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Nel Medioevo Praiano era uno dei casali della Antica Repubblica Amalfitana. Il nucleo, sin da allora, era caratterizzato da due entità abitative: dal casale di Praiano in alto e dal casale di Vettica Maggiore in basso. Una divisione che caratterizzava anche le attività lavorative sfruttando quello che madre natura metteva a disposizione. E così mentre a monte vi erano i contadini, in basso vi erano i pescatori. Ma la nascita spontanea e la formazione in nucleo abitativo di Praiano sembra essere  secondo non pochi studiosi e storia antecedente alla Repubblica Amalfitana. Scrive Leopoldo Cassese: "È noto, infatti, che, a causa del fascino del loro clima e dell'incanto dei loro panorami, le località più importanti della costiera, fin dal I secolo furono cosparse di sontuose ville e di ricchissimi liberti di imperatori, e probabilmente ciò sta ad indicare che le dette località dovettero far parte di domini imperiali. Ai proprietari di codeste ville dì cui abbiamo due cospicui esempi a Minori ed a Positano  i profughi potettero chiedere protezione, se nel basso Impero esistevano ancora dopo la nota eruzione Pliniana del 79 d.C.". D'altra parte la stessa origine del nome, Pelagianum, (mare aperto), trasformatosi in Plagianum e corrotto in Praiano - come sostiene il prof. Giuseppe Gargano  dà l'idea dell'antichità. Per la verità la storia sembra essere un po' matrigna nel fornire notizie ampie su questo paese, che aveva la sua storia legata a quella della più nota Amalfi. Pur tuttavia la presenza del nome, benché minima, è costante nel corso dei secoli. È come una piccola orma che si perde in una grande impronta, ma che, comunque, lascia una traccia. Nel basso Medioevo, in età angioina, i due casali di Praiano e di Vettica Maggiore, acquistano una certa importanza, in quanto alcune famiglie locali si sono affrancate da certe servitù marinare nei confronti di Amalfi. Alcuni documenti del 1400-1500 parlano di botteghe alla Praia. Si parla, nel '400, di una caravella tirata a secco sulla spiaggia di Praiano. Inoltre il forte carattere marinaro di queste genti viene illustrato anche da un affresco nella ormai diroccata "Casa del Navigatore", dove erano rappresentate navi spagnole del '500. Ed è di epoca angioina la più bella torre di guardia esistente sull'intero litorale. Fu, infatti, Carlo I° di Angiò nel 1278 a volere la Torre Assiola, detta la "Sciola" nel tenimento di Praiano. In questa località fu costruito un attracco per le navi detto “scarricaturo", simbolo di traffici e di commerci. Una città, quindi, marinara, che ha avuto questa attività fiorente sino al '700, ma anche una città attiva, industre, dove si confezionava il “filo torto", si lavorava il lino e, in epoche più recenti, si confezionavano le retine per i capelli e si effettuava la salamoia delle alici. A Pasqua, inoltre, vigeva la tradizione di intrecciare le palme, per farne decorazioni di festa. E poi vi erano i corallari, gente che da sempre era abituata ai sacrifici, con i volti dove il sole e la salsedine avevano impresso i marchi indelebili della faticosa quotidianità. Al lobo dell’orecchio portavano un orecchino: antica tradizione saracena che richiama alla mente canti e preghiere alla "Mamma schiavona". Scrive Giovanni Scala: "Sin dai tempi antichi, tra il 1300-1400 e fino alla fine del 1800, a Praiano si praticava la pesca del corallo. Era un buon mestiere malgrado richiedesse enormi sacrifici. Da alcuni documenti di atti di vendita del corallo datati 1400-1500 si evince che, in quel tempo, per un rotolo di corallo occorrevano tre tareni e 10 grani: tarenis  tribus et granis decem. Era un mestiere duro, che si tramandava di padre in figlio. Un mestiere che rendeva, però, soprattutto ai padroni. Una vecchia ballata dice:
Quanno levaimo a cimma 'a terra, perdiettimo 'o nomme e cristiano e ogni ppoco figlie 'e cane llà ce stevano 'a chiammà. Si andava a vela sino a Ponza e in caso di cattiva pesca ci si spingeva sino all'Asinara e, se calava il vento e c'era "calìa di mare" (mare calmo) si andava a remi. Dal canto loro anche le donne di Praiano aiutavano l'economia familiare. Quando il cattivo tempo non permetteva il lavoro su per i macéri o di portare le bestie al pascolo, le donne di Praiano lavoravano i capelli. Erano le retinare che tanta storia hanno scritto con la "ligna" e la "crucella". D'estate la "crucella" serviva a rammentare le reti, ma d'inverno intrecciava lunghe file di capelli per fare retine che servivano per lo più a contenere "i tuppi". Dal saltuario al definitivo il passo fu breve e così un gruppo di ragazze si riunì per fare solo questo mestiere e "sotto il grande tiglio di S. Gennaro a Vettica, tra cunti e canti sfornavano retine su retine". Le retinare di Vettica versavano la "mezza de quarto”, ovvero un quarto della metà del guadagno, alla chiesa, tanto che nel 1905 con questi soldi fu possibile erigere un altare dedicato al “Martirio di S. Gennaro".
Con la stessa "mezza de quarto", a Praiano il gruppo di retinare comprò artistici pastori in legno per il presepe della chiesa di S. Luca, andati poi trafugati alla fine degli anni '60 insieme ad ex voti. Una storia, quella della gente di Praiano, che coniuga la quotidianità con la preghiera e la fede.
E l'esempio delle retinare non è isolato. Un concorso di popolo si ebbe nel 1735 e poi nel 1975 per l'antica chiesa ed Abbazia di S. Maria ad Castro. È, questo, un antico complesso monastico che sorge su una altura dominante la Vallata del Campo, con notevole prestigio nei secoli trascorsi. Non va dimenticato che, canonicamente, Praiano dipendeva dall'Abate di Positano, il quale, secondo quanto riferisce Giuseppe Vespoli, dalla sua Badia della B.M. Virginis et  Beati Viti Martyris, aveva giurisdizione anche su altre chiese molto distanti tra cui la chiesa di S. Croce nel lido di Vettica Maggiore e la chiesa di S. Vito nella Praia di Praiano. Per raggiungere S Maria ad Castra bisogna percorrere un non facile sentiero che attraversa tutta la vallata della Fontanella. Secondo una leggenda il nucleo originario di questa chiesa fu eretto nel luogo in cui fu ritrovata una immagine della Beata Vergine delle Grazie dipinta sull'intonaco di un pezzo di muraglia. Il ritrovamento, nella tradizione locale, è legato ad un fatto miracoloso. Non va, però, scartata l'ipotesi che potrebbe trattarsi di un dipinto eseguito da qualche monaco eremita ritiratosi in quel luogo in preghiera e contemplazione. Non pochi erano e molti sono ancora visibili  gli insediamenti di questi monaci in Costiera Amalfitana. Ne dà testimonianza il prof. Adriano Caffaro in uno studio sugli insediamenti rupestri in questa parte della provincia salernitana.
D'altra parte, secondo quanto riferisce tale don Federico Zincone, sacerdote e amministratore della chiesa di S. Maria ad Castro, attraverso un documento datato 1848, l'immagine “fu ritrovata da una donna di Cerasuolo mentre pascolava vaccine, sotto un'edera in un rostineto. Nel 1735, per evitare le infiltrazioni di acqua piovana che rischiava di rovinare irrimediabilmente la chiesa, si decise di coprire con un tetto l'intera superficie abbaziale, compresa quella primitiva della chiesa. Le tegole furono portate da Salerno (tre viaggi con barche da trasporto), mentre le travi furono portate attraverso la montagna di Agerola. Le tegole furono trasportate a spalla dalla Gavitella. Tutti volontari gli uomini, le donne e i ragazzi. Il rapporto di fede, quindi, della gente di Praiano con le tante chiese e con i simboli della devozionalità popolare continua in un rapporto costante di espressioni intime o corali.

 

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