San Danèl - San Daniele vai al disegno 1° edizione
A
circa mezz'ora di cammino da Borsoi, c'è una località denominata San
Danèl. Là sorgeva una cappella dedicata, appunto, a S. Daniele. Proprio in
quella cappella si concludevano, in primavera, le processioni dei fedeli
di Chies in occasione delle cosiddette "rogazioni", cioè delle preghiere e
delle benedizioni sui campi e sui prati per implorare da Dio un buon
raccolto per l'anno in corso. Le processioni, che partivano dalla
parrocchiale di Chies prima dell'alba, giungevano a S. Danèl verso
mezzogiorno, giusto in tempo per mangiar qualcosa e riprendere subito dopo
la strada del ritorno al paese. Questa volta, però, non più in
preghiera ed in canti religiosi, ma in canti folkloristici locali e nella
recita e nel canto di tante belle villotte. Sempre in tale occasione
vigeva l'usanza che il parroco offrisse il pranzo ai cantori: ricotte
fresche ed affumicate, ricevute come offerta nelle vicine malghe. Ora
quella cappella non c'è più. A proposito della sua costruzione molti
vecchi ricordano ancora di aver sentito racconlare dai loro padri, che a
loro volta l'avecano sentita dai nonni, questa bella leggenda. lo la
riporto così come l'ho sentita anche se tra paese e paese vi è qualche
stumalura o differenza. Prima, però, è necessaria una breve premessa.
In quei tempi (ed in maniera molto ridotta anche al giorno d'oggi) i
contadini, in periodi di siccità ed in località dove non c'erano
possibilità idriche, scavavano delle fosse, ricopricano il loro fondo con
fogliame secco e con creta al fine di renderle in quafche modo
impermeabili, e di esse si servivano per raccoglierci l'acqua piovana e
condurvi il bestiame all'abbeveraggio. Queste fosse erano chiamate in
dialetto (lame); e nelle malghe del Cansiglio se ne possono vedere
ancora. Tali "lame", servivano anche ad altro scopo. Sempre in quei
tempi lontani gran parte dei contadini alpagoti piantava canapa, che poi
le donne filavano e tessevano e ne ricavavano tela per indumenti e
lenzuola. Tagliala la canapa, la mettevano a macerare nell'acqua di queste
"lame". Tolta dalle "lame" essa veniva battuta nella "gràmola", passata
con la "spada" di leqno e quindl tirata nella "spigola". Così setacciata e
priva, o quasi, di scorie. veniva lavata in acqua e cenere (la lisia) e
asciugata al sole. Avvolta, successivamente, nella "rocca" "ròca" veniva
filata con il fusello (fus) o con l'arcolaio (corlét). La parte scarta non
veniva buttata via, ma nuovamente avvolta nella rocca e pur essa filata.
Ne derivava un filo più grosso e grezzo, utillzzato soprattutto per
tessere canovacci da cucina. Detto ciò, torniamo al nostro racconto. A
Borsoi d'Alpago quasi la totalità della popolazione temminile era
impegnata, dalla mattina alla sera, nel "gramolare" questa canapa... con
l'immaginabile rumore. Proprio a Borsoi si era ritirato in eremitaggio
S. Daniele, attirato in quel luogo dalla salubrità dell'aria, dell'amenità
del posto ed anche dalla semplicità, cordialità e religiosità della gente
locale. Il Santo era quivi giunto con la speranza di potersi dedicare
in pace alla preghiera, alla meditazione ed alla penitenza. Infatti, come
tanti altri uomini di comprovata sanità, S Daniele era solito dire che per
giungere in Paradiso c'erano due sole vie possibili quella dell'innocenza
e quella della penitenza. Lui, modesto come tutti i grandi Santi aveva
scelto quest'ultima strada. Sperava proprio di poterla percorrere in quel
di Borsoi dove si era da poco stabilito, senonché il fatto del continuo
"gramolare", unito nottetempo al gracidio delle rane, immancabili ospiti
di stagni ed acquitrini, lo convinsero che la realizzazione del suo
proposito era impossibile in simili condizioni. Per tale fatto,
brontolando:
'A sòn de sentìr
gramolàr no se pól pregàr né pensàr''
|
''A forza di sentir
battere non si può pregare né
pensare''
| abbandonò il paesetto di
Borsoi e si ritirò verso la montagna . Ma il rumore delle gramole giungeva
fin lassù, sebbene affievolito, ed il Santo era giunto ormai alla
decisione di abbandonare quei luoghi (e forse l'intero Alpago... ) Una
delegazione di Borsoi, venuta a conoscenza di tal proposito,
addoloratissima, si recò nell'eremo del Santo e lo convinse a restare. Gli
promisero di costruirgli una cappella in cui rifugiarsi e godere del più
assoluto silenzio e che avrebbero cercato, per quanto possibile, di
evitare per il futuro i rumori lamentati. Il Santo si lasciò convincere e
gli impegni furono rispettati. La cappelletta fu regolarmente costruita
lassù, nell'eremo del Santo; località che, da allora, fu denominata "S.
Danèl" ed anche il gramolare, gradatamente ebbe termine. I Borsoiesi,
per tenersi vicino, amico e protettore il Santo decisero di dedicarsi ad
altre attività meno rumorose. Ad una ad una le"lame" vennero interrate e
la mancanza d'acqua provocò la scomparsa anche delle rane. Tutto,
finalmente, tornò tranquilio e S. Daniele potè trascorrere glî ultimi anni
della sua vita in preghiera e penitenza. Poche "gràmole", pochi "spadóni",
poche '"spìgole".... si possono ancora trovare nelle soffitte delle
vecchie case di Borsoi, a ricordo di tempi tanto lontani. e torse più
felici... Il tutto, avvolto da un velo di polvere e dall'intreccio di
mille e mille ragnatele, rifugio e cibo del tarlo ("caról").
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