Molti studiosi, appartenenti alle più svariate
discipline, si sono ripetutamente cimentati nel difficile compito di
spiegare le ragioni dell’esplorazione umana. Nessuno c’è però
riuscito in maniera convincente e forse ciò è dovuto al fatto che la
curiosità, la sete di conoscenza e il senso di meraviglia sono talmente
intrecciate alla natura umana da rendere impossibile qualunque riduzione
alla logica delle motivazioni profonde che ci spingono alla scoperta. La
presunte spiegazioni suonano tanto più stonate quando si misurano con
quegli eventi, come ad esempio la scoperta dall’America, il cui impatto
storico e sociale è andato al di là dell’immaginabile. Per questo non
è facile dire perché l’uomo andrà su Marte, ma è tuttavia assennato
prevedere che questa straordinaria impresa verrà, prima o poi, portata a
termine. Tale missione sembra, in questi giorni, quasi concretizzarsi dopo
lo straordinario annuncio della NASA che sul pianeta rosso c’è acqua
allo stato liquido.
Tecnologicamente l’impresa è già alla portata dell’uomo.
Ciò non significa comunque che tutti i problemi che un tale viaggio
comporterebbe sono già stati risolti. Tra questi cito su tutti: gli
effetti sull’organismo di prolungati periodi in assenza di gravità, le
radiazione cosmiche e solari. Inoltre occorrerebbe trasformare l’astronave
in un sistema ecologico chiuso quanto più possibile, riciclando i rifiuti
umani e l’acqua, nonché studiare anticipatamente i problemi psicologici
che potrebbero nascere tra uomini e donne costretti a vivere e lavorare
fianco a fianco per molti mesi e in isolamento nello spazio.
Tale missione vedrà la luce intorno al 2020, e sarà a
larga partecipazione internazionale. Molto probabilmente l’astronave
verrà assemblata sulla stazione spaziale che è attualmente in via di
costruzione ed avrà un equipaggio di 10-12 persone. L’importanza della
scoperta di questi giorni, sta nel fatto che acqua, oltre ad aumentare le
possibilità di vita marziane, vuol dire carburante per la missione di
ritorno o per possibili missioni verso pianeti e destinazioni successive.
La presenza del prezioso liquido è stata fatta dalla
sonda Mars Global Surveyor ed è stata annunciata da Michael Malin uno
scienziato della NASA. L’acqua dovrebbe trovarsi nel sottosuolo, in
falde che si trovano tra i 100 ed 400 metri di profondità ed ogni
sorgente avrebbe la capacità di 2500 metri cubi. «Ventotto anni fa –
ha sottolineato il vicepresidente della NASA Ed Weiler – la sonda
Mariner 9 scoprì l’esistenza su Marte di vallate e canyon che sembrano
essere stati scavati da corsi d’acqua milioni di anni fa. Con le
scoperte di questi giorni non parliamo più del passato, ma del Marte
attuale. E così anche la ricerca di eventuali forme di vita si sposta dal
remoto passato ai giorni nostri».
C’è da dire comunque che acqua su Marte era già
stata trovata sotto forma di ghiaccio nelle regioni polari dove è
mescolata a polvere. Tuttavia la gran parte di essa si troverebbe nel
sottosuolo sotto forma di permafrost, una mistura di terreno fine e
ghiaccio comune nelle tundre terrestri. L’acqua sarebbe stata avvistata
nelle profondità di grandi canyon che taglierebbero appunto questo stato
di permafrost rendendo il terreno impregnato d’acqua.
Il sistema di canyon in cui è stato fatto l’avvistamento
è quello della Valles Marines, precisamente nella zona centrale dove tre
canyon paralleli confluiscono in un’unica depressione larga 600 km e
profonda in alcuni punti 7 km.. In molti punti inoltre si è visto che le
pareti sono crollate, provocando frane gigantesche. Il materiale franato
è molto più fluido di quello che caratterizza simili episodi sulla
Terra. Poiché l’atmosfera del pianeta rosso è molto tenue, acqua e
ghiaccio presenti nel suolo potrebbero spiegare la morfologia delle frane,
così come molti altri misteri della superficie del pianeta.
Contrariamente alle apparenze comunque, la superficie
marziana è estremamente inospitale. Il terreno, cosparso di particelle di
sabbia e frammenti di roccia vulcanica di tutte le dimensioni, scagliati
ovunque dall’impatto di grosse meteoriti, appare molto reattivo dal
punto di vista chimico. Inoltre, durante il giorno è bombardato dalla
radiazione ultravioletta del Sole, per cui non solo l’ambiente è ostile
alla vita, ma è in grado di aggredire e di distruggere velocemente
qualunque sostanza organica vi piovesse sopra, ad esempio trasportata da
comete e meteoriti. Lo strato superficiale è costituito soprattutto da
silicati ed è ricco di ossidi di ferro, che conferiscono al pianeta la
sua caratteristica colorazione "arrugginita".
Il cammino per una missione umana dunque è ancora
lungo, ma le motivazioni sono cresciute e questa notizia sensazionale non
può che far bene alla NASA ed a tutti i programmi spaziali, visti gli
ultimi insuccessi, proprio con alcune sonde destinate allo studio del
pianeta del Sistema Solare più simile alla Terra.