Co non se sa parlar, 'l é mèio tàser - Quando non si
sa parlare, è sempre meglio tacere
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edizione
Questa "storia", era di frequente sulle labbra
delle nostre nonne come consiglio per tutti ed, in particolare per le
giovani in età da marito, affinché non parlassero troppo, molto spesso a
vanvera, correndo il rischio di compromettere con i loro interventi, fuori
misura affari di famiglia.. ..fidanzamenti, matrimonl o altro. C'era,
allora, una madre vedova con tre figlie ormai in età da marito. Un giorno,
all'uscita dalla chiesa dove si erano recate per la tunzione domenicale,
le ragazze vennero fermate da tre baldi giovani fratelli, di allro paese,
che chiesero loro il permesso di accompagnarle a casa e di poterle
"frequentare" per meglio conoscerle. Non si può descrivere la gioia di
quella madre non appena le figlie, rientrate a casa, le riferirono la
novità. Tutto fu senz'altro predisposto per la sera del qiovedì quando,
se- condo l'usanza. i fidanzati, o aspiranti tali si recavano a casa delle
fidanzate, o aspiranti tali. Ma c'era un piccolo neo. La saggia
madre, conoscendo le proprie ragazze, raccomandò loro di non parlare, o di
parlare il meno possibile per non comprornettere il risultato fin dal
primo incontro. Poi, come Dio volle giunse la sera del tanto sospirato
giovedì Là, attorno al "fòghèr" mentre i tizzoni ardevano e la madre
controllava, lavorando a rnaglia. Lo scambio di sguardi amorosi,
cominciarono i primi contatti con le dita delle mani che timidamente si
toccavano. Tutto continuò cosi per un bel po', finché la maggiore delle
tre sorelle ruppe il silenzio e, rivolta alla seconda, esclamò:
''Stùsa su chél stìz
''che 'l fa fun a 'l me novìz ''.
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''Spegni quel tizzone che
fa fumo al mio fidanzato! ''.
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La seconda, punta nel proprio
orgoglio, le rispose:
"Stuselo su ti, che mi no
pòs. O' da far valàgna a 'l me morós !".
|
''Spegnilo tu, ché io non
posso. Devo sorvegliare il mio
moroso!".
| La minore delle sorelle
non sapendo cosa dire e non volendo essere ed apparire da meno delle altre
cost dice la storia forse per far rima con "morós",.... la se à fat
gnér "la tós !" Quando infine dopo qualche ora, i tre baldi giovani
fecero ritorno alle loro case la madre che aveva per così dire "mangiata
la foglia". quanto all'avvenire matrimoniale delle sue figliole, cantò con
un pò di malrepressa rabbia la seguente villotta:
''Co no se sa parlàr l é
mèlo tàserz! Benedéta chi che tàse che a 'l so morós la
piàse e po....da morósa. la lo farà so
spósa!''....
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''Quando non si sa
parlare è meglio tacere! senedetîa colei che tace ché al
tidanzato piace e poi. da morosa Iul la iarà sua
sposal!''....
| La conclusione ? La
morale di questa breve storia ? è tutta riassunta nel tltolo che, in
dialetto, suona cosi:
''Co No se sa parlàr 'l è
mèio tàser!''.
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''Quando non si sa
parlare è meglio star
zitti!''.
| O nell'altro vecchio
detto, a proposito della scelta della moglie:
''Che la piàsa, che la
tàsa, e la stàe a casa ''.
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''Che piaccia, che
taccia, che stia a
casa''.
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