Al trói del musariól - Il sentiero del
folletto vai al disegno 1° edizione
Il
termine dialettale "trói", sta ad indicare un sentiero di montagna, in
genere poco frequentato e con il fondo sconnesso ed irregolare. Quanto,
poi, al lermine "musariól" avete presente la descrizione fisica dei
tradizionali folletti, e genietti, e gnomi che popolano le tante belle
leggende che sono florite intorno alle Dolomiti, particolarmente nel
Trentino? Tali folletti sono degli esserini minuscoli dall'aspetto di
uomini, tanto piccoli da star comodamente nel palmo della mano. Vivono
sotto terra durante il giorno e si riversano durante la notte sui prati e
nei boschi. Alcuni sono dei tipetti buoni e pacifici, altri dei
buontemponi matricolati che rnille ne pensano e duemila ne fanno; altri,
infine, sono l'incarnazione del Male e non lasciano passare occasione per
recar danno in quaiche modo a pastori e valligiani. Il loro abituale
abbigliamento è costituito da una tutina attillata, generalmente di un
rosso acceso; sopra di essa indossano un mantelletto svolazzante di vario
colore, in capo hanno il tradizionale cappuccio a cono di gelato cadente
con un grosso fiocco rosso od azzurro pendente da un lato, calzano
stivaletti con la punta voltata all'insù come le calzature dei popoli
orientali. Ebbene, per quanto riguarda la nostra "storia", il "mužariól"
era un esserino del tutto simile a quelli delle celebri favole trentine,
ma con una caratteristica che da questi lo differenziava era perennemente
.. distratto! Alcuni anziani, nei loro racconti, lo fanno alto qualche
spanna, altri circa un metro. Ma non è la statura che conta. Ciò che lo
caratterizzava era proprso la sua distrazione. Non v'era giorno, o meglio
notte che, alzatosi dal suo giaciglio sistemato di solito sotto il
cappello di qualche grosso fungo porcino, nell'accudire alla sua
personcina e nel vestirsi, non commettesse qualche errore. Ora infilava la
tuta al rovescio o al rovescio erano le calze e le scarpe; ora il grosso
fiocco del cappuccio gli penzolava sul naso e là rimaneva per l'intera
nottata, perché il nostro amico neanche si accorgeva dell'errore. Insomma
in lui c'era sempre qualcosa di storto ed era diventato la favola dei
geni, giganti, folletti e streghe del bosco. Ora avvenne che una notte,
preso dai suoi mille pensieri, si allontanò dal suo abituale fungo-dimora.
Alcuni dicono con assoluta certezza che si fosse diretto verso una
località detta "BaI de Sàre" (luogo dove le streghe si recavano a
ballare). Altri lo vogliono diretto nel fitto della boscaglia, dove è
difficilissimo l'orientamento. Altri dicono che è tutta fantasia e
scuotono la testa con aria di sufficienza. Fatto sta che il nostro
mužariól si perse nell'interno di un folto bosco di pini, larici e abeti.
Camminava. camminava..., girava, girava in lungo ed in largo senza mai
fermarsi, seguendo delle orme che vedeva sul terreno. Ma quelle orme erano
le sue! Non si accorgeva che, gira e rigira, si ritrovava sempre al punto
di partenza, ma non si disperava . Continuava a camminare ed a pensare.
Quando era stanco riposava, dormiva, si nutriva con erba, radici bacche e
quando si nsvegliava riprendeva a camminare e a pensare. Cosi continuò a
girare per uno, due, tre anni! Ma che dico! Di più, assai di più! Forse
cento, duecento anni continuò la sua marcia finché, essendo anche lui una
creatura come tutte le creature lasciò questa terra per cieli migliori.
Con tutto il suo girare, sempre ripassando sui propri passi, il mužariól
aveva tracciato nel corso degli anni un sentiero quasi circolare
all'interno del bosco. Appunto "al trói del mužariól" un labirinto
naturale in cui è facile perdersi. Se qualcuno vuole andare in quel trói,
chieda informazioni ai più anziani del luogo: tutti sanno che esiste,
tutti l'hanno sentito nominare dai loro padri e nonni, ma nessuno vi saprà
dire con certezza dove sia. Questa la nostra storia, come quella del "Bus
de la lume" inventata chiaramente per tener vicini a sé i bambini, lontani
dai numerosi pericoli del bosco. Da questa storia, però, le nostre nonne
traevano ottimi spunti per indirizzarsi ai più piccoli. Così, ad esempio,
al termine della storia esclamavano:
"E dès sta tènto" de no
ndar distante, si no te te pèrde te 'l trói de 'l
mužariól''
|
''Ed adesso sta attento a
non allontanarti altrimenti ti perdi nel sentiero del
folletto
| Se qualche piccolo, poi,
sbagliava nell'indossare qualche indumento, ridendo e scuotendo la testa
gli sussurravano:
''Te me pàr pròpi '' an
mužariól!''
|
Mi sembri proprio un
folletto!".
| Se qualcuno, infine,
anche tra gli adulti, non riusciva a portar a buon termine un affare ed
anzi ci rimetteva del suo, gli amici lo schernivano.
''Bòn da gnént! Te te sé
pèrs te 'l trói de 'l mužariól!''.
|
''lncapace! Ti sei perso
nel sentiero del
folletto!''.
| Nel 1989 questa bella
storia mi ha ispirato la sua trasposizione in rime. Ne è nata questa bella
filastrocca per la quale l'amico Rizieri Barattin di S. Martino ha
elaborato una orecchiabile partitura musicale.
Al mužariól (o
mužariól o mužariól o mužariól).
Quànt bèi chéi filò da
rènto na stàla, tre bòce che i sènt da na nòna le
fòle, cuciàdi par tèra o te 'n pécol de scàla, e àltri, te
'l fén, che i fa scondariòle....
''Vegné, bèi
bocéte! Sté bòni 'n fiantìn ! la stòria 've cóntee de 'n
bòn picenìn....
De nòt se godéa sto òn alt dói
spàne, a tuti i so amghi de fàrghe matàne;
e po via
pa 'l dì, de sót an fonghèt, bén stràc e sfinì al féa on
pisolét.
La tèsta par aria al éa st'omenét, tut chel
che 'l é stòrt, par lu 'l èra drét.
An dì che '1
penséa a i so màti boréž ca drénto, segùr, te 'n bósc tut
de péž.
Par nòt e par dì, ..camina.. camina .. le
bàleghe '1 vède, le é chéle de prima!
El gira de in
tóndo par žènto mìla àni. po, vècio e stremì, finis i so
afàni.
Co tut chél giràr 'l à fat fin an trói. Sté
tènti, bocéte, no tóche ènca a vói!
La testa par aria
tegnèr no se pól; ris-cé de ciapàrve: "Te se 'n
mužariól!''. |
Corn'erano belli quei
filò dentro una stalla, tre bimbi che ascoltano da una
nonna le favole, accovacciati per terra o su un piolo di
scala, ed altri, nel fieno, che giocano a
nascondino.
Venite, bei bambini! State buoni un
pochino! La storia vi racconto di un uomo piccolino
.
Di notte si divertiva quest'uomo alto due spanne, a
tutti i suoi amici, combinare marachelle;
e poi, durante
il giorno, sotto un funghetto, ben stanco e
sfinito. faceva un pisolino.
La testa per aria aveva
quest'ometto tutto ciò che era storto per lui era
dritto.
Un gioorno che pensava ai suoi strambi
pensieri, entra, sicuro, in un bosco tutto di pini.
Per
notti e per giorni ...cammina...cammina.... delle impronte
vede sono quelle di prima!
Egli gira in cerchio per
cento .... mille anni, poi, vecchio e sfibrato. finisce i suoi
affanni.
Con tutto quel girare ha fatto perfino un
sentiero state attenti, bambini, che non capiti anche a
voi!
La testa per aria tener non si può, rischlate di
prendervi: ''Sei un
folletto!''.
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