la morte
(cf. Isaia 14, 9-20; 33, 14; 66, 24; Ezechiele 32, 33; Daniele 12,
2; Giuditta 16, 17; Siracide 7, 17), e assegnarono nella regione dei
morti, cioè nello Sceol, un reparto speciale per i cattivi. Il Nuovo
Testamento accetta e conferma questa fede (cf. Luca 16, 23).
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Per indicare la sorte dei malvagi
prevalse l'uso della parola “inferno” (inferno, enfer, hell, Hólle)
che perciò venne ad avere due significati quello generico di
“soggiorno dei morti” e quello specifico di “stato di pena” per i
dannati (ossia di Geenna, cf. infra).
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c) Oggi i traduttori della Bibbia
preferiscono usare la parola “inferno” col significato specifico di
“stato di pena” (Geenna). Ma in alcune traduzioni, specie del
passato, inferno conserva il significato generico, ossia di
“soggiorno dei morti” o di “pericolo di morte” (cf. Giona 2, 3) o di
“potenza distruttiva della vita”. Prestare attenzione!
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2 - Ades ha seguito la stessa sorte di
Sceol. In alcune traduzioni è conservata la parola greca Ades, che
in italiano diventa Ade, in inglese Hades, in francese Hadès. Altre
volte Ades è reso con “mondo sotterraneo”, “regno dei morti”, “ìnferi”,
“tomba” ecc.
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Ma qualche volta è stato tradotto con
la parola inferno.Così La Sacra Bibbia a cura dell'Istituto Biblico
di Roma rende Atti 2, 31: “Né egli (il Messia) fu abbandonato
nell'inferno (Ades)”. Identica traduzione in alcune Bibbie edite
dalle Edizioni Paoline (EP). Ma in questi casi la parola “inferno”
non indica lo stato di pena dei malvagi come falsamente insinuano i
tdG (cf. infra, Terza Parte).
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In tutti questi casi,
inferno significa
“soggiorno dei morti”, oppure
“morte”, oppure “tomba”,
eccetto in Luca 16, 23, dove inferno (Ades) significa “stato di
tormento”.
- Geenna
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1 - Nell'Antico Testamento Geenna ha
due significati: uno letterale e uno simbolico.
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a) Letteralmente Geenna vuol dire
“valle dei figli di Hinnòn (ge-ben-Hinnòn)”, ed indica una valle a
sud di Gerusalemme, che al tempo di alcuni re di Giuda divenne luogo
di culti idolatrici. Ivi gli stessi re Achaz (736-721 a.C.) e
Manasse (693-639 a.C.) sacrificarono i loro figli al, dio Moloch
(cf. 2 Re 16, 3; 21, 6; 2 Cronache 28, 3; Geremia 7, 32).
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Contro questi abomini tuonò la voce
dei profeti in nome di Jahve: “Hanno costruito l'altare di Tofet,
nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le
figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta
in mente” (Geremia 7, 31). Jahve maledisse quella valle e predisse
che quel luogo avrebbe indicato punizione e sofferenza:
-
“Perciò verranno giorni - oracolo di
Jahve - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn,
ma valle della strage (...). I cadaveri di questo popolo saranno
pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche e nessuno li
scaccerà” (Geremia 7, 32-33).
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In effetti, il pio re riformatore
Giosia (640-609 a.C.) fece di quella valle un luogo impuro, dove
venivano gettati i cadaveri dei giustiziati (cf. 2 Re 23, 10).
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b) Sulla base di questi precedenti, la
valle di Ben-Hinnòn divenne simbolo della futura punizione dei
malvagi. Isaia, riferendosi ai tempi della futura restaurazione,
intravede che quella valle offrirà ai veri adoratori lo spettacolo
del castigo di Dio contro i ribelli:
-
“Uscendo (dal tempio), vedranno i
cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me (Jahve);
poiché il loro verme non morirà, il fuoco non si spegnerà e saranno
un abominio per tutti” 66, 24; cf. Marco 9, 48).
-
Questo testo di Isaia fu all'origine
di una sempre più chiara designazione del luogo-stato di pena dei
peccatori come “Geenna”. Su questa linea infatti continuò la
letteratura apocalittica dei Giudei, che fece di quella valle in
modo sempre più esplicito il simbolo della sofferenza dei malvagi
dopo il giudizio finale (cf. Daniele 12, 2). La parola Geenna passò
a indicare l'inferno propriamente detto.
-
-
2 - Nel Nuovo Testamento Geenna ha
soltanto il significato simbolico di pena eterna dei ribelli dopo
l'ultimo giudizio e “non è più localizzata nella valle a sud di
Gerusalemme”.
-
a) I Giudei del tempo di Gesù
conoscevano bene ciò che avevano detto Isaia, Geremia e la
letteratura apocalittica in rapporto alla valle di Ben-Hinnòn; e
quando Gesù parlava di Geenna, di fuoco inestinguibile ecc., non
pensavano affatto a quella località a sud di Gerusalemme, ma
unicamente a ciò di cui quella valle era divenuta simbolo.
-
Per farsi ben capire Gesù non solo
usava le stesse parole dei profeti (cf. Marco 9, 47-48; Isaia 66,
24), ma precisava che il fuoco eterno della Geenna era stato
preparato per il diavolo e i suoi associati (cf. Matteo 25, 41). E'
chiaro che tale Geenna non poteva essere la valle a sud di
Gerusalemme, dove solo per un tempo ben limitato nella storia furono
bruciati i cadaveri dei giustiziati.
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b) Nel N.T. la Geenna è sempre
connessa con l'immagine del fuoco (cf. Matteo 5, 22; 18, 9; Giacomo
3, 6 ecc.); del fuoco inestinguibile (cf. Matteo 3, 12; Marco 9, 43
ecc.). L'immagine dei fuoco ricorre anche là dove la parola Geenna è
sottintesa (cf. Matteo 3,10-12; 7,19; 18, 8-9; 25,41; Luca 3, 9-17).
-
Nell'Apocalisse l'immagine del fuoco
si accompagna con quella dello zolfo e del lago o stagno (cf.
Apocalisse 14, 10; 19, 20; 20, 9-15; 21, 8), che non è un'allusione
alla valle di Ben-Hinnòn, ma piuttosto
all'ambiente del Mar Morto, triste ricordo della punizione divina di
Sodoma e Gomorra (cf. Genesi 19, 23-25).
-
Altre immagini della Geenna sono
quelle del verme roditore che non muore (cf. Marco 9, 46 = Isaia 66,
24), della prigione e della tortura (cf. Matteo 5, 29-30), del
pianto e dello stridore di denti (cf. Matteo 8, 12; 13, 42-50; 22,
13; 24, 51; 25, 30), delle tenebre (cf. Matteo 8, 10-12; 22, 13; 25,
30; Giovanni 8, 12; 12, 44-46).
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c) Altrove la grande verità biblica
della Geenna è inculcata con espressioni più concrete e più
comprensive come quelle dell'esclusione dal Regno di Dio, che è una
comunità di gioia e di pace, di amore e di felicità'.
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Qui
l'abbiamo voluto solo accennare per indicare che le immagini (fuoco,
verme ecc.), proprie del giudaismo ai tempi di Gesù, devono essere
prese per quello che sono, ossia come immagini, e non come
affermazioni letterali.
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Su questa base di indiscussa esegesi
biblica appare quanto sia superficiale ed antibiblica l'affermazione
dei tdG, secondo cui la Chiesa Cattolica insegnerebbe l'esistenza di
un inferno di fuoco letterale, dove i dannati sarebbero arrostiti
per tutta l'eternità. E' chiaro che né la Bibbia e tanto meno la
Chiesa Cattolica ha mai detto o dice simili idiozia.
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SECONDA PARTE
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CHE COSA E' L'INFERNO?
- Al di là delle immagini
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Precisiamo, prima di tutto, che qui
alla parola “inferno” diamo il significato di Geenna, usiamo cioè il
termine “inferno” nel senso in cui comunemente s'intende, che è
quello di “stato o condizione dei ribelli a Dio”.
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a) Oltre dunque che con immagini (fuoco,
zolfo, stagno di fuoco ecc.), la grande verità del destino
definitivo dell'uomo indurito nel rifiuto di Dio ci viene inculcata
nella Bibbia con espressioni più concrete, che aprono uno spiraglio
per farsi un'idea di che cosa sia la Geenna, cioè l'inferno
propriamente detto.
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In san Luca leggiamo queste terribili
parole di Gesù:
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“Allontanatevi da me voi tutti
operatori d'iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando
vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio
e voi cacciati fuori” (13, 27-28). In Matteo 25, 34 Gesù dirà ai
salvati: “Venite (..., ricevete in eredità il Regno preparato per
voi fin dalla fondazione del mondo”; ma ai malvagi: “Via, lontano da
me, maledetti, nel fuoco eterno” (25, 41).
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Fondamentalmente, dunque, e svestita
dalle immagini, la condizione del peccatore indurito consiste
nell'essere cacciato fuori del Regno, escluso dalla comunità del Re
e dei salvati, ossia dei buoni.
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San Paolo segue questa pista e afferma
ripetutamente che coloro i quali non ubbidiscono al Vangelo non
erediteranno il Regno di Dio (Cf. 1 Corinzi 6, 4-10; Galati 5,
19-21). Nella Lettera ai Filippesi 3, 19-20 assicura ai buoni “la
patria nel cieli assieme a Cristo”, ma per i nemici della Croce di
Cristo “la perdizione sarà la loro fine”. I peccatori saranno
castigati con una rovina (non distruzione) eterna, lontano “dalla
faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza”
(2 Tessalonicesi 1, 9).
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Alla luce di queste e simili
espressioni possiamo dire che, secondo la Bibbia, la Geenna è un
modo di essere, un'esistenza radicalmente opposta al modo di essere,
alla esistenza nel Regno di Dio. E' una esclusione, una lontananza
dalla gloria del Signore Gesù e dalla compagnia dei giusti.
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b) E che cosa sarà il Regno di Cristo
e di Dio? (Cf. Efesini 5, 5).
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Un barlume di questa futura realtà
gioiosa ci è dato ancora dall'Apostolo là dove scrive: “Il Regno di
Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e
gioia nello Spirito Santo” (Romani 14, 17). Altrove san Paolo
descrive le qualità del Regno con le parole: amore, pace, gioia,
pazienza, benevolenza ecc., in forte contrasto con le opere della
carne che sono: “fornicazione,
impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizia,
discordia (... ). Chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (Galati
5, 19-22).
-
Si tratta di un barlume della futura
realtà umana perché le parole dell'Apostolo si riferiscono
direttamente alla vita dell'uomo ancora su questa terra, rinnovato o
meno dallo Spirito, dentro cioè o fuori della comunità ecclesiale.
Tuttavia la Chiesa “costituisce in terra il germe e l'inizio” del
Regno nella sua pienezza. Tra la vita nel Regno su questa terra e
quella piena dopo la restaurazione finale non vi è frattura o salto
di qualità, ma rapporto di continuità come tra germe e frutto, tra
inizio e compimento, tra imperfetto e perfetto (Cf. 1 Corinzi 13,
10).
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Anche di questa pienezza del Regno la
Bibbia scopre in qualche modo il velo, ma lo fa con immagini, di cui
le più comuni sono quelle del banchetto e della luce (Cf. Luca 13,
29; 14, 14; Apocalisse 19, 9; Isaia 25, 6-9). Il Regno di Dio, nella
sua futura realizzazione, sarà una gioiosa esistenza nella comunione
con Dio e con i fratelli come in un banchetto perenne nella
luminosità di un giorno senza tramonto: “I giusti risplenderanno
come il sole nel Regno del Padre loro - (Matteo 13, 43).
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c) Stando così le cose si può capire
come, secondo la Bibbia, la Geenna, in quanto esclusione dal Regno,
altro non è che la mancanza, la privazione, la perdita di tutto ciò
che può rendere l'uomo veramente felice: amore, gioia, pace, bontà,
fratellanza; e la presenza di tutto ciò che lo rende veramente
infelice: libertinaggio, inimicizie, discordie, odio... Si può anche
capire come sia possibile condannarsi alla Geenna fin da questa
vita.
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“Ho l'inferno nel cuore!”, disse
l'innominato al buon Federico. La vita di quell'uomo era, infatti,
tutta un intreccio di odio, ingiustizie, ipocrisie, crudeltà,
nefandi delitti. Quando ci vide chiaro, riconobbe di avere scelto
una vita infernale.
-
Così pure quando in una casa, in una
famiglia, in un ambiente di lavoro non c'è armonia, rispetto,
giustizia, ma piuttosto egoismo, sfruttamento, ingiustizia, odio,
vendetta, si dice abitualmente. “Qui siamo in un inferno!”.
Naturalmente nessuno pensa al fuoco che brucia materialmente, ma
alla mancanza di tutto ciò che può far l'uomo felice come l'amore,
la pace, la gioia. Sono pallide immagini della realtà infernale.
-
d) Quella finora descritta è chiamata
nel linguaggio abituale dei cattolici pena del danno e consiste,
come abbiamo detto, nella perdita o privazione del Regno di Dio,
pienezza di giustizia e di pace, di amore e di gioia.
-
Ma nel linguaggio cattolico, con
riferimento sempre alla Bibbia, si parla pure della pena del senso,
che è indicata appunto nelle immagini bibliche soprattutto con
quella del fuoco.
-
Che cosa significa questa immagine?
Escludiamo assolutamente che si debba pensare a un fuoco materiale,
che bruci eternamente le anime dei dannati! I tdG che attribuiscono
alla Chiesa Cattolica tale insegnamento sono ignoranti (la base), in
malafede (i dirigenti).
-
Per capire la pena del senso
ricordiamo che il fuoco nella Bibbia è simbolo della santità di Dio
nel suo duplice aspetto: attraente e terribile. Attira come
irresistibile Amore che purifica (Esodo 19, 9-10; Isaia 6, 67), ma
brucia o divora ogni impurità (cf. Deuteronomio 5, 25). Per coloro
che hanno fatto la scelta del rifiuto e della ribellione, che non si
sono purificati, il fuoco divino continua ad ardere, ma non attrae
più né salva. Il malvagio indurito si strugge, soffre senza rimedio.
La Bibbia esprime così che cosa può essere l'esistenza d'una
creatura che, rifiutando di essere purificata dal fuoco, ne rimane
bruciata .
-
e) Dov'è l'inferno?
-
Cominciamo col dire che nel Nuovo
Testamento non troviamo nessuna “geografia” dell'aldilà (centro
della terra, in fondo al mare, ecc.) come avviene in molti scritti
dell'Antico Testamento specie del tardo giudaismo e anche del
cristianesimo medievale (basti pensare alla Divina Commedia) e anche
di alcune sette pseudo-cristiane del nostro tempo.
-
Quando gli scrittori del Nuovo
Testamento parlano di Geenna o di “stagno o lago di fuoco e di zolfo”
(cf. Apocalisse 20, 10-14; 21, 8), il luogo o paesaggio può essere
la valle a sud di Gerusalemme dei tempi dei re Achaz o Manasse
oppure quello del Mar Morto. Ma si tratta di immagini che non vanno
prese alla lettera.
-
Ma se si pensa che l'inferno consiste
nell'essere esclusi dalla gioia del Regno, in una vita senza bontà,
senza bellezza, senza speranza, appare chiaro che l'essere qui o là
è secondario. Dovunque il dannato si trovi, avrà l'inferno sempre
con sé, come in una società o famiglia sana e gioiosa il malvagio è
escluso o piuttosto si esclude dalla gioia e dalla pace degli altri.
- Perdita non distruzione
-
La Geenna, dunque, non significa “la
distruzione completa ed eterna” dell'uomo, come erroneamente
affermano i tdG (cf. infra, Terza Parte). Le prove bibliche in
contrario sono molteplici.
-
a) Già nell' A.T., i profeti
intravedono come, dopo la morte, i malvagi andranno incontro a una
sorte o retribuzione eterna, che è un modo di essere infelice e
penoso. Isaia parla di “verme che non morirà e di fuoco che non si
spegnerà'” (cf. 66, 24; 33, 14). Daniele poi è il primo esplicito
messaggero di Dio circa il destino finale dell'uomo: “Molti di
quelli che dormono nella polvere della terra sì sveglieranno: gli
uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia
eterna” (12, 2). E' impossibile riferire questo linguaggio a uno
stato di inesistenza o distruzione' completa. Per chi non esiste più,
non vi può essere né verme né fuoco né vergogna né infamia eterna.
C'è il nulla!
-
b) Ma è soprattutto nel N. T. dove la
rivelazione di una esistenza penosa ed eterna dopo la morte si fa
chiara. Sempre che nel N.T. si parla della sorte dei malvagi dopo la
morte i termini che si usano indicano un cambiamento di stato o modo
di essere, continuando nell'esistenza, non una distruzione completa.
Gesù parla di gettare (greco bàllein) o di andare (greco èrchomai)
nella Geenna (cf. Matteo 5, 29-30; 25, 46; Marco 9, 43). Parimenti
Giovanni nell'Apocalisse (20, 10) dice che il diavolo fu gettato (greco
bàllein) nello stagno di fuoco, dove assieme alla bestia e al falso
profeta saranno tormentati giorno e notte pei secoli dei secoli.
Senza un’esistenza, un modo di essere e di vivere, non si può essere
tormentati.
-
In Luca 12, 4-5 Gesù dice: “Non temete
coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far nulla (...).
Temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare (greco
embàllein) nella Geenna” (cf. Matteo 10, 28-31). A differenza
dell'uomo che, dopo aver ucciso, nulla può fare verso un suo
prossimo, il potere di Dio si estende anche dopo la morte dell'uomo.
Egli può mandare nella Geenna. Su chi o su che cosa Dio esercita
questo suo potere se dopo la morte l'uomo va incontro a una
distruzione completa ed eterna?
-
Perciò quando nel passo parallelo di
Matteo 10, 28-31 Gesù dice: “Temete piuttosto Colui che ha il potere
di far perire (apùllumi) anima e corpo nella Geenna”, il pensiero è
che l'uomo tutto intero può incorrere in una grave sciagura, in una
tremenda rovina, non in una distruzione completa, anche dopo aver
perso la vita terrena .
- Dio è Amore (1 Giovanni 4, 8)
-
Fu lo Spirito Santo mandato dal Padre
nel nome del Figlio a insegnare a Giovanni che Dio è Amore (cf.
Giovanni 14, 16-21). Dio ha mostrato il suo amore fin da principio
nella creazione, dando all'uomo il dono della libertà, che colloca
l'uomo all'apice del creato, e lo fa simile a Dio (cf. Genesi 1, 27)
e suo interlocutore. Senza la libertà l'uomo non è uomo.
-
Perciò Dio ha potuto dire all'uomo:
“Vedi lo pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il
male; poiché io oggi ti comando di amare il
Signore tuo Dio (...) perché tu viva (...) Ma se
il tuo cuore si volge indietro e se tu ascolti (...) altri dèi
(...), io vi dichiaro oggi che certo perirete” (Deuteronomio 30,
15-18). L'uomo dunque può dire di no all'Onnipotente.
-
Ma anche di fronte al rifiuto
aberrante dell'uomo, Dio rimane identico a se stesso e fedele. Egli
è sempre Amore “perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi” (Romani 5, 8; cf. 1 Timoteo 2, 4-6; 2 Timoteo 2, 13).
-
Ma l'uomo può dire ancora di no, può
rifiutare per sempre l'amore di Dio.
-
Questo è l'inferno, ed esiste solo
dalla parte dell'uomo perché è divinamente impossibile che Dio possa
o voglia cooperare minimamente a tanta aberrazione.
-
E' bene perciò puntualizzare una
verità spesso ignorata:
-
“Il Cristianesimo non è affatto una
dottrina delle due vie, non mette cioè sullo stesso piano un 'paradiso'
e un 'inferno' come due sbocchi possibili allo stesso modo. Anzi,
per essere precisi. 'l'inferno' (…) in un certo senso non fa parte
della escatologia cristiana. Per questa la storia degli individui e
dell'umanità non ha due mète, ma una sola: la salvezza, il 'paradiso'...
-
Questa è la certezza del credente.
Certezza che non cancella per i singoli, per ogni uomo,
per me stesso, la possibilità terribile e concreta di un
totale fallimento. Forse all'inferno non c'è nessuno (...). ciò non
toglie però la possibilità che io sia il primo a sperimentarlo. In
ogni caso, se questo dovesse avvenire, non sarà per il giudizio di
un Dio bisbetico e vendicativo; semmai per un 'auto-giudizio':
all'inferno non si va, si resta come scelta radicale di tutta la
vita” .
-
La Chiesa Cattolica ha ricordato che
“Molto spesso gli uomini vivendo e morendo senza Dio in questo mondo,
sono esposti alla disperazione finale”.
-
-
TERZA PARTE
-
ERRORI E VERITA'
-
-
In questa Terza Parte prenderemo
brevemente in esame ciò che sull'inferno hanno scritto i tdG in due
loro recenti pubblicazioni. Dividiamo la trattazione in due serie e
riportiamo prima l'errore e subito dopo la verità biblica.
- Prima serie
- 1 -
L'errore:
-
“A MILIONI di persone è stato
insegnato dalle rispettive religioni che c'è un luogo di eterno
tormento chiamato "inferno". Vi andranno i cattivi. Secondo
l'Encyclopaedia Britannica "la Chiesa Cattolica Romana insegna che
l'inferno (...) esiste per sempre; le sue pene non avranno fine".
Questo insegnamento cattolico, prosegue l'enciclopedia, "è ancora
mantenuto da molti gruppi protestanti conservatori". Anche gli indù,
i buddisti e i musulmani insegnano che l'inferno è un luogo di
tormento. Non sorprende che spesso le persone a cui è stato
insegnato questo dicano che, se l'inferno è davvero così brutto,
preferiscono non parlarne” (p. 81).
-
La verità:
-
a) Non è esatto, anzi è errato, dire
che la Chiesa Cattolica insegna che l'inferno sia un luogo come
fanno gli indù, i buddisti, i musulmani. Ancora più inesatto ed
erroneo è l'equiparare l'insegnamento della Chiesa Cattolica a
quello degli indù ecc. (...). L'affermazione o insinuazione geovista
va qualificata come denigratoria. Fa parte del loro metodo abituale,
calunnioso e menzognero.
-
b) Se alcune persone preferiscono non
parlare dell'inferno o negarne l'esistenza, mostrano di non
conoscere o di non voler conoscere la Bibbia. Tra questi vanno
annoverati i tdG.
-
Da parte sua la Chiesa Cattolica e
tutti i veri cristiani non hanno paura di parlare dell'inferno, con
piena fedeltà, alla Bibbia, anche se ad alcuni non piace ricordare
questa terribile verità. Ne ha parlato Papa Montini nella Solenne
Professione di Fede, il 30 giugno 1968, ricordando che :
-
“Andranno alla vita eterna coloro che
hanno risposto all'amore e alla misericordia di Dio, e andranno nel
fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il
loro rifiuto”.
-
-
2 - L'errore:
-
Questo, suscita una domanda: l'Iddio
Onnipotente ha creato un simile luogo di
tormento? Cosa pensò Dio quando gli israeliti, imitando i popoli
circonvicini, cominciarono a bruciare i loro figli nel fuoco? Nella
sua Parola egli spiega: "Hanno edificato gli alti luoghi di Tofet,
che è nella valle del figlio di Innòm, per bruciare i loro figli e
le loro figlie nel fuoco, cosa che io non avevo comandata e che non
mi era mai salita al cuore" - Geremia 7: 31” (p. 81).
-
La verità:
-
a) Si tratta, come in tantissimi altri
casi, d'una grossolana manipolazione della Parola di Dio, a danno
sempre degli ignoranti. In effetti, nel testo citato di Geremia 7,
31, Dio condanna la nefasta pratica di bruciare creature innocenti
in culti idolatrici. Questo abominio Dio non aveva mai condannato e
mai gli era salito al cuore.
-
Ma sappiamo bene dalla Bibbia, che
l'Iddio Onnipotente bruciò col fuoco gli abitanti di Sodoma e
Gomorra perché colpevoli di gravi delitti (cf. Genesi 19, 23-24;
Salmi 11, 6; 97, 3; Isaia 33, 14; Ezechiele 10, 2 ecc.).
-
b) Mentre i tdG ignorano o fingono di
ignorare questi, e tanti altri testi biblici, hanno scritto: “La
cristianità sta, per finire col fuoco. Se amate la vita, evitate la
distruzione col fuoco che sta per abbattersi sui suoi sostenitori
che fanno 'cordoglio' su di lei”. Come mai è salita al cuore di
Geova l'idea di arrostire col fuoco cinque miliardi di creature
umane solo perché non appartengono alla setta geovista?
-
-
3 - L'errore:
-
“Riflettete: se a Dio l'idea di
arrostire qualcuno nel fuoco non era mai venuta in mente, vi sembra
ragionevole che abbia creato un inferno di fuoco per quelli che non
lo servono? La Bibbia dice che "Dio è Amore" (1 Giovanni 4. 8). Un
Dio di amore tormenterebbe qualcuno in eterno? Voi lo
fareste? Sapendo che Dio è amore, dovremmo volerci
rivolgere alla sua Parola per vedere se esiste davvero
l’inferno" come luogo di eterno tormento” (pp. 81-82).
-
La verità:
- a)
Riflettete: chi mai ha detto che l'inferno consiste nell'idea o
volontà determinata di Dio di arrostire qualcuno nel fuoco? Questo
la Bibbia non lo dice e tanto meno lo dicono coloro che leggono e
capiscono la Bibbia con intelligenza ed amore alla scuola dell'unico
Maestro Gesù Cristo, non de La Torre di Guardia.
-
Certamente Dio è Amore ed ha fatto e
fa di tutto per dare a tutti gli uomini la vita eterna nel suo Regno.
Ma se l'uomo usa male la sua libertà e si ostina nel rifiuto di Dio,
è lui, l'uomo, che si crea il suo inferno.
-
b) A questo punto i tdG interpellano
il lettore - ossia l'uomo - con le patetiche parole: “Voi lo fareste?”
(il corsivo è loro). Riflettete: i tdG si vantano di seguire sempre
la Bibbia come unica norma di verità, ma in questo caso mettono da
parte la Bibbia e preferiscono il sottile ragionatore di questo
mondo (cf. 1 Corinzi 1, 20). Hanno dimenticato la Parola di Dio che
dice: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Isaia 55, 8).
-
Quando perciò subito dopo aggiungono:
“Dovremmo volerci rivolgere alla Parola di Dio per vedere se esiste
davvero I"'inferno"”, rivelano il loro abituale doppio gioco. Se
infatti dobbiamo volerci rivolgere alla Parola di Dio, che senso ha
il voler sapere che cosa pensa l'uomo? Non è questa un'offesa alla
Parola di Dio?
-
I tdG rimproverano gli altri “di fare
filosofia”, quando gli altri, Bibbia alla mano, mettono a nudo i
loro grossolani errori contro la Bibbia. Essi però non si fanno
scrupolo di ricorrere al pensiero umano, “di fare cioè filosofia”,
pur di oscurare le verità bibliche.
- Sceol e Ades
-
4 - L'errore:
-
“Per indicare il luogo in cui vanno
gli uomini quando muoiono, la Bibbia usa nelle Scritture Ebraiche la
parola "Sceol" e nelle Scritture Greche "Ades". Che queste parole
indichino la stessa cosa è evidente da un confronto fra Salmo 16: 10
e Atti 2: 31. Notate che, citando Salmo 16: 10, dove compare "Sceol",
Atti 2: 31 usa "Ades" ("inferno", Edizioni Paoline (EP). Alcuni
dicono che Ades sia un luogo di eterno tormento. Ma si noti che Gesù
andò nell'Ades. Dobbiamo pensare che Dio tormentasse Cristo in un
"inferno" di fuoco? No di certo! Quando morì, Gesù andò
semplicemente nella tomba” (p. 82).
- La
verità:
-
a) Abbiamo spiegato nella Prima Parte
quali siano i significati sia di Sceol sia di Ades. Preghiamo il
lettore che cerca sinceramente la verità di tenere presenti quelle
nozioni e di accertarsi sulla loro accuratezza con l'aiuto di
dizionari biblici e di altri scritti di autori seri e competenti.
“Accertatevi dì ogni cosa!” (1 Tessalonicesi 5, 21).
-
Alla luce di quelle spiegazioni il
lettore onesto e sincero capirà subito quanto sia equivoca
l'affermazione geovista: “Alcuni dicono che l'Ades sia un luogo di
tormento eterno”.
-
Chi sono questi alcuni? E' un
linguaggio molto generico che piace tanto ai tdG perché si presta
facilmente alla menzogna e alla calunnia.
-
La verità è che Sceol e Ades non
indicano un luogo di eterno tormento. Solo in un caso, ossia in Luca
(16, 23), Ades equivale alla condizione di chi dopo la morte è
separato da Dio.
-
b) A sostegno della loro insinuazione
i tdG citano una Bibbia edita dalle EP (Edizioni Paoline). il
lettore ha il diritto di domandare: Qual'è questa Bibbia? Infatti le
EP hanno pubblicato più di una traduzione della Bibbia e non sempre
Atti 2, 31 è reso con la parola “inferno”.
-
La verità è che quando alcune Bibbie,
a cominciare dalla Volgata, rendono Atti 2, 31 con la parola
“inferno” o “infernus”, non danno ad essa il significato di “inferno
come stato (non luogo) di tormento”.
-
Perciò deve dirsi assurda e ridicola
la domanda geovista: “Dobbiamo pensare che Dio tormentasse Cristo in
un inferno di fuoco?”.
-
Il paragrafo seguente farà capire
meglio le cose.
- Discese agli “inferi”
-
Nel cosiddetto “Simbolo Atanasiano” i
veri cristiani fanno la seguente professione di fede: “Patì per la
nostra salvezza, discese agli ìnferi (ad inferos), il terzo giorno
risuscitò dai morti”.
-
Qual è il significato di questa antica
formula di fede?
-
a) Deve essere bandita, anzitutto,
qualsiasi idea che Cristo sia andato ad essere tormentato tra i
dannati. Anche se alcune traduzioni del simbolo rendono le parole
“ad inferos” con “all'inferno”, tutti sanno ed ammettono che qui
“inferno” non significa Geenna, ossia lo stato di pena dei peccatori
induriti, ma “soggiorno dei morti”.
-
Il significato delle parole del
Simbolo è che Cristo, dopo la sua morte, comunicò i benefici della
redenzione ai milioni di creature umane decedute prima che egli
offrisse la sua vita per la salvezza di tutti (cf. Marco 10, 45;
Matteo 20, 28; 1 Timoteo 2, 5-6). Oppure che egli, dopo la sua morte
e in virtù del suo valore redentivo, ha fatto conoscere la sua
signoria da ogni creatura (cf. 1 Pietro 3, 18-19; Filippesi 2, 10;
Apocalisse 1, 17-18).
-
E' perciò una grossa bestemmia dire
che “almeno per qualche tempo, Gesù sia stato nell'inferno”, come
hanno scritto i tdG , in piena contraddizione con la loro
affermazione che stiamo analizzando.
-
b) Il senso è che Cristo rimase nella
tomba, cioè nel regno dei morti (Ade), solo tre giorni a differenza
di Davide (cf. ivi verso 29); dopo di che in virtù della potenza
divina tornò in vita, risuscitò.
-
Cristo non poteva essere sotto il
potere di satana perché il principe del mondo, cioè il diavolo, dopo
la sua passione, non poteva avere alcun potere su di lui (cf.
Giovanni 14, 30). In rapporto all'inferno Cristo poteva avere solo
potere di giudizio e di condanna come un magistrato che, in base
alla sua autorità di giudicare e di condannare, può recarsi, se
vuole, anche nel luogo di pena, ma sempre in veste di giudice; mai
per essere trattato come un condannato.
-
-
5 - L'errore: “Genesi 37: 35 parla di
Giacobbe che faceva lutto credendo che l'amato figlio Giuseppe fosse
stato ucciso. La Bibbia dice. "(Giacobbe) si rifiutava di essere
confortato e diceva- 'Perché scenderò facendo lutto da mio figlio
nello Sceol'. Fermiamoci un attimo. Lo Sceol era luogo di tormento?
Giacobbe credeva forse che il figlio Giuseppe fosse finito in
un luogo del genere per l'eternità? Voleva raggiungerlo li? Non
pensava piuttosto che il figlio diletto fosse morto, nella tomba,
per cui voleva morire anche lui?” (p. 82).
-
La verità:
-
a) Fermiamoci un attimo: i veri
cristiani mai hanno detto che Giacobbe nel suo dolore pensasse a un
luogo di eterno tormento. Solo la fantasia settaria dei tdG può
indulgere in tali immaginazioni per oscurare la Verità di Dio.
-
Le parole di Giacobbe: “Voglio
scendere in lutto da mio figlio nella tomba (Sceol)”, equivalgono
alla nostra frase: “Voglio piangere mio figlio fino alla, mia morte,
voglio conservare il lutto per tutta la. vita”. Qui non c'entra
affatto qualsiasi riferimento all'inferno. Giacobbe pensava che
Giuseppe fosse finito nel ventre d'una belva!
-
b) Tutto il ragionamento sofisticato
dei geovisti si può esprimere nel modo seguente:
“Giacobbe non poteva pensare che lo Sceol fosse un
luogo di eterno tormento. Dunque l'inferno non esiste”. Il
presupposto di tutto il sofisma è l'insinuazione che Sceol potesse
significare “luogo di eterno tormento”.
Questo presupposto è falso'. Dunque tutto il ragionamento è falso e
inconcludente.
-
6 - L'errore:
-
“Sì, anche i buoni vanno nello Sceol.
Pensate per esempio a Giobbe, famoso per la sua integrità e fedeltà
a Dio. Poiché soffriva molto, chiese aiuto a Dio. La sua preghiera
si trova in Giobbe 14: 13: "Oh mi nascondessi tu nello Sceol, ... mi
stabilissi un limite di tempo e ti ricordassi di me!. Riflettete: se
lo Sceol fosse un infuocato luogo di tormento, Giobbe avrebbe
espresso il desiderio di andarvi e rimanervi finché Dio non si fosse
ricordato di lui? Chiaramente Giobbe voleva morire e andare nella
tomba per porre fine alle sue sofferenze” (p. 82).
-
La verità:
-
L'equivoco continua. Sì, ai tempi di
Giobbe non si aveva ancora l'idea dell'inferno. Nel Libro di Giobbe
Sceol ha il significato o i significati, di cui ci siamo occupati
nella Prima Parte, secondo il contesto. Nel testo citato (14, 13)
Sceol vuol dire “scendere nella tomba”, “morire” e finire di
soffrire. Questo Giobbe chiedeva a Dio. L'equivoco geovista consiste
nel dare alla parola Sceol un significato che non ha e che nessun
lettore attento della Bibbia ha mai dato alle parole di Giobbe (14,
13).
-
-
7 - L'errore: “In tutti i casi in cui
ricorre nella Bibbia, Sceol non è mai messo in relazione con vita,
attività e tormento. Al contrario, è spesso collegato con la morte e
l'inattività. Per esempio, Ecclesiaste 9: 10 dice: "Tutto ciò che la
tua mano trova di fare, fallo con la medesima potenza, poiché non
c'è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza nello Sceol, il
luogo al quale vai. La risposta è quindi molto chiara. Sceol e Ades
non indicano un luogo di tormento, ma la comune tomba del genere
umano (Salmo 139: 8). Nello Sceol vanno sia buoni che cattivi” (p.
83).
-
La verità:
-
a) Sì, la risposta è molto chiara: in
tutti i casi in cui ricorre nella Bibbia, Sceol non è mai messo in
relazione col tormento. E allora, perché tanto parlare di esso come
se fosse un luogo di tormento? “Servo malvagio, dalle tue stesse
parole ti giudico” (Luca 19, 22). Perché insinui che la parola
“inferno”, che in alcune Bibbie traduce Sceol, ha il significato di
“luogo di tormento”? Non sarebbe onesto dire chiaramente che in quei
casi la parola “inferno” non significa “luogo di tormento”? Non è un
inganno insinuare il contrario?
-
b) Dal fatto, comunque, che Sceol non
è messo in relazione con un luogo di tormento, non ne segue che non
vi sia un “inferno” come stato di pena. La Bibbia non comprende solo
gli scritti dell'Antico Testamento. Tante verità poco chiare o
sconosciute agli Ebrei sono state insegnate da Gesù e dagli Apostoli.
Tra queste il destino dei malvagi, come appare chiaro dal caso del
ricco cattivo (cf. Luca 16, 23). Gesù poi parlò espressamente della
Geenna, che nel linguaggio corrente è indicata con la parola
“inferno”. L'abbiamo spiegato diffusamente nella Prima Parte.
-
8 - L'errore:
-
“Dall'inferno" si può uscire.
-
Si può uscire dallo Sceol (Ades)?
Prendete il caso di Giona. Quando Dio lo fece inghiottire da un
grosso pesce per salvarlo dall'annegamento, Giona pregò dal ventre
del pesce: "Dalla mia angustia chiamai Geova, ed egli mi rispondeva.
Dal ventre dello Sceol ("inferno", versione cattolica di Douay)
invocai soccorso. Tu udisti la mia voce". - Giona 2: 2” (p. 83).
-
La verità:
-
a) Ancora equivoci, sempre, tanti
equivoci nella penna geovista. Per sventarli, ricordiamo il caso di
Giona con piena fedeltà alla Bibbia. Giona si venne a trovare nel
ventre del pesce, ossia in grande pericolo di morte, nella morsa
della morte, nelle grinfie della potenza della morte.
- Ora
- certamente ve ne ricordate - Sceol ha anche il significato di
morte (cf. pp. 7-8). Qui non c'entra affatto l'“inferno” come luogo
o stato di tormento!
-
In quelle tragiche
circostanze Giona si rivolse
al Signore perché lo liberasse dalla morte: “Quando mi sentivo venir
meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta
fino a te ...” (Giona 2, 8). Si trattava
dunque di pericolo di morte, non d'inferno come luogo d'eterno
tormento. Giona uscì da quel pericolo sano e salvo, non dallo Sceol
e tanto meno dall'inferno.
-
b) Per puntellare il loro contorto
ragionamento i tdG citano la versione cattolica detta di Douay, che
traduce Sceol con la parola hell (inferno): “I cried out of my
affliction to the Lord, and he heard me.
I cried out of the bell of hell, and
thou hast heard my voice” (Giona 2, 3).
-
Questa citazione non ha alcun valore
probativo. La Bibbia detta di Douay è stata tradotta nel 1609, ossia
378 anni fa. Allora, come del resto anche adesso, la parola hell
(inferno) poteva avere (e può avere), secondo il contesto, anche il
significato di morte o pericolo di morte. E' il terzo significato
della parola ebraica Sceol (cf. pp. 7-8). E' chiaro che in Giona 2,
3 hell (inferno) ha appunto questo significato.
-
A conferma vale il fatto che le
traduzioni odierne, eccetto qualche raro caso, traducono Giona 2, 3,
senza usare la parola hell. Perché i geovisti non citano queste
versioni più aggiornate nello stile?
-
-
9 - L'errore:
-
“Cosa voleva dire Giona con le parole
"dal ventre dello Sceol" ("inferno", Douay)? Certo il ventre di quel
pesce non era un infuocato luogo di tormento, ma sarebbe potuto
diventare la tomba di Giona. Infatti Gesù Cristo disse riguardo a sé:
“Come Giona fu nel ventre del grosso pesce tre giorni e tre notti,
così il Figlio dell'uomo sarà nel cuore della terra tre giorni e tre
notti”. - Matteo 12: 40” (pp. 83-84).
-
La verità:
-
a) Se il ventre dello Sceol non era un
infuocato luogo di tormento, ma solo una potenziale tomba di Giona,
il caso di Giona non prova che si possa uscire dall'“inferno”. Prova
solo che Dio può liberare da una morte incombente. Qui l'inferno
come stato di pena non c'entra affatto. Volercelo fare entrare
equivale a ingannare, pur sapendo di ingannare.
-
b) Il caso di Gesù è molto diverso da
quello di Giona. Gesù non venne fuori né dal ventre di un grosso
pesce né da un pericolo di morte e tanto meno da un “luogo di eterno
tormento”.
-
Gesù fa riferimento al caso di Giona
non perché vi sia identità tra lui e Giona, ma solo per spiegare,
mediante un'analogia, come egli dopo' tre giorni sarebbe certamente
risuscitato. Come Giona effettivamente dopo tre giorni era stato
liberato dal pericolo di morte, così egli dopo tre giorni sarebbe
effettivamente tornato da morte a vita.
-
-
10 - L'errore:
-
“Gesù rimase morto nella tomba per tre
giorni. Ma la Bibbia dice che "non fu abbandonato nell'Ades
("inferno", EP)... Questo Gesù ha Dio risuscitato" (Atti 2: 31, 32).
Similmente, per comando di Dio, Giona fu tirato fuori dallo Sceol,
cioè da quella che avrebbe potuto essere la sua tomba. Questo
accadde quando il pesce lo vomitò sull'asciutto. Sì, si può uscire
dallo Sceol! Infatti la rincuorante promessa contenuta in
Rivelazione (Apocalisse) 20: 13 è che 'la morte e l'Ades (I"'inferno",
EP) daranno i morti che sono in essi!'. Che differenza fra
l'insegnamento biblico circa la condizione dei morti e ciò che hanno
insegnato molte religioni!” (p. 84).
-
La verità:
-
a) Che differenza tra ciò che insegna
la Bibbia con molta chiarezza e la grande confusione degli
insegnamenti geovisti a danno sempre della gente ignorante!
-
Cominciamo col dire o col ripetere che
il caso di Gesù non è simile a quello di Giona. Gesù andò veramente
nel “regno dei morti” (Ades); Giona fu solo in pericolo di morte.
Anche se qualche Bibbia edita dalle EP traduce Atti 2, 31 usando la
parola “inferno”, non intende dire che Gesù sia andato nel ventre di
un grosso pesce o la luogo di eterno tormento. Non sarebbe stato
onesto fare questa precisazione? Né il caso di Giona, dunque, e
tanto meno quello di Gesù è una prova che si possa uscire dall'
“inferno”, come i tdG intendono dimostrare.
-
b) Ma a questo punto l'anonimo
redattore del libro geovista tenta di fare un'abile sterzata. Mentre
aveva iniziato dicendo: “Dall'inferno si può uscire”, ora conclude
dicendo: “Sì, si può uscire dallo Sceol!”. Dunque, ci si può
legittimamente domandare: non
era questione
dell'“inferno”, anche se qualche Bibbia usa la parola “inferno”!
Dunque il termine inferno, che si trova nella Bibbia edita dalle EP,
non significa “luogo di eterno tormento”!
-
c) Prendiamo atto, infine, della
consolante promessa dell'Apocalisse 20, 13 che “la morte e l'Ades
daranno i morti che sono in essi!”. Se queste parole, nella
spiegazione che danno i geovisti, significano che dallo Sceol si può
uscire, ne segue che con la morte l'uomo non torna in uno stato di
inesistenza come insegnano gli stessi geovisti. E' vero dunque il
contrario, e cioè che dopo la morte la vita dell'uomo continua come
insegna la Bibbia e come sempre ha insegnato la Chiesa Cattolica.
- Geenna e lago di fuoco
-
11 - L'errore:
-
“Ma qualcuno obietterà: 'La Bibbia
però parla di fuoco dell'inferno e del lago di fuoco. Non è una
prova che c'è un luogo di tormento?'. E' vero che alcune traduzioni
della Bibbia, come quella di Eusebio Tintori, parlano di "fuoco
dell'inferno" e dell'essere gettati "nell'inferno, al fuoco
inestinguibile" (Matteo 18: 9; Marco 9: 44, 45). In totale nelle
Scritture Greche Cristiane ci sono Il versetti in cui questa
versione cattolica usa "inferno" per tradurre la parola greca Geenna.
Mentre Ades non è altro che la tomba, la Geenna è davvero un
infuocato luogo di tormento?” (p. 85).
-
-
La verità:
-
a) La prima cosa da precisare è che
non solo la versione cattolica di Eusebio Tintori, ma molte altre
versioni anche non cattoliche traducono la parola greca Geenna con
“inferno”. La ragione è che nella lingua corrente (italiana, inglese,
francese ecc.) la parola “inferno” significa principalmente lo
“stato di pena dei dannati”, ed è usata abitualmente per tradurre
Geenna.
-
b) Va pure precisato che a parlare di
“essere gettati nel fuoco inestinguibile” non sono alcune traduzioni
della Bibbia, come quella cattolica di E. Tintori. Infatti, di
“fuoco che non si estingue” ne parla il testo biblico originale (cf.
Marco 9, 48). Forse ai geovisti interessa gettare un po' di acqua
sul fuoco ed insinuare che del “fuoco inestinguibile” parlano solo
le versioni cattoliche. Ma si tratta d'una astuzia puerile, che non
è difficile sventare.
-
-
12 - L'errore:
-
“E' chiaro che la parola ebraica "Sceol"
e la parola greca "Ades" indicano la tomba. Ma cos'è la Geenna?
Nelle Scritture Ebraiche la Geenna è "la valle di Innom". Come
ricorderete, Innom era il nome della valle appena fuori delle mura
di Gerusalemme dove gli israeliti sacrificavano i loro figli nel
fuoco. A suo tempo il buon re Giosia rese quella valle non idonea
per tale mostruoso rito (11 Re 23: 10). Fu trasformata in un immenso
carico di rifiuti” (p. 85).
-
La verità:
-
a) Come ricorderete, la parola ebraica
“Sceol” e la parola greca “Ades” non indicano principalmente la
tomba. li loro significato fondamentale è quello di “regione dei
morti”. Possono indicare tomba e anche morte (cf. pp. 3-12). La
indicazione geovista tende a minimizzare la verità biblica e negare
la sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte, come abbiamo
spiegato precedentemente (cf. pp. 8-9).
-
b) Monca e dimezzata è pure la nozione
che i geovisti danno della Geenna. Essi che si vantano di conoscere
la Bibbia meglio di tutti, hanno dimenticato in questo caso di
informare i loro lettori che la valle di Hinnòn, fin dai tempi di
Isaia, era divenuta simbolo del castigo divino per i ribelli negli
ultimi tempi:
-
“Uscendo, vedranno i cadaveri degli
uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non
morirà, il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per
tutti” (Isaia 66, 24).
-
E Geremia:
-
“Perciò verranno giorni - oracolo del
Signore - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn,
ma valle della Strage” (7, 32; cf. 19, 6).
-
-
13 - L'errore:
-
“Perciò ai giorni in cui Gesù era
sulla terra la Geenna era l'immondezzaio di Gerusalemme. Per
incenerire le immondizie vi si tenevano accesi fuochi con l'aggiunta
di zolfo. Un dizionario biblico (Smith's Dictionary of the Bible,
Volume 1) spiega: "Divenne il comune immondezzaio dove si gettavano
i corpi dei criminali e degli animali, ed ogni altra specie di
sudiciume". Non vi si gettava nessuna creatura vivente” (p. 86).
-
La verità:
-
a) Ai tempi di Gesù, la Geenna era
solo il simbolo della futura pena dei ribelli a Dio. Un dizionario
biblico, dopo aver ricordato il significato letterale della Geenna.
Scrive:
-
“Le minacce di giudizio pronunciate
contro questa valle esacrata (cf. Geremia 7, 32; 19, 6; Isaia 31,
91- Isaia 66, 24) hanno suggerito alla letteratura apocalittica, a
partire dal sec. Il a.C., di localizzare nella valle di Hinnom
l'inferno di fuoco, che si sarebbe dischiuso dopo il giudizio
finale. Ben presto il termine géhinnom passò a designare lo stesso
inferno di fuoco della fine dei tempi. Il
Nuovo Testamento rispecchia questo stadio di evoluzione semantica”.
-
b) In effetti, “Per il Nuovo
Testamento la ghéenna è una realtà pre-esistente (Mt. 25, 41), un
abisso infuocato (Mt. 13, 42.50). Essa è il luogo della punizione
definitiva, dopo l'ultimo giudizio, eterna nella sua durata (Mt. 25,
41.46; 23, 15.33) E' da distinguere quindi dall'ade, che accoglie le
anime dei defunti nel periodo che precede la risurrezione delle
anime”.
-
Non è quindi una località geografica,
a sud di Gerusalemme, come faziosamente vorrebbero far intendere i
geovisti. Non fu mai l'immondezzaio della città.
-
c) A sostegno della loro tesi i tdG
citano un dizionario biblico. E' da notare che the Smith's
Dictionary of the Bible è stato pubblicato a Boston nel 1889, circa
un secolo fa ed è ormai superato. Citandolo i tdG hanno il vantaggio
che tale dizionario è ormai fuori commercio e difficilmente può
essere consultato. Ma questa non è serietà!
-
-
14 - L'errore: “Conoscendo
l'immondezzaio della loro città, gli abitanti di Gerusalemme
capirono cosa voleva dire Gesù quando disse ai malvagi capi
religiosi: "Serpenti, progenie di vipere, come sfuggirete al
giudizio della Geenna?” (Matteo 23: 33).Chiaramente Gesù voleva dire
che quel capi religiosi sarebbero stati tormentati. Quando gli
israeliti bruciavano vivi i loro figli in quella valle, Dio disse
che non gli era mai venuto in mente di fare una cosa così terribile!
Perciò è chiaro che Gesù si servì della Geenna, come appropriato
simbolo di distruzione completa ed eterna. Voleva dire che quei
malvagi capì religiosi non meritavano la risurrezione. Gli
ascoltatori di Gesù erano in grado di capire che chi, come le
immondizie, finiva nella Geenna, sarebbe stato distrutto per sempre”
(p. 87).
-
La verità:
-
a) Gli abitanti di Gerusalemme
conoscevano la Bibbia assai meglio dei tdG. Essi sapevano che la
Geenna non era l'immondezzaio della loro città, ma solo simbolo
della pena dei ribelli a Dio negli ultimi tempi, secondo le chiare
profezie di Isaia (66, 24) e di Geremia (7, 32 19, 6). Una
pena eterna (Mt. 25, 41.46; 23, 15.33), non una distruzione.
-
b) Gesù minacciava questo castigo non
solo ai malvagi capi religiosi, ma a tanti altri (cf. Matteo 5,
20-22.29-30; 10, 28; 25, 31-46; Marco 9, 42-47; Luca 17, 1-2). I
maestri geovisti si limitano a menzionare solo i malvagi capi
religiosi, dimostrando ,così una assai scarsa conoscenza della
Bibbia. Ma questo comportamento prettamente settario, abituale nei
tdG, mira solo a denigrare i ministri delle religioni, specialmente
il clero cattolico.
-
c) Certamente Dio aveva condannato
l'immolazione di creature innocenti al dio Moloch nella valle della
Geenna. Ma che c'entra questo con la punizione dei ribelli? In
effetti, lo stesso Jahve ha castigato col fuoco gli abitanti di
Sodoma e Gomorra (cf. Genesi 19, 23-28), e “farà piovere sugli empi
brace, fuoco e zolfo; vento bruciante toccherà loro in sorte” (Salmo
11, 6; cf. Ezechiele 10, 2; 38, 22; 2 Pietro 3, 12 ecc.).
-
d) Com'è possibile che Gesù volesse
intendere che quei malvagi capi religiosi non meritavano la
risurrezione? Gesù ha esplicitamente affermato il contrario, ha
detto cioè che tutti, buoni e malvagi, dovranno risorgere (cf.
Giovanni 5, 28-29; Atti 24, 15; Apocalisse 20, 13). La risurrezione
non è meritata dagli uomini; è una disposizione di Dio. Sarebbe
comodo per i malvagi non risorgere! San Paolo dice proprio il
contrario, tirando le logiche conseguenze:
-
“Se i morti non risorgono, mangiamo e
beviamo, che domani morremo” (1 Corinzi 15, 32).
-
e) A parere dei geovisti quei malvagi
capi religiosi sarebbero stati tormentati mediante una distruzione
completa ed eterna. Com'è possibile essere tormentati, se si è
distrutti in modo completo? Chi non esiste più, non può essere
tormentato.
-
La Bibbia comunque non parla mai di
distruzione completa ed eterna. Parla sempre di rovina, perdita
eterna (cf. pp. 27-28).
-
-
15 - L'errore: “Cos'è allora "il lago
di fuoco" menzionato nel libro biblico di Rivelazione (Apocalisse)?
Ha un significato simile a quello della Geenna. Non indica un
tormento cosciente, ma la morte o distruzione eterna. E' la Bibbia
stessa a dirlo, in Rivelazione 20: 14: "E la morte e l'Ades ("l'inferno",
EP) furono scagliati nel lago di fuoco. Questo significa la seconda
morte, il lago di fuoco". Sì, il lago di fuoco significa "la seconda
morte", la morte da cui non c'è risurrezione. E' evidente che questo
"lago" è simbolico, perché vi sono gettati la morte e I'”inferno" (Ades).
La morte e I"'inferno" non possono essere bruciati in senso
letterale. Ma possono essere eliminati e distrutti, come infatti
avverrà” (p. 87).
-
La verità:
-
a) il “lago di fuoco” ha un
significato non simile, ma identico a quello della Geenna. Ora la
Bibbia dice che la Geenna non è uno stato di distruzione completa ed
eterna come abbiamo dimostrato, e non lo è neppure il “lago di fuoco”.
Ecco la testimonianza di un grande biblista:
-
“Nell'Apocalisse di solito il binomio
fuoco e zolfo indica la dannazione eterna (...). Per indicare
l'inferno, cioè la Geenna, oltre ad abisso, si usa l'immagine del
lago sulfureo di fuoco (cf. Apocalisse 14, 10; 19, 20; 20, 10.14;
21, 8 (...) ed è suggerita evidentemente dal ricordo del castigo dei
Sodomiti e della concezione del Mar Morto quale luogo di punizione
degli spiriti cattivi”.
-
b) Che cosa è dunque la “seconda morte?
Certo è detta seconda in relazione alla prima morte, cioè al
passaggio dalla vita terrena a quella d'oltretomba. Come dopo la
prima morte gli uomini non andavano distrutti, ma si radunavano
nell'Ade (o Sceol), non tornavano cioè alla inesistenza, ma
continuavano ad esistere, così dopo il giudizio finale di Dio,
coloro che non saranno trovati scritti nel libro della vita non
saranno distrutti, ma gettati nel lago di fuoco e di zolfo (Cf.
Apocalisse 20, 15). Questa è la seconda morte, che non è quindi uno
stato di distruzione, ma un modo nuovo di essere. Gettare (greco
ballein) non vuol dire distruggere.
-
c) Il fatto poi che “la Morte e l'Ade
sono scagliati nel lago di fuoco”, non annulla, anzi conferma la
tremenda verità della “seconda morte”. Come altre volte nel corso
dell'Apocalisse e anche in altri testi del N.T., Morte e Ades sono
personificazioni di potenze avverse (Cf. Apocalisse 6, 8; 1 Corinzi
15, 26. 55). Giovanni parla di loro come se fossero due persone e
può benissimo dire che “furono scagliati nel lago di fuoco”, senza
perciò stesso voler indicare una “distruzione completa ed eterna”.
Giovanni vuol dire che la Morte e l'Ade sono puniti come il diavolo
e come il falso profeta (Apoc. 20, 10) e non avranno più nessun
potere sull'uomo.
-
-
16 - L'errore:
-
“Ma la Bibbia dice che il Diavolo sarà
tormentato per sempre nel lago di fuoco', dirà qualcuno. (Rivelazione
20: 10). Cosa significa questo? Al tempo in cui Gesù era sulla
terra, i carcerieri erano a volte chiamati "torturatori". In una
delle sue illustrazioni, Gesù disse di un certo uomo: "E il padrone,
sdegnato, lo consegnò ai torturatori, fino a che non avesse pagato
tutto il debito". (Matteo 18: 34 EP). Quelli gettati "nel lago di
fuoco' subiscono la "seconda morte", dalla quale non c'è
resurrezione, per cui è come se fossero incarcerati per sempre nella
morte. Rimangono in essa come sotto custodia di carcerieri per tutta
l'eternità. Ovviamente i malvagi non possono essere tormentati in
senso letterale, perché, come abbiamo visto, una volta morta la
persona non esiste più. E' inconscia” (pp. 87-88).
-
La verità:
-
a) Notate subito l'astuta manovra
geovista. Dovevano spiegare che cosa significa che “il diavolo sarà
tormentato per sempre nel lago di fuoco”, ma preferiscono parlare di
quelli che subiscono la seconda morte, per cui è come se fossero
incarcerati per sempre.
-
b) Noi vorremmo sapere se il diavolo e
non altri, sarà tormentato per sempre nel lago di fuoco; se egli
appartiene ai torturatori o ai torturati; se per essere torturatori
o torturati, anche in senso non letterale, bisogna avere qualche
esistenza o essere distrutti in modo assoluto.
-
-
17 - L'errore:
-
“Il Ricco e Lazzaro. Cosa intendeva
allora Gesù quando in una delle sue illustrazioni disse: "Il
mendicante morì e fu portato dagli angeli nella posizione del seno
di Abraamo. Morì anche il ricco e fu sepolto. E nell'Ades alzò gli
occhi, esistendo egli nei tormenti, e molto lontano vide Abraamo e
Lazzaro nella posizione del seno con lui"? (Luca 15: 19-31). Poiché,
come abbiamo visto, l'Ades è la tomba del genere umano e non un
luogo di tormento, è chiaro che Gesù stava pronunciando
un'illustrazione, un racconto. Come ulteriore conferma che non si
tratta di episodio letterale, ma di una illustrazione, considerate
questo: si trova l'inferno letteralmente a portata di voce dal cielo,
tanto che si possa fare un'effettiva conversazione? Inoltre, se il
ricco era in un ardente lago letterale, come poteva Abraamo mandare
Lazzaro a rinfrescargli la lingua con una semplice goccia ,d'acqua
sulla punta del dito? Cosa voleva dunque illustrare Gesù?”.
-
La verità:
-
a) L'Ades era “il regno dei morti”. In
seguito, basandosi sulle profezie di Isaia e di Geremia, gli Ebrei
cominciarono a distinguere nell'Ades una sezione riservata ai
cattivi. Gesù accetta e conferma questa dottrina. Il ricco cattivo è
condannato a questa sezione dell'Ades, cioè all'inferno (cf. p. 12).
-
b) Certo si tratta d'una illustrazione
o, come si dice meglio, di una parabola. Le immagini e le parole non
vanno prese alla lettera, altrimenti dovremmo pensare che quando
Gesù, p.c., parla della Parola di Dio come di un seme, la Parola di
Dio, andrebbe cercata tra i solchi della terra (cf. Matteo 13,
3-23).
-
Tuttavia, con le immagini e le parole
delle parabole, sono insegnate realtà e verità oggettive, non
immaginarie. Il ricco cattivo, ossia coloro che in lui sono
rappresentati, incorrono in una situazione di reale sofferenza dopo
la morte, anche se non bisogna pensare a un fuoco letterale e a una
distanza tra cielo e terra misurabile in metri.
-
c) Le considerazioni fatte dai tdG
sono dunque contraddittorie e inconsistenti. Infatti, se si tratta
d'una illustrazione, che senso ha domandare se l'inferno si trova
letteralmente a portata di voce dal cielo? E che senso ha parlare di
lago letterale, di lingua, di goccia d'acqua? In simili banali
contraddizioni cadono spesso e volentieri i tdG e perciò si rendono
ridicoli! Non sanno quel che dicono!
-
-
18 - L'errore: “Il ricco
dell'illustrazione rappresentava gli arroganti capi religiosi che
respinsero Gesù e in seguito lo uccisero. Lazzaro raffigurava la
gente comune che accettò il Figlia di Dio. La morte del ricco e di
Lazzaro rappresentava il cambiamento nella loro condizione. Questo
cambiamento, ebbe luogo quando Gesù alimentò spiritualmente la
trascurata classe di persone rappresentata da Lazzaro, così che
questa ottenne il favore del più grande Abraamo, Geova Dio. Nello
stesso tempo i falsi capi religiosi 'morirono' in quanto all'avere
il favore di Dio. Essendo stati rigettati, subirono tormenti quando
i seguaci di Cristo ne smascherarono le opere empie (Atti 7: 51-57).
Quindi questa illustrazione non insegna che alcune persone morte
sono tormentate in un letterale inferno di fuoco”.
-
La verità:
-
a) Per capire che cosa voleva
insegnare Gesù bisogna tener conto del contesto, cosa che non fanno
i tdG. Nel cap. 16 di san Luca, di cui fa parte la parabola del
ricco cattivo e di Lazzaro, Gesù intende dare una lezione sull'uso,
buono o cattivo, del denaro, e sulle conseguenze eterne secondo il
giudizio di Dio, che conosce i cuori (verso 15).
-
Secondo questo contesto, il ricco
cattivo non rappresentava gli arroganti capi religiosi, ma le
persone attaccate disordinatamente al denaro, tra cui anche i
farisei (verso 14). Questi non erano tutti capi religiosi. Molti
erano gente comune. Anche ai geovisti piace molto il denaro.
-
b) Gesù parla del futuro giudizio di
Dio nei riguardi di chiunque faccia un uso egoistico del denaro.
Dopo la morte la situazione sarà capovolta:
-
il povero diventa felice, il ricco
cattivo avrà in sorte una sofferenza eterna. Non è dunque la classe
dei capi religiosi in quanto tale a cui Gesù si rivolge, ma la
classe dei ricchi egoisti. In quanto alla classe dei capi religiosi,
sappiamo che “un gran numero di sacerdoti aderì alla fede - (Atti 6,
7), mentre molta gente comune rifiutò di convertirsi al Vangelo (cfr.
Atti 23, 9).
-
c) La nostra spiegazione della
parabola del ricco cattivo e di Lazzaro, basata sulle norme più
elementari di una sana esegesi, mette a nudo la strumentalizzazione
che della Bibbia fanno i tdG, col solo scopo di gettare fango sui
ministri delle religioni, soprattutto sui sacerdoti cattolici.
- Seconda serie di errori
-
1 - L'errore:
-
I tdG sono del parere che i morti non
possono soffrire. Dopo la morte infatti “non sono consci di nulla”
(cf. Qoélet 9, 5). Inoltre nel giorno della morte “periscono i
pensieri dell'uomo” (cf. Salmo 146, 4).
-
La verità:
-
Nell'uno e nell'altro testo sfruttato
dai tdG non si parla assolutamente dell'inferno, se cioè l'uomo dopo
la morte possa o non possa soffrire. Il pensiero sia di Qoélet sia
del Salmista è che dopo la morte l'uomo in genere e in specie l'uomo
potente o prepotente non possono fare nulla di ciò che avviene in
questa vita.
-
2 - L'errore:
-
La Bibbia dice che anche i buoni vanno
all'inferno. Come prova i tdG citano il caso di Giobbe (14, 13) e
quello di Gesù (Atti 2, 25-27).
-
La verità:
-
Nell'uno e nell'altro testo non si
tratta dell'inferno propriamente detto o Geenna, anche se qualche
versione rende Giobbe 14, 13 e Atti 2, 25-27 con la parola inferno.
Sia in Giobbe che in Atti si parla di Sceol o Ade, che non è la
Geenna. Il significato è che Giobbe, nella sua sofferenza, vorrebbe
essere lontano, nascosto nello Sceol, per non essere colpito dal
dolore, “finché non passi la tua (= di Dio) ira” (Garofalo). Il
testo di Atti 2, 25-27 l'abbiamo già spiegato (cf. p. 38).
-
-
3 - L'errore:
-
I geovisti si domandano perché c'è
confusione su ciò che la Bibbia dice riguardo all'inferno. La colpa
sarebbe dei traduttori della falsa religione, che hanno usati i
termini delle lingue originali senza coerenza.
-
La verità:
-
Consigliamo le persone oneste, che
cercano la verità sinceramente, di esaminare i singoli termini (Sceol,
Ades, Geenna, Inferi, Inferno ecc.) usati dai traduttori e
accertarsi se essi corrispondono o mene ai termini originali, al
concetto cioè che i termini originali vogliono esprimere. Da questa
analisi onesta e oggettiva troverà che solo i tdG nella lore unica
traduzione della Bibbia e nell'uso che fanne di quei termini, hanno
creato e creano volutamente confusione per inoculare astutamente i
loro errori.
-
4 - L'errore:
-
A parere dei geovisti, non vi è
punizione eterna perché la Bibbia parla solo e sempre di
stroncamento, cioè distruzione assoluta dell'uomo dopo la morte.
Come prova, citano Matteo 25, 26; 2 Tessalonicesi 1, 9; Giuda 7.
-
La verità:
-
a) In Matteo 25, 46 il testo greco ha
kòlasis, che significa fondamentalmente diramatura, potatura, come
quando sono tagliati i rami di un albero; e significa anche
correzione, castigo, pena. Non è perciò questione di stroncare o
distruggere in senso assoluto, ma di privare qualcuno di qualcosa.
L'albero potato è privato dei rami, ma non è distrutto. Continua a
vivere. Su questa base linguistica, nessun traduttore rende kòlasis
con la parola stroncamento, ma con supplizio (Garofalo, CEI),
punizione (Luzzi; Interconfessionale), eccetto naturalmente i tdG e
i loro degni associati (p. e. l'Emphatic Diaglott).
-
b) Parimenti in 2 Tessalonicesi 1, 9
il termine originale greco è òlethros, imparentato con òllumi (=
rovinare). Perciò il significato basilare di òlethros è rovina e
vuol dire che coloro i quali si sono rifiutati di obbedire al
Vangelo, saranno puniti con una rovina eterna .
-
c) In Giuda 7 si legge che “Sodoma e
Gomorra e le città vicine (... ). stanno là come esempio, subendo il
castigo di un fuoco eterno” (Garofalo).
-
Il senso è che quelle città rase al
suolo per sempre assieme ai loro abitanti erano un monito perenne e
un esempio della punizione che Dio poteva infliggere ai peccatori
del tempo in cui Giuda scriveva. Identico significato in Luca 17,
29.
-
Non possiamo, comunque, escludere che
Giuda, autore ispirato, poteva avere in mente qualche altro castigo
al di là del fatto storico e della morte perché poco prima (verso 6)
aveva illustrato il suo pensiero con un altro esempio, quello degli
angeli che non hanno mantenuto la loro dignità e perciò furono messi
sotto custodia nel regno delle tenebre, avvinti in catene eterne.
-
-
5 - L'errore:
-
Per i malvagi non esisterebbe una
punizione eterna perché “il salario che il peccato paga è la morte”
(Romani 6, 23), e anche perché “colui che è morto è stato assolto
dal suo peccato” (Romani 6, 7).
-
La verità:
-
a) La morte di cui parla Paolo (Rom.
6, 23), non è la distruzione o stroncamento eterno. E' la morte
spirituale, la inimicizia con Dio, la rovina dell'uomo che pecca, in
contrapposizione alla vita nuova o prima resurrezione, che è data
all'uomo che ubbidisce al Vangelo (cfr. Apocalisse 20, 5). Questa
morte spirituale ha come conseguenza la esclusione dal Regno di Dio.
-
b) Parimenti in Romani 6, 7 l'apostolo
non parla di morte fisica, ossia della fine della vita terrena. Il
suo pensiero è che col battesimo “siamo diventati un essere solo con
Cristo nella somiglianza della sua morte” (Romani 6, 5). In altre
parole, il battesimo ci fa morire al peccato, ci affranca o ci
assolve dai peccati commessi fino ad allora. Ma la vita fisica
continua con la possibilità di peccare ancora. Tant'è vero che san
Paolo poco dopo esorta i battezzati a non peccare più: “Il peccato,
dunque, non regni più nel vostro corpo mortale” (Romani 6, 12).
-
Se fosse vera la spiegazione dei tdG,
ne seguirebbe che al punto di morte il giusto si troverebbe nelle
stesse condizioni del peccatore; il discepolo fedele di Gesù Cristo,
al punto di morte, non avrebbe nessun vantaggio riguardo al
criminale, perché la morte libera, assolve dal peccato. La
spiegazione geovista è aberrante!
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