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CRITICA  LOCALE
Periodico cartaceo e telematico ~ Anno VIII ~ Numero 21 ~ Primavera 2010
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Un Castello di intrallazzi fra imprenditori, politici e banche

Pubblichiamo di seguito uno stralcio delle intercettazioni telefoniche (come riportato dal Corriere Fiorentino il 16 febbraio scorso) disposte dal procuratore capo della Procura della Repubblica di Firenze Giuseppe Quattrocchi e dai suoi Sostituti, che sono finite nelle 20.267 pagine di un’inchiesta giudiziaria che sta facendo emergere una vera e propria “politica del malaffare”.

 

Castello, le trattative per la scuola. Il primo anello della catena per entrare nel mondo degli appalti per Riccardo Fusi è l’imprenditore romano Francesco De Vito Piscicelli che per la sua attività di intermediazione con Balducci e De Santis chiede 1 milione e mezzo di euro. Il «patto», siglato in occasione di un incontro a Firenze, prevede il pagamento solo a risultato raggiunto. Piscicelli spiega che i soldi servono per ripagare «i dieci anni di buttamento di sangue». Solo così la Baldassini può aspirare a sedersi al banchetto delle grandi opere. Nel febbraio 2008 la Baldassini e Tognozzi (Btp), insieme al consorzio Stabile Novus, vuole partecipare alle gare per il secondo pacchetto di opere per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Hanno già avuto preventiva assicurazione dell’aggiudicazione di quelle opere proprio nel corso di un incontro a Roma il 13 febbraio 2008. E di fronte all’ingresso del Dipartimento in via della Ferratella in Laterano, Piscicelli esibisce l’elenco a Fusi. E Fusi appoggiato sul cofano di un’auto, mette le sue tre preferenze. Qualche volte Fusi si lamenta perché alla Ferratella «sembra di essere a un pronto soccorso, tutti gli imprenditori fuori dalla porta. Per il G8 ci sono richieste di 32 aziende, hanno iscritto tutti. Anche un indiano c’è, ti rendi conto?». Insieme Piscicelli e Fusi nel dicembre 2008 vanno in una gioielleria di Roma a comprare due orologi del valore di 10 mila euro per De Santis e Maria Pia Forleo, altra funzionaria del ministero. Fusi protesta perché nel cantiere di Castello non è stata ancora buttato fuori il consorzio Astaldi. Ma al Dipartimento — racconta Piscicelli al cognato — stanno già preparando i documenti per far rientrare la Btp. «Fusi non era contento, di più. Hanno fatto proprio i pezzi di carta ieri, le lettere per interrompere quella cosa». Per togliere cioè l’appalto alla Astaldi. I tempi stringono e Fusi scalpita con Piscicelli perché i lavori dell’Astaldi stanno andando avanti troppo velocemente: «Il problema è che purtroppo qui abbiamo una situazione che si chiama tempo. Non hanno mai lavorato con questi ritmi. Il cantiere se non lo fermano, dopo anche se arriva quello che si dice noi è troppo tardi. È come trovare una medicina quando uno è già morto. Il cantiere è andato pianissimo per un sacco di tempo, ora è da novembre, dicembre che stanno spingendo come noi mai». Fusi spiega che Balducci ha un ruolo troppo importante in questa vicenda: «Qui non è che si sta chiedendo un favore, si sta facendo gli interessi dello Stato». «Quelli vanno a duemila — protesta Fusi con Verdini (uno dei coordinatori del PDL) — Qui ci vuole uno coi coglioni, autorevole, Balducci è in predicato per fare il presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici». Verdini tranquillizza l’amico: «Non ti preoccupare siamo messi bene, non ti preoccupare». Fusi: «No, io non mi preoccupo ma bisogna parlare io e te capito? Ieri sera ero a Firenze mi hanno invitato a cena Salvatore Ligresti. Loro insomma quindi rifanno il ponte sullo stretto, rifanno l’Alta Velocità. E noi?». Verdini: «Noi entreremo, stai tranquillo». Fusi: «Guarda è fondamentale bisogna tu faccia capito?». Verdini: «Stai tranquillo». E più volte gli dirà: «Fidati». Nel maggio 2008 Fusi chiama Verdini: «Senti ma con quella persona di Cecina quando ci si vede? (il ministro Altero Matteoli, ndr) «Prima possibile — risponde Verdini — non ti preoccupare siamo messi bene. Mi ha già detto "Denis, la prima cosa che si fa, si fa quella"». Il primo ottobre De Santis conferma che la delibera sulla scuola marescialli che arriverà dal Consiglio superiore per i lavori pubblici è identica a quella che ha preparato lui: «Hanno deliberato esattamente uguale alla mia istruttoria, identica, non hanno cambiato neanche una virgola. Devono reperire le firme dei relatori. Quello non ci sta perché sta fuori in missione... quell'altro sta in ferie». A ottobre De Santis chiama direttamente Fusi per assicurargli che la delibera sarà disponibile entro pochissimi giorni. Riccardo Fusi, a seguito di numerosi incontri mediati da Piscicelli, con Balducci e De Santis riesce ad ottenere l’emanazione da parte dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici della deliberazione n. 39 (settembre 2008) dai contenuti favorevoli ai fini della riassegnazione alla Btp del cantiere della Scuola Marescialli. Il Ministero delle Infrastrutture guidato da Altero Matteoli, a seguito di questa delibera, nel dicembre 2008 nomina una commissione di cui fanno parte l’ingegner De Santis e l’ingegner Silvio Albanesi, che dovrebbe determinare la rescissione del contratto con l’Astaldi e la restituzione del cantiere alla Btp SpA, con l’incremento dell’indice sismico da 1 a 1,4, con conseguente notevole incremento dei costi per il completamento dell’opera.

 

I contatti con Balducci. Nel luglio 2008 entra in scena Verdini: prende contatti con Angelo Balducci, presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici. I due non si conoscono, a metterli in contatto è «l’amico comune» De Vito Piscicelli, imprenditore romano. Verdini: «Mi scusi se la disturbo ingegnere, sono Denis Verdini, mi ha dato il suo numero l’amico comune Franco Piscicelli. Avrei piacere di incontrarla». Balducci chiede di richiamare: «Adesso ho qualche complicazione con questa questione del G8». Poco dopo Balducci cercherà alla sede di Forza Italia l’onorevole Verdini (sbagliando il nome). La sera Fabio De Santis chiama l’ingegner Balducci e racconta dell’incontro appena avvenuto con Verdini, «molto amico degli ex marescialli, un toscanaccio terribile», dice. Balducci riporta sinteticamente i contenuti dell’incontro che ha appena avuto dicendo che Verdini, già al corrente di tutto, lo ha prima messo in contatto telefonico con un altro soggetto che indica ironicamente come il collaboratore di Salvo, facendo probabilmente riferimento a Salvo Nastasi, attuale capo di gabinetto del ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi che, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 luglio 2008, è stato nominato vicepresidente del Comitato Interministeriale per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. «Fabio scusa — dice Balducci — sono uscito adesso, è andata al di là di ogni aspettativa, perché lui sapeva già tutto». Spiega che Verdini gli ha chiesto, in pratica, di gestire insieme i prossimi appalti: «Straordinario, gli ho detto dei problemi, lui mi ha detto "io sono qua per risolvere insieme a lei questi problemi del territorio, per il resto andiamo avanti come dei treni". È uno anche godereccio, nel senso simpatico, il toscano». Il giorno dopo è Verdini a informare Fusi dell’incontro avuto: «Il problema è che ha bisogno estremo di me Balducci, perché c’è il rischio che tutta quella roba venga bloccata. Non è che ci voleva la benedizione ci vuole che io lavori e sodo, però bene eh! L’ho fatto parlare subito col ministro, stamani si fa un incontro». Verdini ribadisce che c’è bisogno di un lavoro forte. «Gli devo sedare sul territorio tutti quelli che sarebbero contrari perché decisi nel Governo precedente. Comunque poi io ho detto "guardi a questo punto a me m’interessa questa roba qui", dice "va bene poi ci mettiamo a un tavolo identifichiamo le tre, quattro cose da fare e ci arriviamo senza problemi" mi ha detto». Nell’agosto 2008 ci sono altri contatti tra Verdini e Balducci. Verdini chiede: «Mi prepari anche l’elenco dei nostri amici sul territorio che in questi giorni così me li lavoro bene». E il 5 agosto, dalla Versiliana, Verdini chiama Fusi: «Senti sono qui insieme a Altero». Fusi risponde che è in treno e Verdini spiega: «Vabbè nessun problema, chiamalo tra un’ora al Ministero». «Si perché c’è una novità importante», risponde Fusi. Verdini: «Perché secondo lui s’è fatto tutto doveva essere fatto». Matteoli dice: «Sono a Palazzo Chigi c’è il Consiglio dei Ministri, mi chiami o un minuto prima delle sette o se no dopo le otto». Ad agosto la palla è passata al ministero. Lo dice Fusi al telefono a Verdini: «C’è una novità importante che ora ti farò leggere. Ora la palla l’ha lui sulla scrivania. Perché qui s’è bell’e mosso l’autorità di Vigilanza e scrivono a lui quindi non è che lui può dire "no ora vedo", deve fare solo una cosa lui, nominare un Commissario e sospendere i lavori come ho sempre sostenuto io, capito?». Fusi prova a chiamare Matteoli: «So che ci dovrebbe essere stato un po’ di sviluppi per quanto riguarda la Scuola di Firenze lì per quella cosa lì e praticamente dovrebbe arrivare al Ministero una situazione abbastanza importante perché l’Autorità di Vigilanza ha riscontrato varie irregolarità, quindi andrebbe visto come trovare una soluzione». Matteoli dice che sta per partire e la cosa si chiude con notevole disappunto del Fusi che informerà Verdini («telefonata brutta e fredda», dice) il quale promette ancora una volta che si interesserà lui alla vicenda.

 

I soldi e le banche. I soldi sono una traccia fondamentale per capire quali siano le reali condizioni della Btp. Agli atti dell’inchiesta un intero capitolo è dedicato a «Le operazioni bancarie di finanziamento condotte da Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei», imprenditori indagati e perquisiti. Quello che emerge, dagli accertamenti dei carabinieri, è una galassia di società satelliti. La Btp spa, al 28 luglio 2008, ha un capitale sociale di 36 milioni di euro equamente ripartito tra la Holding BRM spa (con sede a Prato) e l’Edil-Invest srl (con sede a Prato): in quest’ultima società Ettore Verdini, fratello dell’onorevole Verdini, risulta essere presidente del collegio sindacale. A sua volta, però, la Btp «è inserita in un gruppo imprenditoriale molto complesso di cui fanno parte altre imprese in qualche modo riferibili» a Fusi e Bartolomei. È il caso della Fidia spa, che è composta a sua volta da sei società ed è incorporata dalla Belfiore e Parco delle Cascine. C’è poi la Santa Croce 2001, ripartita tra cinque diverse società. E ancora: nel rapporto dei carabinieri vengono menzionate la Legi Partecipazioni spa, la Finmari srl, la Servizi tecnici srl (che a sua volta risulta partecipare in altre tre società con sede a Firenze, Calenzano e Prato), Finanza e Progetti srl (società presieduta dall’ex presidente Adf Riccardo Bicchi che ha «avuto incarichi di consulenza tecnica da parte di Firenze Mobilità»). Un puzzle di società, insomma, che ha però un’unica sede: in via Alfieri 5 ci sono 10 società. Un civico «che rappresenta anche fisicamente l’unicità di una serie di società fra loro intrecciate e riferibili alla Btp spa nelle persone di Riccardo Fusi e Vincenzo Di Nardo». Sempre sul solito campanello Gst Global, la Baselnet Consulting, la Sit spa (dove siedono il colosso di costruzioni Consorzio Etruria, Mps e Camera di Commercio di Firenze). Ancora: ci sono altre sei società censite nel rapporto. Ma una è particolarmente interessante: la Immobiliare Ferrucci srl. Nel 2008 viene stipulato un contratto di pegno su quote tra la Edil Invest srl (sempre riconducibile a Fusi) e la Holding Brm spa (sempre riconducibile a Fusi) e banche che si faranno garanti: Italo Biagi, perquisito dal Ros con l’accusa di falso interno bancario, firma come legale rappresentante del Credito Cooperativo fiorentino assieme a funzionari del Mps, Cariprato, Banca Mb ed Unipol. Ed è qua il punto. La Edil Invest e Holding Spa hanno richiesto al citato pool di banche un finanziamento di 150.000.000 di euro per l’acquisto del 100% delle quote dell’immobiliare Ferrucci dalla proprietaria Btp spa e del credito intercompany vantato da Btp nei confronti dell’Immobiliare Ferrucci». Ed è la concessione di questi soldi che è alla base delle perquisizioni che hanno toccato Italo Biagini e Riccardo Baronti, funzionario della Bnl. Il 29 gennaio 2009 Fusi chiama Bartolomei e gli racconta una conversazione che ha avuto con alcuni funzionari della Bnl: lo hanno cercato perché i conti non tornano. È nervoso quando spiega che «mi hanno detto che il nostro gruppo è da concordato, che la situazione nostra non è più sostenibile» e che il funzionario gli ha detto: «"Lei mi ha raccontato un monte di balle anche ha riguardo dei 150 milioni del pool perché lei l’ha fatto un’operazione fittizia e non ha preso un lira me l’hanno detto i miei colleghi"». Bartolomei risponde: «Sai ora detto tra me e te ... te tu hai ragione sotto il profilo della Btp Spa ... ma sulla Btp forse si ha torto (...). Comunque bisogna pararla questa di Bnl perché sennò succede casino se questi fanno i bischeri è un problema. Questi qui quando si mettono nei casini loro tu vai nei casini ogni cosa. Dopo non si torna più indietro».

 

L'intreccio di Firenze Mobilità. Un passo indietro. Il 22 maggio dello scorso anno Fusi, dopo aver confermato al direttore generale Biagi «dell’appartamento a Camaiore da metà giugno e per i mesi di luglio e agosto prossimi», parla dell’erogazione «del finanziamento in favore delle imprese» riconducili allo stesso imprenditore, «dietro fidejussione rilasciata dal Credito Cooperativo Fiorentino a seguito della presentazione di garanzie costituite da falsi preliminari di vendita di immobili». Spiega che «bisogna risolvere il prima possibile il preliminare stipulato con la Costruzioni Versiliesi» dato che questa impresa «sta creando problemi». Pressa perché incontri una sua collaboratrice, Monica Manescalchi, a sua volta perquisita nell’inchiesta. Fusi la chiama e le dice: «Devi portare preliminari per 20 milioni... te hai solo 20 milioni: quelli della Unipol... 20 milioni». Ma la situazione è talmente ingarbugliata che Fusi decide di prendere tempo. Intanto dalla Bnl si fanno avanti. E Fusi è in tourbillon di telefonate e riunioni. E il 6 luglio Fusi torna a parlare con una persona: «Avrei pensato di fare questo... "la società Finmari richiede 10 milioni di euro di finanziamento" ... e tu butti giù la richiesta...» dato che «ha ottenuto un finanziamento dalla Mb Banca di Milano». In pratica l’imprenditore «si riferisce alla fittizia acquisizione da parte di Finmari spa di quote della Una spa», la società che ha un albergo di extralusso anche a Lido di Camaiore. Intanto, però, prosegue l’operazione sulle due banche: hanno appena portato le carte alla Bnl e al Credito. Di fatto il 9 giugno scorso Bartolomei dice che le «erogazioni dovrebbero essere sicuramente entro il 30 giugno. Dieci milioni circa per Santa Croce e da quattro e mezzo ai cinque per Fidia» da parte della Bnl. Ma il 16 giugno del 2008 altro problema: Riccardo Fusi viene informato che non tornano gli importi preliminari. E dunque si devono cambiare. E anche alla Bnl le cose sono problematiche, dato che Baronti, il funzionario indagato, lo ha informato che «c’è un esubero di preliminari sulla Santa Croce». Sono momenti drammatici, ma per Fusi «un conto è come stanno le cose. Un conto è come te le faccio vedere, l’importante è avere il finanziamento. Che problemi ci sono?!». Si discute anche di «un’altra complessa operazione di finanziamento dell’importo di 150 milioni di euro, in cui sono interessate 3 banche: Monte dei Paschi di Siena, Unipol e Banca Popolare di Vicenza». Più problemi per risolvere un’unica domanda di soldi. Per prendere i soldi delle caparre dei preliminari per Fusi «si tratta solo di una partita di giro fra le loro imprese, senza alcun reale movimento di denaro. Quello che ti volevo spiegare è che lui s’incarta con il giro, questi qui non sono mica soldi veri, quelli delle caparre, perché entrano e riescono... non so se mi spiego. L’importante è fare il giro perché loro non è che ti dicono che tu li devi lasciare sul conto, se no non ci sarebbe verso...». Le cose, comunque, iniziano a girare. Il 23 giugno del 2008 Baronti della Bnl chiama Fusi e «fa capire che si è pronti per erogare il finanziamento per Santa Croce, mentre per la società Fidia è stato già quantificato l’importo». E il 15 dicembre del 2008 spunta il nome di Verdini. Fusi parla con un collaboratore: «Il presidente Verdini deve andare via oggi per queste elezioni in Abruzzo. Lo potresti raggiungere subito al Credito Cooperativo Fiorentino a Firenze per spiegargli bene l’operazione e lui sta facendo venire il direttore lì e tu guardi se la sblocchi subito?» Si tratta di un operazione riferita al deposito di due fidejussioni. Non ci sono solo buone notizie. Nella serata del 5 febbraio, Riccardo Fusi parlando con il socio Roberto Bartolomei dello stato di criticità che sta attraversando il gruppo, esprime «la preoccupazione che possa succedere qualcosa di estremamente grave». E la mattina del 12 febbraio Riccardo Fusi chiede al socio Bartolomei di far approntare fatture per 3.000.000 di euro intestate alla Btp e rilasciate da alcune società del loro gruppo, in modo da poterle presentare allo sconto alla Bnl e utilizzare il ricavato per abbattere l’esposizione della società Montevalori». Di fatto alti funzionari della Bnl frappongono problemi («difficoltà nell’iter istruttorio propedeutico all’erogazione del finanziamento», scrivono i carabinieri) e ancora al Credito non si muove nulla. Qualcosa cambia. «La mattina del 14 settembre Riccardo Fusi, premettendo che nel pomeriggio è stata fissata una importante riunione in Bnl a cui partecipano le banche interessate nell’operazione riguardante la società Fidia, chiede a Verdini di farvi partecipare anche il direttore del Credito Cooperativo Biagini». E qualcosa si muove. La mattina dell’8 ottobre, Riccardo Baronti della Bnl, dandola come anticipazione assolutamente riservata, informa Fusi che «è stato deliberato il primo finanziamento».

 

De Santis e l’impegno di Verdini. Leonardo Benvenuti, collaboratore di Verdini, (anche lui indagato) chiama Fabio De Santis per sapere in quale fascia è posizionato come incarico lavorativo: «Chiedo scusa se disturbo, io lavoro anche per lei. Prima fascia oppure no?». La ragione di questa richiesta diventa chiara dall’ascolto delle successive conversazioni: Leonardo Benvenuti, Verdini e Fusi si stanno occupando di far promuovere De Santis come Provveditore alle Opere Pubbliche per la Toscana. Questa nomina — dice l’informativa del Ros — costituisce la contropartita per l’apporto che De Santis deve fornire quale componente della commissione appena costituita per la trattazione della vicenda del cantiere della Scuola Marescialli. In un’altra conversazione Verdini accenna cripticamente a Fusi di aver parlato con il ministro Matteoli della nomina di De Santis. Fusi chiama De Santis e chiede direttamente a lui di spiegargli come giustificare la promozione, con quale articolo del decreto legislativo. Riccardo Fusi chiede a De Santis di preparargli una sorta di scheda, assicurandogli che provvederà a consegnarla personalmente all’onorevole Verdini.

 

Firenze Mobilità e il project. La galassia degli interessi della Btp si porta in dote anche Firenze Mobilità, la società partecipata presieduta da Vincenzo Di Nardo. E dunque agli atti dell’inchiesta ci sono riferimenti sui parcheggi che sono stati costruiti da Firenze Mobilità col project financing e gestiti dalla Firenze Parcheggi (società partecipata dal Comune che a sua volta ha quote di Firenze Mobilità) presieduta all’epoca da Alessandro Lo Presti, ex consigliere comunale Ds, dimessosi per partecipare alle primarie Pd per il Consiglio regionale. I carabinieri del Ros, che accennano all’«Operazione Scala della Gherardesca—Fratini—Four Season», hanno infilato nell’informativa «la gestione del parcheggio di piazza Alberti, gli altri parcheggi e l’operazione immobiliare Castello». Chiaro che a questo punto la procura ha aperto un fascicolo. I problemi sono sempre i soldi. Il 14 gennaio scorso Vincenzo Di Nardo chiede a un funzionario della CaRiFi di intervenire sui dirigenti della Cassa di Risparmio di Firenze perché la banca occupi i locali realizzati a piazza Alberti «benché la destinazione d’uso sia in atto solo commerciale in quanto per ottenere la variazione in direzionale, già richiesta al Comune, ci vuole ancora del tempo. Chiedevo, visto la tua grande potenza dentro la Cassa, per ragioni affettive e familiari e aziendali, volevo che tu facessi un intervento per quanto riguarda quella situazione di piazza Alberti. Te sai che piazza Alberti ora come ora è commerciale va bene?». E il funzionario risponde: «Hai voglia. Queste sono cose che tratto direttamente io con quelli della parte che si occupano degli immobili». Di Nardo chiarisce che c’è «l’urgenza di indurre la Cassa di Risparmio ad occupare i nuovi locali è dettata dalla necessità di cominciare ad incassare in canone d’affitto». Intanto, però, quando in Comune fanno i conti sul primo contratto dei parcheggi qualcosa non torna. Una funzionaria di Palazzo Vecchio spiega all’architetto Gaetano Di Benedetto, ex dirigente dell’urbanistica e responsabile unico del project (poi indagato nell’ambito dell’inchiesta su Castello): «L’ho convertito dalle lire in euro... il costo del progetto chiavi in mano mi viene 12.290.644 e non 12.573...». E Di Benedetto minimizza: «Mi sembra di capire che è una differenza minima però». Una differenza di 300 mila euro. Non solo: la funzionaria sostiene che non riesce nemmeno a spiegarsi gli importi riferiti al parcheggio di piazza Beccarla: «Sembrano maggiorati di altri 70.000 euro». E Di Benedetto prende tempo: «Non lo so, ora io sono fuori, non ho tutte le carte, fai una lista dei dubbi». E sempre di soldi si parla l’11 gennaio scorso quando Vincenzo Di Nardo chiede a Lo Presti di inviargli, quale presidente del cda di Firenze Parcheggi, «una lettera con cui chiede di annullare la fideiussione revolving per 2 anni, avendo Di Nardo già concordato con le banche» che sarà concessa per 6 mesi. Dice Di Nardo: «Bisogna che tu mi butti giù una lettera ma prima me la fai vedere in bozza dove mi dici "essendo l’operazione ormai conclusa, essendoci solo problemi di gestione, essendo la nostra società un soggetto partecipato dal concedente, affidabile perché partecipata dalle stesse Istituti di credito. Si richiede in virtù del contratto d’appalto per cui Firenze Mobilità è passante, di poter per nostro conto rinegoziare la fidejussione chiedendola di non. Chiedendo di non di evitare la fidejussione revolving per 2 anni. Ovviamente loro ci acconsentiranno a farcela dare revolving di 6 mesi invece che 2 anni. Però noi dobbiamo chiedere che non ci sia per niente allora falla buttare giù, io ho già concordato con loro che appena mi arriva questa lettera, gliela riinvio e poi faccio una riunione della banche e quindi la fidejussione passa... viene concordato, viene proposto da loro di farla a 6 mesi. E quindi siamo, questo sarebbe fatto... quindi ecco preparami per favore questa lettera qui in bozza magari la concordiamo: così la concordo anche con le banche, va bene?». E Lo Presti è d’accordo: «Ho capito. Bene. Ti mando in bozza, va bene». E il 16 gennaio il solito Di Nardo si preoccupa anche dei «contatti con un investitore internazionale di fondi che è interessato ad acquistare il 20% della quota della Camera di Commercio e probabilmente potrebbe essere interessato anche ad una quota di Firenze Parcheggi». E il 22 gennaio del 2008 Di Nardo chiama il presidente della Camera di Commercio di Firenze, allora indagato per truffa allo Stato dalla Procura di Nocera Inferiore per la vicenda relativa alla Boma, prospettandogli questa possibilità. E questi risponde a Di Nardo: «Quindi te potresti vendere la tua quota e le nostre quote di Firenze Mobilità».

 

L’intervista. Fusi ironizza su un’intervista rilasciata da Verdini a Libero il 23 agosto in cui fa riferimento a Fusi e ai suoi rapporti con il parlamentare. Alla domanda "ma è vero che lei c’ha degli interessi sulla tramvia?" Verdini risponde: "No. Lì la gara l’ha vinta un imprenditore". Domanda: «Le malelingue dicono che lei abbia interessi nella tramvia di Firenze voluta dal sindaco del Pd Leonardo Domenici e che è per questo che lì non esiste una vera opposizione". "Non ho nessun interesse l’imprenditore che ha vinto gli appalti è Riccardo Fusi, è mio amico da sempre, però se lei gli telefona e gli dice di darmi qualche quota azionaria mi fa un piacere".

 

L'Ingegner Vincenzo Di Nardo si è dimesso da tutte le cariche, informa pochi giorni dopo Repubblica Firenze. Era amministratore delegato della Baldassini Tognozzi Pontello (Btp), presidente di Firenze Mobilità, presidente, amministratore o consigliere di un'altra ventina di società, vicepresidente dell'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) con delega per i progetti speciali innovativi nel partenariato pubblico-privato. La sua rinuncia a tutti gli incarichi segue di quattro giorni le dimissioni di Riccardo Fusi dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione della Baldassini Tognozzi Pontello. L'impressione è quella di un effetto domino dell'inchiesta sul G8, sui Grandi Eventi e sulla Scuola Marescialli e degli arresti e delle perquisizioni eseguiti il 10 febbraio dai carabinieri del Ros e dalla polizia giudiziaria non soltanto nell'abitazione di Fusi ma anche negli uffici della Btp. Del tutto inconsapevolmente, Di Nardo è stato una delle prime fonti, forse la prima, a cui hanno attinto i carabinieri del Ros e i pm Giuseppina Mione, Giulio Monferini e Luca Turco della procura di Firenze per addentrarsi nei retroscena degli appalti per il G8, per la protezione civile e per i Grandi Eventi.

Il 28 dicembre 2007 - dopo aver appreso che la Btp, che aveva presentato un progetto di Arata Isosaki, era stata battuta nella gara per il Nuovo Teatro della Musica di Firenze gestita dal dipartimento per il turismo della presidenza del consiglio nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia - Di Nardo esplose in un diluvio di rabbia che non si placò nei giorni successivi. Non sapeva di essere intercettato e parlava a ruota libera: «Questo è un appalto banditesco, gestito da una cricca di delinquenti». «Prima o poi si leggerà sui giornali che li hanno cuccati con qualche tangente in mano», prevedeva. «Questi poi sono violenti, io ho visto la squadra in azione, è una task force proprio insieme, unita e compatta, e sono dei bulldozer». «La Roma ladrona ha occupato ovunque», si infuriava, ipotizzando che il sindaco Domenici avesse «avuto l'ordine» da Walter Veltroni. «Il Domenici si è soggiogato a Veltroni», si indignava. «Ma che devo votare?», chiedeva: «Devo essere alla corte di Veltroni o alla corte di Berlusconi e alla corte di Dell'Utri, ma che siamo pazzi?»


Non poteva sapere che l'inchiesta su «Roma ladrona» avrebbe finito per coinvolgere anche lui, per aver tentato con Riccardo Fusi di entrare nel giro dei lavori per i Grandi Eventi e la protezione civile, accettando di lasciarsi guidare nei meandri ministeriali da Pierfrancesco Gagliardi detto Gargamella e da suo cognato, il conte ingegnere Francesco De Vito Piscicelli, ben introdotto nei ministeri ma anche collegato (secondo le accuse) ad ambienti camorristici. Ragion per cui la procura di Firenze ha ipotizzato nei suoi confronti, così come a carico di Fusi, del vicepresidente della Btp Roberto Bartolomei e dei due cognati napoletani, l'ipotesi di reato di associazione a delinquere con l'aggravante di mafia. Dopo dieci giorni di tormenti, mentre cresceva l'incubo di nuovi arresti, Di Nardo si è rivolto all'avvocato Valerio Valignani e infine ha deciso di lasciare tutti gli incarichi.

 

Restano in questa squallida vicenda da appurare le responsabilità penali, quelle morali, etiche e politiche sono già evidenti sotto gli occhi di tutti i cittadini!

 

P.S.  Senza dimenticare l’indagine che, sempre la magistratura fiorentina (risvegliatasi dopo il lungo torpore del periodo Nannucci), si va conducendo sui lavori pubblici nella zona di Barberino del Mugello – svincolo autostradale, outlet, cave ecc. – e che vede nell’occhio del ciclone l’assessore della Regione Toscana Cocchi e il consigliere regionale del PD Parrini, più molti altri dirigenti e funzionari pubblici presunti infedeli.

 

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