NonoBepi - agosto 2000

Nonobepi, su gentile concessione dell'autore, amico Osvaldo Noro.
Rende omaggio al poeta, cultore del nostro dialetto, al solo scopo
di divulgare quanto fatto e senza nessun scopo di lucro.


Le bèle storie de na òlta
di Osvaldo Noro


La bèla indormenzada - La bella addormentata
vai al disegno 1° edizione

Poiché siamo in tema di montagne, ecco un'altra storia. Cosi la sentii quand'ero ragazzo, durante un "filò" in una stalla e così, come la ricordo ve la ripropongo.
Viveva dunque, in un meraviglioso castello sui dirupi del Col Visentin, proprio sul versante rivolto verso l'Alpago, una felice coppia di sposi. Si erano sposati da poco Principe lui principessa lei. Vigoroso e coraggioso lui, fragile e bella lei. I due sposini aspettavano il loro primo figlio ed ingannavano la trepida attesa alternando ad amene passeggiate sui declivi del monte, dalla parte del Bellunese perché più dolci. allegri banchetti e feste danzanti.
Naturalmente a queste feste vi erano sempre ospiti illustri, i nobili del luogo, i principi del monte Dolada e le fate della Val Salàtis. Ognuna di queste tate possedeva una facoltà magica. Una soltanto. C'era, ad esempo, colei che col solo tocco della sua bacchetta magica sapeva trasformare tutto in puro oro zecchino. Un'altra aveva il potere di farsi obbedire dalle piogge e dai venti. C'era colei che, dovunque posasse lo sguardo, faceva sbocciare come d'incanto i più splendidi fiori rupestri. Ad un'altra era sufficiente pronunciare una parola per far apparire una tavola riccamente imbandita con tutte le leccornie possibili ed immaginabili. lnfine c'era colei che...
Ma non anticipiamo i tempi. Conoscerete in seguito il suo magico potere. Per ora basti sapere che era una fatina dall'aspetto esile esile, dal carattere dolce dolce e che aveva una particolare predilezione per la giovane principessa di questo racconto. Unico a non partecipare mai a queste feste era uno strano personaggio, mezzo mostro e mezzo gigante, che viveva rintanato nel "Bus de l'Agnelésa" e nella sottostante caverna detta "Bùsa de fèr" in quel di Tarnbre.
Suoi amici erano i terribili gnomi e le streghe Anduane del Cansiglio. L'eco delle musiche e dei canti che si svolgevano nel castello dei due sposi giungeva spesso alle orecchie del mostro-gigante, che cominciò a nutrire sentimenti di invidia verso tutti, ed in modo particolare nei confronti dei due ignari sposini. Dall'invidia all'odio il passo fu breve. L'odio ed il piacere di fare del male e di godere del male altrui, portarono il mostro a concepire un piano diabolico per portare disperazione e lutto dove c'era gioia e dove si attendeva una nuova vita. Per farla breve la principessa fu rapita e nascosta nell'antro del mostro. A nulla valsero le sue grida disperate, le sue implorazioni, le sue lacrime. Per lunghissimi, interminabili mesi la poveretta rimase prigioniera del mostro le continue ed affannose ricerche effettuate da tutti furono vane. lnfine, riuscì a fuggire. La notte era serena, iliuminata dalla luna e ricca di stelle. Appena fuori dalla spelonca la principessa si sentì sola ed impaurita. Non sapeva dove dirigersi. Fuggire in direzione del proprio castello sarebbe stato pericoloso, avrebbe devuto attraversare il Cansiglio e correre il pericolo di essere vista dai genietti malefici del bosco che nelle chiare notti di luna uscivano a gozzovigliare. Scendere dalla parte del torrente Valturcana sarebbe stato pericoloso a causa dei numerosi anfratti e per la ripida discesa. L'unica via di salvezza le sembrò quella di correre in direzione della Val Salàtis. Là le sue amiche fate l'avrebbero sicuramente aiutata. E così fece. Camminò, la poverina, per l'intera notte e l'alba la trovò nei dintorni di Mont, in quel di Chies d'Alpago, stanca ma felice. poiché pensava di aver ormai raggiunto la salvezza. Credendosi ormai al sicuro, sfînita, si sdraiò sull'erba e si addormentò. Quel sonno durò assai poco. Un rumore di passi la risvegliò. Più che di passi, in verità. le sembrava il rumore di una grossa rnandria di mucche in fuga. La fuggiasca capì. Quante volte, negli ultimi mesi, aveva sentito quel rumore! Era lui l'orribile suo carceriere che, scoperta la sua fuga, seguendo le orme sull'erba piegata ancor bagnata di rugiada, la stava raggiungendo. Si deve sapere, a questo punto del racconto, che in quei tempi lontani. appena a destra della vetta del monte Messèr. c'era un valico che metteva in comunicazione la calle dell'Alpago con la Carnia. Proprio là, al valico, c'era il confine tra due regni e, al di là di esso, il mostro-gigante, non avrebbe potuto far più nulla contro la fuggiasca. Sentendosi perduta. la principessa si diresse da quella parte, visto che l'inseguilore, che aveva previsto il suo proposito, le aveva tagliato la strada per la Val Salàtis. La poveretta gridava, gridava con quel po' di fiato che le era rimasto, invocando l'aiuto delle fate. Per colmo di sfortuna, una sola delle fate sue amiche era presente in Val Salatis; le altre si erano recate ad una festa, ospiti della regina del monte Cavallo. La fatina presente era....., Si. era proprio lei, la fatina dal potere rimasto finora segreto. Udite quelle invocazioni disperate, accorse, vide e capì tutto. Quando la nostra principessa, ormai allo stremo delle torze, stava per essere raggiunta, la fata intervenne con l'unica facoltà magica di cui era capace: quella di "pietrificare" ogni cosa volesse. Eccolo il potere magico della fatina del nostro racconto! Pronunciate le parole magiche appropriate, ecco compiersi il prodigio. La giovane donna cominciò a gonfiarsi, ad ingigantirsi, ad ampliarsi tanto da ostruire il valico esistente e, naturalmenle si traformò in montagna. Una montagna vera, roccia e di sassi. Il mostro, furibondo volse lo sguardo intorno. Vide la fatina e nulla di meglio trovò che sfogare contro di lei la sua rabbia, uccidendola. Anche le fate, talvolta, possono essere uccise dall'odio e dalla cattiveria. Così, di solito, terminava il racconto. Siccome la storia non aveva il lieto fine e lasciava aperti alcuni interrogativi, ricordo che molte erano le domande che venivano rivolte alle nostre nonne. "Cosa acvenne del mostro-gigante?" Anche lui, alla fine, morì. Ed era questo lo spunto che le nostre nonne coglievano per tener quieti i loro attenti ascoltatori (vedi la leggenda del lago di Santa Croce).
"E delle altre fate?".
Non vollero più tornare nei luoghi dove era stata uccisa una loro sorella. Ecco perché, da quella volta, in Alpago non vi sono più fate. "Che ne fu, poi, della sventurata principessa?".
Essendo morta l'unica fata capace di richiamarla in vita, la povera principessa è ancora là, montagna, che pare dormire un sonno profondo. Non ci credete?
Guardate il profilo della montagna a destra del monte Messèr. Là, contro li cielo azzurro, si staglia preciso, stupendo, inconfondibile, il volto della "Bella Addormentata". Essa è là, immobile, addormentata dall'odio e potrà essere ridestata solo quando nel montdo intero odio, invidia, cattiveria, guerre, saranno vinti dall'amore. Allora la nostra principessa si risveglierà, la potremo rivedere, potrà ritornare al suo castello.....
Potrà dare alla luce quel bimbo che ancora racchiude nel grembo......E quel bimbo vivrà in un mondo, forse, migliore.
La "Bella Addormentata", è anche conosciuta col nome di "Brut pas". "Brutto" in quanto difficilissima è la scalata delle fiancate ripide e scoscese del monte. La nostra storia vuole che nessun uomo possa riuscire a calpestare il volto della principessa addormentata "Passaggio", forse per ricordare il valico che una colta esisteva là nei pressi, ciò per dare, in certo qual modo un qualche fondamento di verità alla nostra "storia", farla amare e farla ricordare.


* Copertina * Dedica * Murale 1 * Murale 2 * Moreno  De  Col * dott. Martelli * Premessa * Bus la lume *
* Al Bus de'l béco * Al  lac de S. Crose * Parché 'l Alpago 'l é... * La  val de le Strìghe * La Valturcana *
* La ceséta de la Runal * La luna su te 'l péz * San  Danèl * La  ceséta  de San  Martin * Al  Teveron *
* La bèla indormenzada * Al malà che'l porta 'l san * Tant par òn * Co no se sa parlar * Paron la scòta *
* I quatro ciòdi che parla * Al trói de 'l musariól * Tesòro  de 'l  montanaro * Osvaldo Noro Home Page *

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