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Diario della crisi: 2010 - trentaquattresimo mese di SETTANTADUE.
Si avvicinano i mesi duri della degenerazione sociale!
Come abbiamo scampato la crisi nel 2010: per quelli che possono meravigliarsi!
19/12/2010
Di F. Allegri
Di recente ho saputo che qualcuno sostiene che l’Italia abbia superato la crisi meglio degli altri paesi europei. In apparenza è vero, ma prima di tutto va fatta una precisazione.
L’Italia ha superato meglio le crisi che hanno colpito altri paesi, dagli USA, al Madagascar, dall’Islanda alla Grecia all’Irlanda., da noi sono arrivate solo le schegge di esplosioni avvenute altrove.
Si può dire che non è ancora venuto il nostro turno!
Anzi va detto precisando che del nostro turno ho già parlato e ne riparlerò alla fine del pezzo.
Si può partire dal constatare che a livello internazionale stanno tutti male e che “il più sano c’ha la rogna” come direbbero a Roma (con le dovute eccezioni).
Che cosa è stato decisivo nel nostro paese?
Quale è il fatto materiale che ci regalato del tempo che i nostri politici hanno in gran parte sprecato?
IN PRIMIS L’ECONOMIA ITALIANA È UNICA AL MONDO e vi spiego di seguito alcuni tratti peculiari della nostra unicità.
Nel secolo scorso eravamo uno dei sette grandi del pianeta, ora non lo siamo più, ma restiamo competitivi rispetto ai paesi di livello medio e medio – alto.
L’Italia è sempre stata diversa, almeno dal 1945 in poi: il modello politico ed economico americano è arrivato per gradi, mutato e modificato dalle grandi esigenze generate dal fatto che il nostro paese confinava con il Patto di Varsavia.
A livello finanziario, l’Italia non era una penisola, era un’isola forte del suo super protettivo e cavilloso diritto commerciale e schermata dal suo sistema fiscale.
Noi non abbiamo mai voluto i capitali stranieri, non n’avevamo bisogno: per il politico italiano indigeno, importare denaro dall’estero vuol dire (da anni) cedere sovranità!
Da noi l’alta finanza internazionale è arrivata solo dopo il 1992 e non n’abbiamo avuta tanta, gran parte di una sorta di protezionismo localista all’europea ha resistito anche dopo, alla faccia del delirio ideologico che gira intorno alla parolina magica del “Mercato” che poi vuol dire globalizzazione.
La nostra economia assistita è riuscita a difendersi per anni grazie ad un consorzio di interessi con i politicanti di vari colori.
E’ la FIAT che delocalizza in USA e non la GM che viene in Italia: questo è un fatto enorme e meno negativo dell’aprire le porte ai capitali stranieri.
Il resto della nostra diversità si sostanzia nelle nostre virtù manifatturiere, siamo secondi solo alla Germania.
Abbiamo ancora un po’ di tempo per evitare una grossa parte della crisi che si avvicina e arriverà.
Servirebbe un attivismo internazionale e questo c’è, ma non basta perché troppi sono sensibili alle vecchie sirene della UE e di certi accordi come il Basilea 2 o mitici come quello del G8 che cercò di chiudere alcuni dei paradisi fiscali non americani.
Se l’Italia resterà uno stato sovrano, o sufficientemente tale, si salverà con pochi danni.
In ogni caso sia chiaro che non ci servono i capitali stranieri e una patrimoniale sulle transizione di borsa non sarebbe mai stata così utile come oggi.
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