La val de le Strìghe - La valle delle
Streghe (parché de istà gnén i tenporài) - (perché in estate vengono i
temporali) vai al disegno 1°
edizione
D'estate, tante volte, accade che
improvvisamente, anche se nel cielo sfolgora il sole più bello e più
caldo, veniamo colti da un improvviso acquazzone, mentre la volta celeste
è solcata dai lampi e nella vallata echeggano i tuoni. Per spiegare questo
strano fenomeno, in quel di Sitran, una ridente frazione in comune di Puos
d'Alpago, si racconta ancora questa leggenda. Il territorio frazionale,
come tutto quello dell'Alpago, è accidentato: numerose valli e vallette si
intersecano le une alle altre. Queste vallate hanno dei nomi strani ed una
di esse è denominata appunto "la valle delle streghe". ln questa valle
vivevano, tanti e tanti anni or sono, delle orribili streghe. Avevano
chiome nerissime che giungevano fino ai piedi, un naso lungo ed adunco
come il becco delle aquile e due occhi rotondi, bianchi e freddi come due
grossi chicchi di grandine. Di solito il capo era ricoperto da un lungo
velo nero. Indossavano una lunga gonna ed uno stretto corpetto, ricamato
con i colori che esse stesse traevano dai colori dell'arcobaleno. Quando,
poi, avevano necessità di tingere i loro filati e l'arcobaleno non c'era,
ricavavano i vari colori dalla natura: cosi, ad esempio, per il verde
usavano l'erba; per il rosso le foglie secche delle cipolle... Ogni
venerdì, verso le tre del pomeriggio, risalivano in lunga processione il
colle che sovrasta la vallata e, quivi giunte, intrecciavano danze,
facevano capriole lungo il pendio, saltavano, ridevano, sghignazzavano.
Poi, sciolte le trecce, si pettinavano le lunghe chiome arse, secche,
stoppose, usando come pettini i rastrelli dei contadini intenti a farsi un
meritato pisolino, all'ombra di qualche albero, in attesa che il sole
seccasse l'erba falciata. Senonché quelle lunghe capigliature incolte e
sporche provocano alle streghe dei dolori lancinanti ed esse iniziavano ad
urlare e ad imprecare contro il Cielo. Tutto ciò continuò per tanto e
tanto tempo... Finché, una buona volta, anche il Cielo si spazientì e...
vuoi per punire le streghe che con quegli schiamazzi profanavano l'ora
santa del venerdì, l'ora che ricorda la morte in Croce di Cristo... vuoi
per insegnare alle streghe quale fosse la "medicina" per capelli di quella
fatta, le inondò con un improvviso acquazzone, costringendole a ritirarsi,
in gran fretta, nelle loro spelonche. Ed i poveri contadini che nelle
vallate vicine erano intenti a rivoltare ed a rastrellare il fieno, ne
subirono le ... conseguenze. Questa storia finisce qui. Da quella volta,
quando nel bel mezzo di un afoso pomeriggio estivo piove improvvisamente,
e lampi solcano il cielo, e tuoni rintronano nell'intera vallata, qualche
anziano di Sitran raccoglie attorno a sé i nipotini, indica loro la famosa
"valle delle streghe" e racconta che... Sempre a proposito di temporali
estivi ed improvvisi scrosci di pioggia, è forse qui il caso di ricordare
con una rima in vernacolo la famosa "storia" della Madre di S.
Pietro.
La màre de San
Piéro
Na vècia stòria inségna, ma mi no 'l créde
véro, che te 'l infèrno régna Ia màre de San Piéro.
Na
gràn bestemadóra, pecàti de ògni sòrt, fin da 'l matîn
bonôra e fin a la so mòrt.
San Piéro, tut comòs, el va
da 'l Padretèrno, ma 'l sac 'l é màsa gròs: la péna l'é l
infèrno!
Ghe orìe na scùsa bòna tiràrla su da 'l
fòs; San Piéro e la Madòna i sfóia al libro gròs.
Na
ažion de carità te la so vita i càta: na òlta la à donà na
fóa de salàta.
"A chéla la se tàche! '' dis al Signór a 'l
Sànt: "Sperón no la se stàche! Tréla su de 'n s-ciànt!
''
Ma... le àneme danàde le fa gran cadéna a la còtola
picàde. La vècia se reména...
la fóia no la cén sto
péso màsa gròs... La vècia e 'l so velén, i pionba dò te 'l
fòs.
Ma:
par bén dói setimàne sta vècia tórna
fòra, a far le so matàne, mandàr la so malóra.
A 'l
tènp la ghe comànda e saéte e tenporài da 'l žiél dó la ne
mànda podér sfogàr i so mài.
E i póre contadîn no i pól
pì èr de 'l bén, par via de 'l so morbìn, a far an fià de
fién.
S-ciantis e nèole e tón, che bùsna su te 'l
siél, e po 'n bèl sgravazón che néga fin la pèl,
par
chéle setimàne, sto tant i lo dis véro, la fa le so
matàne la màre de San Piéro.
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La madre di San
Pietro
Una vecchia storia insegna, ma io non lo
credo vero, che nell'ìnferno regna la madre di San
Pietro.
Una gran bestemmiatrice, peccati di ogni
specie, fin dal primo mattino e fino alla sua
morte.
San Pietro, tutto commosso, va dal
Padreterno. ma il sacco è troppo grosso: la pena è
l'Inferno!
Occorrerebbe una buona ragione per tirarla su
dal fosso; San Pietro e la Madonna sfogliano il libro
grosso.
Un'azione di carità trovano nella sua vita:
una volta ha regalato una foglia d'insalata.
''Si
attacchi a quella!'', dice il Signore al Santo: ''Speriamo
non si stacchi! Tiratela su un pochino!'',
Ma... le anime
dannate fanno una gran catena attaccate alla sua gonna. La
vecchia si scuote...
la foglia non regge questo peso
troppo grosso... La vecchia ed il suo veleno piombano giù nel
fosso.
Ma:
per ben due settimane questa vecchia
esce fuori, a far le sue cattiverie. mandarci la sua
maledizione.
Lei comanda al tempo a saette e
temporali dal cielo qiù ci manda per potersi
sfogare.
Ed i poveri contadini non possono aver un pò di
pace, per via del suo passatempo a farsi un pò
fieno.
Lampi e nuvole e tuoni che rumoreggiano nel
cielo e poi un bel rovescio (di pioggia) che inzuppa perfino
la pelle,
per quelle settimane, questo fatto lo dicono
vero, combina le sue marachelle la madre di San
Pietro.
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