L'isola
di Vivara è una delle tre isole che formano oggi l'arcipelago
flegreo. Essa è collegata con Procida, l'isola maggiore, per mezzo
di un ponte che funge da sostegno alle condutture dell'acquedotto
campano che approvvigionano Procida e Ischia.
Originariamente, e probabilmente ancora in Età Romana, Vivara era
però collegata, attraverso una falesia alta sul mare (all'incirca
quanto l'odierno ponte), al promontorio di Santa Margherita di
Procida e formava pertanto una propaggine a forma di semiluna,
svolgentesi in direzione nord-sud e racchiudente una vasta e
riparata area circolare, in buona parte occupata da una distesa di
ciottoli e sabbia. Questa zona è oggi interamente sprofondata al di
sotto del livello del mare ed è occupata dallo specchio d'acqua
chiamato Golfo di Genito. ...
L'opera
di distruzione iniziata dagli eventi naturali è stata condotta a
termine in anni recenti dalla mano dell'uomo: verso la fine degli
anni Cinquanta, infatti, per l'impianto del ponte finalizzato al
sostegno delle condutture dell'acquedotto, sono stati fatti brillare
gli ultimi "scogli" della parte centrale dell'originario
collegamento naturale.
In
effetti l'isola di Vivara non è altro che la porzione occidentale
dell'originario cratere vulcanico delimitato da Santa Margherita,
dall'istmo in parte sommerso che collega Vivara a Procida e da
Vivara stessa. Ciò spiega la sua particolare conformazione. ...
La lingua
di roccia che ancora oggi collega il promontorio di Santa Margherita
di Procida con Vivara ha una radice profonda ed è legata alla genesi
stessa delle due isole, che costituiscono un campo vulcanico
prodotto dall'attività prevalentemente esplosiva di diversi centri
eruttivi vicini tra loro e interagenti in un lasso di tempo compreso
tra 55.000 e 17.000 anni dal presente.
L'isola
di Vivara, insieme al promontorio di Santa Margherita, rappresenta
una porzione del più antico cratere vulcanico locale. ...
Recentemente
sono state eseguite indagini subacquee fino a una profondità di 15
metri, volte a migliorare la conoscenza della morfologia dei
fondali. ... Tali evidenzie testimoniano che l'isola di Vivara è
stata soggetta a movimenti che hanno inciso sulla variazione del
livello del mare in tempi recenti. ...
Di
particolare interesse è la recente scoperta di una scaletta
intagliata nei depositi di Vivara e individuata a una profondità
compresa fra i 3 e i 6 metri circa. E' ancora incerta la quota della
base della scaletta in quanto probabili tracce di scalini fortemente
erosi sembrano essere presenti ancora fino a 9 metri di profondità.
Essa si
trova su un piccolo scoglio isolato dall'erosione all'interno del
cratere, poco a Nord di Punta Mezzogiorno, in corrispondenza di un
sentiero che collega il terrazzo sommitale alla costa.
Tali
tracce evidenziano inequivocabilmente movimenti di emersione e
sommersione dell'isola in tempi storici e rappresentano un punto di
partenza per le nuove ricerche volte allo studio dell'evoluzione del
paesaggio in relazione all'attività antropica. ...
L'importanza degli scavi di Vivara, iniziati nel 1976, risiede ...
nell'aver fornito l'anello mancante nella catena della ricostruzione
delle dinamiche marinare micenee in Occidente: la scoperta di un
importante centro di approvvigionamento protomiceneo, collocabile
fra la seconda metà del XVII e la prima metà del XV secolo a.C. in
piena area tirrenica. I ritrovamenti vivaresi hanno inoltre
innescato, a cominciare dalla metà degli anni Ottanta, un processo
di revisione globale delle possibili navigazioni egee nel
Mediterraneo occidentale a quest'epoca, che ha contribuito, oggi,
alla conferma dell'effettivo ruolo di mediatori fra l'Egeo e
l'Occidente svolto proprio da quelle élites micenee facenti sfoggio
nei loro corredi funerari di una grande ricchezza accumulata in un
lasso di tempo relativamente breve.
Se
volgiamo dunque la nostra attenzione alle due culture che
caratterizzano il bacino occidentale del Mediterraneo durante i
secoli XVII-XVI a.C., un periodo definito dagli archeologi
specialisti di protostoria italiana di passaggio dal Bronzo Antico
al Bronzo Medio, scopriamo come, a fronte di una limitata
articolazione delle forme socio-politiche e pertanto anche di una
scarsa incidenza di prassi econonico-commerciali amministrate, non
corrisponda né arretratezza tecnologica, tantomeno incapacità di
creare e sostenere una rete di scambio, approvvigionamento e
distribuzione di determinati beni. ...
All'interno di questa rete dovevano esistere approdi attrezzati in
grado di garantire una navigazione sicura lungo le diverse direttive
di collegamento, centri che potremmo definire "nodali" e centri "di
fuga", funzionali, cioè, al salto verso e da altre reti di
interconnessione marittima, e pertanto essenziali proprio per le
navigazioni interareali sulla lunga distanza.
Certamente fondamentale doveva essere in questa prospettiva la
direttiva marittima "centrifuga" che, partendo dall'arcipelago
flegreo, dove era situato un centro di lavorazione e distribuzione
del rame quale quello posto sull'isola di Vivara fra il XVII ed il
XV secolo, doveva portare verso le isole e le coste dell'Italia
centrale, area verosimilmente principe per l'estrazione di questo
metallo. ...
L'isola di
Vivara - come del resto l'intera regione Campania - è del tutto
priva di giacimenti metalliferi. Nonostante ciò, nell'arco dei
secoli che videro la sua fioritura nel corso della media Età del
Bronzo, nella prima metà del II millennio a.C., divenne uno dei
principali centri per il commercio del metallo del bacino centrale
del Mediterraneo, crocevia obbligato nelle rotte fra Oriente e
Occidente.
Questo
suo ruolo era legato alla particolare posizione geografica, che la
rendeva un ideale punto di controllo per l'accesso al Golfo di
Napoli e, conseguentemente, un formidabile avamposto per l'apertura
al Medio e Alto Tirreno.
Essa era
infatti fornita di porti naturali e strategicamente ben difesa,
grazie alle alte scogliere, da eventuali attacchi nemici: era
sufficientemente vicina alla costa campana da rendere agevoli i
contatti con essa, ma nel contempo abbastanza distante da
sconsigliare tentativi di attacco da parte di eventuali comunità
ostili della terraferma.
Questo
insieme di fattori naturali ne faceva un'ideale testa di ponte verso
le ricche regioni minerarie del Tirreno centrale e settentrionale,
dove erano localizzati importanti affioramenti di minerali
metallici, fra i quali il rame. ...
E' assai
verosimile che l'arcipelago flegreo costituisse il terminale di
materie prime, prodotte in varie località dell'area tirrenica, che
qui giungevano alimentando una florida industria metallurgica prima
di essere smistate e incanalate verso i ricchi porti del
Mediterraneo Orientale.
Probabilmente all'antico navigante dell'Età del Bronzo che, entrato
nel Golfo di Napoli, si dirigeva verso la costa, non passavano
inosservati i fuochi che, sia durante il giorno che la notte,
dovevano punteggiare la superficie di Vivara.
Essi
erano prodotti dai forni fusori all'opera per permettere di
trasformare in oggetti d'uso il metallo che raggiungeva l'isola
sotto forma di manufatti, rottami, lingotti e forse anche di
minerali. ...
Non è certo un caso che a Vivara un certo numero di oggetti
finiti appartenga alla sfera dell'armamento, come punte di freccia,
pugnaletti, asce.
Come ancora oggi avviene, è generalmente nello strumentario
bellico che si osserva più facilmente l'impiego di tecnologie
avanzate. Dall'esame tecnologico delle armi rinvenute a Vivara
appare evidente come i metallurghi indigeni non fossero affatto dei
"primitivi", ma rivaleggiassero per perizia e inventiva con i loro
colleghi del Mediterraneo orientale. ...
La storia delle ricerche archeologiche a Vivara inizia verso la
metà degli anni Trenta quando l'allora giovane archeologo tedesco
Giorgio Buchner, laureando in Paletnologia presso l'Università degli
Studi di Roma, cominciò le prime prospezioni archeologiche e i primi
saggi di scavo sull'isolotto al fine di raccogliere dati per la sua
tesi di laurea sulla vita nelle isole flegree dalla preistoria
all'Età Romana.
Le ricerche del Buchner arrivarono a stabilire che l'isola era
stata intensamente abitata nell'Età del Bronzo e che, tranne qualche
limitata traccia di Età Greca e Romana nella zona della sua estrema
punta settentrionale (Punta Capitello), era rimasta disabitata fino
alla costruzione nel 1681 della villa padronale sul suo pianoro. ...
Cause naturali legate probabilmente a fenomeni sismici e a
susseguenti frane che sconvolsero buona parte dei versanti
dell'isola densamente abitati innescarono un veloce processo di
spopolamento. ...
Con il volgere del XIV secolo a.C. ogni traccia di vita stabile
su Vivara scompare, per riprendere soltanto in età moderna con la
costruzione, sul finire del Seicento, della villa che ancora
troneggia sul pianoro sommitale. |