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Diario della crisi: 2010 - trentunesimo mese di SETTANTADUE (ho aggiunto un anno).
Bisogna cambiare nome alla crisi: è degenerazione sociale!
Rendite di borsa in tempi di crisi
13/09/2010
Di F. Allegri
In questo scritto tratterò una questione specifica, ma molto importante per capire la crisi (degenerazione sociale) passata, attuale e prossima: le speculazioni di borsa in generale e sui nuovi titoli, i derivati soprattutto.
Mi sono ispirato ad un scritto di Uriel, un misterioso blogger di idee socialiste moderate, originale, arguto che pratica la libera informazione in modo molto inconsueto.
Uriel parlò delle rendite sviluppando la metafora “dei latifondisti di Wall Street. Egli ritiene che le attuali rendite finanziarie siano una categoria nuova dell'economia, in quanto prendono un nuovo attore, il rischio, e lo trasformano in reddito. Posso concordare e voglio fare due incisi prima di approfondire il discorso.
Il primo riguarda il gap culturale italiano (almeno 15 anni) sia in economia che in politica. Penso a chi dice ora che la Cina è un’opportunità, a chi crede che Berlusconi sia entrato in politica l’altro ieri e organizza i no B/day a Ferragosto e infine mi riferisco a chi crede che il social forum di Firenze del 2002 segni l’atto di nascita della lotta alla globalizzazione.
Il secondo inciso riguarda la sciagurata idea di molti piccoli risparmiatori che credono di poter aumentare il loro piccolo tesoretto senza lavorare, magari accumulando carta di pregio illustrata in modo classico e odoroso.
Uriel sbaglia solo a pensare che sia stata la nuova finanza da sola a provocare il grande tracollo, si sofferma sul percorso (che in passato ha dimostrato di non capire del tutto) e non sull’enorme catasta di illusioni: nel 2008 le borse avevano venduto a termine 13 volte la Terra e anche la luna (in piccoli lotti con concessioni da esigere con l’occupazione del suolo lunare) ora siamo tornati ad una terra venduta quasi 12 volte.
I ragionamenti e i calcoli di Uriel sono validi e utili per capire i rischi dei piccoli e piccolissimi operatori di borsa e sono davvero quelli. Il piccolo rischia sempre tutto!
Uriel parte dalla constatazione che un rischio di borsa può trasformarsi in reddito per qualcuno e in costo per altri! Dopo offre la seguente definizione di rendita: “Così, la definizione di rendita è semplicemente un reddito prodotto dalla semplice esistenza di un rischio sul quale costruiamo un reddito che non proviene dal nostro lavoro, ma dal differenziale tra il rischio misurato sulle statistiche del passato e quello stimabile nel futuro”.
Egli fa l’esempio del mutuo casa come caso di rischio basso (in Italia, nota mia) per una rendita classica delle banche. La banca userà questo prestito per frazionare i rischi di altri investimenti e li coprirà ampliamente con gli alti tassi di interesse che vi farà pagare nelle varie rate di rimborso.
Dopo Uriel estende il suo ragionamento ai titoli di stato e fa un confronto tra rischi di fallimento e percentuali di guadagno. Egli ci ricorda che questo è il modo di lavorare delle assicurazioni!
Il discorso si fa più interessante quando Uriel dice: “Ma negli ultimi anni le rendite (sotto forma di prestiti, mutui, immobili, titoli finanziari) si sono diffuse e sono arrivate a divorare l'economia tradizionale. Questi strumenti che generano ricchezza partendo dal rischio sono arrivati ad essere disponibili a tutti”.
Qui “tutti” va letto “anche per i piccoli, i pensionati, le casalinghe, i correntisti fessi!”.
Uriel ci parla del commercio dei rischi con la coscienza che questo contribuisce alla distruzione di certe economie, non dice quali, lo faccio io: quelle locali, piccole, fastidiose per le multinazionali.
Il commercio dei rischi non produce benessere, ma permette e facilita l’accumulazione di capitali; i ricchi e/o i ben informati rischiano meno, non fanno più investimenti produttivi e meglio retribuiti! Come i latifondisti di un tempo concentrano i loro denari su investimento a basso rischio e redditi certi e sostanziosi. La rendita non produce lavoro. Abbiamo informatizzato il latifondismo e azzerato il liberalismo dei piccoli produttori con la globalizzazione. Sono due evoluzioni realizzate in simultanea e in modo integrato.
Per i grandi investitori le borse sono come i pascoli o i campi di foraggio dei latifondisti, ha ragione Uriel. Chi si meraviglia della crescita zero non ha capito questo aspetto della crisi.
Le rendite di borsa non sono basse come quelle dei secoli passati e non comportano lo stesso rischio per tutti. Secondo Uriel questo sistema è alla base della non crescita delle economie occidentali! Qui metto un ni, c’è da rammentare che ogni PIL statale viene da lontano e si spera che continui il suo cammino. Quando si dice che Cina e Giappone producono lo stesso PIL bisogna ricordare l’ampiezza e la popolazione dei 2 paesi. La parte che concordo con Uriel è facile, entra nello slogan: “Beato chi produce!” Il latifondo non lo faceva e oggi non lo fa la rendita finanziaria. Questa blocca il PIL e lascia nelle mani di pochissimi il misero aumento di ricchezza dei paesi occidentali.
Alla fine Uriel consiglia i rimedi buoni per ogni stato occidentale, parte dallo statalismo decisionista forte! Qui sono dolori, l’Italia passa di governicchio in governicchio. Non vedo statalismi all’orizzonte e nemmeno decisionismi. Se va bene un paio di riforme e considero la cedolare secca sugli affitti di difficile applicazione. Le beghe sulla giustizia poi non mi interessano …
Uriel invoca anche una riforma agraria anti-latifondo per la borsa! Quella ce l’ho, la patrimoniale sulla transazione così come la concepì Nader due anni fa. Ricordate, si paga ogni volta che vende e il tasso varia a secondo del titolo smerciato! … Ahi con Tremonti la vedo dura e se sfogliate il mio diario o gli scritti di Nader trovate i dettagli.
E un eventuale governo “tecnico”? C’è tecnico e tecnico, ma la vedo dura, giocherebbe altre carte, peggiori! Alla prossima.
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