futuro ieri

CRITICA  LOCALE

Periodico cartaceo e telematico

Anno II ~ Numero 2 ~ Primavera 2004

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IL FUTURO DELLA NUOVA EUROPA

UNA UNIONE SVINCOLATA DAGLI USA  

Sull'allargamento dell'Europa a venticinque, che riunifica il Vecchio Continente dal Baltico fino a Cipro, si è detto e scritto che segna una data storica, che verrà ricordata nei secoli a venire.

E' vero questo? Un'Europa unita è davvero così importante e gravida di significati e conseguenze? Secondo me sì. A patto però che non si limiti a essere l'Europa quasi esclusivamente commerciale di oggi - e invece in questi giorni non si è sentito parlar d'altro che delle opportunità economiche, peraltro dubbie, che l'allargamento apre a imprese e lavoratori - ma diventi, il più rapidamente possibile, un'Europa unita politicamente e militarmente.

Da tempo, da quando è crollata l'Unione Sovietica, la mia formula è: un'Europa unita, neutrale, armata, nucleare e autarchica.

Una Unione unita politicamente e militarmente, e nucleare, per non dover più dipendere da nessuno per la propria difesa. E quindi con la possibilità di essere neutrale. Perché l'alleanza con gli Stati Uniti indispensabile fino a quando è esistito l'orso russo dato che solo gli americani avevano il deterrente necessario per impedire avventure continentali a una potenza atomica come l'Urss, sta diventando sempre più ingombrante e inquietante. La guerra alla Jugoslavia, in Bosnia prima e in Kosovo poi - che è stata una guerra "contro" l'Europa - e quella all'Iraq ne sono un esempio evidente. Noi europei non abbiamo alcun interesse a seguire gli americani nel loro delirio di egemonia planetaria. E, per quello che riguarda il mondo arabo-musulmano in particolare, mentre per gli Stati Uniti c'è di mezzo un oceano, noi l'abbiamo sull'uscio di casa e addirittura, a causa dell'immigrazione, dentro, e quindi dobbiamo avere verso questo mondo un atteggiamento diverso, meno arrogante e da "civiltà superiore", degli americani.

Inoltre la realtà oggettiva (al di là della retorica, sentimentale quando non in malafede, degli americani che ci hanno liberato dal nazifascismo) è che gli Stati Uniti sono oggi se non i nostri principali avversari, sicuramente i principali competitori. Gli americani questo lo sanno benissimo, tanto è vero che hanno sempre cercato di boicottare l'unità europea e hanno sabotato ogni tentativo di costituire un esercito europeo, disancorato dalla Nato, come fu quello Franco-Tedesco a metà degli anni Ottanta.

Sulla strada di una reale unità politica dell'Europa si frappongono anche gli egoismi delle classi dirigenti dei Paesi meno forti, l'Italia fra essi, che perderebbero l'enorme potere che hanno in patria per diluirlo nel governo e nel Parlamento continentali (ve li immaginate voi un Berlusconi, un Fini, un D'Alema, un Fassino che rinunciano alla propria fetta di potere?). E senza unità politica non ci può essere neanche una vera unità militare e quindi niente neutralità.

Di neutralità per ora non parla ufficialmente nessuno e tutti i governi, anche quelli più dubbiosi sulle recenti iniziative statunitensi, si profondono in dichiarazioni di lealtà alla "alliance sacrée" con gli Usa. La sudditanza psicologica nei confronti degli americani - che a questo punto, così tanto mutate le condizioni, rischia di tradursi in un mero e sciocco servilismo - è ancora molto forte. Ma avanzano tuttavia fatalmente giovani generazioni che guardano gli americani non con gli occhi di sessant'anni fa, ma con quelli di oggi e vedono ciò che essi sono all'alba del Duemila: una potenza imperiale che fa i suoi interessi senza alcuno scrupolo, mascherando il suo delirio di onnipotenza con una presunta superiorità etica, che è inaccettabile in linea di principio, ma che non ha nemmeno alcun fondamento nella realtà di un popolo che nasce su uno dei più spietati, e vili, genocidi della Storia, che è stato l'unico, in epoca moderna, a praticare la schiavitù, che ha sganciato due terrificanti e inutili bombe su Hiroshima e Nagasaki, che ha bombardato a tappeto Berlino, Lipsia, Dresda, Stoccarda con l'intento preciso, esplicitato dai suoi comandi militari e politici, di uccidere milioni di civili "per fiaccare la resistenza del popolo tedesco", che nel dopoguerra si è reso responsabile di 250 attacchi militari (il calcolo è dello scrittore americano Gore Vidal) senza essere provocato facendo centinaia di migliaia di vittime civili. Ma, come dicevo, la sensibilità nei confronti degli americani sta, sia pur lentamente, mutando. Il quarantaquattrenne Zapatero ne è un esempio. Alla domanda di come sarebbero stati i rapporti della Spagna con gli Stati Uniti ha risposto: "Cordiali, come quelli con tutti gli altri stati del mondo".

Ma se alla neutralità si potrà, forse, un giorno arrivare, la questione dell'autarchia economica non è nell'agenda di nessuna forza o movimento politico, nemmeno, anzi tantomeno, dei New Global. Eppure è una questione cruciale. L'Europa unita, soprattutto ora che si è allargata, ha popolazione, risorse, know-how e mercato quanto basta per essere autosufficiente. Ed è l'unico modo che può permettere alle popolazioni europee di sfuggire allo strangolamento della globalizzazione, di liberarsi dall'incubo che, se ai giapponesi, per loro cultura samurai calata nella fabbrica, viene l'uzzolo di lavorare venti ore al giorno, lo si debba fare anche noi, se a Taiwan pagano i lavoratori un piatto di riso anche i nostri salari e stipendi debbono adeguarsi, se negli Stati Uniti non esiste welfare anche noi, per reggere la concorrenza, si debba smantellare il nostro. E' curioso che la Destra italiana che ha una tradizione in questo senso, nella smania di liberarsi del proprio passato per aderire nel modo più supino al "politically correct", abbia messo in soffitta anche il concetto di autarchia ora che tornerebbe buona, anche se non più a livello nazionale (com'era l'autarchia mussoliniana) ma continentale.

Naturalmente l'autarchia avrebbe un prezzo. Molti prodotti diverrebbero inaccessibili. Ci sarebbe un notevole smagrimento nei consumi. Ma abbiamo consumato e prodotto anche troppo. Che cosa possiamo volere ancora e di più, in Occidente, dal punto di vista materiale? Quando una società mette sul mercato "linee di prodotti beauty per cani" o cessi che vellicano le chiappe di colui che vi si siede, è alla frutta. Un ridimensionamento non è solo necessario. E' vitale. Perché il vero rischio che corriamo è di finire soffocati dalla grascia di ciò che ossessivamente produciamo e altrettanto nevroticamente ingurgitiamo, senza più piacere, senza più gioia, estenuati e svilirilizzati da ciò che chiamiamo benessere e che ha invece provocato, come ci dice la diffusione, ormai vastissima e capillare, nel mondo occidentale, della nevrosi, della depressione, della frustrazione, dell'anomìa, della perdita di senso, il più profondo malessere che una civiltà abbia mai conosciuto. San Francesco, e non Marx o Adam Smith, sarebbe oggi una figura veramente rivoluzionaria.

di Massimo Fini

da Il Gazzettino

 

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