¤  MONDO PICCINO  ¤

Vecchi e nuovi continenti

INTRODUZIONE

07/11/2010

Di F. Allegri

Ecco il pezzo di Lester Brown che ho citato tante volte e che è stato curato da Amy Heinzerling.

La notizia è il piccolo crollo mondiale delle emissioni di CO2 che deriva dal grande crollo delle emissioni in occidente e dalla quasi uguale crescita nel mondo in via di sviluppo.

Nel pezzo si tende a minimizzare la novità inattesa, io aspetterò con ansia i dati del 2010 e gli effetti della grande crisi che si avvicina.

LE EMISSIONI GLOBALI DI BIOSSIDO DI CARBONIO CADONO NEL 2009

Il decennio passato vede sempre la rapida crescita delle emissioni

www.earthpolicy.org/index.php?/indicators/

Di Amy Heinzerling

20 luglio 2010

Nel 2009, le emissioni di biossido di carbonio (CO2) in Cina – il principale emittente del mondo – sono cresciute di quasi il 9 per cento.

Allo stesso tempo, le emissioni nelle nazioni più industriali sono cadute, portando giù le emissioni globali di CO2 derivate dall’uso del carburante fossile dal record di t 8,5 miliardi di carbonio nel 2008 a t 8,4 nel 2009.

Tale caduta segue un decennio di crescita rapida: nei 10 anni precedenti, le emissioni globali di CO2 sono salite di un 2,5% medio annuo – quasi 4 volte di più degli anni novanta.

Le temperature in aumento e lo scioglimento della calotta di ghiaccio risultante con la crescita dei livelli del mare mostrano gli effetti distruttivi dell’accumulare carbonio nell’atmosfera.

Le emissioni in molti paesi ricchi sono cadute tra 2008 e 2009 a causa della recessione globale.

Negli Stati Uniti, le emissioni di CO2 sono diminuite di quasi il 10% dal 2007 al 2009, da un record di 1,58 miliardi di tonnellate di carbonio a t 1,43, il livello più basso dal 1995.

Le emissioni dal petrolio, che è largamente usato per il trasporto, sono cadute di quasi l’11%, mentre quelle da carbone, che è bruciato per produrre elettricità, sono cadute di oltre il 13%.

Le emissioni di CO2 del Regno Unito sono cadute di oltre il 10% dal 2007 al 2009. Le emissioni tedesche sono cadute del 8%, e quelle francesi sono cadute del 5%. Il Giappone ha visto declinare le sue emissioni di quasi il 12% nel periodo dei due anni.

Nello stesso tempo, le emissioni di CO2 nei paesi più popolosi del mondo, Cina e India, hanno continuato a crescere rapidamente.

Le emissioni cinesi sono a t 1,86 miliardi nel 2009, ovvero quasi ¼ delle emissioni derivate dal bruciare carburante fossile. Con una crescita media annuale delle emissioni del 8% nel decennio passato, la Cina ha superato gli Stati Uniti nel 2007 come la principale emittente di CO2 del mondo.

Le emissioni dell’India sono cresciute di quasi il 5% all’anno nel decennio passato; il paese superò la Russia nel 2007 per divenire la 3° più grande emittente del mondo. Ancora, le emissioni a persona nelle economie in via di sviluppo restano molto sotto rispetto alla gran parte del mondo industrializzato.

La piccola nazione del Qatar si classifica prima per emissioni pro capite, a t 11,5 di carbonio a persona nel 2009, seguita da molte altre nazioni ricche di petrolio.

L’Australia, gli Stati Uniti e il Canada guidano le maggiori nazioni industriali, emettendo 4-5 tonnellate di carbonio a persona nel 2009.

Le emissioni pro capite in queste nazioni sono tre volte quelle in Cina e quasi quattro volte la media mondiale.

Allo stesso tempo, molte nazioni europee, come il Regno Unito, la Germania e la Francia hanno standard di vita comparabili agli Stati Uniti, ma emettono soltanto la metà del biossido di carbonio a persona.

I totali delle emissioni per i vari paesi includono tutti i carburanti fossili bruciati nei loro confini.

Per giganti manifatturieri come la Cina, questo significa che le loro emissioni totali includono quelle risultanti dalla produzione di merce destinata alle altre nazioni.

Uno studio recente dei ricercatori della Stanford University ha mostrato che il 22% delle emissioni cinesi derivano dalla produzione di merce per l’esportazione. Lo studio dimostra pure che la manifattura di merce importata dagli USA era responsabile per t 190 milioni di emissioni di carbonio all’anno.

Se le emissioni totali fossero aggiustate aggiungendo le esportazioni cinesi e le altre importazioni in USA, essi sarebbero ancora la principale emittente al mondo. L’uso di carburante fossile è la prima causa delle emissioni del CO2, ma pure i nuovi usi della terra, come la deforestazione per l’ agricoltura emettono un ammontare sostanziale di CO2.

Nel 2008, l’anno più recente per il quale abbiamo dati, le emissioni derivate dal cambio d’uso della terra erano stimate a t 1,2 miliardi di carbonio. Gran parte di tali emissioni venivano dalla deforestazione ai tropici, Indonesia e Brasile da soli rappresentano oltre il 60% di emissioni da cambio d’uso della terra.

Più della età del biossido di carbonio emesso ogni anno è assorbito da oceani, suoli e alberi.

Il ritmo rapido con il quale il biossido di carbonio è riversato nell’atmosfera sommerge questi sistemi naturali ponendo una minaccia particolare agli ecosistemi dell’oceano.

I grandi ammontari di CO2 dissolti alterano la chimica dell’oceano, rendendo l’acqua di mare più acida e ciò rende più difficile per gli organismi (come i coralli del reef o i molluschi) la formazione dei loro scheletri o gusci.

Gli oceani del mondo sono ora più acidi di quanto lo siano stati in ogni tempo nei 20 milioni di anni passati. Gli esperti hanno stimato che se le emissioni di CO2 continuano a crescere nella loro traiettoria a lungo termine, gli scogli corallini del mondo s'estingueranno entro il 2050.

Una ricerca recente ha indicato che la capacità degli oceani di assorbire biossido di carbonio potrebbe essere incapace a farlo con il livello crescente delle emissioni. La capacità di assorbimento del CO2 dell’Oceano del Sud che circonda l’Antartico, e di quello del Nord Atlantico è diminuita nei decenni recenti. Il biossido di carbonio che non è assorbito da questi scarichi naturali resta nell’atmosfera, dove intrappola il calore.

Il livello di biossido di carbonio nell’atmosfera, che si è mantenuto tra le 260 e 285 parti per milione (ppm) dall’inizio dell’agricoltura fino alla Rivoluzione Industriale, è cresciuto con rapidità negli ultimi 2 secoli e mezzo fino ad oltre i 387 ppm di oggi.

L’ultima volta che i livelli di carbonio furono così alti fu circa 15 milioni di anni fa, quando il livello del mare era 25-40 metri (80-130 feet) più alto e le temperature globali erano 3-6 gradi Celsius (5-11 gradi Fahrenheit) più calde.

L’incremento del CO2 nell’atmosfera ha portato alla crescita rapida della temperatura globale: ogni decennio nello scorso mezzo secolo è stato più caldo del precedente. Le risposte a tali aumenti di temperature sono state documentate nella fusione di ghiacciai e della calotta polari, nel cambiamento dei modelli climatici e della cadenza di eventi stagionali.

Mentre la gran parte della caduta delle emissioni globali del 2009 era dovuta al declino dell’uso del carburante fossile associato alla recessione, l’anno passato ha visto anche una forte crescita dell’uso dell’energia rinnovabile.

Soltanto la capacità eolica istallata è cresciuta di oltre il 30 per cento nel mondo.

Negli Stati Uniti, dove l’uso di carbone è caduto di oltre il 13 per cento dal 2007 al 2009, oltre 200 nuovi centrali eoliche sono entrate in funzione durante lo stesso periodo, aggiungendo oltre 18.000 megawatt di capacità.

Con centinaia di miliardi di dollari in fondi di stimolo stanziati per l’energia pulita e per progetti di efficienza energetica nel mondo, questa crescita continuerà anche quest’anno.

Tuttavia, l’evidenza dimostra che un’azione più sostanziale e veloce è necessaria.

The Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un organismo internazionale di oltre 2.500 scienziati, ha modellato molti scenari per la crescita possibile delle emissioni nel decennio a venire.

La crescità presunta della temperatura progettata varia in questi scenari da 1,1 a 6,4 gradi Celsius (2-11 gradi Fahrenheit) entro la fine del secolo corrente.

Persino con la caduta recente, le emissioni di biossido di carbonio continuano a realizzare alcuni dei casi peggiori degli scenari IPCC.

Un crescente numero di scienziati concorda che il CO2 atmosferica deve essere stabilizzato a 350 ppm o meno, al fine di raggiungere tale scopo, un cambiamento fondamentale nella rotta è necessario – e velocemente.

La domanda che s’impone allora è se la comunità internazionale può stimolare le emissioni di biossido di carbonio verso il trend di un calo rapido separano la crescita economica dalle emissioni del carburante fossile.

Altrimenti si pensa che le emissioni cresceranno ancora quando l’economia si riavrà, e danneggerà ancora i sistemi naturali della terra.

Solo passando a una nuova economia energetica (che s’affida a fonti libere dal carbone come il vento, il solare e il geotermico al posto dei carburanti fossili nemici del clima) eviteremo gli effetti peggiori del cambiamento climatico.

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Dati ulteriori e fonti di informazione su www.earthpolicy.org

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Reah Janise Kauffman

Contatto per la ricerca:

Amy Heinzerling

Earth Policy Institute

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Washington, DC 20036

www.earthpolicy.org

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Tradotto da F. Allegri il 23/11/2010

GLOBAL CARBON DIOXIDE EMISSIONS FALL IN 2009

Past Decade Still Sees Rapid Emissions Growth

www.earthpolicy.org/index.php?/indicators/

By Amy Heinzerling

July 20, 2010

In 2009, carbon dioxide (CO2) emissions in China - the world's leading emitter - grew by nearly 9 percent.

At the same time, emissions in most industrial countries dropped, bringing global CO2 emissions from fossil fuel use down from a high of 8.5 billion tons of carbon in 2008 to 8.4 billion tons in 2009.

Yet this drop follows a decade of rapid growth: over the 10 previous years, global CO2 emissions rose by an average of 2.5 percent a year - nearly four times as fast as in the 1990s.

Increasing temperatures and the resulting melting ice sheets and rising sea levels demonstrate the destructive effects of the carbon accumulating in the atmosphere.

Emissions in many wealthier countries fell in 2008 and 2009 as the global recession took hold.

In the United States, CO2 emissions shrank by nearly 10 percent from 2007 to 2009, from a high of 1.58 billion tons of carbon to 1.43 billion tons, the lowest level since 1995.

Emissions from oil, which is largely used for transportation, declined by nearly 11 percent, while those from coal, which is mainly burned to generate electricity, fell by over 13 percent.

The United Kingdom's CO2 emissions fell by over 10 percent from 2007 to 2009. German emissions dropped by 8 percent, and French emissions dropped by 5 percent. Japan saw its emissions decline nearly 12 percent over the two-year period.

At the same time, CO2 emissions in the world's most populous countries, China and India, continued to grow rapidly.

China's emissions rose to 1.86 billion tons of carbon in 2009, representing nearly a quarter of global emissions from fossil fuel burning. With average annual emissions growth of 8 percent over the past decade, China overtook the United States in 2007 as the world's leading CO2 emitter.

India's emissions grew by close to 5 percent a year over the past decade; the country passed Russia in 2007 to become the world's third largest emitter. Still, emissions per person in developing economies remain far below those of most of the industrial world.

The tiny nation of Qatar ranks highest in per capita emissions, at 11.5 tons of carbon per person in 2009, followed by several other oil-rich countries.

Australia, the United States, and Canada lead the major industrial countries, emitting 4-5 tons of carbon per person in 2009.

Per capita emissions in these countries are three times those in China and nearly four times the world average.

At the same time, many European countries, such as the United Kingdom, Germany, and France, have comparable standards of living to the United States but emit only half as much carbon dioxide per person.

Emissions totals for individual countries include all fossil fuels burned within their borders.

For manufacturing giants like China, this means that their total emissions include those resulting from the production of goods destined for other countries.

A recent study by researchers at Stanford University found that 22 percent of Chinese emissions resulted from the production of goods for export. The study also found that the manufacture of goods imported by the United States was responsible for 190 million tons of carbon emissions per year.

If emissions totals were adjusted to account for Chinese exports and U.S. imports, the United States would again be the world's leading emitter. While fossil fuel use is responsible for the majority of carbon dioxide emissions, changes in land use, such as clearing forests for cropland, also emit a substantial amount of CO2.

In 2008, the most recent year for which data are available, global emissions from land use change were estimated at 1.2 billion tons of carbon. The vast majority of these emissions were from deforestation in the tropics; Indonesia and Brazil alone represent over 60 percent of land use change emissions.

More than half of the carbon dioxide emitted annually is absorbed by oceans, soils, and trees.

The rapid rate at which carbon dioxide is pouring into the atmosphere is overwhelming these natural systems, posing a particular threat to ocean ecosystems.

The large amounts of dissolved CO2 alter ocean chemistry, making seawater more acidic, which makes it more difficult for organisms such as reef-building corals or shellfish to form their skeletons or shells.

The world's oceans are now more acidic than they have been at any time in the past 20 million years. Experts have estimated that if CO2 emissions continue to rise on their long-term trajectory, coral reefs around the world may be dying off by 2050.

Recent research has also indicated that the oceans' capacity to absorb carbon dioxide may be unable to keep up with the rising level of emissions. The CO2-absorption ability of both the Southern Ocean, which surrounds Antarctica, and the North Atlantic Ocean has decreased in recent decades. The carbon dioxide that is not absorbed by these natural sinks remains in the atmosphere, where it traps heat.

The level of carbon dioxide in the atmosphere, which stood between 260 and 285 parts per million (ppm) from the beginning of agriculture until the Industrial Revolution, has risen rapidly in the last two-and-a-half centuries, to over 387 ppm today.

The last time carbon dioxide levels were this high was roughly 15 million years ago, when sea level was 25-40 meters (80-130 feet) higher and global temperatures were 3-6 degrees Celsius (5-11 degrees Fahrenheit) warmer.

The increase in atmospheric CO2 has driven a rapid rise in global temperature: each decade over the past half-century has been hotter than the last. Responses to these rising temperatures have already been documented in melting glaciers and ice sheets, shifting weather patterns, and changes in the timing of seasonal events.

While much of the global emissions drop in 2009 was due to declining fossil fuel use associated with the recession, the past year also saw strong growth in the use of renewable energy.

Installed wind capacity alone grew by over 30 percent worldwide.

In the United States, where coal use dropped by more than 13 percent from 2007 to 2009, over 200 new wind farms came online during the same period, adding more than 18,000 megawatts of capacity.

With hundreds of billions of dollars in stimulus funds allocated for clean energy and energy efficiency projects worldwide, this growth will continue in the years ahead.

However, evidence is mounting that faster, more substantial action is needed.

The Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), an international body of over 2,500 scientists, has modeled a number of scenarios for possible emissions growth in the coming decades.

The likely rise in temperature projected in these scenarios ranges from 1.1 to 6.4 degrees Celsius (2-11 degrees Fahrenheit) by the end of the century.

Even with the recent drop, carbon dioxide emissions continue to track some of the worst-case IPCC scenarios.

Increasing numbers of scientists agree that atmospheric CO2 must be stabilized at 350 ppm or less; in order to achieve this goal, a fundamental shift in course is needed - and quickly.

The question going forward, then, is whether the international community can move carbon dioxide emissions onto a rapid downward trend by decoupling economic growth from fossil fuel emissions.

Otherwise, it is likely that emissions will rise again as the global economy recovers, further destabilizing the earth's natural systems.

Only by shifting to a new energy economy, one that relies on carbon-free sources of energy such as wind, solar, and geothermal instead of climate-threatening fossil fuels, can we avoid the worst effects of climate change.

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Additional data and information sources at www.earthpolicy.org

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