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Egli parte dalla successione dei
«suoni armonici», base ipotetica DO:
(...)
«preso, cioè, un suono qualunque come fondamentale... che è SUONO IN LUCE (suono
reale), i primi 7 «armonici» (suoni in ombra) ci danno, sovrapposti, un accordo
(nel sistema temperato) così espresso:
ciò che significa che ogni suono, preso
a sé, è una dominante perché con i suoi armonici viene a precostituire un
accordo di settima di dominante...».
Qui Frazzi propone una spiegazione (non
dimentichiamo che la pubblicazione è del 1929 e rispecchia fedelmente la
conoscenza musicologica di quel periodo storico) che poggia su riferimenti ad
Alfredo Casella, Jean Marnold ed al Koechlin per ciò che attiene all'ordine
delle conquiste armoniche che secondo la musicologia ufficiale avrebbero
registrato la introduzione della 5a e della 4a nei secoli IX, X, XI, XII;
l'introduzione della 3a nei secoli XIII, XIV, XV, XVI; della 7a nei secoli XVII,
XVIII; della 9a magg.,5a ecc. nei secoli XIX e XX... Evidentemente non si era
ancora letto correttamente sugli originali né Gesualdo, né Monteverdi, né
si conosceva il Discorso del Galilei «sull'uso delle dissonanze». Questa
misconoscenza della retta lettura ha ovviamente generato molti equivoci e
revisori fin troppo solleciti hanno corretto errori di stampa che errori non
erano sol perché si è ignorato fino a qualche anno fa cosa fosse l’ottava
superflua di Monteverdi tante altre cose. Altrettanto documentatamente
possiamo asserire che Vito Frazzi fu il primo a recepire (anno 1972) quanto
andava appurando il Centro Studi Rinascimento Musicale, sulla interpretazione
della semeiografia dei cromatisti del '500-600, spinti a ciò dal nuovo
corso della conoscenza in materia di Gian Francesco Malipiero12.
È questa disponibilità di Frazzi a
recepire notizie che incidevano pesantemente sulle cognizioni ormai
radicalizzate, in quanto a conoscenza della musica rinascimentale, da anni di
apprendimento errato, a recepire ed a tradurre in atto interpretativo di alto
12
ANNIBALE GIANUARIO, Gian Francesco Malipiero e l'Arte Monteverdiana,
Firenze 1974.
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contenuto estetico, che ci ha portato a
cogliere il tema più significante della sua ricerca armonica: la ricognizione
delle «armoniche», anche lontane, da portare in superficie; ci trovavamo
realmente di fronte ad un incontro fra l'alta e profonda conoscenza armonica del
Rinascimento ed un efficiente tentativo dei nostri giorni di evadere
coscientemente dallo schema tonale ed interpretare i suoni reconditi che
andavano evidenziandosi in una nuova prassi compositiva. Non vogliamo qui
parlare di parallelismo fra l’armonia cromatica di Gesualdo e di
Monteverdi da un lato ed il cromatismo armonico enunciato da Frazzi
dall'altro; sarebbe semplicemente pretestuoso;vogliamo, invece, cogliere e
rilevare nell'«Alternato» di Frazzi quegli elementi atti ad agevolare
soluzioni di realizzazione che l'armonia tradizionale, pur con tutti i ritrovati
di un progresso armonico che ci sembra sempre più aleatorio nelle proprie
risultanze, non è in grado di consentire. E di elementi utili, l'« Alternato»
ne offre parecchi, primo fra tutti la possibilità di introspezione dello spettro
armonico determinato dalla dizione, sganciati da ogni remora tonalizzante.
Se si considera l'accordo di dominante
si recepisce facilmente che questo
accordo di movimento tende a posarsi su un accordo che proviene dalla
risoluzione naturale dell'accordo su menzionato e che è quella tonica che
consideriamo il legittimo termine di contrasto al moto iniziale; risoluzione che
viene considerata naturale o per lo meno normale, mentre non siamo portati ad
incominciare la successione melodica dal fondamentale dell'accordo (SOL in
questo caso), il che porterebbe ad avere una scala che si inizia e si completa
sulla dominante. Si spiega perciò «come fra le nomenclature in uso che si
adoperano per indicare l'accordo di dominante si trovino spesso i termini di
«risolvente» o, meglio ancora, di «producente» che stanno ad indicare la
funzione dell'accordo in rapporto alla tonalità e quindi alla formazione della
scala che le è propria» 13.
«Siamo dunque assai lontani
(scrive Frazzi) dal pensare che possa esistere una scala che, nella sua
formazione naturale, incomincia e finisce sulla dominante e ancor più lontani
dall'immaginare che questa possa essere la base di un sistema che tende ad
unificare tutte le tonalità diatoniche. Ma poiché soltanto l'uso serve a mettere
in valore, artisticamente parlando, i suoni armonici propri a un dato suono
fondamentale, per ritrovare questa scala bisognava necessariamente arrivare a
introdurre nella pratica la nona minore e sfruttare tutte le sue possibilità,
sia di andamento che di raggruppamento (l’"Ottava Superflua' del
Galilei14 e di
13 VITO FRAZZI, Trattato
cit., Cap. IV
14 VINCENZO GALILEI, op.
cit.
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