futuro ieri
CRITICA LOCALE
Periodico cartaceo e telematico ~ Anno V ~ Numero 7 ~ Inverno 2007
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LA VERGOGNA DI QUESTO INDULTO
Come hanno votato i nostri dipendenti parlamentari:
CAMERA (Selezionare la Legge n. 241 e poi cliccare “Ricerca votazione”)
SENATO (Considerare la votazione finale ovvero la n. 23, ottava colonna)
Sul
Corriere della Sera dell’11/3 Angelo Panebianco ha scritto, papale papale:
“Quella che, ancora poche settimane fa, si poteva presentare agli italiani, in
un modo quasi rassicurante, come una “missione di pace e di ricostruzione
dell’Afghanistan”, si mostra per ciò che di fatto è diventata: una missione di
guerra”.
Ora, questo è in patente e clamoroso contrasto con la nostra Costituzione che
all’articolo 11 proclama solennemente: “L’Italia ha ripudiato la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali”. Panebianco (e tutti quelli che la pensano
come lui) si copre affermando che la missione è “benedetta dall’Onu”. E qui ci
sono da fare due osservazioni. Una è formale. Nessuna risoluzione Onu può
superare un articolo della Costituzione italiana. La seconda è sostanziale. Non
si può infischiarsene dell’Onu quando fa comodo e richiamarsi alla sua autorità
quando fa altrettanto comodo. L’attacco della Nato alla Jugoslavia del 1999, cui
partecipammo anche noi (governo D’Alema) avvenne contro la volontà dell’Onu e in
spregio del principio di diritto internazionale, fino ad allora mai messo in
discussione da nessuno, della non ingerenza degli affari interni di uno Stato
sovrano. E così è stato in Iraq. Spiace dirlo, ma sono stati proprio gli Stati
Uniti a distruggere ogni autorità e credibilità dell’Onu.
Panebianco afferma che un ritiro delle truppe occidentali, e quindi un successo
dei Talebani, significherebbe darla vinta al terrorismo. Si può pensare quello
che si vuole dei Talebani, gli ‘studenti delle Madrasse’, ma in nessun modo si
può scambiare il loro movimento con un movimento terrorista. Ebbero il merito di
sconfiggere i ‘signori della guerra’ che, dopo la sconfitta sovietica,
spadroneggiavano in Afghanistan, ammazzando, taglieggiando, rapinando, rubando,
stuprando, e di riportare la legge e l’ordine, sia pure una dura legge e un duro
ordine, nel Paese. Ed ebbero l’appoggio della stragrande maggioranza della
popolazione che non ne poteva più delle prepotenze e della violenza del tutto
arbitrale e senza legge (la Saharia è almeno una legge e uno può regolarsi) dei
‘signori della guerra’ molti dei quali oggi siedono nel governo Karzai che è
alle dirette dipendenze dell’Amministrazione americana come tutti sanno e come è
stato ammesso dallo stesso Karzai in un’intervista al “The New Yorker” del
luglio 2005.
Non c’era un solo afgano nei commandos che attaccarono le Torri Gemelle, e non è
stato trovato un solo afgano nelle cellule, vere o presunte, da Al Quaeda. Gli
afgani, talebani o no, sono dei guerrieri, crudeli e feroci anche, ma alla loro
cultura è estraneo il terrorismo, tanto più quello kamikaze. Nei dieci anni di
guerra contro l’Unione Sovietica, pur in una lotta impari, non si è registrato
un solo atto di terrorismo, né dentro l’Afghanistan né fuori. E se dal 2006
hanno cominciato anche loro ad utilizzare questi mezzi arabi, ‘iracheni’, è per
l’esasperazione e la frustrazione di trovarsi davanti combattenti che non
combattono, ma macchine, come gli aerei Predator e Dardo muniti di micidiali
missili ma senza equipaggio perché pilota, copilota e bombardiere se ne stanno
comodamente seduti davanti ad una consolle a Nellis nel Nevada. Peraltro questi
atti, se si raffronta la situazione afgana con quella irachena, sono ancora
sporadici perché il mullah Omar è contrario ad attacchi “che colpiscono
innocenti” (sono parole sue) e ha già degradato una volta Dadullah per esservi
ricorso, così come rinunciò a colpire i seggi durante le elezoni-farsa del 1°
settembre 2005 perché, come fece dire ad un suo portavoce, “il rischio di
colpire civili è troppo alto”. Poi le esigenze della guerra contro forze
occupanti così superiormente armate hanno preso il sopravvento (il settore dove
i Talebani hanno riscosso il maggior successo è proprio quello comandato da
Dadullah). La colpa dei Talebani è di essersi trovati in casa, al momento
dell’attacco alle Torri Gemelle, Bin Laden, che peraltro era stato messo lì e
foraggiato dagli americani in funzione antisovietica. Ma questo ricchissimo ed
ambiguissimo califfo saudita era un problema anche per loro. Tanto è vero che
quando Bill Clinton propose ai Talebani di ucciderlo si dimostrarono
disponibili. Il braccio destro di Omar, Wakij Ahmed, incontrò segretamente due
volte, il 28 novembre e il 18 dicembre del 1998, Bill Clinton e gli propose di
fornirgli le coordinate esatte del luogo dove si trovava Bin Laden. Ma la
responsabilità, spiegò Wikij, dovevano assumersela gli americani, lasciando
fuori il governo di Kabul, perché Osama aveva costruito ospedali, scuole,
strade, ponti, godeva quindi di grande prestigio fra la popolazione che non
avrebbe accettato la sua uccisione per mano talebana. Ma all’ultimo momento
Clinton, che pur aveva preso l’iniziativa, rinunciò.
In ogni caso sono passati sei anni, Bin Laden non è stato preso, e non è più
decente dire che gli americani e i loro alleati sono ancora in Afghanistan per
dargli la caccia. Sono truppe di occupazione, così li considera l’88% dei maschi
afgani interpellati dal britannico Senlis, uno dei più importanti centri studi
di politica internazionale. Né è lecito dire che, Bin Laden o no, stiamo facendo
la guerra ad Al Quaeda. Secondo lo stesso Senlis “nel movimento insurrezionale
afgano... Al Quaeda non riveste un ruolo significativo”. E non è più nemmeno una
questione talebana, ma è la rivolta di un popolo fiero ed orgoglioso che non ha
mai accettato occupazioni di stranieri, che li ha sempre cacciati come fece con
gli inglesi e, recentemente, con gli invasori sovietici. Non è più una guerra
talebana, è una guerra di popolo, dove i Talebani si mischiano a coloro che
talebani non sono mai stati. Questo è quello che abbiamo ottenuto dopo sei anni
di un’occupazione non meno vergognosa di quella sovietica: far diventare
talebano anche chi talebano non lo è mai stato ed anzi i Talebani li detestava.
Davvero una bella performance.
E noi italiani, che abbiamo fatto della nostra Resistenza un mito, anche
eccessivo per la verità, in nome di schemi mentali che sono nostri, di
istituzioni che sono nostre, di una concezione della vita e della morte che è
nostra, di un modo di concepire la famiglia e il ruolo che in essa vi ha la
donna che è nostro, ma che non è loro, dovremmo far la guerra ad un popolo che
lotta per la propria libertà dallo straniero quando la Costituzione scrive che
“l’Italia ripudia la guerra come strumento di offeso alla libertà degli altri
popoli”? Ma lasciamola stare, quella gente. Lasciamola stare.
UCCIDETE LA DEMOCRAZIA!
L'inchiesta del settimanale "Diario" sulle elezioni di aprile 2006,
secondo cui l'esito sarebbe stato taroccato. E l'Unione tace?
● QUI la lettera di Ralph Nader ●
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