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E' il 19 settembre ed inizio questa difficile annata politica con questa traduzione dove Lester R. Brown ci dice che si può cambiare il mondo e come!
“NON DICIAMO CHE NON SI PUO’ FARE” www.earth-policy.org/book_bytes/2011 Di Lester R. Brown Earth Policy Release World on the Edge Book Byte 19 Aprile 2011 Ci occorre un’economia per il ventunesimo secolo, una che sia in sincronia con la terra e i suoi sistemi di supporto naturali, non una che li distrugga. L’economia dello spreco, centrata sull’auto, basata sul carburante fossile che evolse nelle società industriali occidentali non è più da tempo un modello fattibile – non lo è per i paesi che lo fecero o per quelli che gli emulano. In breve, dobbiamo costruire una nuova economia, una sostenuta da fonti di energia libere dal carbone – vento, solare e geotermico – una che abbia sistemi di trasporto diversificati e che riusi e ricicli tutto. Si può cambiare corso e passare a un patto di progresso sostenibile, ma ciò chiede una forte mobilitazione – veloce come nelle guerre. Quando mi sento sommerso dall’urgenza e dal peso e dei cambiamenti che dobbiamo fare, io rileggo la storia economica del coinvolgimento USA nella 2° Guerra Mondiale perché è come uno studio ispirante di rapida mobilitazione. Inizialmente gli Stati Uniti resistettero al coinvolgimento nella guerra e risposero solo dopo che fu attaccato direttamente a Pearl Harbor. Ma la risposta ci fu. Dopo un impegno tutto esterno, il coinvolgimento USA aiutò a girare le sorti della guerra, guidano le Allied Forces alla vittoria entro tre anni e mezzo. Nel discorso sullo State of Union del 06/01/1942, un mese dopo Pearl Harbor, il Presidente Franklin D. Roosevelt annunciò gli obiettivi di produzione di armi del paese. Gli Stati Uniti, disse lui, hanno pianificato di produrre 45.000 carri, 60.000 aeroplani e varie migliaia di navi. Aggiunse: “Nessuno dica che non può essere fatto”. Nessuno aveva mai visto i numeri di una tale produzione di armi. Lo scetticismo pubblico abbondò: Ma Roosevelt e i suoi colleghi capirono che la più grande concentrazione del mondo del potere industriale era nell’industria dell’auto USA. Pure durante la Depressione, gli USA avevano prodotto oltre 3 milioni di auto all’anno. Dopo il suo discorso, Roosevelt incontrò i capi dell’industria dell’auto, indicando che il paese avrebbe contato molto su di loro per raggiungere questi obiettivi di produzione di armi. All’inizio pensavano di continuare a fare auto e aggiunsero solo la produzione di armi. Ciò che non sapevano ancora era che la vendita di auto nuove sarebbe stata proibita presto. Dall’inizio del Febbraio 1942 fino alla fine del 1944, quasi 3 anni, essenzialmente nessuna auto fu prodotta negli Stati Uniti. In aggiunta al divieto di vendere auto nuove, la costruzione residenziale e di autostrade fu fermata e guidare per piacere era proibito. Improvvisamente la gente iniziò a riciclare e a piantare i giardini della vittoria. Beni strategiche –gomma, gasolio, benzina, petrolio e lo zucchero furono razionate dal 1942. Ancora il 1942 testimoniò l’espansione più grande del prodotto industriale nella storia della nazione – tutto per uso militare. Le necessità di aerei da guerra furono enormi. Esse inclusero non solo i caccia, i bombardieri e i ricognitori, ma anche i cargo da trasporto truppe servivano a combattere una guerra su fronti distanti. Dall’inizio del 1942 fino al 1944, gli Stati Uniti eccedettero di molto lo scopo iniziale di 60.000 aereo, arrivando al numero sbalorditivo di 229.600 aerei, una flotta così vasta è dura da visualizzare anche oggi. Ugualmente impressionante, entro la fine della guerra più di 5.000 navi furono aggiunte alle 1.000 o quasi che integravano l’American Merchant Fleet nel 1939. Nel suo libro No Ordinary Time, Doris Kearns Godwin descrive come le varie imprese si convertirono. Una fabbrica di candele elettriche passò alla produzione di armi da fuoco. Un manifattore di stufe produsse scialuppe. Un impresa di cose allegri fece telai per arma, un’impresa di giocattoli produsse compassi, un manifattore di busti produsse cinture per granata, e un impianto di macchine da birilli fece gusci di corazze non perforabili. In retrospettiva, la velocità della conversione da un’economia di pace a di guerra è sbalorditiva. Lo sfruttamento dell’energia industriale USA inclinò le scale decisamente verso le Allied Fores, rovesciando la sorte della guerra. Germania e Giappone, già al massimo sforzo, non potevano neutralizzare questo sforzo. Il Primo Ministro Inglese Winston Churchill citava spesso il suo ministro degli esteri Sir E. Grey: “Gli USA sono come un’enorme caldaia. Dopo che il fuoco è accesso sotto di lei, non c’è limite all’energia che può generare”. Il punto è che non ci vollero mesi per ristrutturare l’economia industriale USA. Non ci vollero anni. Ciò fu fatto in pochi mesi. Se potemmo ristrutturare l’economia industriale USA in dei mesi, allora si può ristrutturare l’economia energetica mondiale in un decennio. Con molte linee di assemblaggio di auto ferme in USA, sarebbe un fatto relativamente semplice il riattrezzarne alcune per produrre turbine eoliche, come la Ford Motor Company fece nella 2° guerra mondiale con i bombardieri B 24, per aiutare il mondo a sfruttare subito le sue vaste risorse energetiche eoliche. Questo aiuterebbe il mondo a vedere che l’economia è ristrutturabile velocemente, con profitto e per migliorare la sicurezza globale. Ora il mondo ha le tecnologie e le risorse finanziarie per stabilizzare il clima, sradicare la povertà, stabilizzare la popolazione, ristabilire i sistemi di supporto naturale dell’economia, e, sopra a tutto, ristabilire la speranza. Gli Stati Uniti, la società più ricca che sia mai esistita, ha le risorse e la leadership per guidare questo sforzo. Una delle domande che io sento più di frequente è: Che cosa posso fare io?” Spesso la gente si aspetta da me che suggerisca cambi di stile di vita, come riciclare i giornali o cambiare le lampadine. Questi sono essenziali, ma non sono ancora sufficienti. Ristrutturare l’economia globale significa divenire attivi politicamente, lavorare per i cambiamenti necessari, come il fare la campagna di base contro le centrali elettriche a carbone. Il salvare la civilizzazione non è uno sport da spettatori. Informati. Leggi su questi temi. Condividi le pubblicazione dell’Earth Policy Institute con gli amici. Scegli un tema che sia significativo per te, come la tassa di ristrutturazione per creare un mercato onesto, l’eliminare gradualmente le centrali a carbone, o lo sviluppare una classe mondiale del sistema di riciclaggio nella tua comunità. O unisciti a un gruppo che lavora per servire servizi di pianificazione familiare ai 215 milioni di donne che vogliono pianificare le loro famiglie ma mancano dei mezzi per farlo. Voi potreste voler organizzare un piccolo gruppo di persone che pensano bene per lavorare su un tema che ha un significato comune. potete cominciare dal parlare con gli altri per selezionare un tema sul quale lavorare. Quando il vostro gruppo si sarà informato e avrà un obiettivo definito, chiedete di incontrare i vostri rappresentanti eletti nel comune o nello stato o nel parlamento federale. Scrivete o mandate e-mail ai vostri eletti sulla necessità di ristrutturare le tasse e di eliminare i sussidi ai carburanti fossili. Ricordate loro che i lasciare i costi ambientali fuori dai conti può offrire un senso di prosperità nel breve periodo, ma porta al collasso nel lungo termine. Durante la 2° guerra mondiale, la leva militare chiese a milioni di giovani uomini di rischiare il sacrificio finale. Ma noi non siamo chiamati solo ad essere attivi politicamente e a fare cambi di stile di vita. Durante la 2° guerra mondiale, il Presidente Roosevelt chiese spesso agli Americani di aggiustare i loro stili di vita e loro risposero, lavorando insieme ad uno scopo comune. Quali contributi possiamo dare oggi, di tempo, denaro, riduzione dei consumi o per aiutare a salvare la civilizzazione? La scelta è nostra – tua e mia. Noi possiamo stare con l’affare come al solito e presiedere su un’economia che continua a distruggere i suoi sistemi di supporto naturale e se stessa, o possiamo essere la generazione che cambia direzione, movendo il mondo verso un patto di progress sostenibile. La scelta sarà fatta dalla nostra generazione, ma riguarderà la vita sulla terra di tutte le generazioni che verranno. # # # Tratto dal Capitolo 13 “Saving Civilizazion”, in Lester R. Brown, World on the Edge: How to Prevent Environmental and Economic Collapse (New York: W. W. Norton & Company, 2011), disponibile on line at www.earth-policy.rg/books/wote Dati aggiuntivi e fonti di informazione su www.earth-policy.org Sentitevi liberi di passare questa informazione agli amici, ai membri della e ai colleghi! Seguiteci: Media Contact: Reah Janise Kauffman Research Contact: Janet Larsen Earth Policy Institute 1350 Connecticut Avenue NW, Suite 403 Washington, DC 20036Tradotto da F. Allegri il 19 Settembre 2011. |
“LET NO MAN SAY IT CANNOT BE DONE” www.earth-policy.org/book_bytes/2011 By Lester R. Brown Earth Policy Release World on the Edge Book Byte April 19, 2011 We need an economy for the twenty-first century, one that is in sync with the earth and its natural support systems, not one that is destroying them. The fossil fuel-based, automobile - centered, throwaway economy that evolved in western industrial societies is no longer a viable model - not for the countries that shaped it or for those that are emulating them. In short, we need to build a new economy, one powered with carbon-free sources of energy - wind, solar, and geothermal - one that has a diversified transport system and that reuses and recycles everything. We can change course and move onto a path of sustainable progress, but it will take a massive mobilization - at wartime speed. Whenever I begin to feel overwhelmed by the scale and urgency of the changes we need to make, I reread the economic history of U.S. involvement in World War II because it is such an inspiring study in rapid mobilization. Initially, the United States resisted involvement in the war and responded only after it was directly attacked at Pearl Harbor. But respond it did. After an all-out commitment, the U.S. engagement helped turn the tide of war, leading the Allied Forces to victory within three-and-a-half years. In his State of the Union address on January 6, 1942, one month after the bombing of Pearl Harbor, President Franklin D. Roosevelt announced the country’s arms production goals. The United States, he said, was planning to produce 45,000 tanks, 60,000 planes, and several thousand ships. He added, “Let no man say it cannot be done.” No one had ever seen such huge arms production numbers. Public skepticism abounded. But Roosevelt and his colleagues realized that the world’s largest concentration of industrial power was in the U.S. automobile industry. Even during the Depression, the United States was producing 3 million or more cars a year. After his State of the Union address, Roosevelt met with auto industry leaders, indicating that the country would rely heavily on them to reach these arms production goals. Initially they expected to continue making cars and simply add on the production of armaments. What they did not yet know was that the sale of new cars would soon be banned. From early February 1942 through the end of 1944, nearly three years, essentially no cars were produced in the United States. In addition to a ban on the sale of new cars, residential and highway construction was halted, and driving for pleasure was banned. Suddenly people were recycling and planting victory gardens. Strategic goods - including tires, gasoline, fuel oil, and sugar - were rationed beginning in 1942. Yet 1942 witnessed the greatest expansion of industrial output in the nation’s history - all for military use. Wartime aircraft needs were enormous. They included not only fighters, bombers, and reconnaissance planes, but also the troop and cargo transports needed to fight a war on distant fronts. From the beginning of 1942 through 1944, the United States far exceeded the initial goal of 60,000 planes, turning out a staggering 229,600 aircraft, a fleet so vast it is hard even today to visualize it. Equally impressive, by the end of the war more than 5,000 ships were added to the 1,000 or so that made up the American Merchant Fleet in 1939. In her book No Ordinary Time, Doris Kearns Goodwin describes how various firms converted. A sparkplug factory switched to the production of machine guns. A manufacturer of stoves produced lifeboats. A merry-go-round factory made gun mounts; a toy company turned out compasses; a corset manufacturer produced grenade belts; and a pinball machine plant made armor-piercing shells. In retrospect, the speed of this conversion from a peacetime to a wartime economy is stunning. The harnessing of U.S. industrial power tipped the scales decisively toward the Allied Forces, reversing the tide of war. Germany and Japan, already fully extended, could not counter this effort. British Prime Minister Winston Churchill often quoted his foreign secretary, Sir Edward Grey: “The United States is like a giant boiler. Once the fire is lighted under it, there is no limit to the power it can generate.” The point is that it did not take decades to restructure the U.S. industrial economy. It did not take years. It was done in a matter of months. If we could restructure the U.S. industrial economy in months, then we can restructure the world energy economy during this decade. With numerous U.S. automobile assembly lines currently idled, it would be a relatively simple matter to retool some of them to produce wind turbines, as the Ford Motor Company did in World War II with B-24 bombers, helping the world to quickly harness its vast wind energy resources. This would help the world see that the economy can be restructured quickly, profitably, and in a way that enhances global security. The world now has the technologies and financial resources to stabilize climate, eradicate poverty, stabilize population, restore the economy’s natural support systems, and, above all, restore hope. The United States, the wealthiest society that has ever existed, has the resources and leadership to lead this effort. One of the questions I hear most frequently is, What can I do? People often expect me to suggest lifestyle changes, such as recycling newspapers or changing light bulbs. These are essential, but they are not nearly enough. Restructuring the global economy means becoming politically active, working for the needed changes, as the grassroots campaign against coal-fired power plants is doing. Saving civilization is not a spectator sport. Inform yourself. Read about the issues. Share the Earth Policy Institute’s publications with friends. Pick an issue that’s meaningful to you, such as tax restructuring to create an honest market, phasing out coal-fired power plants, or developing a world class-recycling system in your community. Or join a group that is working to provide family planning services to the 215 million women who want to plan their families but lack the means to do so. You might want to organize a small group of like-minded individuals to work on an issue that is of mutual concern. You can begin by talking with others to help select an issue to work on. Once your group is informed and has a clearly defined goal, ask to meet with your elected representatives on the city council or the state or national legislature. Write or e-mail your elected representatives about the need to restructure taxes and eliminate fossil fuel subsidies. Remind them that leaving environmental costs off the books may offer a sense of prosperity in the short run, but it leads to collapse in the long run. During World War II, the military draft asked millions of young men to risk the ultimate sacrifice. But we are called on only to be politically active and to make lifestyle changes. During World War II, President Roosevelt frequently asked Americans to adjust their lifestyles and Americans responded, working together for a common goal. What contributions can we each make today, in time, money, or reduced consumption, to help save civilization? The choice is ours - yours and mine. We can stay with business as usual and preside over an economy that continues to destroy its natural support systems until it destroys itself, or we can be the generation that changes direction, moving the world onto a path of sustained progress. The choice will be made by our generation, but it will affect life on earth for all generations to come. # # # Adapted from Chapter 13, “Saving Civilization,” in Lester R. Brown, World on the Edge: How to Prevent Environmental and Economic Collapse (New York: W.W. Norton & Company, 2011), available online at www.earth-policy.org/books/wote Additional data and information sources at www.earth-policy.org Feel free to pass this information along to friends, family members, and colleagues! Follow us on: Media Contact: Reah Janise Kauffman Research Contact: Janet Larsen Earth Policy Institute 1350 Connecticut Avenue NW, Suite 403 Washington, DC 20036 |
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