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Napoli - Cappella Sansevero

 

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Per comprendere il messaggio storico - artistico, spirituale, filosofico della Cappella Sansevero è necessario conoscere la vicenda biografica del suo mecenate, Raimondo de Sangro principe di Sansevero.

La fonte principale per la ricostruzione della sua vita è, per la ricchezza e minuzia delle informazioni, l'Istoria dello Studio di Napoli (1754) di Gian Giuseppe Origlia.

Nato nel 1710 a Torremaggiore, feudo della famiglia nella provincia di Foggia, da Antonio duca di Torremaggiore e da Cecilia Gaetani dell'Aquila d'Aragona, rimasto orfano di madre pochi mesi dopo, fu affidato dal padre alle cure del nonno Paolo, principe di Sansevero, affinché a Napoli provvedesse alla sua educazione. Ma la soverchia vivacità del suo spirito, e la troppa prontezza spinsero i familiari ad inviarlo a Roma presso il Collegio Clementino dei Padri Gesuiti, famoso per l'altissimo livello culturale: qui il giovinetto ebbe come maestri Carlo Spinola e Domenico Quarteironi, insigne nella matematica, nella prospettiva, nell'idrostatica.

La vivacità del suo ingegno, pur insofferente della ferrea disciplina, si indirizzò negli anni romani allo studio della letteratura, della filosofia, del diritto, dell'araldica, della pirotetcnica, dell'ingegneria idraulica, dell'alchimia. Si ricorda che nel 1729, dovendosi nel cortile del collegio costruire un palco che scomparisse dopo la rappresentazione teatrale per dar luogo alle evoluzioni della cavalleria, ed essendosi esaminati i disegni presentati dai migliori ingegneri del tempo, venne scelto il progetto del giovane Raimondo che prevedeva il sollevamento e la chiusura a libro del palco con l'ausilio di poche corde e nel giro di pochi istanti.

Intanto, morto il nonno, Raimondo de Sangro ne aveva ereditato il titolo e il patrimonio: venne a trovarsi, così, in giovanissima età, alla guida di una delle più potenti famiglie del Regno. Tornato da Roma, il de Sangro sposò la cugina Carlotta Gaetani dell'Aquila d'Aragona, quasi contemporaneamente all'entrata in Napoli di Carlo di Borbone che, avuta notizia della sua genialità, lo volle tra i suoi più stretti collaboratori, nominandolo Gentiluomo di Camera con Esercizio ed insignendolo del titolo di Cavaliere del Reale Ordine di S. Gennaro.

In quegli anni profondi furono gli studi (aveva ricevuto da Clemente XII l'autorizzazione a leggere i libri proibiti) e innumerevoli le invenzioni di Raimondo de Sangro: un archibugio ad una sola canna che poteva sparare indifferentemente a polvere e a vento, una macchina idraulica capace di far risalire l'acqua a qualunque altezza, un cannone di materiale leggero ma dalla gittata superiore alla norma, un sorprendente teatro pirotecnico.

Esperto di architettura e di arti militari il de Sangro lavorò vari anni alla compilazione del Gran Vocabolario della Arte di Terra e scrisse Pratica più agevole e più utile di esercizi militari per l'Infanteria, opera che per la sua importanza, diffusione e purezza linguistica gli procurò le lodi dell'Imperatore Federico II di Prussia e l'iscrizione all'Accademia della Crusca col nome di Esercitato. Valoroso soldato, colonnello del Reggimento Capitanata, si distinse nella battaglia di Velletri (1744) contro gli Austriaci.

Chiusa la parentesi militare, il de Sangro dedicò gran parte delle energie ai suoi vasti interessi, producendo altre straordinarie invenzioni, tra le quali vanno ricordate una sottilissima stoffa impermeabile, una carrozza anfibia in grado di andare per terra e per mare, la leggendaria lampada eterna le cui qualità lo stesso principe espose in alcune lettere indirizzate a valenti studiosi dell'epoca. Di bello e gioviale aspetto, filosofo di spirito, così lo descrisse il suo amico Antonio Genovesi, versatile nelle lingue - ne conosceva un gran numero, tra le quali il sanscrito, l'ebraico, il greco antico -, Raimondo de Sangro fu anche esperto dell'arte tipografica. Inventore di una macchina capace di stampare in vari colori ad una sola pressione di torchio, e a un medesimo tempo, pubblicò nella propria stamperia la Lettera Apologetica, scritto che fu giudicato una sentina di tutte le eresie, pericoloso a tal punto da essere messo all'Indice.

Divenuta pubblica, inoltre, la sua militanza nella Loggia Massonica napoletana, della quale era diventato il primo Gran Maestro, giunse inesorabile la scomunica papale. Invidiato da molti, deluso e amareggiato, ottenuta da Benedetto XIV la revoca della scomunica, si ritirò a vita privata attendendo unicamente agli amati studi, agli esperimenti di laboratorio, ai lavori nella diletta Cappella di famiglia, fino alla morte avvenuta nel 1771.

L'alone di mistero e di leggenda che ancora oggi, non senza ragione, avvolge la vita e l'opera del de Sangro, per l'impossibilità di segnare i confini precisi della sua multiforme attività, non deve però appannarne l'immagine di raffinatissimo intellettuale operante in quel periodo alacre e fecondo che fu a Napoli l'età del Genovesi. Raimondo de Sangro principe di Sansevero fu il più rappresentativo esponente di quel ceto aristocratico illuminato, attivo nella vita sociale, antesignano nel cogliere il segno dell'evolversi della storia e nel favorire quel rinnovamento civile che trovò nella generazione successiva la sua espressione più compiuta.

 

Museo Cappella Sansevero - Napoli

Fondata sul finire del '500 dal Principe Giovanni Francesco de Sangro nel giardino del proprio palazzo, nel cuore del Centro Antico di Napoli, per venerare la Madonna della Pietà.
La Cappella Sansevero rinasce quasi due secoli più tardi grazie alla straordinaria personalità del Principe Raimondo di Sangro, alchimista e scienziato.
La struttura a navata rettangolare è arricchita dagli affreschi di Francesco Maria Russo e presenta capolavori scultorei del '600 e del '700 di altissimo valore, tra cui la "Deposizione" di Francesco Celebrano, la "Pudicizia" di Antonio Corradini e il "Disinganno" di Francesco Queirolo.
Le principali opere per cui la cappella è maggiormente conosciuta sono il "Cristo Velato" del Sammartino, una delle più famose sculture del mondo (posta attualmente al centro della cappella), e le misteriose "Macchine Anatomiche", due corpi di due persone in cui è perfettamente visibile il sistema circolatorio, frutto delle sperimentazioni del Principe.

Il Cristo velato (Giuseppe Sanmartino 1753)


Il Cristo velato è una delle opere più famose e più suggestive al mondo e ha sempre destato stupore e ammirazione.

Tra i moltissimi suoi estimatori vale la pena ricordare Antonio Canova il quale dichiarò che sarebbe stato pronto a dare dieci anni della sua vita pur di essere l'autore di un siffatto capolavoro.

Datato e firmato dal Sanmartino, il Cristo ha un precedente nel bozzetto in creta del Corradini, conservato nel Museo di San Martino. Dopo la morte del Corradini, Raimondo de Sangro commissionò l'opera al giovane scultore napoletano che tenne poco conto del precedente bozzetto.

Vero è che in quest'ultimo, come nella Pudicizia, è nel velo l'originale messaggio stilistico, ma vero è ancor più che i palpiti e i sentimenti tardo - barocchi del Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione distantissimi dai canoni corradiniani.

La moderna sensibilità del Sanmartino scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, quasi che la pietosa copertura rendesse ancora più nude ed esposte le povere membra, ancora più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato.

La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore minuziosamente "ricama" i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. L'arte del Sanmartino si risolve in una evocazione drammatica che giunge ad essere, ad un tempo, avvio ed approdo di una inchiesta che trascende se stessa, nell'istante in cui il Cristo diventa simbolo del destino e del riscatto dell'umanità intera.

La figura di Raimondo de Sangro è stata caratterizzata da una fervida attività di studio e sperimentazione nell'ambito delle scienze naturali e dell'alchimia. Gli studi presso il Collegio dei Gesuiti di Roma e la consultazione di testi scientifici ed alchemici del '500 hanno fornito ispirazione al Principe di Sansevero per la creazione di numerose e straordinarie opere, molte delle quali sono oggi visibili all'interno della Cappella:

 

La cavea sotterranea

Dopo la morte del Principe alchimista vengono rinvenuti, in un locale sotterraneo della Cappella, gli scheletri di un uomo e di una donna rivestiti dell'intero sistema venoso ed arterioso, nonchè di vari organi. La tradizione vuole si tratti di persone morte accidentalmente, cui Raimondo de Sangro avrebbe inoculato una sostanza di origine e composizione sconosciute, che avrebbe "metallizzato" tutte le vene, le arterie, i vasi capillari e alcuni organi. Altra ipotesi è quella della ricostruzione del sistema circolatorio eseguita da un medico anatomista, sotto la direzione di Raimondo de Sangro, con cera d'api ed altro materiale. In tal caso, tenuto conto delle esigue conoscenze anatomiche dell'epoca intorno al sistema circolatorio, stupisce la perfezione con la quale esso sarebbe stato riprodotto.


 

Indirizzo
Napoli, Via F. De Santis 19

Orari
Tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 18.00; la Domenica e festivi dalle ore 10.00 alle ore 13.30
Martedì chiuso

Prezzi
EUR 5,00 Adulti
EUR 2,50 per i cittadini della Unione Europea tra i 18 e i 25 anni
Ingresso Gratuito per i cittadini della Unione Europea sotto i 9 anni
EUR 2,00 di sconto sull'ingresso con Campania Artecard
La biglietteria chiude mezz’ora prima dell'orario di chiusura

Notes
La Cappella Sansevero é un sito incluso nel circuito CAMPANIA ARTECARD

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