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ANNIBALE GIANUARIO
METRICA CLASSICA E RICERCA
FONICO-MUSICALE SEGUENDO PLUTARCO, RAYMUNDO LULL E ANTONIO LULL
Estratto degli Atti del III Convegno di
Studio
sul Teatro Medioevale e Rinascimentale
Viterbo,26,27,28 maggio 1978
Il tema dell'odierno Convegno : «
L'eredità classica nel Medioevo: il linguaggio comico », preso nella prima
proposizione della sue enunciazione, induce a considerare con particolare
attenzione un elemento culturale di immensa portata estetica, scientifica ed
artistica: la ricognizione del valore espressivo del rapporto esistente fra Modi
o Tuoni ed i Versi o Metri dei Poeti e la loro interdipendenza. E' una
ricognizione che ci viene dall'Alta Antichità ed attraverso Plutarco tocca il
Medioevo con Raymundo Lull (1234-1315) in una testimonianza di notevole
contenuto dottrinale ed estetico e viene ripresa da un altro Lull, Antonio,
citato dallo Zarlino, nella temperie rinascimentale, nei suoi « Sopplimenti
Musicali » (Lib. VI, cap. IX, pag. 266 e segg. - Venezia 1588).
Interessa particolarmente quanto espone
Raymundo Lull (Baleario) nel suo « Rhetorica » a pag. 208 e segg. a
proposito della Musica che egli divide in due temi base:
naturalis
« MUSICA EST DUPLEX
{
artificialis
»
divisi a loro volta in:
Humana
« MUSICA NATURALIS EST
{
DUPLEX Mundana
»
Harmonica
« MUSICA ARTIFICIALIS EST
{
Rythmica
TRIPLEX Metrica
»
Di grande importanza è rilevare come
(pag. 211, op. cit.) Ramon Lull, nella « Musica Artificialis » inquadri i «
Generi », i « Tuoni » i « Piedi » e la « Metrica de qua in arte
versificandi » in un contesto chiarissimo di interdipendenza che ritroviamo
in Plutarco e poi ripreso ed esemplificato nel V Libro, cap. VI del « De
Oratione », dall'altro Lull (Antonio) in una evidente continuità di
tendenzialità culturale che, partita dalla Antichità Classica, attraverso il
profondo Medioevo, approda alla realizzazione della 2a pratica
rinascimentale.
Lo Zarlino, nel luogo citato, si rifà a
Plutarco laddove scrive:
«... Questo è quello che dice
Plutarcho; ove si vede, che la natura de i Generi non consisteva semplicemente
nell’Harmonia; ma ne i Piedi posti nella Oratione... » e continua: « Dopoi
(lasciando) da un canto qualchedun'altro (Antico scrittore)
verremo ad Antonio Lullo, Baleario scrittore moderno (pronipote di Ramon -
n.d.r.) che havendo havuto forse riguardo a tal cosa, discorre (se ben fu
poco il discorso, nel Cap. 6. del 5. lib. ch'ei fa della Oratione} sopra i Modi
ò Tuoni per tutti tre i Generi; in questa maniera; « Ogni Melodia del
modo del parlare detto da Greci DIALECTICOS è contenuta nello spacio della
consonanza Diapente, e anco trapassa più oltra: dopoi che’ l Canto, e il
Suono de gli Istrumenti, che cominciano dalla Diapason, cantano per la Diapente,
per la Diatessaron, per il Ditono, per lo Semiditono e per la Diesis ».
Il
perché volendo egli incominciare a dimostrare il Genere della melodia, ch’è
composta (com’altrove dicemmo) d'Oratione, Rythmo & Harmonia; la
differenza de i Modi o Tuoni, contenuti ne i Versi o Metri de Poeti; &- anco
la forza del parlare; cose che non sono lontane dalla Imitatione... ».
E'
questa citazione dello Zarlino con l'aggancio a Plutarco, con quanto si
evidenzia nella Rhetorica di Ramon Lull e con la ripresa del concetto da
parte di Antonio Lullo (di cui esporremo la dimostrazione) che evidenzia quale
effettiva continuità culturale sia operante durante il Medioevo in riferimento
alla eredità classica circa il linguaggio inteso nelle componenti
significative, sonore e dinamiche della espressione, eredità che toccherà il
massimo splendore nel Rinascimento. Ed è ancora, questa citazione, una
rivelazione particolarmente edificante del filo conduttore che, dalla
Antichità, attraverso il Medioevo e la cultura araba (che con Averroé si
ricollega ad Aristotele e Platone), porterà al da Venosa, a Sigismondo d'India
e attraverso i « filosofi scrutatori della natura », Lucrezio, Plotino,
Marsilio Ficino, raggiungerà la «
Camerata Fiorentina » e Claudio Monteverdi, in quella sintesi del « Parlar
cantando » e del « Recitar cantando » che è base estetica della 2a
pratica.
Non possiamo, nell’introdurre la
dizione 2a pratica, non considerarne gli agganci a
quella classicità a cui si rifanno i cultori di essa, agganci che passano
ovviamente attraverso le ricerche sulla interdipendenza espressiva fra Metrica,
Armonia e Ritmica di cui tratta il medioevale Ramon Lull e di cui offre ampia
dimostrazione l'umanista e rinascimentale Antonio Lull.
Circa la 2a pratica e
la eredità classica che opera in essa ritroviamo espliciti riferimenti in
Claudio Monteverdi: «... Melodia, ovvero seconda pratica musicale. Seconda
(intendendo io) considerata in ordine alla moderna, prima in ordine all'antica;
(...) tre parti della Melodia nella prima (...) intorno al oratione, nella
seconda intorno all'armonia, nella terza intorno alla parte Rithmica;Vado
credendo che non sarà discaro al mondo posciache ho provato in pratica che
quando fui per scrivere il pianto di Arianna, non trovando libro che mi aprisse
la via naturale alla imitatione ne meno che mi illuminasse che dovessi essere
imitatore, altri che Platone per via di un suo lume rinchiuso così che appena
potevo di lontano con la mia debil vista quel poco che mi mostrasse; ho provato
dicco la gran fatica che sia bisogno fare in far quel poco ch'io feci d'
immitatione... » (cfr. Lettera scritta da Monteverdi da Venetia gli
22 ott.re 1633 - autografo presso la Biblioteca del Conservatorio di
Musica di Firenze).
Se confrontiamo questo scritto con
quanto scrivono i due Lull a distanza di due secoli fra loro, è facile
ritrovare quella continuità (o eredità) conservatasi nel Medioevo, che ci
proviene dalla cultura greco-latina e che darà il frutto più fulgido nella
stagione rinascimentale che si conclude nella affermazione della 2a
pratica in cui si realizza la IMITAZIONE secondo Platone; IMITAZIONE che non è,
evidentemente, una copiatura della realtà, ma la ricreazione di un
atto
di vita.
Monteverdi realizza la IMITAZIONE,
Antonio Lull, nella sua dimostrazione tende alla IMITAZIONE, mentre Ramon Lull
pone i temi della interdipendenza espressiva fra Metrica - Armonia e Ritmica che
nella Melodia, quale espressione verbale, realizzano l'arte Scenica (cfr. Ramon
Lull - « Rhetorica », pag. 206).
Il Lullo (Ramon) dà una precisa
classificazione di elementi caratterizzanti che è opportuno considerare nell’appurare
la continuità culturale che ci interessa individuare fra età Classica e
Medioevo in apertura verso l'Umanesimo ed il Rinascimento. Il Lullo indica con
precisione, ad esempio, quanto rientra nell'organismo teatrale:
Scenicos
Theatrica
{
Gladiatores, (lottatori)
habet
Gymnicos
Agitatores (auriga)
Hypocritae, Comodi, Tragaedi, Mimi
Citharoedi
Thymelici {
Citharistae
Tibicines
Cordax
Scenici sunt
{Saltatores, Saltatio
quadruplex{
Sincinis
Emmelia
Pyrrhica
Chironomi
Choragi
Considerando i termini che ci
interessano: Scenicos, Comoedi, Tragaedi, Mimi, Citharoedi, Citharistae,
Tibicines, Saltatores (danzatori), Chironomi, Choragi e quanto Ramon
Lull ha indicato nella « Musica Artificialis », noi abbiamo un
prospetto esatto del concetto di un uomo del Medioevo in riferimento al concetto
classico, nel campo delle infrastrutture operative, dell'Arte scenica; è fuor
di dubbio che esiste una inconfutabile continuità che è frutto di quel
concetto platonico secondo il quale « imparare è ricordare » ed il
Medioevo ricorda l'Età Classica perché in esso vi è ancora la capacità di
rammentare le idee tipiche del Vero, del Bene e del Bello, quella capacità di
rammentare che diventerà volontà di rammentare nell'Umanesimo e nel
Rinascimento, volontà totale di rammentare le idee tipiche primordiali che non
possono essere percepite che dal pensiero.
L'affievolirsi di tale capacità e di
tale volontà aprirà, dopo la seconda metà del Seicento, un'era culturale ed
artistica basata non più sul « ricordo » delle idee tipiche, ma sulla
fantasia e sull'immaginazione.
Indubbiamente in Ramon Lullo,
medioevale, poiché aristotelico, notiamo una tendenzialità al ritorno alle
origini che si esprime in tutta le sua opera ed è la risultanza di una forte e
convinta ereditarietà dalla Antichità Classica.
Nella sua « Ars Magna » Ramon
Lullo, ai capitoli XCIX e CLXI, tocca ed approfondisce concetti che attengono
chiaramente alla musica ed alla verbalità, al suono, alle vocali e consonanti,
concetti che riportano a Platone circa il problema del linguaggio (cfr. Platone
-« Cratilo », « Teeteto ») dal punto di vista del suono delle
sillabe e della identificazione della parola (suono - significato) nella sua
arcaica formulazione emozionale.
E' ovvio, infatti, che l'emozione
determini il suono che, in funzione esplicativa, è la parola che con il proprio
andamento dinamico e la propria modulazione, realizza la Melodia. Siamo,
dunque, alla scelta della parola da dire ed a quegli elementi caratterizzanti di
essa che, materia sonora-significante, diventa Melodia nella elaborazione
dell'artista; la materia, cioè, che il Musico plasma nella ricerca degli « affetti
», intendendosi per « affetti » la
espressione
psicologica del sentire umano.
Nella trattazione del tema proposto,
sono partito dalla citazione dello Zarlino, uomo del Rinascimento, perché il
Chioggiota, partendo da Plutarco, collega la concezione classica della modalità
e della Metrica alla esemplificazione che di tale concezione fa un altro
rinascimentale, Antonio Lullo, esemplificazione che trova un supporto culturale
notevole nell'opera del medioevale Ramon Lullo, a dimostrazione oltremodo
stimolante di una continuità culturale profondamente operante fra
grecolatinità, Medioevo e Rinascimento.
Non è presumibile che la cultura
greco-latina sommersa dalla barbarie per secoli, sia potuta esplodere, come per
incanto, in fase umanistica e rinascimentale. E', invece, attendibile e
facilmente provabile che è proprio nel Medioevo che la dottrina conservata
nell'humus culturale dell'Occidente, permette all'umanità di « imparare nel
ricordare »; e Ramon Lullo è il personaggio di prestigio che può
realmente essere assunto quale anello di congiunzione spirituale fra Antichità
e Rinascimento, poiché Plutarco concettualmente approda, ovviamente attraverso
il Medioevo, ad Antonio Lullo che lo Zarlino cita ed invita a studiare «... Dice
anco il suddetto Lullo nel fine del Lib. 5. di haver scritto l'Arte intiera
della Musica, laquale, per molta diligentia, ch'io habbia usato di ritrovare,
non ho potuto ancora haverla nelle mani; ne anco ho potuto sapere, s'ella sia in
luce. Questa si dee per ogni modo cercare di havere s'el si puote; percioche
leggendola & studiandola bene, potrebbe forse essere di non poco utile
in questo negotio, pieno di molte difficultà; & cagione d'havere più
essatta cognizione di quello c'habbiamo di molte cose nella Musica ».
Mi sembra di grande utilità
conoscitiva citare, sempre nell'ambito della ricerca fonico-musicale, proposta
dal Lullo, l'esposizione che Nicola Vicentino fa nel suo « Della Antica
Musica ridotta alla Moderna Pratica » (Roma 1555, Lib. IV - Cap. XXIX)
circa la ragione naturale dei Modi e Generi di derivazione verbale: «...
Molti
compositori che nelle loro compositioni attendono a far certo procedere. di
compositioni a suo modo, senza considerare la natura delle parole, ne i loro
accenti, ne quali sillabe siano ne lunghe ne brevi, così nella lingua volgare
come nella latina: et secondo l'uso e le regole dei latini et de Toscani si dè
osservare le pronuntie lunghe e brevi (in esempio) come se nella lingua
Francese, et Spagnola, et Tedesca, le sillabe loro lunghe fossero pronuntiate
brevi, et le brevi lunghe, la natione loro riderebbe di tal pronuntia. Il
medesimo occorre nelle pronuntie musicali d'ogni natione. Hora il compositore
avvertirà quando comporrà sopra parole Francese, de osservare i suoi accenti,
et sopra parole latine osservare l’uso latino (...) et tali potranno porre in
musica il suo modo di cantare con i gradi della divisione del nostro stromento
(l’ « Archicembalo »), che con la musica che hora s’ usa, non si può
scrivere alcuna canzone Francese, ne Tedesca, ne Spagnuola, ne Ungara, ne Turca,
ne Hebrea, ne d'altre nationi, perché i gradi et i salti di tutte le nationi
del mondo secondo la sua pronuntia materna, non procedono solamente per gradi di
tono, e di semitoni naturali, et accidentali, ma per Diesis, e semitoni, e toni,
e per salti Enarmonici... ».
E' evidente da questa breve esposizione
la facoltà, allora, di percepire e riproporre le flessioni più sottili delle
espressioni verbali che sono contenute nei Versi o Metri dei poeti da cui
decorrono i Modi o Tuoni. Nicola Vicentino ci offre un'altra valida
testimonianza di quella costante continuità culturale che, pur fra i gravissimi
guasti prodotti nel corpo della cultura dagli eventi storici che seguirono la
caduta dell'Impero Romano d'Occidente, da Platone, attraverso il travaglio
medioevale, è stata viva ed operante fino al primo Seicento; costante
continuità culturale che ha brillato vivida nel secolo che va dal 1550 al 1650
e che ha cessato repentinamente di esistere nella sua veridicità creativa con
l'avvento dell'Illuminismo che, volto polemicamente ad illuminare le menti
contro il così detto oscurantismo medioevale, mediante la esaltazione
ottimistica e indiscriminata della capacità razionale connaturata all'uomo,
finirà, invece, con il troncare il filo conduttore di quella cultura secolare
che, passata nel crogiuolo medioevale, doveva far nascere l’Umanesimo e
portare alla esaltazione sofferta della dignità umana alla quale l’llluminismo
opporrà quel velleitarismo di progresso culturale e sociale che, mancando
clamorosamente alle promesse, avvierà l'umanità all’oscurantismo della
propria coscienza per farne ingranaggio di un consumismo degrandante pur nel
comodismo di tecnologie sofisticate.
Oggi assistiamo (e questo è altamente
positivo) alla rivalutazione della Musica Medioevale e Rinascimentale
particolarmente sentita dai giovani anche se tale rivalutazione soffre troppe
volte di pressapochismo interpretativo da parte di esecutori impreparati ed alla
ricerca di motivazioni culturali ed artistiche raramente attendibili. E'
necessario procedere all’ approfondimento della ricognizione storica ed
estetica da cui trarre nuova capacità e volontà di ricordare per meglio imparare,
non andando a ritroso nel tempo, ma ripartendo ab imo.
E' in tale visuale estetica (quale
ordinata cognizione dei rapporti che riguardano il bello della natura e dell’arte)
e poetica (quale pratica riferita alla poesia) che reputo opportuno riferire la
dimo-strazione del Lullo (Antonio) Baleario citata dallo Zarlino, un riferire
che, ovviamente, sarà ridotto all’essenziale non volendo abusare della
attenzione degli ascoltatori e rimandando lo studioso al testo dello Zarlino
stesso. Scrive il Lullo: «Non si può dire o
fìnger cosa che sia men modulata, di quello ch’esclama quella Parturiente di
Terentio:
luno Lucina fer opem; serva me obsecro:
»
« &
dice,
che s’egli dimostrerà il Genere
della melodia, & il modo, & la forza del parlare, che niuno dubiterà
più d'una cosa certissima. La onde introduce il Monochordo Pitagorico diviso
secondo i tre Generi di Pithagora: nel quale percuotendo prima la
Tritehyperboleon enharmonica, tre fiate ascendendo alla Nete, & di nuovo
continuamente ritornando à dietro, cessa nella Netediezeugmenon;
& cosi vuole, che la voce piglia la modulazione Frigia di quello Metro:
Iu — no — Lu — ci — na U.
Dopoi quel che segue; Fer U
o U
pem —; muove la Paranete
chromatica hyperboleon & la Trite d'esso tetrachordo, facendo fine nella
Netediezeugmenon. Il resto, Ser — va — me — ob—se U cro
U
vuol che sia pronunciata diatonicamente &
anco
nel modo Eolico nel tetrachordo Diezeugmenon; percossa prima tre fiate la
Paranete, & dopo anco la Nete; & ritornando dopo quello all’ istessa Paranete, che la voce venga a continuare, laquale ultimamente manchi
nella Trite o Terza... »
«... Spiega anco in questo luogo,
ch'ei intende; con dire, ch'el Canto o Melodia non si ha da misurar tanto dalla
quantità delle Sillabe; come dicemmo altrove; quanto dall'accento:
primieramente dalla proprietà della Dittione; do poi dalla natura delle Vocali;
delle quali l'una è maggiormente vocale & sonora dell'altra; over per il
contrario, più arguta o forte; & più tenue o debile; percioche tanto
più è fatta acuta, quanto è proferita co'l sito più angusto & ristretto
alla bocca; nel modo che la più larga Fistola manda il Suono più grave. A
questo aggiunge la separation delle parole, con la qual si schiva la Synalepha:
essendo che si suole alzare & far'acuta la vocale seguente, acciò
maggiormente habbia luogo: come à dire: « Authoritate publica ármàté
». Però dice, che accade, che l’istessa lettera succedente è più
interiore per l'accento della parola; come dire: « Vario fòrtis »;
et quella che più; & perciò più grave: nondimeno s'alza per
la quantità; come in « Variò » Il perché in questo luogo
alle due brevi precedenti « Attavis »; ancora che l'accento sia
collocato nella prima; nondimeno l'ultima si leva longa & stridula;
& la prima della seguente dittione, per il proprio accento superò l'intensione
della precedente. Aggiunge etiandio, che in queste cose la Locutione hà il suo
accento, & che l'interrogazione fà acuta la finale; & li
pare che Varrone habbia introdotto; come sarebbe la parola « Obsecratio
», fare il circonflesso nelle penultime: le quali innalza; come
« Serva me obsecro ». Conclude finalmente, & dice: adunque
dall'accento della Dittione, & dalla quantità della Syllaba, dopoi dalla
natura delle Vocali argute ò acute, si piglierà non solo dalla separazione
della Dittione & dalla Figura delle
sententie, ogni intensione ò remissione della modulatione... »
Interessante il riferimento a Cicerone:
«... come incominciò Cicerone nella Miloniana; « Et si
vereor Indices, ne turpe sit profortissimo »; fin qui ascendendo; ch'à
poco à poco fece il Systema Diapente; partendosi di quà, & fermandosi
nell'istessa chorda; fuori che nella penultima sillaba di quel membro; laquale
abbassò col Semituono, secondo ‘l costume Dorico. Et finalmente nella
clausola di cinque sillabe fece fine. Vuole anco, che la gravità &
l'acutezza di questa Clausola, non consista d'altra parte: perche questa sola
abbraccia la generosissima & sopra tutte
l'altre harmonia Doria; percioche il fine di questa è posto nel cader continuo
di cinque voci, della quale il Semituono si trova nel penultimo spacio... »
Una vera e propria analisi
fonico-musicale con attenta ricerca e percezione di rapporti acustico-ritmici
fra parole, sillabe, vocali in riferimento al concetto espresso ed alla
emotività che la esposizione di tale concetto comporta in sé e secondo la
intenzione, e quindi la scelta comunicativa, del parlante.
Lo Zarlino ci ha fornito una
testimonianza superba di quella eredità che attraverso il Medioevo ricercatore
ci perviene dalla Antichità Classica; lo Zarlino, però, rimane l'espositore
attento ed onesto di una concezione estetica di cui non capta che la parte
dottrinale e che non riesce a far sua compiutamente. Bisognerà attendere la «
Camerata di Giovanni Bardi » e Claudio Monteverdi, il « Prencipe » e Jacopo
Peri, i cultori di seconda pratica, cioè, per raggiungere la saldatura
culturale ed artistica, estetica e poetica con la classicità, coronamento
dell'ansia umanistica.
Raggiungeremo, con la seconda
pratica, quell'armonia verbale che ripristina, nella sua realizzazione, la
dottrina platonica; un'armonia che è « diversa da quella insegnata dallo
Zarlino » (cfr. G.C. Monteverdi — « Dichiarazione della lettera
stampata nel Quinto Libro dei Madrigali » dagli « Scherzi Musicali a
tre Voci » di C. Monteverdi — Venezia 1607) «... mosso dalla
autorità di Platone che dice: « Non ea et musica circa perfectionem
melodiae versatur? » (Plat. Gor. in princ.); del che forse alcuni si
ammireranno non credendo che vi sia altra pratica che la insegnata dal Zarlino
»; — una armonia verbale che ritorna (ritorno che vivrà la vita di un
secolo!) attraverso la proficua veglia medievale e attraverso la ricerca, pur
soltanto speculativa e dottrinale, di Raimondo ed Antonio Lullo.
Concludendo, è possibile, partendo da
Plutarco per il quale la natura dei Generi « non consisteva », (come
abbiamo già visto) « semplicemente nell’Harmonia; ma ne i Piedi posti
nella Oratione», fissare il concetto, prettamente platonico, che porterà
alla 2a pratica, per il quale è la PAROLA che determina, nelle sue
componenti sonore e significanti, l'Armonia ed il Ritmo. E' la PAROLA che come
elemento fonico-sematico è materia espressiva che il Musico plasma secondo il
proprio sentire, rispettandone ed evidenziandone le caratteristiche strutturali
che sono di provenienza razionale ed emotiva e quindi carica di tendenzialità
polifoniche che evadono le regole della costruzione sonora che contempla,
invece, l'esistenza di una armonia di atmosfera in cui la parola può essere
incastonata con funzione di trama esplicativa, oppure una tecnica armonica con
la quale si costruisce un ambiente sonoro propiziato dalla impressione emotiva e
fantastica che il tema letterario determina nel compositore, oppure ancora
un'armonia fatta di ricerca sonora al di fuori di qualsiasi determinazione
razionale e quindi di totale pertinenza della sfera fantastica. Credo che in
questa diversità essenziale vada ricercata la differenza estetica fra la I e la II pratica, questa assolutamente di provenienza verbale.
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