Introduzione alla Vita Cristiana Ciclica

 

 

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Coscienza

Premessa

La conoscenza, l’insegnamento pratico, l’esempio delle azioni e dei comportamenti di quelli preposti formano ed educano le coscienze, incidendo su di esse in modo decisivo, come abbiamo  già detto nella sezione precedente. Questo è altrettanto vero con l’insegnamento e con l’esempio negativo. Il vero insegnamento, quello derivante dalla Parola Spirito e vita, libera anche dai condizionamenti e dalle influenze che possono derivare da vecchie errate credenze e falsi insegnamenti.

L’educazione delle coscienze presuppone una gran disponibilità interiore delle persone che vi si sottopongono. Esse devono essere aperte e disponibili a vivere ed applicare l’insegnamento ricevuto nella propria vita, oltre ad avere quell’apertura mentale necessaria a ricevere e ritenere per fede quanto viene trasmesso, altrimenti accade quello che successe agli Ebrei: “La parola udita non giovò loro nulla, non essendo stata assimilata per fede da quelli che l’avevano udita.” (Eb:4:2).

Insegnamento pratico sperimentale

Per educare le coscienze è necessario anche un buon insegnante, e questo perché non basta un insegnamento teorico, occorre quello pratico- sperimentale, dettato soprattutto dall’esempio e dalla coerenza nel comportamento. Gesù insegnava quando parlava, ma insegnava anche quando agiva e quando si muoveva. Paolo aggiunge: “Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo” (1°Cor.11:1). Un buon insegnate cristiano deve poter dire e fare le stesse cose - con coerenza - per potere incidere nelle coscienze: serve armonia fra il dire ed il fare.

Un altro elemento importante è il carattere spirituale dell’insegnante. Non deve esercitare un insegnamento rivolto ad argomentazioni varie, ma applicate alla persona, non sulle conoscenze intellettuali, ma su quelle interiori e spirituali. L’insegnante deve mirare alla formazione della persona, farla crescere, maturare nell’uomo interiore. L’insegnamento deve badare all’essere ed al divenire, non al fare; i risultati devono solo essere consequenziali, e non dovuti ad un insegnamento del tipo comportamentale. Oggi è carente proprio questo tipo di insegnamento perché sono pochi gli insegnanti di vita e di spiritualità cristiana, ed è per questo motivo che vi è povertà spirituale nella chiesa: tali figure di insegnanti necessitano elementi di un certo spessore spirituale e di una certa esperienza.

Una personalità spiritualmente formata

Una coscienza ed una personalità spirituale formata sarà in grado di affrontare senza vacillare le vicissitudini della vita e le condizioni di estrema difficoltà. Le personalità, una volta formate, non hanno bisogno di supporti, d’incoraggiamenti e di pacche sulle spalle per andare avanti. Esse hanno carattere e la forza per affrontare e sopportare, perché viene loro dall’interno dove sono stati formati, educati e forgiati per affrontare le lotte non con le armi carnali, ma con quelle spirituali: “Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a distrugger le fortezze;” (2°Cor.10:3-4). Questa determinazione ad affrontare il servizio cristiano come una lotta, un combattimento da vincere, viene da coscienze decise che non vacillano, e che sono stabili e ben fondate. Più è profondo il lavoro di formazione interiore, più solida e stabile sarà la coscienza nel comportamento e nelle decisioni da tenere.

Come possono venire fuori uomini come Mosè, Elia, Davide?

Spesso questo periodo di formazione potrà essere lungo, faticoso, a volte incomprensibile, persistente e tenace, ma solo così possono venire fuori uomini come Mosè, Elia, Davide, Daniele ecc. Prima che Gesù mandasse lo Spirito Santo sui discepoli, per tre anni e mezzo, giorno e notte è stato con loro a “Fare ed insegnare, fino al giorno che è stato assunto in cielo” (At.1:1), instancabilmente, ha operato educato e formato le loro coscienze, per imprimere in loro il riconoscimento che li avrebbe distinti come suoi servitori. Il suo insegnamento non è stato solo un segno d’appartenenza che ha loro impresso, ma anche un segno di riconoscimento che erano stati con Lui, il Rabbì Gesù. “Ma essi veduta la franchezza di Pietro e di Giovanni, e avendo capito che erano popolani senza istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù.” (At.4:13): questo era il segno che aveva lasciato in loro.

L’insegnamento del tipo formativo

Abbiamo parlato dell’insegnante, ora diciamo qualcosa sull’insegnamento riguardante la coscienza.

L’insegnamento deve essere del tipo formativo e non informativo. Questo non è praticato nelle chiese di oggi, le quali sono più inclini a formulare credi, dottrine e nozioni che nulla attengono alla formazione di un carattere cristiano, di un temperamento spirituale e di una coscienza pura. L’insegnamento informativo è una conoscenza fredda e teorica, che niente ottiene a livello interiore e serve solo a riempire la testa di nuove informazioni e conoscenze di natura biblica. L’insegnamento di cui si ha bisogno è un insegnamento che formi cristiani adulti e maturi, che abbia un senso pratico e mirato, e che non insegni solo a parole vuote, non sperimentate e che non sono frutto di un vissuto, fatto di sofferenza e di esperienze proprie, sperimentate su sé stesso. Manca proprio nel cristianesimo di oggi una cultura di questo tipo.

Testimonianza diretta

Le cose che i discepoli dovevano insegnare, oltre all’annunzio della Buona Novella, erano quelle che essi avevano esperimentato per tre anni e mezzo con Gesù. Per questo i primi testimoni furono testimoni diretti. At.1:21-22 dice infatti: “Bisogna dunque che fra gli uomini che sono stati in nostra compagnia, tutto il tempo che il Signor Gesù è andato e venuto fra noi a cominciare dal battesimo di Giovanni, fino al giorno ch’Egli, tolto da noi, è stato assunto in cielo, uno sia fatto testimone con noi della resurrezione di Lui.” Dovevano essere testimoni diretti e fu quello che essi fecero: “Poiché, quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo vedute ed udite”(At.4:20).

Insegnare ad osservare

L’evangelizzazione di massa si fa oggi con ogni mezzo ed a volte è anche assillante e invadente, ma è indispensabile insegnare di osservare tutte le cose che Gesù ha detto e comandato ai discepoli (Mat.28:20). Si potrà avere un risultato anche quantitativo, nel solo annunzio del Vangelo, ma non qualitativo. I discepoli formati e maturi, che conoscono Cristo intimamente, profondamente, pronti a perdere la propria identità per avere quella di Cristo, dove sono?

La crescita, lo sviluppo e la maturità che deriva da una coscienza matura e ben formata sono assenti.

Diciamo spesso: A che serve mettere al mondo tanti bambini africani quando non si possono nutrire, curare ed istruire perché diventino poi uomini adulti, capaci e maturi? Questo non vale anche per noi?

La cura delle anime è tanto importante quanto l’evangelizzare; sarebbe un controsenso mettere al mondo un figlio per affidarlo ad altri perché lo nutrano e si prendano cura di lui nella prima infanzia. È meglio dedicarsi con più attenzione e peculiarità al lavoro d’insegnamento dopo l’evangelizzazione, che seminare nuovi campi e trascurare quello che abbiamo appena lavorato.

Il grande mandato comprende un duplice lavoro

Il gran mandato comprende entrambi i lavori (evangelizzare ed formare), e non si è autorizzati a sdoppiarli. Non possiamo portare ogni singolo credente dalla nascita alla maturità, ma possiamo prendercene cura finché siano in grado di nutrirsi, di provvedersi il cibo e di formarsi una buona coscienza la cui formazione è molto legata all’infanzia spirituale. Filippo non lasciò Samaria immediatamente dopo la proclamazione del Vangelo, ma vi rimase alquanto tempo, anche dopo che vennero gli apostoli da Gerusalemme e che ricevettero lo Spirito Santo.

Paolo non lasciava mai soli i discepoli dopo averli evangelizzati, a volte rimaneva mesi con loro, forse anni prima di cominciare a lavorare in un altro campo, a volte organizzava anche qualche scuola per insegnare ai discepoli.

Conclusione

Quanto detto finora è per affermare che l’insegnamento era praticato e tenuto in seria considerazione, e non era un semplice seminare e basta. Si deve dare tempo alla Parola di far presa nei cuori, si devono creare nel neo convertito le fondamenta per costruire la propria vita spirituale, e le fondamenta sono una coscienza spirituale. Senza questa base non si è in grado di condurre avanti un percorso cristiano stabile e duraturo. Il neo convertito è in serio pericolo e può essere facile preda del nemico e di falsi insegnanti che possono danneggiarlo seriamente: è come un bambino indifeso.

L’insegnamento di base è obbligatorio, il resto è facoltativo, anche nella società d’oggi: non a caso l’educazione prende buona parte della fanciullezza e dell’adolescenza, che sono le  età in cui se ne ha più bisogno, le età più redditizie ai fini dell’apprendimento, anche se non si finisce di apprendere per tutta la vita. È il periodo in cui si gettano veramente le basi di una vita spirituale futura. Naturalmente, un neo convertito è da ritenersi un bambino in Cristo e la sua fanciullezza ed adolescenza sono le fasi immediatamente successive che lo portano verso la crescita.

TEMA della sezione COSCIENZA: purificazione interiore, formazione del cristiano, funzione della coscienza