Lago di Santa Croce, anni settanta - ottanta. Voglio fare una premessa. Nonobepi non ha mai capito il perchè. I " signori divieto "
" Il potere logora chi non ce l'ha ", disse qualche anno fa un politico
Dicevo, non ho mai capito il divieto di pescare la carpa di notte. Evidentemente questo divieto, forse, serviva solamente a far
valere le proprietà decisionali di certi organismi, i quali probabilmente, non digerivano questo modo
di " passarsi il tempo ". Forse era meglio, andar in ostaria far na bèla ciòca, che stare per ore ed ore in riva al lago ad aspettare l'abboccata. Non vedo
ragione per la quale questi amici dovessero veder tolta la possibilità di " stare seduti sui massi, di notte,
con le candele accese " intenti ad osservare il movimento del filo. Filo al quale i fanatici della raina appendevano una
pallina di polenta,
quel po che bastava a tendere il filo senza appesantire la " magnada ". Sempre pronti ad avventarsi sulla canna e dare la
ferrata definitiva.
Bohh ! Chissà ! Per me, quegli amici,
erano dei pescatori poeti. Imagginali. Rimanere tutta una notte, uno vicino all'altro, separati da una ventina di metri di
distanza, immobili per ore ed ore. Ogni tanto, qualche passo per sgranchirsi le ossa intorpidite dall'immobilità e dalla
fresca brezza della notte. Quando arrivava la " magnàda bòna " e la ferrata dava i suoi frutti, allora si, che veniva il
bello. Iniziava la lotta con il pesce. A proposito oggi si lotta per altro. Dai filo, recupera, ridai filo e lasciala andare al largo, poi recupera fino a stancare
la preda. A volte il peso della cattura poteva raggiungere anche i sei/sette chili. A cattura eseguita, la voce si spargeva
in un battibaleno. Non
di rado sentivi : - Satu ? Fiorèlo, stanòt 'l à ciapà na raina de sète chili ( Hai sentito ? Fiorello questa notte ha preso
una carpa di sette chili ) Questa e altre voci circolavano nei bar della zona, e tutti a sentire " radiopesca " a bocca aperta.
Fiorèlo, poi era considerato un mago di questo tipo di pesca. Si diceva che avesse una " polenta misteriosa". Nessuno ha mai saputo
i componenti di questa " pappa reale per raine ". Io, personalmente non ho mai creduto a queste cose. Certo, certo la " polenta " doveva essere
una cosa ben fatta, per mille e più motivi, ma secondo il mio modesto parere altre componenti dovevano essere conosciute dal
buon Fiorèlo. Eheh ! Non è semplice. Innanzitutto, Fiorèlo, aveva ben capito i posti dove la nostra " raina " doveva aggirarsi.
Aveva bene in testa le abitudini e orari in cui il nostro pesce usava " pranzare ". Fiorèlo inoltre era un profondo conoscitore
dei fondali del lago e conosceva bene i periodi di maggiore e minore attività del nostro ciprinide.
Un giorno, o meglio una mattina dopo aver fatto la mia pescatina, presi a girare con la tirlindana. Motore al minimo, toc, toc,
uno scoppio qua e uno la, me ne andavo pian pianino. Passo dalle parti di Santa Croce e vedo un pescatore che mi fa ampi segni.
Pensavo di aver disturbato la sua pesca. Quasi quasi me la moccavo a gran velocità. Spensi il motore, riavvolsi la tirlindana e
mentre rimettevo in moto il mio Selva 15 cavalli, sentii - bèpiiii ! bèpiiiiii ! vien darme na man, no son bon de tirar fora la
rainaaaa ! - Do un paio di strappi alla cordicella della messa in moto e mi precipito verso l'amico che evidentemente mi
conosceva, il colore giallo della mia barca era unico. Spengo e mi avvicino a remi, senza far " casino ", prendo il guadino,
scendo a riva e dopo ancora un po di minuti di tira e molla riusciamo ad infilare il " bestione " nel guadino e tirarlo
all'asciutto. - Grassie bèpi, grassie - L'amico Arturo era raggiante rideva come un matto, finalmente anche lui era riuscito
nell'impresa di portarsi a casa una " raina " di sette chili. Mica balle sette, dico sette chili.
parola di nònobèpi
" Saran ciapà da Franjo, cusinà da sióra Reghina"
Filipovac, Croazia anni 80. Franjo e Reghina invitarono nonobepi e donna Isabella a pranzo. - " Còs-sa ghe fone da magnàr a sti dói
talianòt, Franjo ? " ( Cosa prepariamo a bepi e Isabella ) - disse Reghina - Si accordarono su: " al saran al cao " ( ovvero la carpa
alla panna ). Al che mi trattenni dal ridere solamente per educazione. Franjo
tolse dal congelatore una bella carpa a specchi pescata nel " jezero " ( lago ) appena sotto Lipik. Un gran serbatoio
artificiale, che raccoglieva acqua per le serre che risiedevano ad appena a poche centinaia di metri di distanza.
Isabella, Franjo e nonobepi se ne
andarono un po in giro e ritornammo per ora di cena. Reghina, aveva già preparato tutto. Il "saran" faceva bella mostra su di
un vassoio enorme, cucinato al forno, lentissimamente per più di quattro ore. Le fettine di limone infilate sulle branchie
lo rendevano ancora più attraente. Il "saran" nuotava su di una marea di
sugo fatto principalmente di panna cotta. Reghina, con il cucchiaio, ogni tanto durante la cottura, raccoglieva con il
cucchiaio il sugo e lo cospargeva sulla pelle del nostro " saran ". Behh, sai che ti dico ?
mi viene ancora l'aquolina in bocca, feci un'abbuffata che non scorderò mai più. Roba da leccarsi le dita.
Franjo ora non c'è più e Reghina l'ho persa di vista. Mi dispiace, guerra e pigrizia a volte fanno dimenticare
la gente che hai nel cuore. Scusatemi Franjo e Reghina, scusatemi !
nònobèpi
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