NonoBepi - agosto 2000

Nonobepi, su gentile concessione dell'autore, amico Osvaldo Noro.
Rende omaggio al poeta, cultore del nostro dialetto, al solo scopo
di divulgare quanto fatto e senza nessun scopo di lucro.


Le bèle storie de na òlta
di Osvaldo Noro


San Danèl - San Daniele
vai al disegno 1° edizione

A circa mezz'ora di cammino da Borsoi, c'è una località denominata San Danèl. Là sorgeva una cappella dedicata, appunto, a S. Daniele. Proprio in quella cappella si concludevano, in primavera, le processioni dei fedeli di Chies in occasione delle cosiddette "rogazioni", cioè delle preghiere e delle benedizioni sui campi e sui prati per implorare da Dio un buon raccolto per l'anno in corso.
Le processioni, che partivano dalla parrocchiale di Chies prima dell'alba, giungevano a S. Danèl verso mezzogiorno, giusto in tempo per mangiar qualcosa e riprendere subito dopo la strada del ritorno al paese.
Questa volta, però, non più in preghiera ed in canti religiosi, ma in canti folkloristici locali e nella recita e nel canto di tante belle villotte. Sempre in tale occasione vigeva l'usanza che il parroco offrisse il pranzo ai cantori: ricotte fresche ed affumicate, ricevute come offerta nelle vicine malghe.
Ora quella cappella non c'è più. A proposito della sua costruzione molti vecchi ricordano ancora di aver sentito racconlare dai loro padri, che a loro volta l'avecano sentita dai nonni, questa bella leggenda. lo la riporto così come l'ho sentita anche se tra paese e paese vi è qualche stumalura o differenza.
Prima, però, è necessaria una breve premessa. In quei tempi (ed in maniera molto ridotta anche al giorno d'oggi) i contadini, in periodi di siccità ed in località dove non c'erano possibilità idriche, scavavano delle fosse, ricopricano il loro fondo con fogliame secco e con creta al fine di renderle in quafche modo impermeabili, e di esse si servivano per raccoglierci l'acqua piovana e condurvi il bestiame all'abbeveraggio.
Queste fosse erano chiamate in dialetto (lame); e nelle malghe del Cansiglio se ne possono vedere ancora.
Tali "lame", servivano anche ad altro scopo. Sempre in quei tempi lontani gran parte dei contadini alpagoti piantava canapa, che poi le donne filavano e tessevano e ne ricavavano tela per indumenti e lenzuola. Tagliala la canapa, la mettevano a macerare nell'acqua di queste "lame". Tolta dalle "lame" essa veniva battuta nella "gràmola", passata con la "spada" di leqno e quindl tirata nella "spigola". Così setacciata e priva, o quasi, di scorie. veniva lavata in acqua e cenere (la lisia) e asciugata al sole. Avvolta, successivamente, nella "rocca" "ròca" veniva filata con il fusello (fus) o con l'arcolaio (corlét). La parte scarta non veniva buttata via, ma nuovamente avvolta nella rocca e pur essa filata. Ne derivava un filo più grosso e grezzo, utillzzato soprattutto per tessere canovacci da cucina.
Detto ciò, torniamo al nostro racconto. A Borsoi d'Alpago quasi la totalità della popolazione temminile era impegnata, dalla mattina alla sera, nel "gramolare" questa canapa... con l'immaginabile rumore.
Proprio a Borsoi si era ritirato in eremitaggio S. Daniele, attirato in quel luogo dalla salubrità dell'aria, dell'amenità del posto ed anche dalla semplicità, cordialità e religiosità della gente locale.
Il Santo era quivi giunto con la speranza di potersi dedicare in pace alla preghiera, alla meditazione ed alla penitenza. Infatti, come tanti altri uomini di comprovata sanità, S Daniele era solito dire che per giungere in Paradiso c'erano due sole vie possibili quella dell'innocenza e quella della penitenza. Lui, modesto come tutti i grandi Santi aveva scelto quest'ultima strada. Sperava proprio di poterla percorrere in quel di Borsoi dove si era da poco stabilito, senonché il fatto del continuo "gramolare", unito nottetempo al gracidio delle rane, immancabili ospiti di stagni ed acquitrini, lo convinsero che la realizzazione del suo proposito era impossibile in simili condizioni.
Per tale fatto, brontolando:

'A sòn de sentìr gramolàr
no se pól pregàr né pensàr''

''A forza di sentir battere
non si può pregare né pensare''

abbandonò il paesetto di Borsoi e si ritirò verso la montagna . Ma il rumore delle gramole giungeva fin lassù, sebbene affievolito, ed il Santo era giunto ormai alla decisione di abbandonare quei luoghi (e forse l'intero Alpago... )
Una delegazione di Borsoi, venuta a conoscenza di tal proposito, addoloratissima, si recò nell'eremo del Santo e lo convinse a restare. Gli promisero di costruirgli una cappella in cui rifugiarsi e godere del più assoluto silenzio e che avrebbero cercato, per quanto possibile, di evitare per il futuro i rumori lamentati. Il Santo si lasciò convincere e gli impegni furono rispettati. La cappelletta fu regolarmente costruita lassù, nell'eremo del Santo; località che, da allora, fu denominata "S. Danèl" ed anche il gramolare, gradatamente ebbe termine.
I Borsoiesi, per tenersi vicino, amico e protettore il Santo decisero di dedicarsi ad altre attività meno rumorose. Ad una ad una le"lame" vennero interrate e la mancanza d'acqua provocò la scomparsa anche delle rane. Tutto, finalmente, tornò tranquilio e S. Daniele potè trascorrere glî ultimi anni della sua vita in preghiera e penitenza. Poche "gràmole", pochi "spadóni", poche '"spìgole".... si possono ancora trovare nelle soffitte delle vecchie case di Borsoi, a ricordo di tempi tanto lontani. e torse più felici... Il tutto, avvolto da un velo di polvere e dall'intreccio di mille e mille ragnatele, rifugio e cibo del tarlo ("caról").


* Copertina * Dedica * Murale 1 * Murale 2 * Moreno  De  Col * dott. Martelli * Premessa * Bus la lume *
* Al Bus de'l béco * Al  lac de S. Crose * Parché 'l Alpago 'l é... * La  val de le Strìghe * La Valturcana *
* La ceséta de la Runal * La luna su te 'l péz * San  Danèl * La  ceséta  de San  Martin * Al  Teveron *
* La bèla indormenzada * Al malà che'l porta 'l san * Tant par òn * Co no se sa parlar * Paron la scòta *
* I quatro ciòdi che parla * Al trói de 'l musariól * Tesòro  de 'l  montanaro * Osvaldo Noro Home Page *

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