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Prevalentemente famosa per il sole, la canzone, la pizza ed carattere unico del suo popolo, ad uno sguardo meno superficiale si presenta come una vera e propria città d'arte, non imbalsamata nel suo vestito
museale, ma ben viva e inserita nel ritmo quotidiano del suo tessuto urbano. Forse in nessuna altra città europea coesistono in maniera così evidente e al tempo stesso incredibile il vecchio e il nuovo, il bene e il male. Il vecchio adagio che recitava "Vedi Napoli e poi muori" in fondo non significava che questo: conosciuta Napoli, si può dire di aver conosciuto la vita.
Napoli Capoluogo di provincia e della regione Campania, è la
terza città italiana che occupa il lembo nordoccidentale, affacciandosi sul
golfo aperto nella costa tirrenica fra i Campi Flegrei e la penisola sorrentina.
Grande centro terziario con funzioni direzionali (in campo
amministrativo, commerciale, finanziario, culturale), si estende su una
provincia che supera i tre milioni di abitanti ed ha la più alta densità di
popolazione in Italia (2576 unità per km2).
Il porto: per passeggeri e merci, è il più importante del
Mezzogiorno.
Le attività industriali: riguardano principalmente i settori
siderurgico (benché ridimensionato dalla chiusura, nel 1991,
degli impianti di Bagnoli), meccanico, elettrotecnico, chimico e
alimentare.
Napoli, già meta storica dei viaggiatori del Grand Tour per la
ricchezza del patrimonio storico-artistico e la pittoresca bellezza della città
immersa in uno scenario naturale tra i più incantevoli d'Europa, ha
attraversato, nei decenni successivi alle devastazioni belliche, una lunga fase
di degrado economico e sociale (segnata dalla caotica crescita edilizia e dalla
congestione urbana) che ne ha ridotto la frequentazione turistica.
Recentemente, grazie a una serie di iniziative di riordino coadiuvate da un
marcato impegno delle istituzioni culturali e private, nel recupero, nella
salvaguardia e nella valorizzazione dei beni architettonici e artistici, si è
manifestata anche in questo campo un'inversione di tendenza che può tracciare
per la città un futuro più consono alle sue grandi tradizioni di capitale della
cultura.
Storia: La mitica Parthenope e la più documentata Neapolis,
fondate entrambe (rispettivamente nel VII e nel V secolo a.C.) dai calcidesi di
Cuma, si fusero successivamente in un'unica città che, anche dopo la conquista
romana della Campania (completata tra la fine del IV e l'inizio del III secolo)
rimase greca per cultura e costumi.
Durante l'età imperiale fu epicentro di una fascia costiera di residenze
patrizie, successivamente entrò (soprattutto a partire dal VI secolo) nei
possedimenti bizantini e a lungo ne fece parte, come scalo mercantile.
Nel 1139 venne conquistata da Ruggero II e aggregata al
grande Regno di Sicilia, nel 1194 passò agli svevi, sotto lo
scettro prima di Enrico VI e poi di Federico II,
fondatore nel 1224 dell'università che tutt'oggi porta il suo nome.
La conquista angioina (1266) segnò per Napoli, preferita a Palermo da
Carlo I, il destino di capitale politica e culturale del Mezzogiorno
d'Italia, una capitale cui lo stesso Carlo e i suoi successori diedero veste
monumentale.
Il prestigio della città si rafforzò ulteriormente con gli aragonesi, che nel
1442 strapparono agli Angiò-Durazzo il Regno di Napoli e lo dominarono fino al
1503, quando, coinvolto nelle guerre franco-spagnole, venne ridotto a vicereame
alle dirette dipendenze della Spagna.
Il lungo periodo dei viceré spagnoli (la figura più eminente fu don Pedro de
Toledo, che regnò fra il 1532 e il 1553) aggravò le condizioni sociali di
Napoli, dando origine al fenomeno del sovraffollamento e registrando avvenimenti
drammatici: l'eruzione del Vesuvio nel 1631; la rivolta
del 1647 capeggiata da Masaniello; la peste e il terremoto del
1656, che determinarono demolizioni e speculazioni tali da far scrivere
a Carlo Celano, nel 1692, che gli architetti in quel tempo fecero più danni che
il terremoto stesso.
Occupata dagli austriaci nel 1707 (nel periodo della guerra di successione
spagnola), nel 1734 la città fu "consegnata" a Carlo III di Borbone.
Contraddittoria risultò la condizione di Napoli a partire dal Regno d'Italia: da
un lato l'epidemia di colera del 1884, l'aggravamento dei problemi
socio-economici ereditati dal passato, i bombardamenti aerei del 1943 e, infine,
il terremoto del 1980; dall'altro i ripetuti segni di vitalità e di rinascita
per tornare a essere la "grande, luminosa e gentil città" di
cui aveva scritto Giambattista Vico.
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