futuro ieri
CRITICA LOCALE
Periodico cartaceo e telematico ~ Anno VII ~ Numero 18 ~ Inverno 2009
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La frase poetica “A Fra’
che te serve” era diventata una sorta di slogan della tangentopoli in stile
Prima Repubblica, dove Fra’ era Franco Evangelisti uno dei luogotenenti più
maneggioni di Andreotti.
Oggi l’inchiesta della Procura della Repubblica di Firenze porta alla luce una
nuova tangentopoli, stavolta alla corte dei Medici, dove l’epiteto suddetto
rischia di diventare un emblema e al tempo stesso un epitaffio per la classe
politica che negli ultimi dieci anni ha governato la città.
Ciò che emerge dagli atti processuali è un sistema di potere incancrenito e
oramai in via di putrefazione. La cosa migliore per spiegarlo e capirlo fino in
fondo è far parlare i diretti protagonisti. I virgolettati sono rigorosamente
tratti dai verbali pubblicati sugli organi di informazione.
Andrea Bottinelli, presidente del CdA del Consorzio Castello, commentando la
notizia del nuovo stadio di calcio con l'architetto Vittorio Savi (uno degli
indagati assieme a Biagi, Cioni, Ligresti, Rapisarda, Casamonti e Giombini)
manifesta la sua perplessità circa la compatibilità urbanistica del progetto.
Bottinelli: «Mi sembrano matti tutti... non so come fa ad andare lì la
Provincia, la Regione, l'aeroporto, lo stadio, 1.500 famiglie e le scuole... boh...
io penso che ci metteranno sul giornale perché mai vista una discarica più
intasata di quella che state facendo lì... dai... ma poi solo i flussi di
traffico di trasporti... quindi per vincere le elezioni si parla dello stadio a
Castello, ma ti pare? Vicino alla Provincia magari... vicino alle scuole. Chi
abita lì ha il rumore dell'aeroporto... il rumore del traffico... il rumore
dello stadio... cazzo e mandiamo lì 1.500 appartamenti... »
Conversazione dello scorso 20 settembre, tra il Sindaco di Firenze Leonardo
Domenici, ad oggi estraneo all'inchiesta, e il suo Assessore all’Urbanistica
Gianni Biagi:
Domenici: «Quanta cubatura è»?
Biagi: «Senti per darti un'idea è 1.400.000 metri cubi complessivi»
D: «Ma hanno già deciso cosa farci?»
B: «Aspetta... 1.400.000 è compreso la sede della Regione e la scuola
sottufficiali, eccetera »
D: «Va beh... va beh»
B: «Circa, però loro aspetta... però loro ultimamente ci hanno chiesto di
cambiare questa variante che faremo... una quota delle destinazioni finali di
residenza... perché»
D: «Vogliono fare più case quindi»
B: «Sì è su questa quota che si cambierà... se il Consiglio comunale sarà
d'accordo... si applicherà la norma del 20 per cento dell'affitto»
Conversazione tra Biagi e il Capogruppo del PD in Consiglio Alberto Formigli. Si
parla del parco di Castello.
Biagi: «Allora... loro vendono le aree alla Regione e alla Provincia... e
sarebbero disponibili a farlo a questo punto... noi... e poi... per fare la sede
degli uffici regionali e provinciali e regalano al Comune di Firenze l'area per
fare la scuola della Provincia»
Formigli: «Mmm...»
B: «In cambio noi gli si... noi gli si considerano le quote dell'edilizia nuova
della Provincia e delle scuole... nel computo complessivo... o meglio gli si
aumenta l'edificabilità pubblica di 25 mila metri quadrati... (si corregge) di
65 mila metri quadrati... cioè praticamente gli si lascia inalterata la loro
quota di edilizia privata... va bene?... »
F: «Ricordati che io voglio 10 ettari... no 10... ho detto bene 10 ettari... sì»
B: «Quello si vede dopo raga... se no... Il problema è che lì c'è una questione
collegata... Perché con gli oneri di urbanizzazione che si è aumentato loro ci
fanno anche il parco... tutto... se poi noi gli si dice da una parte il parco
non ce lo fate datecelo ci si fa case, si discuterà dopo... io questa cosa non
la vorrei mettere in discussione perché se no si riblocca tutto un'altra volta.
Perché se tu vuoi invece del parco farci le case bisogna cambiare la
convenzione»
Il 20 settembre scorso. Domenici dice a Biagi: «Smitizzare l'idea del parco e
dire che quindi che questo è tutto contro un certa sinistra, eccetera, e dire
che non, non è che fare il parco di per sé sia una garanzia se poi il parco e
può essere molto meglio farci quello che ha proposto ieri Della Valle... questo
è il punto»
Biagi: «Tieni conto comunque Leonardo che tutto quello che c'è previsto nel
progetto Della Valle più tutto quello che c'è previsto nel piano di Castello non
ci sta... Bisogna che sia dato un ridimensionamento all'ipotesi di Della Valle
in termini di dimensioni, come s'era detto. Loro bisogna che da 80-90 arrivino a
40 ettari»
D: «Non è un problema di quantità, è chiaro che dobbiamo cominciare a dire che
il parco così come è concepito non è...»
B: «Può essere oggetto di una rivisitazione »
D: «Non è... non è una roba fondamentale, ecco diciamo così: questo il punto»
B: «C'è tutta la parte commerciale... e tutta la parte della logistica
alberghiera potrebbe benissimo essere realizzata all'interno delle previsioni
già esistenti se Ligresti gli vendesse quella parte a Della Valle»
L’Assessore alla Sicurezza Sociale Graziano Cioni e l’avvocato Fausto Rapisarda
(dirigente della società Europrogetti, Gruppo Ligresti) parlano del parco nel
settembre scorso e l’uomo di Fondiaria dice all’Assessore: «l’unica collocazione
(per lo stadio ndr) è il parco. Quindi o si fa il parco o si fa lo stadio». E
Cioni replica: «ma lui (Domenici ndr) ha già detto che il parco fa cagare e che
quindi si può fare...»
Per poi chiudere così la conversazione, Cioni: «Un abbraccio per ora, io sono a
lavorare come sempre per voi»
Lo scorso primo ottobre da un dialogo tra Gualtiero Giombini e Fausto Rapisarda,
due uomini di Ligresti, si capisce quanto importanti siano proprio quei
«documenti». Significativo, in tal senso, è un passaggio laddove Rapisarda dice:
«Ti dico la mia opinione, anche se ti arrabbi. Dobbiamo portare a casa tutte le
licenze... tutte quelle che ci danno ce le dobbiamo prendere, senza perdere
tempo perché noi con le licenze in mano... comandiamo noi... »
Rapisarda dice a l'ufficio relazioni esterne del gruppo Fondiaria Pier Luigi
Berdonini: «Gli devo dire una cosa importante. Ieri sono stato da Biagi per
vedere come vanno le cose e poi sono andato soprattutto per la questione
Provincia... perché io avevo già incontrato Renzi, però, questo... Io voglio
sapere chiaro se ci vanno o non ci vanno, anche perché la variante che stanno
facendo insieme a noi è una variante che è fatta per la Provincia». Rapisarsa sa
sempre tutto e anche in anticipo: lo scorso 13 marzo il suo addetto stampa lo
informa che Regione e Provincia hanno dichiarato che sono disposte a comprare le
aree e gli chiede se deve preparare una dichiarazione per i giornalisti. La
risposta di Rapisarda è inequivocabile: «Cerchi di essere freddo, noi non
sappiamo niente, capisce? Noi quand'è che sapremo qualcosa? Quando verrà fuori
il comunicato (emesso poi da Regione e Provincia, ndr). Ma noi non sappiamo
niente perché non abbiamo mai partecipato alla riunione. Manco sapevamo che
c'era, quindi che vado a dirgli io? Sono d'accordo? Allora si capisce che siamo
d'accordo veramente»
Il 19 febbraio 2008 Fabrizio Bartaloni del Consorzio Etruria chiama Biagi per il
bando di Castello.
Biagi: «ma guarda hai visto la Repubblica di domenica dove c’era un accenno al
fatto che Ligresti è disponibile a vendere»
Bartaloni: «sì sì»
Biagi: «e che noi ora stiamo cercando di convincere... la Regione ci ha già
scritto che è disponibile a comprare»
Bartaloni: mmh»
Biagi: «ora dobbiamo parlare con...»
Bartaloni: «cioè comprano l´area e poi fanno le gare..»
Biagi: «esattamente»
Bartaloni: «ah e va bene...»
Biagi: «siccome il prezzo di esproprio è stato ormai equiparato al prezzo di
vendita»
Bartaloni: «sì è il 75%»
Biagi: «no no, la finanziaria di quest’anno dice esplicitamente che ormai il
prezzo di esproprio è uguale al prezzo di vendita punto... e quindi a questo
punto non c’è più differenza tra espropriare e comprare... a questo punto
abbiamo proposto a Ligresti di vendere le aree per fare la Regione»
Bartaloni: «Certo»
Così, dicono i magistrati, si spiega anche l’imbarazzo dimostrato da Biagi
quando il 16 febbraio un giornalista della Repubblica gli chiede se è vero che
Ligresti è disposto ad accettare che la realizzazione degli uffici di Regione e
Provincia sia affidata a mezzo asta pubblica.
Il giornalista: «Allora accetta la gara Ligresti»
Biagi: «Non è che accetta... si è dichiarato disponibile a trattare
l’operazione, perché chi ti ha dato questa notizia? Via raccontami cosa sai?
Cosa vuoi scrivere?
Giornalista: «No no...»
Biagi: «Questa cosa deve uscire bene perché è importante... quindi non può
essere sputtanata per il volere di qualche testa di cazzo che ti passa mezza
notizia... oggi si parla di tram... è inutile mettere in mezzo altre cose...
bisogna chiarirsi un attimo perché c’è una reale possibilità di chiudere la
vicenda in modo tranquillo per tutti»
Il 20 febbraio Biagi parla con Rapisarda:
«La mia paura... è che io ho detto ai miei che nessuno deve fiatare... è che non
voglio bruciare ‘sta cosa... perché questa, questa è l´ultima spiaggia... tra me
e te capisci...»
Il comportamento di Biagi sembra strano persino a Gaetano Di Benedetto, ex
Direttore dell’Urbanistica del Comune di Firenze, che il 22 dicembre 2007 parla
di lui ad Andrea Bottinelli, presidente del Consorzio Castello.
Di Benedetto: «...allora Gianni aveva preso la decisione di andare a trovare
Ligresti... ieri...»
Bottinelli: «me lo ha detto, però non è potuto andare»
Di Benedetto: «Mi ha fatto lavorare in questi giorni che sono quello che sono...
Mezza giornata per preparare un promemoria»
Bottinelli: «Gli devi preparare il copione...»
Di Benedetto: «... comunque la situazione ovviamente è ridicola»
Bottinelli: «Secondo me lui non la recupera più, eh?»
Di Benedetto: «... no lui... non può essere lui a recuperarla»
Bottinelli: «Bravo esattamente, infatti per certi versi lo stimo ma...»
Di Benedetto: «è una conclusione ovvia»
Bottinelli: «Lui non può più»
Di Benedetto: «Lui si è giocato per niente, veramente per... un’elemosina delle
posizioni molto forti che poteva avere»
Bottinelli: «Sicuramente»
Di Benedetto: «Ma qui ormai ci vuole il nuovo assessore per recuperare qualcosa»
Bottinelli: «Credo anche io perché anche al sindaco non gliene frega niente»
Sempre il 21 agosto scorso Graziano Cioni al telefono con Fausto Rapisarda:
«Duecentomila nuclei familiari devono ricevere a casa il regolamento di polizia
municipale, quello contro il degrado, contro... insomma una cosa seria, una cosa
per la tutela e il decoro di Firenze, che poi sono i cavalli di battaglia che ho
scelto io, si può contare su di voi per un po’?»
Rapisarda: «Graziano, ma quant’è il costo totale?»
Cioni: «... eh, il costo totale è una cifra esagerata, lascialo fare, il costo
totale è una cifra esagerata perché mi ci vuole, solamente di posta, centomila
euro, quindi il costo totale lascialo fare, poi c’ho la stampa, eh, i grafici»
Rapisarda: «... certo, certo, dimmi tu, Graziano»
Cioni: «... no no no, dimmelo te, io non ti voglio mettere in difficoltà, perché
questo non ti deve mettere in difficoltà... te hai una tua autonomia piccola,
no?»
Rapisarda: «... sì». Cioni: «Questa autonomia piccola quant’è?»
Rapisarda: «... 20, 30...»
Cioni: «... 30! ... aggiudicato vai!! ...gli altri li trovo io...»
Il responsabile della comunicazione di Fondiaria, Pierluigi Berdondini, teme
però che la sponsorizzazione possa recare un danno, più che un vantaggio, di
immagine. «La mia paura è di guastare un rapporto che ho costruito in 5 anni,
capisce?», dice Rapisarda a Berdondini il 28 agosto. «Un rapporto che ha dato i
suoi frutti, su questo non c’è dubbio...», dice ancora l’avvocato. Alla fine i
30 mila euro vengono dati.
Un passo indietro, il primo aprile, c’è una telefonata tra i due che si chiude
così. Cioni: «... ti dico, siamo ad aprile, ricordati del ragazzo». Entra dunque
nell’indagine la figura di Emiliano Cioni. Rapisarda si informa in azienda sulla
sua situazione. Il 29 telefona a Domenico Castelli di Fondiaria per informarsi
prima di un incontro con l’assessore. Rapisarda: «il figlio di quel mio amico...
poi lei... ha insomma... gli ha dato il premio... cos’è che mi diceva lei...?».
Castelli: «... no glielo diamo appena partiamo con gli altri perché non becca
niente nessuno». Il 10 luglio un’altra conversazione. Castelli: «Volevo dire...
allora per Cioni». Rapisarda: «Ah?». Castelli: «Siccome già prende una
sbaraccata di soldi... avevo pensato ad una unatantum». Infine la vicenda
dell’appartamento di viale Matteotti, preso in affitto da Cioni per un’amica
particolare. Fatto penalmente irrilevante (anche se per 6 vani e mezzo il canone
è di soli 600 euro al mese), ma secondo la Procura della Repubblica di Firenze
si inserisce nel contesto dei rapporti con Fondiaria. Cioni non esita a chiamare
Rapisarda anche per fatti di minima rilevanza, come l’installazione di una
parabola. E l’alto dirigente di Fondiaria si fa in quattro per accontentarlo.
Cioni: «ascolta, per salire sul tetto di viale Matteotti a chi si deve rivolgere
per mettere Sky?». Rapisarda: «...ci penso io. Adesso chiamo subito i miei».
Segue telefonata al ragioniere di Fondiaria, che pone alcuni problemi formali.
Rapisarda: «... va bè ragioniere non facciamo i fiscali... Sia gentile, se non
era importante non gli rompevo l’anima... ma lei sa quant’è importante...»
L’assessore Biagi, va dato atto, sul tema Castello è esplicito. E a Rapisarda
dice: «Quanto si farà emergere sui giornali (e in particolare che vi saranno
gare pubbliche) è solo fumo negli occhi dell’opinione pubblica in quanto le vere
decisioni sono di segno completamente diverso e saranno in linea con gli
interessi del gruppo Fondiaria»
E’ una lettura illuminante quella delle intercettazioni. Soprattutto perché gli
indagati sbeffeggiano anche le loro dichiarazioni pubbliche, scherzano sulle
gare d’appalto obbligatorie per legge, ridisegnano quel parco da 80 ettari che
dovrebbe costare 10 milioni tutti a carico del privato, e piazzano al suo posto
qualunque cosa. Dietro il sequestro dell’area di Castello, eseguito dai
carabinieri del Ros l’altro giorno e dietro quelle 140 pagine di decreto,
emergono altri passaggi essenziali del teorema dell’accusa di corruzione. Il
giudice attribuisce un ruolo fondamentale proprio all'assessore Biagi che - si
legge nell'ordinanza di sequestro di 144 pagine firmata dal Giudice per le
indagini preliminari - «fa dei doveri di fedeltà, imparzialità e onestà del
pubblico ufficiale meno di un vuoto simulacro » al punto da diventare un
«grimaldello» nelle mani di Fondiaria. Scrive ancora il Gip, riferendosi ai
permessi di costruzione rilasciati da Palazzo Vecchio a Ligresti l'estate
scorsa, che questa «è l'anomalia più macroscopica in questa vicenda, che pure di
anomalie ne presenta parecchie; insomma, l'interesse pubblico, questo
“sconosciuto”, è lasciato in un angolino asservito ora a logiche di guadagno,
ora a logiche di competizione politica che mal si adattano ai compiti
istituzionali al cui servizio l'opera di Biagi dovrebbe essere finalizzata».
Gianni Biagi è formalmente dirigente (sic!) della Regione Toscana, a quando una
sua sospensione dai ruoli organici dell’Ente???
Francesco Carrassi ha
lasciato l'incarico di direttore del quotidiano La Nazione. La decisione è stata
presa dopo la divulgazione delle intercettazioni telefoniche (pubblicate da
Repubblica nelle pagine fiorentine il 30 novembre 2008) che lo chiamano in causa
per aver partecipato «alla partita per la conclusione dell’operazione Castello».
L’operazione dovrebbe far nascere un nuovo vasto quartiere di Firenze ma sul
tutto aleggia l’ombra della corruzione.
Francesco Carrassi si è dimesso ieri sera dall’incarico di direttore del
quotidiano la Nazione. La decisione è stata presa in relazione alle
intercettazioni telefoniche che chiamano in causa Carrassi per aver partecipato
«alla partita per la conclusione dell’operazione Castello». Le dimissioni,
arrivate dopo un colloquio con l’editore, sono state comunicate al comitato di
redazione (l’organo sindacale del giornale), che ha informato l’assemblea dei
giornalisti. L’azienda ha preso atto e ha nominato immediatamente direttore ad
interim l’attuale vice, Mauro Avellini.
Nel primo pomeriggio il presidente dell’Ordine dei giornalisti Del Boca aveva espresso «sorpresa e sconcerto. Chiederò alla magistratura copia degli atti (da inviare agli Ordini regionali competenti) per le valutazioni disciplinari, a tutela dell’onorabilità dei colleghi e di tutta la categoria».
L’Ordine toscano affronterà il caso il 3 dicembre. Il presidente dell’Associazione stampa toscana, Sieni, ha auspicato che «si faccia chiarezza al più presto sulle intercettazioni che riguardano Carrassi. Nessuna ombra può gravare sul fondamentale diritto-dovere di cronaca e sui tanti giornalisti che lo esercitano con scrupolo e coraggio».
«Alla partita per la
conclusione dell’operazione Castello partecipa anche Francesco Carrassi,
direttore del quotidiano La Nazione» scrivono gli investigatori in apertura di
un capitolo dell’inchiesta giudiziaria lungo 38 pagine e dedicato alle
intercettazione delle telefonate fra Carrassi e il «plenipotenziario» di
Fondiaria a Firenze Fausto Rapisarda. Si parla delle aspirazioni di Carrassi ad
approdare alle relazioni esterne di Fonsai, di un appartamento che il direttore
vorrebbe prendere in affitto dalla compagnia, di vacanze in Sardegna in un
villaggio turistico di Fondiaria. Carrassi offre buona stampa per i progetti di
Ligresti a Castello e anche altrove: «Domenica farò quel fondo su Impregilo che
mi ha chiesto l’ingegnere», dice una volta. Carrassi offre anche buone relazioni
con il presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi (Partito Democratico),
che chiama «il ragazzo», e con il vice presidente della Regione Toscana Federico
Gelli (Pd) con cui il 9 ottobre va a cena insieme a Rapisarda. Non c’è
telefonata, tra Carrassi e Rapisarda, in cui il direttore non chieda a che punto
è la pratica sulle sue aspirazioni personali: «Ma come mai ci pensa così tanto
l’ing.?» domanda il 5 giugno. Rapisarda risponde ancora una volta in modo
interlocutorio: «ah... ma è una cosa importante Frank... una cosa importante...
ci sta riflettendo...». Le vacanze di Carrassi a Villasimius in Sardegna, dal 4
al 18 agosto, sono concordate in alcune telefonate, una è del 21 luglio. «Carrassi:
"per me tutto a posto come lo scorso anno?... no... tutto chic". Rapisarda: "...
tutto come lo scorso anno". Carrassi: "Fausto se c’è... se c’è da pagare
qualcosa io la pago". Rapisarda gli fa capire che è tutto offerto, come l’anno
prima: "no, no, anche lì puoi andare lì alla spa... tutto come l’anno scorso"».
Nella seconda metà di marzo si parla di case. Carrassi ha visto due appartamenti
di Fondiaria che gli interessano per l’affitto. Rapisarda accenna al prezzo:
«quello non ti preoccupare... ma tu dimmi cosa vuoi pagare... secondo te... che
problema c’è?».
In alcune telefonate Carrassi si vanta degli articoli sull’affare Fondiaria
fatti dai suoi redattori, ricevendone i ringraziamenti da Rapisarda. Alla fine
di maggio: «Mi pare che io abbia esaudito il tuo desiderio». E Rapisarda: «Sei
grande... grazie... ho raccontato tutto "al mio" eh?... dice che è contento...
certo che è contento». Ancora Carrassi che ha fatto pubblicare una piccola foto
di Ligresti: «Però lo hai visto come mi sono preso l’impegno... l’ho messo? ho
messo la sua fotina... ma così che noi bisogna lavorare... eh... Fausto». Con
l’amico di Fondiaria il direttore de La Nazione commenta la cena con Gelli e il
prossimo appuntamento che Rapisarda ha con Massimo D’Alema (Pd). Gli consiglia
di darsi disponibile: «Ti dico una cosa... noi dobbiamo essere delle bagasce
d’alto bordo... che la promettono a tutti e non la danno a nessuno».
Il plenipotenziario di
Fondiaria a Firenze, l’avv. Fausto Rapisarda, conosce per caso il vice
presidente della Regione Toscana, Federico Gelli, il 12 marzo 2008 alla Taverna
del Bronzino. Quello stesso giorno, alle 19.30, racconta al telefono ad una
terza persona: «io oggi... per caso... ero a pranzo con Francesco Carrassi...
no?... con il direttore de La Nazione... ed ero andato al ristorante... sai chi
c’era?... c’era Gelli... che io non conosco... e allora siccome Francesco è
andato a salutarlo... lui era con altri, si sono alzati perché non so chi
erano... poi lui ha detto che erano funzionari della Regione... ma lui mi ha
fatto un sacco di cose... Gelli eh!... sì mi ha detto..."vienimi a trovare
quando vuoi... mi fa piacere che ti ho conosciuto"... quante cose... non vuol
dire niente... te lo sto raccontando perché è stato veramente un incontro
casuale va... sì, sì non era freddo... ecco non era freddo perché è... la prima
volta che lo vedo... eh... non è che... subito mi ha dato del tu... capisci?».
Il 3 ottobre Rapisarda è colpito da un’intervista nella quale Gelli afferma che
la Regione è disposta a lasciare disponibile la propria area per consentire la
realizzazione dello stadio a Castello. E chiama Carrassi. «... ma, se vuoi lo
invitiamo... lo invitiamo a cena» propone il direttore de La Nazione. Pochi
minuti dopo Carrassi ritelefona per confermare l´appuntamento a tre. «... okay
giovedì 9 ore 21».
Alle 20.27 del 9 ottobre, «evidentemente prima di andare a cena con Carrassi e
Rapisarda» - annotano gli inquirenti - Gelli «si informa con l’assessore
all’urbanistica del Comune di Firenze, Gianni Biagi (Pd), se vi sono dei recenti
mutamenti che riguardino la Regione dopo le notizie della scelta dell’area
Castello per la realizzazione dello stadio».
Dice al telefono Gelli: «...
senti ti volevo chiedere una cosa... l’opzione Castello per la Regione
Toscana... è cambiato qualcosa per noi?... oppure no?». Risponde Biagi:
«sicuramente no... no quello... le questioni relative allo stadio non hanno
nessuna relazione con la localizzazione della Regione a Castello... no non c´è
nessuna relazione... se a Castello si farà lo stadio... si farà all’interno del
parco o nella parte sud o nella parte a nord se cambia la pista... e diventa
parallela in entrambi i casi non c´è nessuna influenza con la zona già prevista
per l’edificazione della Regione». Gelli: «perfetto... senti, che tu sappia noi
siamo andati... cioè c’è stato qualche passo in avanti rispetto al ragionamento
sull’acquisizione dell’area o no?». Biagi: «... senti io non lo so... mi
dicevano da Fondiaria... ma poi ho avuto conferma anche... che c’è stata... cioè
ci sarebbe la nomina di un gruppo che dovrebbe definire le condizioni per
poter... acquistarlo... io oltre quello non so».
«Alle 22.55 successive - scrivono - Rapisarda chiama Carrassi per ringraziarlo
per aver organizzato la cena, aggiungendo che addirittura fra lui e l´altro
ospite, alludendo a Federico Gelli, si è subito consolidato un rapporto di
amicizia». Rapisarda: «solo per ringraziarti Francesco... ci siamo baciati...
baciati (ride)». Carrassi parla degli argomenti trattati a cena: «... comunque è
stata un’operazione... ma io poi sono andato direttamente sulla questione...
sembravamo... sembravamo... una... una serie di signore che volevamo il cazzo e
nessuno ha il coraggio di dirlo». Rapisarda: (ride)... bravo... però tu sei
sempre number one e hai avuto il coraggio di introdurre... eh... lo so... ero un
po’ in imbarazzo... però lui è stato molto». Carrassi su Gelli: «... siccome il
ragazzo passa da me... io ho voluto che ti ripetesse anche a te... cosa vuol
fare da grande». Ancora Carrassi su Gelli e sulla sua presunta corsa alla
presidenza della Regione in competizione con l’attuale assessore alla sanità
Enrico Rossi (Pd): «cioè questa gente intanto... loro hanno bisogno...
capito?... di essere supportati... poi se va... bene... questo è un cavallo se
vince bene... se vince Rossi... viva Rossi».
Annotano ancora gli investigatori: «Carrassi evidenziando ancora il suo ruolo avuto nella serata, fa chiaramente capire che è stato lui, senza tanti inutili preamboli, ad introdurre il tema di Castello nella discussione». E si vanta delle risposte avute da Gelli, Carrassi: «... però insomma t’ha dato una grande assicurazione...». Annotano gli inquirenti: «Rapisarda fa capire che Gelli avrebbe preso l’impegno di dire in pubblico certe cose nascondendo la realtà delle cose». Rapisarda: «sì, sì... sì... cavolo!... cavolo!... mi anche detto... ha anche detto... ti ricordi che in pubblico lui deve dire certe cose... ma la realtà è diversa... eh... bravo Francesco!!... bravo!... bravo!».
Per portare a termine l'affare sull'area di Castello, ai confini fra Firenze e Sesto Fiorentino, bisogna avere il via libera dalla Regione Toscana. Proprio i passaggi di questa trattativa vengono analizzati dai carabinieri del Ros, coordinato dal pool composto dal procuratore capo Giuseppe Quattrocchi, Giuseppina Mione, Gianni Tei e Giulio Monferini. Passaggi contenuti negli atti a disposizione degli avvocati difensori Pier Matteo Lucibello, Renzo Ventura, Patrizia Polcri, e Giuseppe Taddeucci Sassolini. La presenza della sede della Regione è prevista dal protocollo tra Comune, Provincia e Regione del 2006, ma la sua attuazione è stata bloccata fino all'inizio del 2008 per la clausola che concede a Fondiaria - Sai la possibilità di costruire il centro direzionale pubblico. Con l'ultima finanziaria di Prodi è stato equiparato il prezzo degli espropri a quello di mercato e data la possibilità agli Enti di comprare dai privati a prezzo di mercato. A marzo quindi Regione e Provincia hanno spiegato che l'area sarebbe stata comprata da Fondiaria. La commissione tra Regione e Fondiaria, con un membro terzo, si è insediata ma non ha trovato l'accordo sul prezzo: a oggi non c'è nessun atto che impegni la Regione a comprare da Fondiaria e a quale prezzo.
Un primo passaggio viene registrato lo scorso 19 giugno quando Salvatore Ligresti (già pluri condannato) chiama il suo «ambasciatore» fiorentino l’avv. Fausto Rapisarda, entrambi indagati per corruzione. Spiega Ligresti: «Senti, mi portano una lettera in Regione per quell'area del coso. Dice... “Noi facciamo un'offerta”, cioè dobbiamo essere noi a fare l'offerta. Loro vedono se questa roba gli va bene e basta». Rapisarda puntualizza contrariato: «Insistono sull'ipotesi originaria, cioè che non vogliono fare una perizia, vogliono una trattativa con prezzo». Ligresti è d'accordo: «Come facciamo... qualunque prezzo diciamo, no, no, è pericoloso». È un problema non da poco, perché Rapisarda, parlando con un'altra persona, dice che da un lato Ligresti vuole vendere gli immobili ma è prevenuto nel fare l'offerta alla Regione. E l'altro interlocutore sostiene che il gruppo Ligresti vuole piazzare gli uffici della Regione proprio a Castello: «Noi abbiamo tutto l'interesse che vadano lì». Risulta evidente il vantaggio per chi in quell’area ha pronta una valanga di appartamenti da realizzare e poi piazzare.
Il 23 giugno scorso Antonio Cirri, capo di gabinetto del presidente della Regione Claudio Martini (Pd) chiama Fausto Rapisarda, gli inquirenti sospettano che «l'ambasciatore fiorentino» di Ligresti stia muovendosi per ottenere qualcosa di importante. È Cirri a chiedere un incontro per eliminare il problema: «Come si può fare, ci si vede un giorno? Tu puoi venire quando ritieni più opportuno». Il «più opportuno» è quarantotto ore dopo, quando la segreteria di Martini comunica a Rapisarda che Cirri ha fissato l'incontro per il pomeriggio. Rapisarda lo comunica a un “quadro” del suo gruppo spiegando che «noi il prezzo lo abbiamo fatto. Invece loro vogliono che mandiamo un'offerta e all'ingegnere non va bene». L'obiettivo sarebbe avere una commissione composta da terzi che proponga un prezzo, ma gli uffici della Regione non arretrano.
Il 26 giugno, dopo cioè l'incontro in Regione con Cirri, Rapisarda è al telefono con l'ingegner Ligresti. E dice: «Ingegnere, alla fine ce l'ho fatta. Tu non ci crederai. Alla fine ce l'ho fatta. Alla fine l'ho convinto per cui si farà una commissione mista». Ligresti di rimando: «Ho visto il sindaco Domenici, sono stato a colazione e ho instaurato un grande rapporto. E gli ho detto di questa cosa... “ma che cazzo questi ancora”, non avevo la notizia. Alle 14,30... sì... ero ancora con lui». Rapisarda spiega che un suo amico (per gli inquirenti il Cirri) ha convinto gli uffici della Regione: «Gliel'ho spiegato. “Noi non vogliamo essere impallinati”, vogliamo che sia un terzo a stabilirlo. Ma si è convinto. Secondo me era sulla buona via, perché lui mi ha già chiamato ieri. Come vedi ce l'ho fatta».
Un'ora dopo Rapisarda (R) chiama l'ufficio relazioni esterne del gruppo, Pierluigi Berdondini (B): «Senta, c'è una cosa che volevo chiederle: Regione Toscana, Sistema lì, Fondazione lì... Come siamo messi noi? Da un punto di vista economico noi, quei soldi che loro c'hanno chiesto che erano i 75 più i 150. Li abbiamo dati tutti?». B: « Non abbiamo dato nulla: ci aspettiamo da loro un atto formale. I 75 glieli possiamo dare anche domattina: quelli sono la quota che noi diamo a Sistema Toscana». R: «A questa cosa ci tengo molto. Non sto parlando del passato, sto parlando del futuro, dobbiamo accelerare, capisce?». B: «Allora senta. Io faccio così: domattina avvio una lettera di conferma dei 75 che diamo tutti gli anni come soci fondatori della Fondazione Sistema Toscana. Questa la mando a Mauro Tanzi (presidente della Fondazione, ndr)». R: «Sia gentile, domani gliela faccia. Lunedì lo deve braccare lei. Dottore, capiamoci. Adesso abbiamo interesse ad accelerare». B: «Bene, bene. Messaggio chiarissimo. Ci penso io. Comunque io già martedì mattina ho un appuntamento con un uomo loro, proprio per queste cose. Domani avvio il tutto». R: «Ma non sia molto duro su questo punto. Le cose cambiano». Agli atti dell'inchiesta sono allegati il bilancio della Fondazione al 21 dicembre 2006, la relazione di accompagnamento al bilancio 2006 e il verbale di un Cda del 2007. Occorre ricordare che, nell'ambito di un'inchiesta della Corte dei Conti, la Finanza ha acquisito i bilanci della Fondazione: si sospetta un danno all'erario.
Rapisarda è un fiume in piena. Lo stesso giorno, un'ora dopo l'ultima chiamata, l'avvocato di Ligresti è di nuovo al telefono: si parla del modo di individuazione del prezzo di vendita alla Regione dell'area di Castello. Rapisarda, dunque, chiama l'amministratore delegato di un'immobiliare milanese: «Ti volevo dare una buona notizia. Sono riuscito a convincere chi dovevo convincere di fare la commissione mista per la valutazione del Castello... Io oggi ho fatto un tentativo e l'ho convinto. Questo lunedì mi dirà come fare: la cosa importante è che noi non facciamo più la lettera d'offerta che è quella che l'ingegnere non voleva. E speriamo bene». Come ha fatto lo spiega lo stesso Rapisarda poco dopo: «L'ingegnere ha preso un altro e gli ha detto “lei assolutamente mi deve portare questo risultato”. Quello ieri l'ho chiamato e ha detto... “Non c'è niente da fare. Dovete fare l'offerta”. Siccome mi ha chiamato continuamente il mio amico che è Capo di gabinetto (Antonio Cirri, che incredibilmente ancora non è stato dimissionato ndr). Mi ha detto “Vieni che ti devo parlare”. E allora mi sono precipitato giù e mi ha dato questa buona notizia». Rapisarda, il 27 giugno, lo dice a un'altra persona del gruppo Fondiaria: «Non ci crederai perché non ci credo neppure io che ce l'ho fatta. Gli ho detto: “Il prezzo non dobbiamo stabilirlo né voi né noi, il concetto è che deve essere un terzo a stabilirlo, quindi una commissione”. Allora lui mi ha detto che aveva parlato con una dottoressa (una funzionaria della Regione inizialmente molto contraria a questa ipotesi, ndr). Questo prima che arrivassi io. (...) Mi chiamerà sempre lui e mi dirà le procedure. Perché alla fine l'idea che alla fine gli ha dato lei è questa alla fine... dice “va bè... uno nostro... uno loro perito e il terzo invece di essere nominato dal Tribunale, sarà nominato dal direttore generale delle Agenzie delle Entrate”... questo perché... perché loro poi comunque insistono su questo... daranno la congruità all'Agenzia delle Entrate... una volta stabilito».
Il capo di gabinetto Cirri, lo scorso 30 giugno, chiama Rapisarda: «Bisognerebbe vedere quando ci si può vedere per decidere la nuova risposta». In pratica un appuntamento per stilare assieme la nuova lettera che Fondiaria deve spedire alla Regione Toscana. L'appuntamento viene fissato per il giorno successivo quando Rapisarda, fotografato dai carabinieri, entra negli uffici della Regione. Poi l'avvocato chiama uno del gruppo Fondiaria-Sai: «Io sono appena uscito da Cirri, il quale mi ha detto quali concetti che bisogna mettere in una lettera di risposta a quella che c'hanno fatto».
Quando l'accordo procedimentale sta per essere approvato dalla giunta comunale, l'ex assessore all'urbanistica Gianni Biagi (dirigente in aspettativa dell’urbanistica regionale!, ndr) chiama il vicepresidente della Regione Federico Gelli (Pd). È il 2 luglio e Biagi dice: «Ti ho mandato un documento che è l'accordo procedimentale che noi approveremo la prossima giunta per quanto riguarda Castello, dove si definiscono le cose per dare l'attuazione agli accordi del 1996, tra le quali la disponibilità di Fondiaria a cedere l'area a prezzo di mercato e loro hanno scritto dentro una cosa che mi dicono hanno concordato con i tuoi uffici e cioè che si fa subito una commissione, una terna di valutazione». Gelli: «Sì». Biagi: «Tu non devi fare niente... quella cosa la firmiamo noi». Gelli: «Perfetto». Biagi: «Però è una cosa che interessa, attività che poi dovete fare anche voi, quindi se hai elementi me lo fai sapere». Gelli: «Perfetto». Biagi: «L'altra questione: quando noi abbiamo firmato quello, noi procederemo all'avvio di fasi operative e quindi al rilascio dei permessi di costruzione. Tu hai visto il progetto relativo all'area di Castello della Regione Toscana?». Gelli: «No» . Biagi: «Cioè quello che loro hanno presentato a noi, non quello che poi voi dovrete fare». Gelli: «No, quello non l'ho visto io». Biagi: «Se per caso ti interessasse vederlo...» . Gelli: «Sì, sì, sì. Potresti propormi magari di fare un incontro». Biagi: «Un incontro da me, con i tecnici...». Gelli: «Sì, per me va molto bene, se vuoi far chiamare la tua segreteria la mia segreteria magari si fissa un giorno».
Graziano Cioni (Partito Democratico) in questo momento è alleato con il presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi (Pd). Il 19 settembre scorso i due politici vanno a pranzo alla Taverna del Bronzino assieme a Rapisarda: dell'operazione Castello, che a lui interessa, si parla poco perché «nella testa hanno le elezioni. Ma Renzi mi ha detto: guarda che io ti sono amico, se divento sindaco».
Sulla vicenda di Sonia Innocenti, che per l'accusa avrebbe subito pressioni dal suo datore di lavoro Marco Bassilichi perché pronta a votare Lapo Pistelli e non Graziano Cioni, l'assessore non ha intenzione di arretrare di un millimetro. La sfuriata che ha fatto all'Innocenti la racconta all'assessore Riccardo Nencini: «Ci ama molto ma vota Pistelli, me l'avevano detto i compagni del posto. Se lo sapevo prima col cavolo che lavorava da Marco Bassilichi (...) Le ho detto che non è riconoscente, che non fa parte di questa famiglia».
La sanità è un mondo complicato soprattutto quando uno corre per le primarie. Il 22 settembre un ragazzo chiama Cioni per dire che «Sono C.G. (omissis, ndr), figlio di M.(omissis). Ho smesso la domanda per primario qua all'Asl 10 di Firenze. Sai che c'è il concorso, no? Quello». Poi più alcun contatto telefonico. Il 22 settembre scorso è Cioni a chiamare l'assessore della Regione Toscana Enrico Rossi (Pd). Cioni: «Enrico, mi serve un piacere». Rossi: «Dimmi». Cioni: «Bisogna che non facciano alcun taglio in questi mesi, perché se mi chiudono il centro di Borgo Ognissanti me ne chiudono altri due. Borgo Ognissanti è il centro amministrativo... Il Cup dove va la gente a fare le prenotazioni. Ci vanno mille persone al giorno, soprattutto anziani. Se c'è da fare una riorganizzazione aspettiamo cinque mesi a farla».
Appoggi a Cioni arrivano dappertutto. Del resto è stato lui a ricordare, pubblicamente, che da 28 anni fa l'assessore a Firenze, città che conosce molto bene. Luigi Fici, che fa parte del collegio sindacale dell'Anci nazionale e dell'Aeroporto di Firenze, è un professore universitario che al momento risulta estraneo all'inchiesta. Eppure il 26 settembre scorso è lui a chiamare un'altra persona per dire che «noi avremmo bisogno di iniziare a pensare a sostenere Graziano Cioni. Abbiamo bisogno di un elenco dei numeri di gente a noi vicina, con relativo numero di telefono che andando alle primarie potrebbe votare per lui. (...) Si sa le cose rimangono tra di noi: io, te, Graziano e la Tea (Albini, ndr)».
Sempre lo stesso giorno Fici
chiama Cioni che gli dice: «È arrivato il sondaggio, ci si inchiappetta tutti.
Io il 24, sotto c'è la Lastri col 18, poi c'è il 16 Renzi, poi c'è il 13
Pistelli, l'11 Conti. Ma dove vanno? Dove cazzo vanno?».
Fici: «Ah grande, io sto facendo le liste qua. (...) Ti avevo chiamato perché
io, sentendo le varie aziende anche con Marco (Bassilichi, ndr), ci sono un
visibilio di dipendenti».
C: «Bisogna lavorarci sopra».
F: «Sai che ti volevo dire... uno come a Marco... ma anche altri nelle
partecipazioni... in queste società con molti dipendenti... bisogna che si
impegnano... ti devono dire che si impegnano personalmente (...). E ti devono
portare i nomi».
C: «Io voglio arrivare alle elezioni. Ci sono tre mesi in avanti con una
anagrafe... di quelli che mi votano. L'hai letto il messaggino "fammi l'elenco
almeno dieci"».
F: «Sì ma poi l'anagrafe... come sto spiegando alle persone è ai fini nostri. Ai
fini tuoi e della Tea».
C: «È l'unico modo. Questa è stata un'idea di M. (omissis, ndr). Questo è
l'unico modo per pesarsi».
F: «Sì, è una vecchia tecnica calabrese, utilizzata dalla camorra».
C: «Sì, mi pare giusto no?».
F (ride): « Va bene, uguale».
C: «I lavori fatti bene si copiano».
Sempre di liste si parla. C'è una conversazione intercettata tra Armando Vanni
(uno dei massimi quadri del Consorzio Etruria e attuale presidente del consiglio
di gestione di Unicoop Firenze) e Graziano Cioni.
Cioni: «Abbiamo un sindaco pazzo!».
Vanni: «Diciamo che mi meraviglio».
C: «La follia al potere».
V: «Mi meraviglio che te ne sei accorto ora. Dopo avergli salvato cento
volte...».
C: «No, no, io ho tenuto il segreto professionale fino a ora».
V (ride): «L'hai salvato troppe volte».
C: «Eh ho tenuto il segreto professionale. Ascolta, mi fai incontrare
qualcuno?».
V: «Lunedì o martedì?».
C: «No, come vuoi te, dai!»,
V: «L'importante deve essere... deve esserci la lista, i numeri di telefono, le
persone».
Non va bene quando una persona si defila dal gruppo. Lo sa bene una persona che viene chiamata da Graziano Cioni per lamentarsi della defezione di Oreste Picchi dal gruppo: gli volta le spalle, proprio quello che «aveva una parente disoccupata e gliela abbiamo messa a lavorare alla Sas. E l'ho messo anche nel consiglio di amministrazione di Montedomini».
In conclusione, chiedendo
venia per una inevitabile prolissità, due considerazioni.
La prima concerne l’amarezza di osservare che ancora una volta la politica non
ha saputo fare pulizia da sola, c’è stata la necessità di un potere terzo, la
solita, benemerita, magistratura, per disvelare un intreccio perverso
politici/imprenditori che da tempo soffocava le condizioni minime di democrazia
e legalità.
La seconda è che forse tutti sapevamo, se non proprio i cittadini esterni al
Palazzo, chi ha occasione a vario titolo di occuparsene, da una decina di anni
avvertiva odore di bruciato. Non tanto nella “notitia criminis”, ovviamente ben
occultata dagli interessati, quanto nei modi e nei metodi della gestione del
potere. Con un’asticella dell’etica pubblica ogni giorno alzata sempre più a
tollerare liceità volte all’interesse personale. Come scrisse Pier Paolo
Pasolini in un’efficacissima arringa contro la corruzione del potere degli anni
’70:
«Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe".
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi
mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato.
Io so i nomi del gruppo di potenti.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni
e assicurato la protezione politica.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi)
di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto
ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto
ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette
insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro
politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la
follia e il mistero.»
Ecco, anche noi, pur non essendo intellettuali del calibro di Pasolini,
sapevamo. Adesso che qualcuno ce lo ha ricordato, vediamo di farne tesoro.
A Fra' che te serve? Nun me serve niente!
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