circa si va determinando (in uno con il
deterioramento della cultura umanistica) un continuo schematizzarsi della
conoscenza armonica, uno schematizzarsi che non varranno a neutralizzare né i
giri modulanti, né i tentativi di evasione da una tonalizzazione resa
terribilmente dispotica e che un certo cromatismo melodico non riuscirà a far
regredire proprio perché sarà ritardata, proprio dalla ignoranza sull'armonia
rinascimentale, la individuazione del corrispettivo in campo armonico.
Eppure tutto quanto si ricerca ancora,
era cognito a Monteverdi ed a Gesualdo, mentre il Galilei usava quegli
«armonici» la cui conoscenza il fisico francese Jean Marnold3 ed il
Koechlin4 assegnano perentoriamente ai secoli XIX e XX.
Se si aggiunge a ciò che l’
«Omologia dei suoni» era nota ed armonicamente usata dal Galilei5
e che di essa si disserta nella nota polemica Artusi-Monteverdi6, si
può avere un quadro abbastanza significativo dello stato di precaria
informazione nel quale è vissuta per decenni la musicologia; precaria
informazione che ha indubbiamente ritardato una evoluzione artistica di cui si
avverte la necessità; una precaria informazione che è dura a morire e che non
consente, ancora, di rifarsi a quella antica sapienza insita nella musica del
‘500-‘600.
Fra tanti tentennamenti evolutivi
dimostratisi più o meno sterili, l’«Alternato» di Vito Frazzi rappresenta
un cospicuo atto di emancipazione dalla tonalità verso una rinnovata
ricognizione armonica della espressività emozionale.
Quel che vi è di sorprendente nella
tematica armonica dell’«Alternato» di Frazzi è che ciò che egli asseriva,
pur essendo all'oscuro delle cognizioni cinque-secentesche, trova una base
scientifica nella attuale conoscenza armonica del Rinascimento sia pure su un
piano estetico differente.
Questa base scientifica verte sulla
conoscenza rinascimentale della gamma delle «armoniche» anche lontane rivelate
in superficie nelle amalgame sonore che sono l'essenza dei contrappunti di
Gesualdo, sulla individuazione della «omologia dei suoni» chiaramente enunciata
dal Galilei, dall'uso delle «dissonanza» di determinazione verbale evidenti
nella musica del Peri e di Monteverdi, nel cromatismo armonico proprio ai
cultori di 2a pratica. Vito Frazzi intuiva una soluzione da dare al problema del
progresso tecnico della espressione musicale ed approdava alla enunciazione di
un sistema armonico già vivo nella sua immaginazione di uomo di studio dotato
indubbiamente di grande sensibilità; di un sistema musicale che porta in sé
alcuni temi della politonalità e del cromatismo rinascimentali
senza che, ovviamente, egli potesse pensare che a distanza di cinquant'anni
questi temi armonici base del suo «alternato» li avrebbe ritrovati già operanti
nella musica rinascimentale che va analizzando sulle edizioni originali e
seguendo la nuova
3 JEAN MARNOLD -
L'Evoluzione della Musica in R.M.I vol. 29°- 1922 pagg. 149-159.
4 KARL KOECHLIN,
Traité de l’Harmonie, Parigi, 1930.
5 VINCENZO GALILEI,
Discorso intorno all'uso delle dissonanze, Ms. Gall. II, Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze.
6 G.M. ARTUSI, L’Artusi
ovvero delle Imperfettioni della Moderna Musica, Venezia 1603.