Il sitino di NònoBèpi
1998 - 2006

                            Riflessioni del pensionato nònobèpi ex pescatore
                            Cavedani con il gatoss leggendo Albertarelli                                                        pag. 12


- foto ci gi - Carlo sul suo ...mezzo :-)
- quando ancora si poteva  

Ponte nelle Alpi, 1970 o giù di lì. Ero di passaggio da Benvenuto, La Secca. Hotel, bar, tabaccheria e edicola. Un caffè macchiato latte freddo e do un'occhiatina al reparto riviste e libri. Vedo un libricino sulla pesca. Lo visiono, lo acquisto. Era un libro di Mario Albertarelli, lui giornalista di professione dedicò il suo ingegno a raccontare le sue storie. Lo metto via con cura, sapendo che entro qualche giorno lo avrei letto e riletto almeno un paio di volte. Bellisssimo, mi son sempre piaciuti i racconti di pesca. Il massimo per uno che aveva preso a cuore " l'arte " della pesca. Ricordo che ne parlai a Gianni, "el ragionier". Glielo prestai. Lo lesse almeno tre volte di fila. Albertarelli raccontava di pesca. Leggere, era una mia abitudine, per trent'anni ho letto di tutto, adesso un po meno, molto meno. La vista si affatica, ci mancherebbe che spento il PC mi metta a leggere, sarebbe deleterio. Il racconto mi affascinò. Ricordo che per la prima volta lessi del " gatoss ", la larva della tipula. Raccontava come e dove cercarla. Detto e fatto. Applicai alla lettera quanto descritto e mi buttai a capofitto alla ricerca di questa esca dal nome " francesizzante ". Cercai dovunque dove esistesse la minima possibilità di reperirla. Finalmente la trovai, e sai dove ? Dalle parti della Vena D'oro, zona ricca di acqua, dove fino a poco tempo fa, nell'omonimo stabilimento, se ne imbottigliavano migliaia al giorno. Il gatoss, lo trovai a poca distanza dalla stabilimento, in un torrentello, che scorre nelle vicinanze. Sotto il muschio umido, e sotto i sassi fecero apparizione queste bestioline, della grandezza di poco più di una " cicca ". Testolina nera e dura, con il corpo fatto a fisarmonica che appena lo foravi si sgonfiava come una camera d'aria. Questo "affarino" era ed è quanto di meglio si possa presentare ad un cavedano. Certamente, senza ombra di essere smentito. Il cavedano non riesce a resistere alla tentazione di attaccare il gatoss " neanche dopo un pranzo di nozze ". Al lago di S. Croce (BL), di cavedani, ce ne sono valanghe. Noi della valle non curiamo la pesca a questo ciprinide, lo trascuriamo. Lo riteniamo un " pesciatto ", si pesciatto e furbo, ma non succolento come i bei filetti di pesce persico. Eheheh !!, una lecornia, l'ottava meraviglia del mondo.
Mi deicai qualche giorno alla pesca del nostro furbacchiotto cavedano. Volevo sperimentare l'efficacia di questa specie di " dolcetto succolento " e presentarglielo nei dovuti modi. Filo sottilissimo dello 0,10 nel mulinello, e terminale dello 0,8 ed addirittura dello 0,6 in giornate in cui l'acqua era limpidissima. Piombatura a scalare con l'ultimo piombino ad una distanza dall'amo di almeno 45/50 centimetri. Amo piccolissimo, infimo. Galleggiante a penna e leggerissimo. Parola di nonobepi, il " siór cavedano " appena scorgeva nei suoi paraggi sta bestiolina, impazziva e non riusciva a trattenersi dall'attaccare " l'amino con il trucco ". Tutto quanto letto corrispondeva a verità. Grazie Mario Albertarelli, grazie di aver insegnato a nonobepi questo modo di pescare il " furbone " delle nostre acque.

nònobèpi


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