NonoBepi - agosto 2000

Nonobepi, su gentile concessione dell'autore, amico Osvaldo Noro.
Rende omaggio al poeta, cultore del nostro dialetto, al solo scopo
di divulgare quanto fatto e senza nessun scopo di lucro.


Le bèle storie de na òlta
di Osvaldo Noro


Al Teveron - Il Teverone
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Al Teveron Il Teverone A Chies d'Alpago c'è una località denominata "Cròda". Essa, nel versante detto "Scalon", è una zona assai ventosa e là le vecchiette d'un tempo erano solite stendere ad asciugare la biancheria, profumata di lisciva.
Quel continuo flusso d'aria è provocato dalla presenza del torrente Fèrmega e da risucchi e correnti d'aria determinati dai numerosi avvallamenti presenti nel luogo. Ma per le nostre vecchiette d'un tempo non era così. Per loro c'era una spiegazione più... fantastica, tra un misto di antico e recente, immaginazione e realtà.
Quei "soffi" d'aria che asciugavano il bucato erano i "sotfi", gli "sbuffi" arrabbiati di una tolla tribù di streghe.
Sentite un po' cosa avvenne.
Abitava appunto in quella località una numerosa tribù di streghe, orribili a vedersi e cattive oltre ogni dire.
Durante il giorno se ne stacano rintanate nella boscaglia, pronte a ghermire chiunque si avventurasse in quei luoghi particolarmente invitanti, d'estate, per i ragazzini, che volentieri andavano a fare il bagno nelle acque fresche del torrente.
Durante Ia notte, poi, le streghe inviavano in "spedizioni punitive" i branchi di lupi famelici che avevano al loro servizio, contro le gregglie gli armenti dei poveri pastori del paese: paese che fino a quel tempo non aveva alcun nome.
Era un paese, e basta.
I pastori avevano cercato in ogni modo di proteggere il loro bestiame, unica tonte di sostentamento per le loro famiglie. Avevano istituito dei turni di vigilanza notturna. Avevano scavato in tutta la Cròda numerosi trabocchetti opportunamente ricoperti con frasche e fogliame.
Questl trabocchetti in dialetto locale erano chiamati "le lovère" (da lóf = lupo) e, proprio per tale loro presenza. "Lovèra" era il primitivo nome della Cròda.
Ma tutti gli sforzi risultarono vani.
Quei lupi sembravano stregati.
Un bel giorno, visti inutili tutti i loro tentativi e resisi conto dell'impossibilità di combattere contro quelle perfide streghe, gli abitanti decisero di chiedere aiuto ad un gigante locale, la cui fama di bontà aveva valicato i confini dell'Alpago.
Si chiamava Teverone.
Egli abitava in un'enorme grotta scavata nella roccia, alle pendici del monte Venàl. Il monte Teverone attuale, all'epoca della nostra storia, non c'era ancora.......
Il buon gigante, con un abile stratagemma, riuscì a catturare le streghe. Non si venne a sapere a quale trucco fosse ricorso. fatto è che queste malvage creature furono tutte catturate e consegnate agli abitanti di quel paese, legate con delle grosse funi in un unico fascio. Compiuta la sua buona azione Teverone se ne ritornò alla sua grotta. Cosa fare di quel fascio di streghe urlanti e recalcitranti? Come liberarsene? Furono trascinate nel loro antro e l'apertura venne addirittura murata in modo che non potessero più uscire a recar danno ai pastori. Che vivessero pure sotto terra, in compagnia di gnomi, folletti malefici e loro simili compari!
Siccome, guarda caso, quel giorno felice era proprio l'ultimo giorno di Carnevale, tutti gli abitanti del paese innalzarono sul colle che sovrasta l'abitalo (e dove in epoche successive verrà costruito il cimitero) un'enorme catasta di canne secche di granoturco. Al tramonto la incendiarono e nell'immenso rogo, tra la festa generale, furono gettate nel fuoco manciate di sale grosso e ramaglie di ginepro per provocare un allegro scoppiettìo che portasse alle genti di tutta la valle alpagota la buona notizia. L'usanza di "brusàr la vécia" a "Su in Còl" si è mantenuta tutt'ora e ricordo che quand'ero fanciullo alla costruzione della grande "méda de màne de soregàl" collaborava tutto il paese: Poi, la sera, al suono della banda paesana. si cantava e si ballava.
Ma torniamo alla storia.
Quelle streghe, prima che l'ultimo sasso chiudesse del tutto l'ingresso della loro splelonca, riuscirono a mandare una maledizione contro il gigante che era stato causa della loro rovina.
Teverone fu tramutato in monte.
Il monte Teverone da allora è la, a fianco del Venàl, che domina maestoso l'intero Alpago.
Un attento osservatore, anche di poca fantasia riuscirà facilmente a riconoscerne il volto nel profilo arrotondato della vetta. Le streghe, invece, sono ancora sepolte vive sotto terra, racchiuse nel loro antro, esse tentano invano di uscirne e .... soffiano e ..... sbuffano, ed.... asciugano la biancheria.
I lupi, rimasti senza guida e senza padrone, un po' alla volta vennero sterminati e solo pochissimi esemplari riuscirono a trovar rifugio presso le pendici dei monti in Val Salatis, dove s, potevano incontrare fino a qualche decina d'anni fa.
Sempre restando, infine, nel campo fantasioso di questo racconto, avvenne che in quel paese fino ad allora "senza nome" ritornò finalmente la pace, la serenità, la tranquillità.... la "quìes". E da "quìes" a Chies, il passo potrebbe essere breve, no?
ln quel di Chies veramente si gode di tanta e tanta tranquillità ed il paese durante il periodo estivo è affollato di turisti e villeggianti, particolarmente bimbi e anziani, che vi trovano un'oasi di pace, come ormai in poche altre località alpagote si può trovare.
Teverone è là, montagna maestosa, pronto a ricordarci questa ...."bèlà storia de na òlta", ricca di fantasia, ma anche di poesia.


* Copertina * Dedica * Murale 1 * Murale 2 * Moreno  De  Col * dott. Martelli * Premessa * Bus la lume *
* Al Bus de'l béco * Al  lac de S. Crose * Parché 'l Alpago 'l é... * La  val de le Strìghe * La Valturcana *
* La ceséta de la Runal * La luna su te 'l péz * San  Danèl * La  ceséta  de San  Martin * Al  Teveron *
* La bèla indormenzada * Al malà che'l porta 'l san * Tant par òn * Co no se sa parlar * Paron la scòta *
* I quatro ciòdi che parla * Al trói de 'l musariól * Tesòro  de 'l  montanaro * Osvaldo Noro Home Page *

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