Li Galli e il mito delle Sirene
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Il culto delle sirene è chiaro sintomo di grecità: ce ne parlano vari brani antichi, ma la testimonianza più importante per l’ubicazione viene da Strabone , geografo greco che vive nel I sec. a.C.(63-19). Si tratta di due brani, uno nel libro I (2, 12, 13, = C 22-23) e l’altro nel libro V (4,8=C 247), che identificano nelle isole de Li Galli, nel tratto di mare antistante Positano, le tre isolette solitarie e rocciose come sede delle sirene. "Kampsanti de ten akran nesides eisin eremoi petrodies, as kalousi Sirenas. A chi doppia il promontorio si presentano delle isolette deserte, rocciose che chiamano Sirene". In Strabone Sirenai sono le isolette, mentre Sirenoussai le rupi a picco sul mare che dovevano prendere il nome da un santuario delle Sirene, così come Capo Ateneo, attuale Punta Campanella, lo prendeva dal santuario della dea Athena. Nel De Mirabilibus Auscultationibus, forse di Stratone di Sardi, databile intorno al 120 d.C., come in Stefano Bizantino, anche le isolette sono Sirenussai. Le Sirenai o Sirenussai, intese dunque ora come Sirene soltanto ora come sede delle Sirene, erano nella mitologia greca riferimento alla dimora delle insidiose Sirene. Ed è certo significativo che numerose imbarcazioni antiche siano naufragate nei pressi della mitica sede delle Sirene, le quali rappresentano nella mitologia greca gli ostacoli e i pericoli della navigazione in questo tratto di mare. La capacità di Ulisse e dei suoi compagni di resistere al melodioso canto (Omero Odissea, 12° libro) è la trasposizione in chiave mitologica dei progressi della navigazione e di come fosse possibile superare le insidie di quel mare, avendo acquisito migliore conoscenza delle correnti della zona. È probabile che la leggenda sia nata già nell’Età del Bronzo all’epoca delle prime navigazioni greche in Occidente, stando anche ai reperti micenei ritrovati nella vicina isola di Vivara, in provincia di Napoli. Le Sirene sono sempre localizzate su rupi sporgenti sul mare e ben visibili anche da lontano: Licosa a Punta Licosa che chiude a Sud il golfo di Salerno, Ligea a Punta Campanella che lo delimita a Nord e Partenope, sepolta presso Pizzofalcone a Napoli. L’ubicazione deriva dal tratto mitico che le caratterizza, di attrarre cioè i naviganti e poi provocarne la morte: le rupi dovevano infatti costituire da lontano un punto di riferimento per i marinai, ma poi il gioco delle correnti e i vortici trascinavano le imbarcazioni sugli scogli, con conseguente morte degli equipaggi. Il culto scaturì ovviamente dal desiderio di placare tali esseri malefici e procacciarsi così la salvezza. Le isolette del Gallo Lungo, Castelluccio e la Rotonda conservano ancora oggi il nome di "Li Galli", ché è chiaro richiamo alla iconografia delle Sirene nell’arte figurata greca arcaica, dove erano rappresentate come pennuti dal volto umano e non come donne con la parte inferiore del corpo conformata a pesce, che è la affascinante immagine della Sirena medievale. Alcuni studiosi hanno negato che la parte animale possa essere ben definita, ma il gallo o la gallina sono il riconoscimento più immediato. In età augustea l’eco della malefica attrazione delle Sirene riviveva ancora nei versi dell’Eneide (libro V, 864-865) quando Virgilio cantava Iomque adeo scopulos Sirenum advecta subibat difficilis quondam multorumque ossibus albos. E già (la nave)si appressava agli scogli delle Sirene, un tempo rischiosi e biancheggianti per le molte ossa. A Capri veniva ricostruito in età flavia, il faro eretto sull’estremità del promontorio orientale e orientato dunque proprio verso le isole de Li Galli, crollato a causa di un terremoto nel 37d.C.; nel I° sec. d.C. quel tratto di mare presentava dunque ancora pericoli per la navigazione. Nel 1131 le tre isolette erano chiamate "Guallo" e nel 1225 Federico II di Svevia le donò al monastero di Positano denominandole "tres Sirenas quae dicitur Gallus".
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