"Dopo di ciò
(il Demiurgo) riempì gli
Intervalli doppi e tripli, staccando delle parti dalla materia e inserendole
nel mezzo degli intervalli, cosicché in ciascuno di essi ci fossero due
medie". Plutarco nel suo trattato sulla Musica riferisce questo
passo del Timeo per dimostrare la scienza armonica di Platone. E ne
dimostra la competenza teorica chiarendo che le tre medie principali
di cui parla il filosofo sono : l’aritmetica, l’armonica e la
geometrica. Non voglio tediare il lettore profano con ulteriori e
profonde delucidazioni.
Voglio però
ricordare un altro importantissimo interesse di Platone per l’aspetto
estetico e morale dell’Arte musicale, interesse che troviamo presente nei
vari scritti, ma soprattutto nella Repubblica e nelle Leggi.
Platone non costituisce un caso particolare : tutti coloro che hanno una
buona conoscenza della civiltà greca, sanno che nessun altro popolo ha
tenuto in considerazione la Musica ("Arte delle Muse") come quello
greco. La Musica, intesa come Poesia-Canto-Armonia, è il fondamento
della educazione (paideía) del giovane dell’Ellade. È per questo
motivo che teorici e pensatori si interessano della stretta relazione che
intercorre fra le harmoníai ed il carattere morale: ciò costituisce
la dottrina dell’êthos.
Platone è uno dei
pensatori che maggiormente si occupa dell’aspetto formativo dell’arte
musicale e seleziona delle harmoníai,cioè delle scale
musicali, che formino l’uomo–cittadino degno di uno Stato moralmente sano.
Sarebbe interessante
chiedere al filosofo, per caso redivivo, il suo pensiero, anzi la sua
opinione, sulle "spelonche" chiamate discoteche, prodotte dai meccanismi
insani dell’ attuale organizzazione sociale!
Ma come e perché si
è giunti oggi a tanta idiota scempiaggine?
Basta ripercorrere
la storia della civiltà occidentale nei suoi tratti più salienti.
Roma, propensa molto
alle conquiste e poco alle arti, fra una cacciata dei filosofi ed un’altra,
ha sempre considerato l’arte delle Muse semplicemente "intrattenimento".
Nei secoli bui, ma
cristiani, la Musica è invece un mezzo per l’elevazione a Dio ed i teologi
cristiani se ne occupano solo in tal senso.
I pensatori
medioevali in genere se ne curano solo come disquisizione teorico-matematica; infatti l’insegnamento della musica è inserito nel Quadrivio
unitamente a geometria, aritmetica ed astronomia . La tradizione classica,
forse per merito di Boezio, la fonte primaria nel medioevo per la conoscenza
musicale della teoria greca, viene quindi solo formalmente rispettata.
È nell’età
umanistica, anche per ciò che riguarda l’arte musicale, che assistiamo
all’appropriazione dell’ideale formativo, e non soltanto edonistico, della
Musica.
L’educazione a tutti
i livelli sociali ne prevede l’insegnamento teorico e pratico,
indipendentemente dalla finalità professionale o meno, e ciò durerà fino a
tutto il Settecento, fino a quando rimane operante l’ideale formativo
classico, cioè completo dell’uomo, ideale spodestato dalla settaria
rivoluzione francese e, soprattutto, dal Romanticismo.
Dal Magnifico
Lorenzo a Poliziano ed al Ficino, che improvvisa versi
cantati sulla lira (la Lira da Braccio è nel XV sec. uno speciale strumento
ad arco), a Leonardo, virtuoso appunto della Lira da braccio, al
Cellini virtuoso di flauto (i suoi dissapori con il padre riguardano
appunto il suo non voler fare il suonatore di professione), a Galileo
Galilei virtuoso (vincitore di varie competizioni a Firenze) di Liuto
fino a tarda età (suonava ancora, cieco e prigioniero, nella solitudine
della villa di Arcetri): sono alcuni esempi abbastanza sconosciuti
soprattutto agli intellettuali odierni.
Ma il merito più
grande della nuova visione umanistica della Musica è l’aver ritrovato, e
recuperato, l’idea greca della Musica come Poesia-Canto-Armonia,
concetto ben espresso da Vincenzo Galilei, padre di Galileo ed uno dei
protagonisti a Firenze nelle discussioni di Casa Bardi, nel suo Dialogo
"Della Musica Antica et Moderna" (Firenze 1581) : "
il Musico non era disgiunto dalla
Poesia, né il Poeta era separato dalla Musica".
Tale recupero, e ciò
è da tener sempre presente, è caratteristica esclusiva, fra tutte le
nazioni, dell’Italia,
per due motivi essenziali:
la
caratteristica musicale della lingua italiana
l’ Umanesimo e
la riscoperta di Platone per opera del Ficino.
È solo in Italia che
i cantori-musici leggono, discutono e citano Platone (in particolare il
Libro III della Repubblica) come ispiratore della loro
creazione musicale. Due nomi per tutti : Giulio Caccini e Claudio
Monteverdi.
Non è un caso che
Firenze, da cui il culto di Platone si irradia in tutta Italia, fra tutte le
città italiane, sia il centro ed il laboratorio d’arte dove vengono
realizzate le creazioni più raffinate in tal senso.
E non è un caso che
con la morte dell’ultima generazione dei cantori-musici del Rinascimento,
scompaia tale ideale estetico.
La Musica diviene
quasi esclusivamente, nella società civile, "intrattenimento" e di essa
a partire dall’età romantica, tranne qualche eccezione, le persone colte, ed
ancor di più gli intellettuali, si disinteressano.
Non è un caso quindi
che la riforma del Liceo Classico fatta dal filosofo Gentile (Nietszche, la
cui conoscenza della Musica è solo estetica, nell’ Ottocento è un’eccezione
forse perché ha iniziato come filologo) non contempli non solo
l’insegnamento pratico della Musica (forse sarebbe stato troppo), ma anche
cenni di Teoria né tanto meno di Storia. Così c’è la storia della
Letteratura, dell’Arte, della Filosofia, ma non quella della Musica, Musica
che invece troviamo nelle Magistrali e nell’Istituto Tecnico di Avviamento
professionale (sic).
Un caso a parte è
quello di D’Annunzio, forse perché poeta, ma forse soprattutto perché,
formatosi al Collegio Nazionale "Cicognini" di Prato, vi aveva studiato
Musica e Violino.
Il poeta, alla fine
dell’Ottocento, scopre, aiutato in ciò dal compositore Gianfrancesco
Malipiero, i tesori della musica rinascimentale (si leggano le sue pagine
sulla Camerata Fiorentina nel romanzo "Il Fuoco") e soprattutto
Claudio Monteverdi di cui sostiene la pubblicazione, sempre a cura del
Malipiero, dell’Opera Omnia (conclusasi in piena seconda guerra mondiale).
Val la pena di
ricordare che negli anni intorno al 1967 (centenario della nascita del
Cremonese) un personaggio ameno della musicologia italiana (non merita
nemmeno di essere citato) iniziò una operazione danarosa per una nuova
edizione completa delle opere del Monteverdi, ma, a parte qualche volume,
l’operazione si è rivelata la solita scusa per fare affari…
Il problema è che la
categoria degli Intellettuali, "le teste pensanti per gli altri", detti
anche con un po’ di snobismo maîtres-à-penser, è una creazione
recente, cioè dell’epoca in cui, dagli Illuministi in poi (che si
interessavano edonisticamente, anzi ideologicamente della musica-basti
pensare alla querelle a sostegno della musica italiana avente come
modello La serva Padrona del Pergolesi, e con esclusione del Rousseau
che visse a Venezia copiando musica e scrisse anche una operina Le Devin
du village-), è nata la categoria dell’ideologo, quasi esclusivamente
di stretta osservanza sociale e politica, che ha sostituito il pensatore ed
ancor più l’uomo colto.
L’intellettuale
contemporaneo è quindi, per tutto quanto detto, culturalmente povero poiché
manca della educazione, che è educazione mentale, di uno dei sensi
principali dell’uomo: l’udito. Ma non soltanto. Egli manca della conoscenza
delle possibilità dell’organo di fonazione che permette il dono del
linguaggio umano e della sublimazione di esso, cioè il "Canto"
che non è affatto, così come non lo era
per i Greci, fatto edonistico.
È da meravigliarsi
se la situazione della Musica in Italia, il paese che ha prodotto tutto
quanto di grande e di unico ho ricordato con pochi cenni sopra, sia
così spaventosamente tragica?
Se perfino l’Opera,
che "tota nostra est" direbbe Orazio, è diventata (ignoranza oblige)
in questi ultimi anni "la Lirica", ad imitazione dei francesi? Quando
si dice aver perso il senso delle cose e quindi anche delle parole, come
afferma Sallustio!
L’Italia: dove la
Musica con la M maiuscola è solo nella coscienza collettiva ormai la
spazzatura canzonettara ed il resto viene ghettizzato come "musica
classica", sì, quella nata come musica di consumo ed anche commerciale in
tempi di civiltà superiore…. Naturalmente si ignora tutto ciò che viene
fatto artisticamente da musicisti contemporanei…
L’Italia: dove negli
ultimi decenni è stato talmente abbassato nella pletora di Conservatori di
Musica il livello dell’insegnamento che oggi l’unica soluzione è quello di
chiudere tutto e ricominciare da capo e forse fra qualche anno comincerà ad
uscire di nuovo qualche artista….
L’Italia: dove una
semplice scuoletta privata, ma divoratrice di pubblici miliardi come quella
di Fiesole, creata da uno che non era riuscito a diventare direttore del
Conservatorio di Stato di Firenze, il quale, nel nome della musica per
tutti, fa pagare rette milionarie (di vecchie lire) poiché la sua scuoletta"
è scuola di valore" a differenza dei conservatori statali…anche se utilizza,
a prezzi stracciati, gli stessi insegnanti dell’odiato Conservatorio di
Stato….
L’Italia: che "nell’urlo"
generalizzato di marca francese, fatto passare "per canto
lirico" (ed il grande teorico Tosi se ne lamentava già nei primi decenni del
XVIII secolo), ha quasi totalmente dimenticato la grande Scuola di
Canto da lei creata e di cui è stata Maestra per secoli. Questa
Italia che non pensa davvero a salvaguardare e conservare questo
nostro patrimonio (che coinvolge anche la stessa Lingua italiana) di
tradizione orale che sta per scomparire nel mare magnum
dell’ignoranza ed incultura musicale generale, matrice di insensibilità
in toto.
Eppure, senza
scialacquare somme ingenti (i miliardi, in quest’epoca di basso impero, li
lasciamo sperperare alla Rai festivaliera e carrozzoni vari) si potrebbe :
dar lavoro a
giovani paleografi
musicali per lo spoglio e trascrizione delle migliaia di
musiche giacenti nelle biblioteche italiane pubbliche e private.
formare giovani
vocalisti per poter
finalmente riportare all’ascolto i capolavori vocali del passato
(Madrigali, Vespri, Messe, Cantate, Opere etc.etc.) secondo i
dettami della gloriosa ed unica Scuola italiana di Canto.
creare una
struttura
all’interno del Ministero Beni Culturali dove la Musica sia concepita
come fatto culturale, quindi etico, e non "spettacolo", struttura
che deve sovrintendere alla realizzazione dei punti a) e b)
suddetti, punti che non potrebbero mai essere presi in considerazione
seguendo l’ottica imprenditoriale della partita doppia.
creare una
collana specifica
per pubblicare i risultati di quanto contemplato nel punto a.
realizzare
in collaborazione con la Discoteca di Stato una collana discografica in
anteprima mondiale di quanto contemplato dal medesimo punto a.
Un po’ di luce sui
grandi secoli della storia artistica musicale dell’Italia è apparsa soltanto
fra l’Ottocento ed i primi decenni del Novecento. Il buio totale, salvo
iniziative private che con immensi sacrifici hanno realizzato quanto
descritto sopra, è regnato nella seconda metà del secolo scorso, immerso in
forzate fioriture materiali di massa.
È così che ci
troviamo oggi ridotti a, non solo proporre, ma realizzare le idee più
idiote: le sfilate di moda (cioè quattro cencetti e stramberie
carnevalesche) nei musei e nelle biblioteche!
Lasciamo andare in
rovina gli Strumenti Musicali di valore inestimabile (e su
questo ritornerò in un prossimo articolo) e ci preoccupiamo di valorizzare
la moda italiana che pubblicizza l’anoressia.
In questa situazione
catastrofica chi pensa a risvegliare le coscienze?
Chi comprende che,
oltre a fatti e situazioni contingenti, esistono dei Beni superiori, come le
espressioni d’ Arte (che è anche pensiero) che vanno salvaguardate ed anzi
incrementate?
Povero, veramente
povero, anzi monco della sua umanità questo intellettuale del nostro tempo
che vorrebbe essere di guida agli altri.