Stuka, stuka, velika stuca (luccio, luccio, bel luccio). Queste parole insieme a quelle molto più dolci e gentili
del dialetto bellunese, mi sono risuonate nelle orecchie per cinque giorni. Cinque giorni di sogno in compagnia degli
amici bellunesi di Plostina, un piccolo paese della Slavonia in Jugoslavia. Dire "bellunesi di Plostina" potrebbe
sembrare un controsenso dato che questo paese si trova a 70 km dal confine con la vicina Ungheria. Eppure la gente
di Plostina parla il bellunese in modo perfetto, oltre che naturalmente il croato che è la lingua degli Jugoslavi
della Slavonia. Per riuscire a svelare questo "mistero" che presenta spetti di assoluta originalità, bisogna rifarsi al
passato e cioè acirca cento anni or sono quando molte famiglie originarie di Belluno, si trasferirono in Slavonia per
tagliare le estese foreste che ricoprivano questa zona. In cambio del loro lavoro ricevettero la proprietà di queste
terre, e da allora rimasero stabilmente in Jugoslavia. Da quasi tre generazioni, si sono tramandati il loro dialetto
di origine, ed hanno continuato normalmente fino ad oggi. Il gruppo di pescatori con i quali mi sono "arruolato" per questa
escursione in Jugoslavia, era composto da Casagrande Giuseppe che ha realizzato il servizio fotografico, di questo articolo,
da suo figlio Angelo, da Fausto Rombaldi, dal dottor Rolando Brino, da Danilo Olivotto e da Nilo Mazzucco, tutti "bellumat"
purosangue. L'unico terrone era il sottoscritto che veniva da Firenze e che per almeno due giorni ha fatto sforzi sovrumani
per riuscire a comprendere almeno il significato generale dei discorsi pronunciati in dialetto. E devo confessare che è stata
veramente dura perchè il dialetto bellunese è abbastanza vigliacco. A prima vista sembra che si tratti solo di una simpatica
e caratteristica intonazione della voce, ma ben presto ci si rende conto che senza un po di allenamento non si riesce a capire quasi nulla.
Comunque dopo i primi giorni, nei quali ho fatto indigestione di "ostia", "bocia", "vecio", ecc. ecc., sono arrivato a capire
quasi tutto, con grande sollievo e anche con un pizzico di soddisfazione personale. Ma veniamo all'articolo vero e proprio che
oltre ad essere un semplice itinerario vuole essere sopratutto un
racconto di pesca. L'appuntamento con Giuseppe Casagrande è fissato
verso mezzogiorno nel suo negozio di fotografia a Ponte nelle Alpi. L'autostrada da Firenze è lunga e noiosa sopratutto se la
si fa da soli, con nelle orecchie soltanto il ronzio monotonodi una piccola Fiat 126. Le solite deviazione sul tratto appenninico,
il solito vento sferzante che si scaglia violento contro i castagni e i faggi della montagna bolognese. Ogni tanto spuntano dai
viadotti altissimi, le acque azzurre e le schiume dei miei torrenti. Per un attimo ho l'impressione di essere partito per una
delle tante uscite alla trota, ma questa volta il programma è del tutto diverso: sono partito per pescare i luccie sto andando
molto più lontano del solito. La strada sembra ancora più lunga e dopo l'Apennino arrivano i chilometri peggiori. Verso Ferrara
si taglia il Po, che se ne va maestosocome un mare e la cui acqua mi pare incasellata tra i geometrici guard-rails dell'autostrada.
Avrei voglia di fermarmi per dare un'occhiata un po più approfondita, ma l'autostrada è fatta solo per chi ha fretta: sul ponte
non ci si può fermare, dal momento che non esiste neppure la corsia d'emergenza. Poi finalmente vedo spuntare in lontananza le montagne
che sovrastano Vittorio Venetoe dopo poco arrivo a Ponte nelle Alpi, dove trovo Casagrande che mi aspetta seduto sulla sua auto
davanti al negozio.
Sua moglie mi ha preparato un pranzo con i fiocchi, tutto a base di pesce. Risotto con i filetti di persico, e per secondo filetti
di persico reale alla birra: roba da leccarsi i baffi!
Subito dopo mangiato cominciamo a caricare la roba sulla Volvo di Casagrande,
in mezzo a quella confusionaria euforia che precede sempre le partenze. Uno dei più eccitati è sicuramente Fausto che fa il parrucchiere
a Ponte nelle Alpi, e che non fa che entrare e uscire dalla abitazione di Casagrande per vedere se tutto procede bene. Finalmente
alle 17 si parte davvero. La "carovana" è composta da tre macchine targate BL, cariche di canne, di discorsi e di speranze.
Quella del dottor Brino sembra addirittura un campionario viaggiante di uno dei più raffinati rappresentanti di articoli
da pesca, dato che sul partapacchi spuntano tra un groviglio di vittinie mulinelliuna quindicina di canne di ottima marca.
Dopo aver passato la frontiera a Trieste senza eccessive perdite di
tempo, ci fermiamo a dormire in albergo a Vrhnika (Vernica)
vicino a Lubjana. L'euforia è ancora più grande ma la notte con le sue ombre ha steso sulla zona un pericoloso velo di nebbia.
Proseguire fino a Plostina per altri 300 km. sarebbe una pazzia, anche se timidamente qualcuno ha avanzato la proposta. Tutti
siamo impazienti e non vediamo l'ora di ripartire. Casagrande in un attimo di distrazione chiude addirittura della sua auto....
in testa al figlio Angelo, che si era chinato per prendere qualcosa dalla macchina. Nella fredda notte a Vrhnika si alzano
parolacce in dialetto bellunese. Prontamente interviene il dottor Brino, che dopo aver tastato il capo di Angelo rassicura tutti
dicendo che non è nulla di grave e che non è ilò caso di prendersela troppo. Forse Angelo non la pensa proprio così, comunque
si va tutti a letto dopo aver fatto naturalmente una epicureica mangiata a base di arrostie contorni vari.
La mattina dopo, svegliati di buon ora Casagrande che non stava più
nellla pelle dalla voglia di cominciare a pescare, ci
mettiamo in marcia per giungere al paese dei bellunesi della Slavonia. Verso le dieci dopo
un viaggio piuttosto lungo e monotono
su strade immerse nella nebbia, arriviamo a Filipovac dove andiamo subito a trovare Franjo Piucco per fare i permessi di pesca.
Franjo è sicuramente uno dei personaggi più simpatici che ho conosciuto in vita mia. Grande appassionato di pesca, è capacissimo
di rimanere immobile dietro ad una canna per ore e ore, senza mai perdere la fiducia e la speranza. Dei pesci e dei suoi fiumi
conosce praticamente tutto, ed è una di quelle persone che hanno una tale esperienza da potere permettersi il lusso di insegnare
molto a chiunque. Franjo oltre ad essere consigliere della locale socetà di pescatori, la SRD SLAVONAC di Lipik, è anche
"giudice di pesca" incarico che credo di aver capito, consiste nel prendere parte alle più importanti decisioni sui ripopolamenti
e sulla sorveglianza delle acque gestite dalla società. In Jugoslavia infatti non esiste una licenza valida per tutto il
territorio nazionale come avviene da noi, ma esistono invece singoli permessi che variano da zona a zona, e che danno diritto di
pescare solo in alcuni fiumi e torrenti. I permessi della SRD SLAVONAC (si legge Slavonaz) possono essere giornalieri, settimanali,
mensili e anuali. Quelli giornalieri costano 50 dinari ovvero 2.000 lire, mentre la licenza annuale 300 dinari cioè sulle
12.000 lire. Per otenerli basta farsi indicare la sede della società pescatori nei paesi di Lipik, di Novska, di Pakrac e di
Jasenovac. Sapendo del nostro arrivo, Franjo si era già procurato un centinaio di pesciolini vivi sui 10 centimetri, che useremo
come esca pwer il luccio. Il tempo di bere una grappa, o una "sniappa" come dicono i bellunesi, e subito si parte per la prima
mezza giornata di pesca. La nebbia ora si è leggermente diradata e finalmente si comincia a vede qualcosa. Il paesaggio da
queste parti è abbastanza monotono e uniforme. Ci sono basse colline ricche di campi lavorati che degradano lentamente fino a
spingersi nella immensa pianura formata dalla Sava. I paesi si assomigliano tutti essendo composti da una serie case quasi
tutte uguali, con larghi tetti spioventi, che si affacciano in fila sulla strada principale. Tutte le costruzioni sono in
mattoni dato che nella zona mancano completamente i sassi, e a prima vista l'aspetto di questi paesi ricorda certe illustrazioni
che si vedono sui libri delle scuole elementari. Il primo tentativo lo facciamo nello Strug, un lungo canale che scorre
parallelo alla Sava come la Lonja,la Ilova, la Bjela, la Pakra e la Subocka, scaricano le loro acque in quwesto canale anzichè
immettersi direttamente nel corso principale. Finalmente dopo tanta attesa cominciamo a "smontare" le canne dalle macchine e a.............
Stuka velika stuka ---> 2
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