1998 - 2006 Stuka velika stuka : Da Almanacco Pescare '80, Editoriale Olimpia : Stuka Velika Stuka, i Lucci di Slavonia di Adriano Piazzesi pag. 2 |
.............prendere i tanti attrezzi che ci siamo portasti dietro. Franjo con la sua calma quasi provverbiale, insegna a tutti la montatura
adoperata da queste parti per pescare il luccio con il vivo. Si tratta di una montatura piuttosto "grezza", e quando la vedo
confido di essere piuttosto scettico. Canna sui tre metri e mezzo piuttosto rigida, mulinello robusto, lenza madre dello 0,30 o
dello 0,40, unsughero dalle dimensioni di una boa, una oliva di piombo scorrevole sui 10 grammi, poi un lungo cavetto di acciaio
al termine del quale si ataccaun grosso ancorotto. Che il luccio non si accorga di un ancorotto così vistoso mi sembra quasi
impossibile, ma poi cerco di reprimere subito la mia mania di voler criticare a tutti i costi, dal momento che non sono un esperto
pescatore di lucci, eppoi perchè ho sempre sostenuto che le attrezzature migliori sono quelle adoperate dai locali. Comunque
visto che sono appena arrivato non ho molta voglia di mettermi fermo dietro ad una canna, e mentre gli altri hanno già
in acqua le loro "boe" e i loro pescetti, monto con calma la mia canna da lancio e attacco un grosso ondulante sui venti
grammi. Proverò a fare qualche tentativo camminando sulle sponde del canale, anche perchè quando arrivo in una zona nuova
ho bisogno di conoscere le acque e di prendere familiarità con i posti. Lo Strug in questo punto non è molto bello. L'acqua è
quasi ferma ed è un po troppo scura. La vegetazione invece mi piace. Ci sono fitti pioppeti con un folto sottobosco, ai quali
si alternano boschi di quercia con qualche acero isolato. Sono i boschi tipici delle pianure dell'Europa centrale ed hanno
un fascino particolare. Faccio qualche lancio parallelo alla riva dove spuntano vecchi tronchi e varie sterparglie, che danno
l'idea di nascordersi lucci da capogiro. Dopo poco sento un secco colpo sulla canna e temo di aver agganciato uno di quei
tronchi. A quel punto dato che sono affezionatissimo lettore di Giandomenico Bocchi, spero che questa impressione si riveli
sbagliata e aspetto l'avverarsi delle sante parole... quello che sembrava un tronco si trasforma ben presto in qualcosa di
vivo, che comincia a tirare tremendamente come un pazzo". Mas non c'è niente da fare, inn questo caso il tronco è tremendamente
duro, inanimato, vigliacchissimo tronco che mi fa perdere il primo cucchiaino. Dopo un'oretta di lanci a vuoto decido di
tornare indietro per vedere se almeno gli altri hanno preso qualcosa. Ma si vede che era scritto che la prima esperienza nelle
acque della Slavonia doveva proprio andare storta, dal momento che tutti siamo rimasti a quota 0. Solo il dottor Brino
ha visto saltare un luccio sui quattro chili, che era in caccia nel sottoriva. Gli ha presentato subito un bel pesciolino
ma non c'è stato nulla da fare. Pazienza, la pesca è fatta così eppoi abbiamo ancora due giornate piene che ci attendono.
La sera a Plostina, dove tutti ci stavano aspettando già dal giorno precedente, ci fanno un'accoglienza indescrivibile.
Al bar "Belluno" siamo accolti a suon di grappa e slivoviza, che è il liquore tipico dell'Jugoslavia ottenuto dalla
distillazione delloe prugne. Se non fossi dotato di sufficiente autocontrollo rischierei di ubriacarmi subito alla prima sera
e il tutto non sarebbe molto decoroso per "il jurnalist" come mi chiamano loro. "Grazie ma non sono abituato a bere molto",
continuo a ripeter. Loro mi guardano, mi fanno un bel sorriso e mi riempiono di nuovo il bicchiere: "daghele, daghele, che ti
fa ben ostia!" Capisco subito che prima o poi sono destinato a crollare. E crollerò infatti ma solo all'ultima sera, quando
vinto dalla sonnolenza (12 ore di sonno in cinque giorni!) e dalle "sniappe" mi addormenterò clamorosamente, proprio alla
festa da ballo nel dom di Plostina (il dom è la casa del popolo). I piani di battaglia per il giorno successivo li facciamo
a casa di Ernest Pierobon che non ha voluto dire neppure per scherzo la parola "albergo" e che con incredibile senso
dell'ospitalità ha già preparato camere e letti per tutti. Alcuni di noi avevano gran voglia di rpovare a pescare anche il
famoso salmone Huco del Danubio, o la mladica (mladiza) come si dise in croarto, che è presente in queste acque anche con
esemplari record. "Ma per pescare la mladica - dice Franjo - le acque sono ancora troppo torbe e alte, eppoi è una pesca che
richiede tanta pazienza e anche tanta fortuna". Ed in effetti quando sentiamo dire che la misura minima di questo benedetto
salmone è di 70 centimetri, e che il regolamento permette ad un pescatore di catturarne al massimo tre esemplari all'anno,
la voglia di rpovare svanisce rapidamente e preferiamo dedicarci esclusivamente al più accessibile luccio. Comunque per dover
di cronaca posso dirvi che il pperiodo migliore per tentare la mladica è quello più freddo, quando cioè i salmoni non trovano
più molti pesciolini per soddisfare il loro grande appetito. I fiumi migliori sono la Una e la Kupa che hanno acque abbastanza
limpide e correnti. Franjo mi ha anche dato un giornaletto stampato in Jugoslavia, dove c'è una specie di pagina delle catture
con una foto di uno splendido Huco di 15 kg. catturato dal signor Miroslav Zoldos nella Una. Nella Una e nella Kupa ci sono
moltissimi temoli, mentre nella Sava ci sono anche storioni, siluri d'Europa e sandre, oltre naturalmente ai lucci che nella
zona sono senza dubbio la specie più numerosa e anche più apprezzata dal punto di vista della pesca. Il giorno dopo alle cinque
di mattina siamo di nuovo sul piede di partenza. Il secondo tentativo lo facciamo sulla Subocka, un bel fiume che si immette
anch'esso nello Strug. La Subocka in questo punto ha l'aspetto di un grosso canale che si distende tra bellisimi prati, con
un'acqua molto più chiara ed invitante di quella che avevamo visto il giorno prima. Anche qui la corrente è lentissima e proprio
davanti a noi l'acqua ristagna silenziosa, formando una bella spianata. La giornata sembra proprio ideale per il luccio.
Non è molto freddo ma c'è una leggera nebbiolina autunnale che rende tutto più "misterioso".
Anche questa volta decido di cominciare
col cucchiaino anzichè col vivo, e quindi m'incamminno per un viottolo che costeggia il fiume, per portarmi un po più a monte.
Risalendola, la Subocka diviene ancora più bella e tra la fitta vegetazione delle rive si intuiscono zone da lucci meravigliose.
A un certo punto c'è un piccolo affluente che si immete nel corso principale ed è qui che provo a fare i primi lanci con un
Eira argentato di 18 grammi. Dopo quattro o cinque tentativi sento la tipica botta del luccio che ha attaccato. Da come si difende
capisco subito che si tratta di un luccetto sui 7-8 etti, e il suo recupero è fin troppo semplice dato che ho tra le mani una
canna che potrebbe tirare a riva una balena. Comumque, anche se solo come aperitivo, l'accetto ben volentieri. Mentre sto tornando
indietro per riunurmi agli amici bellunesi, vedo un pescatore jugoslavo che ha la canna piegata in due e che sta lottando alla
morte con un bestione che deve essere davvero grosso. A un certo punto il duello si interrompe bruscamente e la canna si raddrizza
di colpo. Il pescatore guarda il fiume con aria minacciosa e urla parole che non capisco, ma che certamente devono essere
bestemmie. Poi si volta verso di me per cercare solidarietà, e eccitatissimo, mi dice qualcosa che naturalmente continuo a non
capire. "Italiano - gli dico - sono italiano". Allora si avvicina e mi mostra il moschettone e del cavetto di acciaio,
dove era fissato l'ancorotto con il pesciolino vivo, completamente aperto dallo sforzo. Effettivamente l'amico, che continua a
ripetermi "deca kila, deca kila" per farmi capire che a suo giudizio il luccio era una bestia sui dieci chili, ha avuto davvero
molta sfortuna. Inoltre prima di salutarlo mi rendo conto che deve essere un pescatore piuttosto bravo, dato che nel suo retino ci sono già tre
lucci due dei quali passano sicuramente i tre chili! A quel punto mi decido anch'io a provare sul serio col pesciolino vivo.
Il mio luccetto sugli 8 etti anche se non è certo un trofeo, ha il grande merito di far tornare la fiducia agli altri, perchè
fino aquel momento i sugheri di Casagrande & company sono rimasti immobili sul pelo dell'acqua, con i loro sgargianti colori.
Su una Lerc di quattro metri e trenta, monto uno di quei sugheri piombati che adopero per pescare le trote in montagna e faccio
una bella montatura "alla grezza", come mi ha insegnato Franjo. Dopo aver visto la scena di poco prima infatti, tutti i dubbi
sono completamente spariti, e non vedo l'ora di insidiare anch'io come si deve le "balene" della Subocka. La nebbia ora ha
sgomberato il campo lasciando il posto ad un bel sole che comincia a riscaldare l'acqua del fiume. Alla nostra sinistra la
Subocka è scavalcata daun lungo ponte di legno che vibra come una foglia quando una macchina o un camion lo attraversa. Sopra............. |