|
L'affascinante viaggio
per esplorare Napoli sotterranea inizia da Via Tribunali, all'altezza della
Chiesa di San Paolo Maggiore nei pressi di Piazza San Gaetano.
E' qui, che dall'ingresso della sede dell'Associazione Napoli Sotterranea,
scendendo lungo una scala realizzata nel tufo giallo, si snoda un insolito
itinerario, di grande suggestione, a tratti rischiarato solo dalla debole luce
delle candele.
Un'escursione nel sottosuolo cittadino che unisce il fascino dell'antichità
romana al dramma dell'ultima guerra mondiale, una vera e propria città
"inferiore", in cui regna un silenzio sovrannaturale del tutto in contrasto con
il brulichio di suoni e di voci tipico della città partenopea.
Scendendo nelle cavità, fino a circa 30-40 metri al di sotto dell'attuale
livello stradale, si sbuca in un'ampia zona a forma di campana, da cui
innumerevoli passaggi e cunicoli si susseguono per chilometri, da Via Anticaglia
a via San Gregorio Armeno, complice la millenaria stratificazione in tufo
originata dall'attività vulcanica.
Lungo il percorso si ritrovano le vecchie cisterne dell'antico acquedotto
romano.
Un'intricata rete di passaggi sotterranei di circa diecimila metri quadrati,
scavati nella roccia per convogliare le acque provenienti dalle falde del
Vesuvio e dalle sorgenti del Serino e distribuire, poi, in città, l'acqua
potabile.
In tal modo, veniva assicurato, a coloro che risiedevano nei palazzi
sovrastanti, di attingere l'acqua direttamente dall'interno delle abitazioni
grazie al proprio pozzo di collegamento alle cisterne.
I primi manufatti di scavi sotterranei realizzati in tufo risalgono a circa
cinquemila anni fa, quasi alla fine dell'era preistorica.
Furono poi i Greci, a partire dal 470 a.C., che, nel prelevare dagli strati
inferiori grandi quantità di tufo, contribuirono a realizzare le prime
trasformazioni della morfologia del territorio, dando inizio, così, alla nascita
di quel mondo affascinante che è poi, ad oggi, la “Napoli Sotterranea”.
Inizialmente spinti da esigenze di approvvigionamento idrico, i Greci si
dedicarono per lungo tempo alla realizzazione di veri e propri acquedotti
costituiti da diverse cisterne sotterranee adibite alla raccolta di acque
piovane.
Fu, successivamente, nell'apprezzare le caratteristiche di leggerezza e
friabilità tipiche del tufo che decisero di adoperare il materiale di risulta,
ottenuto dagli scavi, per la costruzione di cinte murarie, edifici religiosi ed
abitazioni cittadine di quella che divenne, poi, la Neapolis del IV secolo a.C.
Sorprendenti oggi sono i palazzi di ogni grandezza ed importanza che sorgono
immediatamente sopra la cava che ha fornito il materiale per la loro
costruzione.
Risultano, infatti, eretti su caverne, di dimensioni direttamente proporzionali
a quelle dell'edificio stesso, realizzate con il solo obiettivo di ottenere
materiale edilizio a dimostrazione che, molto probabilmente, non esisterebbe la
"Napoli di sopra" se non ci fosse stata quella "di sotto".
Durante il dominio romano l'espansione della città portò all'ampliamento
dell'esistente acquedotto, cui, ovviamente corrispose un ulteriore incremento
dell'estrazione del tufo dal sottosuolo.
Ad incidere in maniera determinante sulla sorte del sottosuolo napoletano
intervennero, poi, tra il 1588 ed il 1615, alcuni editti che proibivano
l'introduzione in città di materiali da costruzione, onde evitare l'espansione
incontrollata della città.
Il popolo napoletano, per eludere le sanzioni e soddisfare la necessità di
ampliamento urbanistico, pensò, così, di ricorrere all'estrazione del tufo
sottostante la città, sfruttando i pozzi già esistenti, ampliando le cisterne
destinate a contenere l'acqua potabile e ricavandone di nuove.
Fu solo nel 1885, dopo una tremenda epidemia di colera, che venne abbandonato
l'uso del vecchio sistema di distribuzione idrica all'aperto e fu realizzato il
primo acquedotto intubato, ancora oggi in funzione.
L'ultimo intervento sul sottosuolo risale alla seconda guerra mondiale, quando
intorno al 1941-1943, per offrire rifugi sicuri alla popolazione, si decise di
adattare le strutture dell'antico acquedotto alle esigenze dei cittadini.
Furono allestiti in tutta la zona del centro storico numerosi rifugi destinati a
divenire ricoveri antiaerei, le canne dei pozzi furono trasformate in strette
scale, le cisterne diventarono ripari antibombardamento.
Ancora oggi, sulle mura, si ritrovano graffite pagine di storia, nomi e immagini
di personalità dell'epoca a testimonianza della vita trascorsa nel sottosuolo.
Al termine della guerra, per la mancanza di mezzi di trasporto, quasi tutte le
macerie furono scaricate nei sotterranei.
Tuttora, infatti, parte di queste cavità non risultano raggiungibili poiché
ostruite da detriti scaricati abusivamente nei pozzi che collegavano il
soprassuolo al sottosuolo soffocando, in tal modo, l'enorme ricchezza che
contraddistingue lo strato inferiore del territorio napoletano.
Solo dopo circa venti anni di scavi e di bonifica, grazie all'impegno di
volontari e speleologi, è stato possibile riportare alla luce un tesoro
straordinario che consente di vivere una pagina tanto inedita, quanto
sorprendente, della storia di Napoli.
IL TEATRO ROMANO
Da non perdere è anche
la visita che l'Associazione Napoli Sotteranea organizza al Teatro Romano
sotterraneo.
A testimoniare la presenza di un teatro di epoca romana, nella zona nel cui
sottosuolo si alternano i cunicoli e le cisterne della Napoli sotterranea, due
massicce arcate che si incontrano percorrendo Via Anticaglia.
Si tratta di elementi, che, molto probabilmente, fungevano da strutture di
rinforzo alla parte esterna del Teatro.
L'accesso del Teatro Romano è, in via del tutto singolare, ubicato non lontano
da Via San Gaetano, all'interno di un "basso napoletano" sito in Vico
Cinquesanti, il cui nome fu dedicato, pare nel '600, ai principali santi
protettori della città dalla popolazione loro grata per la fine di una terribile
pestilenza.
Dopo essere entrati nella tipica abitazione partenopea e dopo aver spostato il
letto che si ritrova nel secondo ambiente, compare una botola in legno che,
inaspettatamente, nasconde l'accesso del teatro.
Dalla botola una scala consente di arrivare in quella che era ritenuta fino a
pochi anni fa una comune cantina e come tale utilizzata dall'inquilino del
"basso" sovrastante.
Nell'osservare più attentamente l'opus reticolatum delle murature ci si rese
conto che queste non sorreggevano altro che gli archi del proscenio di un antico
Teatro che vide addirittura il debutto napoletano di Nerone.
Da qui, lungo un percorso seminterrato, diversi spazi, che lasciano facilmente
intuire che ci si trova davanti ad una chiara testimonianza di quello che fu uno
dei principali ed importanti teatri napoletani, salvo poi accorgersi di stare
passeggiando sotto un corridoio che unisce le due ali di una comunissima
abitazione popolare il cui balconcino fa addirittura da stipite alla porta
d'uscita dal percorso sotterraneo.
Tale viaggio nel tempo incredibilmente termina in quello che, a prima vista,
potrebbe sembrare uno dei tanti cortili che si affacciano tra i vicoli del
centro storico della città.
|