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TRADUZIONE E SAGGIO BREVE
Naomi Klein contro BP e le sue piattaforme petrolifere! Un disastro in fondo all’oceano
24/06/2011
Di F. Allegri
Oggi allargherò il giro dei miei commenti e mi dedicherò ad uno scritto di Naomi Klein pubblicato sul giornale americano “The Nation” il 13 gennaio 2011 e titolato “The Search for BP’s Oil”. Il sito web di The Nation diffuse anche un breve documentario e mise delle foto per arricchire questo articolo. Io ripercorrerò il suo scritto cercando di trarre i punti salienti per rammentarvi che la tragedia della Deepwater è ancora in corso sotto l’oceano, a livello microscopico.
Prima di tutto la Klein si imbarcò sul WeatherBird II, un vascello usato per fare le ricerche marine e posseduto dall’Università della Florida del Sud e iniziò l’articolo ricordando le emozioni dell’inizio della crociera: è certo che si gustò le bellezze visibili di quel mare.
All’inizio incontrò i delfini e questi l’accompagnarono nella prima parte del suo viaggio.
Lei ama i delfini (o finge di amarli per agevolare la lettura), gli oceanografi che erano con lei preferivano le creature che si vedono al microscopio, i batteri, il fito-plancton o i coralli che possono essere vecchi di centinaia di anni; sono queste le vere vittime dell’esplosione della piattaforma della Deepwater Horizon avvenuta nell’Aprile del 2010.
Nei primi mesi la protesta collettiva contro la piattaforma non se ne rese conto, pensò ai delfini, ai pellicani e forse anche ai coccodrilli delle paludi. In troppi coltivarono l’illusione che questo disastro non avrebbe raggiunto i livelli catastrofici provocati dalla Exxon Valdez.
Nella sostanza, s’illudevano!
In realtà la falla della Deepwater devastò il mondo dei microrganismi per chilometri e chilometri e ha raggiunto una portata paragonabile al disastro della Exxon Valdez.
La Klein entra nel vivo dell’articolo criticando il NOAA ovvero il National Oceanic and Atmospheric Administration perché 3 settimane dopo l’occlusione della falla questo ente diffuse il suo “bilancio del petrolio” che incitò Carol Browner ad affermare erroneamente che la gran parte del petrolio se ne era andato. Solo più tardi la White House corresse il suo errore, ma lo fece perché nessuno sa che fine abbia fatto gran parte del petrolio: è certo che ovunque sia andato ha portato distruzione tra le forme di vita elementare.(vedi anche oltre nell’articolo).
Da quel “bilancio del petrolio” sono fiorite le storie più scellerate, tutte tese a difendere la multinazionale di turno e con tanta parte della stampa pronta a recepirle.
La Klein fa bene a citare l’ Unified Area Command e a sottolineare che il suo cessato allarme è arrivato solo a dicembre 2010.
Ricordo che l’Unified Area Command è un ente creato dal governo USA in collaborazione stretta con la BP stessa: un’unione di debolezze visto che è servita la marina militare italiana per fermare l’emorragia di petrolio.
Per la Klein, anche il rapporto che ha dato il cessate allarme fu precipitoso, lei parla di “fat report” e di atto che tenta di chiudere il libro del disastro.
Lei fa parlare anche il dirigente della BP Mike Utsler il quale disse: “Le spiagge sono salve, l’acqua è salva e il cibo marino è salvo”. Poi però la Klein ricorda e sottolinea che solo 4 giorni prima più di 8.000 pounds di balle di catrame erano state raccolte sulle spiagge della Florida e soprattutto che quella era la media giornaliera di quel periodo.
Anche a dicembre molta gente si sentì male per ragioni non chiare a tutti, soprattutto a quelli che non vogliono pensare alla dispersione del petrolio.
Dopo è finito l’anno è la disinformazione è tornata a guardare l’andamento dei titoli della multinazionale e dopo un rimbalzo positivo la BP ha subito sfidato le stime ufficiali dicendo che le sue perdite non erano state così alte, come se lo sapessero, ma almeno da dimezzare – secondo loro.
Chi accetta la tesi BP l’aiuterà a risparmiare oltre 10 miliardi di dollari, secondo la Klein.
Intanto l’amministrazione Obama dette in quel periodo il via libera a 16 progetti di piattaforme petrolifere nel golfo, ma pare che la Oil Spill Commission nelle sue raccomandazioni per la sicurezza abbia espresso la speranza di un aumento di quel numero.
Dopo queste riflessioni la Klein tornò sulla WeatherBird II per sottolineare che in questo modo il disastro era stato allontanato dalla coscienza delle persone e aggiungendo che tutto questo dipende dal fatto che il VERO DISASTRO NON È VISIBILE. Qui consiglio un breve pensiero ai delfini, ai pellicani ecc. per dirci tra noi che non sono quelli che vanno guardati.
In quei 7 mesi gli scienziati di quel vascello (provenienti da varie università) misurarono e monitorarono l’impatto della perdita di petrolio sul delicato ecosistema dell’oceano profondo.
Quelli scienziati videro cose che descrissero come FATTI SENZA PRECEDENTI.
TRA LE LORO SCOPERTE CHE COLPISCONO DI PIÙ ci sono i cimiteri del corallo morto di recente, le larve del granchio nel petrolio, l’evidenza di una malattia bizzarra nel fitoplancton e nelle comunità batteriche e infine un misterioso liquido marrone che ricopre larghe aree della base dell’oceano e che spegne ogni forma di vita nei fondali.
PER LA KLEIN E NON SOLO PER LEI, SONO TUTTI SEGNALI PREOCCUPANTI DEL FATTO CHE QUELLE TOSSINE CHE INVASERO QUESTE ACQUE NON SONO FINITE QUANDO SI SONO SFOGATE NEL DISASTRO DEI MESI SCORSI, in futuro esse potrebbero avere altre conseguenze anche più severe come i collassi della pesca commerciale e pure l’estinzione di alcune specie. La Klein aggiunse anche che questi scienziati non ricevono fondi da Big Oil e questo si vedeva dai risultati: erano scienziati indipendenti e capaci di correggere i dati ufficiali su quanto petrolio ci fosse allora sotto il mare e su quello che accadeva.
Tra questi studiosi spiccò David Hollander, un geochimico marino dell’Università della Florida del Sud che svelò l’imbroglio di BP. Lui e la sua squadra scoprirono i nuvoli di petrolio sotto l’acqua e tracciarono il petrolio in modo definitivo nel pozzo di BP.
Nell’Agosto del 2010, quando c’era chi sosteneva che il petrolio fosse scomparso magicamente, Hollander e i suoi dimostrarono che il petrolio era ancora laggiù e sempre tossico per molti organismi marini, soprattutto per quelli invisibili per l’occhio umano.
Da allora Hollander è stato adottato dai media e può criticare in TV le agenzie federali.
A dicembre Hollander è riuscito a coinvolgere la Klein e Jacqueline Soohen nella sua lotta, possiamo compiacerci, in quel fatto ci fu la genesi anche dello scritto della Klein che io sto ripercorrendo. Tutti loro andarono a pescare per il petrolio e navigarono in lungo e in largo per il golfo del Messico e fecero i loro rilevamenti anche a decine di miglia dal luogo dell’inizio del versamento. Raccolsero dell’acqua a profondità diverse e poi la analizzarono facendo vari esami per rispondere a delle domande come le seguenti.
1) Si vedono segni di idrocarburi?
2) Esso è fluorescente ai raggi UVA?
3) C’è la traccia chimica del petrolio?
4) Queste sostanze sono tossiche per i batteri e il fito – plancton?
Furono prelevati anche otto campioni dei fondali ed esaminati con i microscopi e i raggi UVA oppure furono sottoposti ad un macchinario che attiva una forza centrifuga; in seguito si cercò la presenza di petrolio e di sostanze usate per disperdere il petrolio.
Questi esami furono ripetuti dopo la raccolta di campioni in nove località e furono necessarie almeno 10 ore per fare una singola raccolta in profondità. Il vascello tornò anche nei luoghi dove i ricercatori avevano trovato acqua e sedimenti tossici nei rilevanti fatti sia in Maggio e in Agosto. A 70 metri di profondità c’era ancora qualche traccia di idrocarburi. Non molti perché, secondo Hollander, quelle erano acque poco profonde e le tempeste oceaniche del periodo avevano mischiato tutti i liquidi presenti in quel mare. Egli preannunciò che avrebbero trovato tracce maggiori quando avessero analizzato le acque delle zone più aperte e profonde del golfo.
A questo punto la Klein espresse la sua soggezione per la capacità della natura di purificarsi e di rinnovarsi e si ricordo che nei giorni duri del disastro lei aveva guardato quelle acque salendo su un motoscafo della guardia costiera. In quei giorni le acque sembravano il pavimento di un’officina meccanica! Di conseguenza, il portavoce della guardia costiera aveva detto ai giornalisti sulla barca che entro pochi mesi tutto il petrolio se ne sarebbe andato grazie all’azione dei solventi che l’avrebbero diviso in bocconi microscopici e pronti per essere mangiati dai microbi che si nutrono di petrolio. A quel punto, tutto il petrolio sarebbe scomparso senza effetti collaterali negativi prevedibili. Al momento la Klein non poteva credere che questa fosse la posizione della guardia costiera e dopo sei mesi era tornata a fare le verifiche.
L’acqua era liscia come il velluto e dopo i primi test, fatti in zone lontane dalla piattaforma, anche abbastanza pulita. Lei pensò: “FORSE IL MARE È DAVVERO LA PIÙ POTENTE LAVATRICE DEL MONDO E INSIEME AI SOLVENTI PUÒ DISPERDERE ANCHE LA PERDITA DI PETROLIO PIÙ VIOLENTA”.
A quel punto le rispose un altro celebre oceanografo ovvero Ian MacDonald e lui le disse che nel golfo non andava tutto meglio perché loro non sapevano quello che gli uomini avevano combinato a quel mare. MacDonald aveva denunciato spesso le stime troppo basse della fuga di petrolio dal pozzo della BP. Egli segnalò anche l’enorme quantità di tossine che erano sgorgate in queste acque nel corso dei tre mesi (4,1 milioni di barili di petroli e 1,8 milioni di galloni di solventi). Lui sapeva che occorrerà tanto tempo all’oceano per disperdere quella quantità di veleno e prima che questo sia accaduto, le tossine entreranno in contatto diretto con tutti i tipi di forme di vita.
La gran parte degli animali più grandi – pesce adulto, delfini, le balene – erano sopravvissuti quasi incolumi all’incontro. La situazione era diversa per le creature più piccole (i batteri, il fitoplancton, il plancton batterico, molte specie di larve e per gli abitanti della profondità più grande) che non erano state così fortunate. Questi organismi formano la base della catena alimentare dell’oceano e forniscono il sostenimento agli animali più grandi e per quelle riserve di pesce necessarie alla pesca commerciale di domani. Una cosa è certa: se c’è un problema alla base esso non rimarrà laggiù a lungo. Ci sono buone ragioni per dare l’allarme.
Anche ad agosto 2010 furono raccolti molti campioni d’acqua e poi furono analizzati nei laboratori dell’università dal professor John Paul. Egli introdusse in quei campioni d’acqua dei batteri sani e del fitoplancton sano e poi osservò quello che accadeva: quello che trovò lo scioccò perché in più della metà delle sistemazioni in acqua le risposte degli organismi “erano geno - tossiche o mutogene”. QUESTO SIGNIFICA CHE IL PETROLIO E I SOLVENTI NON ERANO SOLO TOSSICI PER QUESTI ORGANISMI MA CAUSAVANO DEI CAMBIAMENTI NEL LORO PATRIMONIO GENETICO. Cambiamenti come questi possono manifestarsi in molti modi: tumori e cancri, incapacità di riprodursi, una generale debolezza che renderebbe questi organismi più facili da predare o in qualche modo più bizzarri.
La Klein intervistò anche Paul nel suo laboratorio e lui le spiegò che quei dati erano particolarmente “allarmanti” perché tale danno genetico era “ereditabile”, ovvero le mutazioni potevano essere passate alle generazioni future. Paul disse: “E’ qualcosa che può stare per molto, molto tempo nel Golfo del Messico”. Poi continuò: “Voi potreste avere alterato le popolazioni di pesce, o lo zoo-plancton o i gamberetti o importanti organismi commerciali … La popolazione delle tartarughe va verso un aumento di tumori nella sua specie? Noi realmente non lo sappiamo. E ci vorranno da 3 a 5 anni per controllare e valutare la situazione.
SI TEME LA RIPETIZIONE DEL DISASTRO DELLA EXXON VALDEZ, allora alcuni salmoni rosa, esposti al petrolio nel loro stadio larvale iniziarono a mostrare serie anormalità, incluse “rare mutazioni che causano al salmone la crescita di una pinna supplementare o di un sacco del cuore più grande”, secondo un’inchiesta di Nature. Dopo ci furono le aringhe: per tre anni dopo il versamento le riserve furono consistenti, ma il quarto anno le popolazioni caddero già di oltre i due terzi e molte erano “afflitte da una misteriosa debolezza caratterizzata da lesioni rosse e da sanguinamenti superficiali” come riferì la Reuters a quel tempo. L’anno dopo c’era così poco pesce ed essi erano così malati che la pesca dell’aringa fu chiusa nella zona: le riserve non sono state ancora ristabilite pienamente.
Poiché l’aringa dell’Alaska vive per una media di otto anni, molti scienziati erano convinti che la caduta delle riserve di aringhe era il risultato delle uova di aringa e delle larve che erano state esposte al petrolio e alle tossine anni prima e gli effetti pieni manifestavano se stessi solo quando queste generazioni di aringhe maturavano ( o non riuscivano a farlo).
UNA BOMBA A TEMPO SIMILE A QUELLA POTREBBE SCANDIRE IL TEMPO NEL GOLFO? Il professor Ian MacDonald della Florida State è convinto che i disturbi che cominciano ad essere registrati alla base della catena alimentare sono “quasi certamente in espansione e salgono verso le altre specie”.
ECCO COSA SAPPIAMO FINO AD OGGI.
Quando i ricercatori dell’Oregon State University analizzarono le acque al largo di Grand Isle in Louisiana (nel mese di giugno) essi trovarono che la presenza di idrocarburi aromatici policiclici e cancerogeni (PAH) era aumentata di QUARANTA VOLTE in un solo mese. Kim Anderson, il tossicologo che guidò lo studio, descrisse la scoperta come “il più grande cambiamento da PAH che io abbia mai visto da oltre dieci anni che faccio questo lavoro”. Giugno è nella stagione delle uova nel golfo (il periodo che comincia ad aprile e nel quale enormi quantità di uova e larve vanno alla deriva verso il mare aperto come nuvole quasi invisibili: gamberetti, granchi, tonni dalla pinna blu, pesci mangerecci, sgombri e pesci spada. Per i pinna blu dell’Atlantico occidentale, che finiscono la deposizione delle uova in Giugno e sono pescati vicino alla Prince Edward Island, questi sono i luoghi principali dove deporre le uova.
John Lamkin, un biologo del NOAA ammise che “ogni larva che verrà in contatto con il petrolio non avrà alcuna possibilità”. Quindi se una nuvola di uova di pinna blu passerà attraverso una nuvola di acqua contaminata, quell’unico incontro silenzioso potrebbe aiutare bene a spengere delle specie già a rischio estinzione. E il tonno non è la sola specie a rischio.
In Luglio, Harriet Perry, biologo all’Università del Mississippi del Sud, trovò trace di petrolio nelle larve del granchio blu, dicendo che: “nei miei 42 anni di studi sui granchi non avevo mai visto questo”. Significativamente, questa vulnerabilità di uova e larve al petrolio non sembra che sia stata considerata quando il pozzo della Macondo fu approvato per la trivellazione. Nel piano di esplorazione iniziale che BP sottomise al governo l’impresa andò nei dettagli sul come il pesce adulto e i crostacei saranno capaci di sopravvivere ad una perdita di petrolio nuotando via o “metabolizzando gli idrocarburi”. Le parole “uova” e “larve” non furono mai menzionate.
C’E’ GIA’ L’EVIDENZA DI ALMENO UNA MORIA SIGNIFICATIVA SOTTO L’ACQUA.
A Novembre il biologo di Penn State Charles Fisher guidò una spedizione sponsorizzata dal NOAA che trovò le colonie degli antichi ammiratori del mare e di altri coralli ricoperte di una fanghiglia marrone, a 1.400 metri di profondità. Tutto il corallo della zona era “morto o stava morendo”. E Fisher lo disse anche alla Klein echeggiando quello che lei aveva sentito da molti altri scienziati: anche lui, nel corso della sua carriera di studi su queste creature, non aveva mai visto nulla di simile a questo. Non c’erano pozzanghere di petrolio sotto l’acqua nelle vicinanze, ma l’idea da verificare è che il petrolio sottomarino e i solventi debbano essere passati attraverso questa zona come una sorta di angelo della morte. Non sapremo mai quali altri organismi sono stati intrappolati in una simile nube letale, e ciò porta a un PROBLEMA PIU’ GRANDE: Ora che siamo oltre la fase degli uccelli ricoperti di petrolio, lo stabilire LEGAMI DEFINITIVI tra il versamento e ogni disturbo ecologico e biogenetico che si realizzerà diventerà sempre più duro. Per esempio, noi sappiamo che il corallo muore a causa di tutto i cadaveri: i cadaveri del corallo fantasma ingombrano il fondale dell’oceano vicino alla fonte, e Fisher fece degli esperimenti per vedere se poteva trovare un legame chimico definitivo con il petrolio di BP. Ma quella specie di medicina legale semplicemente non è possibile per le forme di vita molto più piccole che sono anche più vulnerabili ai cocktail tossici di BP. Quando muoiono larve di tonno o di calamaro, persino in numeri elevati, virtualmente essi non lasciano una traccia. Hollander usa la frase “mortalità criptica” per definire queste morti fantasma.
Certamente tutto questo lavorerà in favore di BP se gli scenari del caso peggiore si materializzeranno, eventualmente. Veramente, LE PREOCCUPAZIONI PER IL COLLASSO FUTURO potrebbero andare in un certo senso verso la spiegazione del perché BP (con l’aiuto della Gulf Coast Claims Facility di Kenneth Feinberg) abbia fatto una corsa folle per accordarsi fuori dai tribunali con i pescatori, offrendo ora più denaro necessario per la cassa in cambio della cessione del diritto a fare causa in futuro. Se delle specie significative di pesce come il pinna blu dovesse estinguersi tra 3 o tra 10 anni (il pinna blu vive da 15 a 20 anni) la gente che fece questi accordi non potrà fare ricorso. E se un caso si finisse in tribunale, sconfiggere BP sarebbe un gioco di prestigio.
Come parte degli sforzi di valutazione del danno, gli scienziati del NOAA conducono studi che monitorano lo sviluppo delle uova e delle larve esposte all’acqua contaminata. Ma i legali della Exxon sostennero nel caso Valdez che le riserve di pesce selvaggio sono sotto una serie di pressioni in questi giorno – senza un legame chimico diretto con il petrolio di BP, chi può dire quale causa dette il colpo fatale? Ecco un quesito ingenuo che fa vincere i legali.
Come spiega Ian MacDonald: SONO PROPRIO LE TENSIONI MULTIPLE SULLA VITA MARINA CHE CONTINUANO A RENDERE IL VERSAMENTO COSÌ PERICOLOSO. “Noi non valutiamo la dimensione di quella parte maggioritaria delle popolazioni che sono proprio al limite della sopravvivenza. E’ molto facile estinguersi per quelle popolazioni”.
Si riferisce ai capodogli – ci sono solo quasi 1.600 di loro nel nord del Golfo del Messico, una popolazione abbastanza piccola che la morte innaturale di poche balene (che figliano raramente e più tardi nella vita) possa mettere in pericolo la sopravvivenza della comunità.
La ricerca acustica ha scoperto che alcuni capodogli abbiano risposto al versamento lasciando l’area, uno sviluppo che gli oceanografi trovano estremamente preoccupante.
Una delle cose che la Klein imparò sul WeatherBird II, guardando questi scienziati mentre facevano esperimenti sugli effetti del petrolio invisibile sugli organismi invisibili, è di non credere ai suoi occhi. Quando il petrolio sprofondò non scomparve, si addensò in profondità e lasciò i suoi segreti all’oceano. Come fanno i 27.000 pozzi di petrolio e gas abbandonati nel Golfo del Messico e il sistema di tubature sottomarine non monitorate che quotidianamente si corrodono e perdono sostanze. Come il liquame di scolo che le navi da crociera sono totalmente libere di scaricare, grazie a una legge federale, non appena esse arrivano altre le tre miglia dalla costa.
Una zona morta grande quanto il New Jersey.
Uno studio pubblicato su Nature a Luglio mostrò che le popolazioni globali di fito – plancton erano diminuite del 40% dal 1950 a causa “degli aumenti delle temperature della superficie del mare”; il corallo stava sbiancando e morendo per la stessa ragione. E così via. La capacità dell’oceano di guarire se stesso dalle nostre ferite non è senza limite. La prima lezione da trarre dal disastro di BP sembra essere che “madre natura” non può sopportare quello che le abbiamo gettato. Il Golfo del Messico ha subito tanti attacchi e si può fare un confronto con New Orleans.
Al terzo giorno di crociera, le cose iniziarono ad essere interessanti. Essi erano nel DeSoto Canyon, a quasi 30 miglia nautiche dal pozzo che aveva perso il petrolio. Il fondale è 1000 metri più in basso: quella era la loro stazione più profonda. Scoppiò un’altra tempesta e mentre gli scienziati tiravano su i campioni di acqua, le onde riempivano la tolda: Non appena essi videro la melma fu chiaro che c’erano qualcosa di sbagliato. Essa non era colorata con varie gradazioni di grigio, i cilindri erano grigi, ma poi proprio sotto il primo strato diveniva marrone come il cioccolato. La consistenza dello strato marrone era come la peluria, quello che gli scienziati definiscono “lanoso”.
Un contenitore fu svuotato sulla tolda e fu allora gli scienziati videro chiaramente (separando lo strato grigio da quello marrone) la spessa linea della sostanza nera. Hollander dichiarò: “Quello non è normale”. Afferrò i campioni di melma e li segnalò a Charles Kovach scienziato del Florida Department of Environmental Protection. Nel luogo più buio del vascello essi proiettarono una luce ultra violetta sul campione e in pochi secondi i naviganti videro delle particelle argentee scintillare sulla melma. Quella fu una buona indicazione delle tracce di petrolio. Hollander aveva visto qualcosa di simile nella crociera di Agosto ed era in grado di identificare gli idrocarburi e di tracciarli con quelli del pozzo di Macondo di BP.
In seguito furono fatti altri esperimenti chimici sul sedimento ed Hollander ebbe i suoi risultati: erano idrocarburi di petrolio, senza dubbio. Egli disse: “Gli strati neri e densi sono ricchi di idrocarburi uniti ai resti di piante e batteri. Lo strato superiore lanoso e marrone ha meno petrolio e più parti di erbe, ma il petrolio è anche li. Passeranno settimane o anche mesi prima che Hollander possa tracciare il petrolio del pozzo di BP, ma da quando lo ha trovato nel Desoto Canyon ha avuto la conferma che cercava. Volevano pescarlo e ci sono riusciti. La Klein fu colpita dal lato ironico della vicenda. La crociera di Hollander aveva trovato quel petrolio che BP avrebbe preferito restasse sepolto poiché la multinazionale indirettamente finanziava la spedizione. BP aveva promesso di spendere 500 milioni di dollari nella ricerca come parte della sua risposta al versamento e di fare un primo stanziamento da 30 milioni di dollari. Ma in contro tendenza ai tentativi molto pubblicizzati della multinazionale di tacitare gli scienziati con contratti di consulenza lucrosi, BP accordò di dare questa prima rata alle istituzioni indipendenti nel golfo, come la Florida Institute of Oceanography il quale avrebbe potuto stanziarli per un giusto processo di verifica – senza etichette attaccate. Hollander era uno dei finanziati fortunati. Questo è un modello per la ricerca nel golfo: PAGANO I GIGANTI DEL PETROLIO CHE PROFITTANO MOLTO DEL SUO PETROLIO E DEL SUO GAS, MA NON C’E’ MODO PER LORO DI INFLUENZARE I RISULTATI.
Nelle varie stazioni di ricerca più vicine al pozzo, il WeatherBird II trovò il fondale dell’oceano ricoperto da un sudiciume simile. Più la barca si avvicinava al pozzo più aumentava la materia nera nel sedimento e Hollander era preoccupato e arrabbiato perché lo strato anormale del sedimento era divenuto cinque volte più spesso rispetto a quanto era quando lui raccolse dei campioni qui in Agosto. La presenza del petrolio sul fondale dell’oceano non diminuisce con il tempo e lui sottolineò: “Lo strato è distribuito in modo completo” ricoprendo un’area molto lontana dal pozzo.
Ma per quel che lo riguardava, le linee dense nere erano sempre di più e disse: “Quell’orizzonte nera non ha fine. E’ costante con una sua densità”.
Normalmente il forte limo del fondo del mare è poroso e ben ossigenato, con pochi esseri viventi che scavano costantemente delle buche dalla superficie di sabbia fino al limo più profondo come fanno altri vermi che girano e ossigenano costantemente il suolo nei nostri giardini. Ma le linee nere scure nel sedimento sembrano agire come un isolante, prevenendo quel fluire di vita. Hollander spiegò: “Qualcosa causava un cambiamento nella comunità e nell’ambiente”. Potrebbe essere stato il volume complessivo della materia caduta sul fondo a scatenare un effetto soffocante o forse può essere stata “una risposta tossica” al petrolio e ai solventi.
Qualunque cosa fosse, Hollander non è il solo ad aver visto il cambiamento: anche Samantha Joye, un’oceanografa dell’Università della Georgia, ha guidato una squadra di scienziati in una crociera di un mese. Anche lei è arrivata alle stesse conclusioni e anche peggiori dato che ha visto i crostacei morti nei sedimenti e la decimazione dei vermi che sono morti in un tratto lungo molte miglia.
Secondo Ian Mac Donald: “C’è una zona di impatto acuto di almeno ottanta miglia quadrate. Io ho visto i pesci morti e feriti con le fragili stelle intrappolate nelle loro branchie. Una grande area è stata colpita”. Ci sono più segnali che avvertono di un disastro in fondo al mare.
EPILOGO
Una settimana dopo che Hollander era tornato dalla crociera, il Unified Area Command diffuse le sue buone notizie sullo stato della fuoriuscita del petrolio. Delle migliaia di campioni d’acqua raccolti ad Agosto, il loro rapporto diceva che meno dell’1% dei campioni rientrava nella definizione di tossicità dell’EPA. Si asseriva anche che il sedimento delle acque profonde era largamente libero dal petrolio di BP, eccetto che entro l’area delle 2 miglia dal pozzo principale.
Quella fu certamente una notizia per Hollander che in quel momento stava facendo degli esperimenti sul sedimento oleoso raccolto a 30 miglia nautiche da pozzo, in un’area largamente trascurata dagli scienziati del governo. Inoltre, gli scienziati del governo misurarono solo la concentrazione assoluta del petrolio e dei solventi nell’acqua e nel sedimento prima di dichiarare la loro salute. Gli esperimenti che John Paul aveva fatto sulla tossicità di quell’acqua per i micro organismi era semplicemente assente!
Per quanto riguarda questa omissione il Coast Guard Rear Adm. Paul Zukunft, che firmò quel rapporto dichiarò alla Klein: “Quello è davvero un limite della Clean Water Act e delle mie competenze come coordinatore federale sul posto”. Egli non doveva valutare l’impatto del versamento sull’ecosistema circostante! Egli indirizzò la Klein all’inchiesta condotta dal NOAA-led National Resource Damage Assessment (NRDA) il quale avrebbe accolto i dati degli scienziati più sensibili per aiutarli a stanziare qualche dollaro per contrastare tale impatto della perdita e a cercare di valutare i danni fatti da BP e dalle altre parti responsabili. Diversamente dalle contese legali con BP (scaturite dalla class-action e da denuncie individuali) che stanno correndo verso un accordo, ci vorranno anni prima che una sistemazione sia raggiunta. Questo comporta più tempo di attesa per vedere come le riserve di pesce saranno colpite dall’esposizione al petrolio delle uova e delle larve.
Secondo Robert Haddad, che guida il processo del NRDA per conto del NOAA ogni accordo potrà “riattivare le clausole” che permettono al governo di riaprire il processo qualora nuovi impatti si manifestassero. Tuttavia, non è del tutto chiaro se quel NRDA sia in grado di occuparsi dei pericoli che sono stati esposti da Hollander e da altri scienziati indipendenti. IL PROCESSO DI ACCERTAMENTO DEL DANNO FEDERALE E’ COSTRUITO SUL CONCETTO DI “SERVIZI DI ECOSISTEMA” il quale misura il valore della natura secondo il quanto esso ci serve.
Quanto pesce avevano perso i pescatori a causa del disastro?
E quanti dollari dal turismo erano stati persi quando il petrolio colpì le spiagge?
Inoltre quando si arriva al posto dove il maggior danno della perdita è stato fatto (l’oceano profondo) noi non siamo in grado di rispondere a domande simili.
L’oceano profondo è così poco studiato che noi semplicemente non sappiamo quale “servizio” ci avrebbero fornito quei vermi morti e quei coralli. Tutto quello che sappiamo, disse Mac Donald alla Klein,è che “l’ecosistema dipende da questi tipi di organismi e se voi iniziate a sbarazzarvi di loro, voi non sapete quello che accadrà”. Egli sottolineò che tutto il modello del servizio è difettoso.
Tali organismi hanno un loro valore intrinseco pure se si accertasse che quei vermi e quei coralli non ci servono a nulla: è importante che questi organismi siano vivi o no.
La perdita “può essere un’opportunità per noi per trovare un nuovo modo di guardare alla salute ecologica”, ma è più probabile che continueremo a dare valore solo a quelle parti della natura dalle quali noi profittiamo direttamente. Nulla che scivoli oltre il raggiungimento di quei calcoli crudi, sia perché sarebbe troppo misterioso o triviale, sarà considerato di valore. Le cause legali non valutano i rischi ambientali e la morte dei micro organismi.
E questo è ciò che più disturba dell’ultima corsa a dichiarare la salute del golfo: sembra che noi ci rifugiamo, ancora una volta, nella nostra ignoranza, lo stesso tipo di cecità testarda che causò il disastro nel primo luogo. Per prima viene la decisione fatale di fare trivellazioni in parti della terra che noi non conosciamo, prendendoci quei rischi che sono oltre la nostra capacità di comprendere.
Dopo, quando accade il disastro, viene la decisione di usare i solventi per affondare il petrolio piuttosto che permettere che esso salga in superficie, salvando quello che conosciamo (le coste) sacrificando potenzialmente quello che noi non conosciamo (le profondità).
E ora siamo qui a tenere gli occhi chiusi prima che i risultati siano, si spera, ancora una volta che quello che non sappiamo non può colpirci. Solo il 5% dell’oceano profondo è stato esplorato. L’esistenza degli strati diffusi in profondità – la gran parte della vita marina che dimora nella profondità ma migra ogni notte verso la superficie – fu confermata dai biologi marini solo negli anni quaranta. E le rivelazioni sono in corso. Specie nuove, misteriose e dell’altro mondo sono scoperte ogni giorno in zone che la scienza ha solo mappato e non esplorato.
E’ sempre stressante raccontare di un bel posto distrutto dall’inquinamento, ma c’è qualcosa di particolarmente lacerante nella realizzazione che noi stiamo contaminando posti che non abbiamo mai visto al loro stato naturale.
Mentre le trivellazioni si spingono sempre più verso l’acqua profonda rischiando maggiori disastri nel nome del lavoro e della crescita, gli scienziati marini si preparano a scoprire che una causa sconosciuta ed elettrizzante li ridurrà ancora una volta a medici legali della profondità e li costringerà a scoprire solo quello che abbiamo appena distrutto.
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161 - L’Ultima Meditazione Prima che il Tacchino sia Pronto …(M. Moore riflette dopo l'incontro con W. Potter)
160 - Le Tavole delle colpe di Madduwatta - Il Belpaese e le sue paure: La sconfitta altrui
159 - M. Moore scrive prima dell'incontro televisivo con W. Potter e continua la sfida alle assicurazioni sanitarie
158 - Le Tavole delle colpe di Madduwatta - Il Fascista Immaginario: La notte (Nono dialogo)
157 - Come l’America Corporativa Ci Spinge Tutti Giù Da un Dirupo … (M. Moore contro la APCO Worldwide)
156 - Dicono che Mi Butterebbero “Giù dal Dirupo” (M. Moore contro le compagnie assicurative sanitarie)
155 - Approvate Delle Leggi Prima che i Repubblicani Comandino in Città (M. Moore subito dopo il voto di Mid - Term)
154 - Rivoluzione, politica e soldi nel terzo millennio
153 - Migliorare le Riserve di Cibo Riducendo Strategicamente la Domanda di Grano di Lester R. Brown
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