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06 novembre, 2007




 
 

 

 

 

 

 

  In questa pagina troverete le più importanti definizioni delle teorie economiche che vi serviranno per ricordate tanti principi economiche che di certo avrete dimenticato!
  1. ECONOMIA

  2. L'EQUILIBRIO DEL CONSUMATORE

  3. LE CURVE DI INDIFFERENZA

  4. OLIGOPOLIO

  5. INVESTIMENTO FINANZIARIO

 

 

   
  TEORIE ECONOMICHE

Legge dei rendimenti decrescenti

La legge dei rendimenti decrescenti afferma che, a pari condizioni, all’incremento costante delle quantità impiegate di un certo fattore, il suo prodotto marginale decresce da un certo punto in poi. In altri termini, aumenti nell’impiego del fattore lavoro si traducono in aumenti del prodotto totale di grano sempre più piccoli. Poiché l’inclinazione della curva è il prodotto marginale del lavoro, si determina un progressivo appiattimento di tale inclinazione. Peraltro, una funzione di produzione, prima del dispiegarsi dell’effetto della legge dei rendimenti decrescenti, potrebbe presentare un tratto “a rendimenti crescenti” (aumenti successivi di lavoro si traducono in aumenti di produzione maggiori e la curva diventa più rapida) o “a rendimenti costanti (a un dato aumento del fattore ne corrisponde sempre uno uguale del prodotto totale).

 

Rendimenti di scala

I rendimenti di scala riflettono la reazione del prodotto totale quando tutti i fattori aumentano proporzionalmente, cioè quando si modica la scala dell’impresa (es. raddoppio le linee di produzione). Abbiamo rendimenti di scala costanti quando Q incrementa proporzionalmente ai fattori (es tessiture con telai a mano in Paesi in via di sviluppo). Viceversa i rendimenti di scala decrescenti sono tali per cui un aumento di tutti gli input produce un incremento meno che proporzionale dell’output totale. Da ultimo, rendimenti di scala crescenti comportano un aumento di tutti gli input che produce un incremento più che proporzionale dell’output totale.

 

I Contratti SWAP.

La essenza di un contratto SWAP cosnsiste nello scambio periodico, fra due soggetti, di importi monetari. La fattispecie più semplice che si può configurare è quella in cui i due soggetti, A e B, ambedue mutuatari per il medesimo importo K, ammortizzano il proprio debito con modalità diverse: A paga interessi periodici calcolati in base al tasso fisso e B in base ad un tasso variabile agganciato ad un qualche indice (inflazione, rendimenti del mercato ecc.). Se le parti desiderano mutare le reciproche posizioni, così che A intende pagare in base ad un tasso fisso e B variabile, possono semplicemente accordarsi per scambiare i pagamenti, senza risolvere i contratti originari. A pagherà a B gli interessi in base al tasso variabile, che B a sua volta verserà al proprio creditore, mentre B versa ad A gli interessi calcolati in base al tasso fisso che questi trasferirà al proprio creditore. Sui flussi di pagamenti che intercorrono fra i due soggetti ed i rispettivi istituti creditizi si innestano così i due flussi fra i soggetti stessi. In maniera analoga si può procedere se i soggetti sono investitori, uno con posizione long su di un titolo a cedola fissa e l’altro con posizione long su di un titolo a cedola variabile. Se essi concordano nel mutare la natura dei propri investimenti così che chi ha una posizione sul reddito fisso intende passare a quello variabile e viceversa, anzichè vendere i rispettivi titoli sul mercato, riacquistando poi quello di differente natura, possono porre in essere un contratto SWAP in base al quale scambiarsi il flusso delle cedole. In tal modo si ottiene l’effetto di mutare la natura dell’investimento. E’ importante sottolineare che nei contratti in esame ciò che forma oggetto di scambio sono i pagamenti periodici (interessi o cedole) e non il capitale. Quest’ultimo, detto nozionale, funge da riferimento nel contratto senza entrare effettivamente nello scambio. La figura seguente illustra i flussi collegati ad un contratto SWAP nel caso in cui le parti scambino i corrispettivi obblighi inerenti il pagamento degli interessi all’interno di contratti di mutuo. I due esempi riportati fanno riferimento ai tassi di interesse quale fondamento essenziale del contratto. Tuttavia esistono contratti SWAP la cui grandezza di riferimento è un tasso di cambio fra due divise di differenti paesi. Così, ad esempio, se due importatori, uno italiano e l’altro giapponese, si riforniscono periodicamente di materie rivolgendosi al mercato dell’altro (l’italiano acquista componenti elettroniche in Giappone e il giapponese tessuti in Italia), i pagamenti che uno dovrà fare in Giappone utilizzando yen, e l’altro in Italia in euro, possono essere scambiati eliminando in tal modo il rischio derivante dalle oscillazioni del cambio. Scambiandosi i flussi l’importatore italiano pagherà in lire le forniture dell’importatore giapponese, mentre il giapponese paga in yen gli acquisti fatti dall’italiano. Questa tipologia di contratto viene denominato SWAP su valute, mentre quello esemplificato più sopra è detto SWAP su tassi (IRS: Interest Rate Swap). In quanto segue verranno analizzati esclusivamente i contratti SWAP su tassi di interesse. Dagli inizi degli anni ottanta del secolo passato, quando i primi IRS hanno fatto la loro comparsa come nuovo strumento nei mercati finanziari, la loro espansione è stata inarrestabile ed attualmente rappresentano lo strumento i cui volumi di contrattazione superano di gran lunga quelli di qualsiasi altro prodotto della ingegneria finanziaria. Prima di procedere all’analisi dettagliata del contratto, dedicando particolare attenzione ai problemi di valutazione ad esso connessi, se ne delineano alcuni aspetti economico-tecnici dai quali dipende l’organizzazione dei mercati nei quali vengono negoziati. Come dovrebbe essere già chiaro dalle premesse un IRS esiste in quanto, pur senza che vi sia scambio del capitale (il cosidetto nozionale), esistono contratti  che si incentrano sui tassi di interesse. Ciò dà all’ IRS il carattere di strumento derivato, di strumento cioè che opera su altri strumenti finanziari di diversa natura (i mutui o i bonds). Inoltre esso alla sua nascita non dà luogo a prestazione alcuna (in analogia con i contratti forward) e per questa caratteristica è da considerarsi uno strumento fuori bilancio. Per quanto riguarda i tassi che entrano nel contratto, uno è un tasso fisso (fixed rate) sulla base del quale vengono computati gli elementi del flusso a carico di una delle parti. La prestazione periodica che ne deriva viene calcolata moltiplicando il nozionale per il tasso in questione. Il flusso complessivo che ne deriva costituisce la gamba fissa dell’IRS. L’altro tasso che entra in gioco nel contratto è il tasso variabile (floating rate). Il tasso variabile viene rilevato all’inizio del periodo e moltiplicandolo per il nozionale si ottiene l’elemento del flusso da corrispondere al periodo successivo. Il flusso generato dal tasso variabile costituisce la gamba variabile dell’IRS. La periodicità dei pagamenti è generalmente semestrale (come la cadenza delle rate dei mutui o delle cedole dei titoli), ma possono essere messi in atto contratti nei quali la gamba variabile è articolata su scadenze semestrali mentre la gamba fissa segue altre cadenze. Nella tabella seguente si riportano la gamba fissa e quella variabile di un contratto di durata tre anni stipulato il 4.5.2001. Il tasso fisso è al livello del 4% semestrale mentre il primo tasso variabile applicato (rilevato alla stipula del contratto) è del 3.5% semestrale. Il nozionale è fatto pari a 1000 ed il primo Il tasso variabile viene usualmente determinato come la somma di un tasso ufficiale di riferimento incrementato di una percentuale che riflette il rating della parte alla quale il tasso si applica. Le società che accedono al mercato dei capitali vengono classificate in base alla loro solvibilità, di modo che a società considerate più solide vengano praticate condizioni di tasso più favorevoli in virtù del minore rischio di insolvenza che le connotano. Il tasso ufficiale di riferimento è, nella grande maggioranza dei contratti, il LIBOR (London InterBank Official Rate) a sei mesi, rilevato sulla piazza di Londra. I tassi LIBOR si articolano come una serie di strutture per scadenza dei tassi, articolate sullo scadenziario una, due settimane, un mese, due mesi, e cosi via mensilmente fino a dodici, una per ciascuna delle principali valute del mercato (euro, dollaro statunitense, yen, sterlina, dollaro canadese, dollaro australiano, franco svizzero). Questi tassi, applicati agli scambi di capitali fra organismi bancari vengono rilevati ufficialmente e riportati quotidianamente nei listini. Altri tassi variabili che possono fungere da riferimento sono l’EURIBOR, o il RIBOR, utilizzato quest’ultimo per alcune tipologie di IRS (quelli definiti come domestici) del mercato italiano.

Le modalità in base alle quali gli SWAPS possono essere posti in essere sono numerose (ad esempio gli importi relativi ad una delle due gambe possono essere liquidati tutti all’epoca finale, opportunamente capitalizzati) sì da rendere il contratto sufficientemente flessibile alle specifiche esigenze dei singoli operatori. In ciò sta anche il successo che ha immediatamente arriso al nuovo strumento. Chi fosse interessato ad approfondire le tematiche di carattere tecnico o giuridico degli SWAPS trova una ampia letteratura, la cui abbondanza sottolinea ancora una volta l’enorme grado di penetrazione nei mercati di questo giovane strumento, e quale sia il suo apprezzamento da parte degli operatori istituzionali. In quanto segue ci si limiterà ad affrontare le tematiche che si collegano alla convenienza di ciascuna parte del contratto ad accedervi (analisi dei vantaggi comparati) ed alla loro valutazione.

 

Strumenti dell’economia politica

L’economia politica fa uso di relazioni funzionali per descrivere il comportamento delle variabili oggetto di studio. Per esempio dall’osservazione della realtà possiamo formulare la legge di domanda che individua l’esistenza di un relazione decrescente tra la quantità domandata di un bene (le arance) da parte di un consumatore ed il loro prezzo. Il prezzo P è il prezzo massimo che il consumatore è disposto a pagare per una data quantità di arance. I consumatori e le imprese si incontrano sul mercato, che è il luogo dove i primi desiderano acquistare i beni e le seconde desiderano venderli.

Vi sarà quindi una domanda di beni da parte dei consumatori e un’offerta degli stessi da parte delle imprese.Le quantità che un individuo domanda in corrispondenza dei diversi prezzi costituiscono la scheda di domanda individuale. Le quantità che tutti gli acquirenti domandano in corrispondenza dei diversi prezzi costituiscono la scheda di domanda collettiva o di mercato.

Poiché la domanda collettiva è data dalla somma delle domande individuali, anche la

domanda collettiva è funzione decrescente del prezzo. Per ogni dato prezzo sommiamo le quantità domandate da tutti gli individui, e così dalle curve di domanda individuali otteniamo la curva di domanda collettiva o di mercato. Essa rappresenta la relazione tra la quantità domandata di un bene da tutti gli individui e il suo prezzo.

Come i consumatori desiderano acquistare i beni, così le imprese desiderano venderli. Le quantità che un venditore offre in corrispondenza dei diversi prezzi costituiscono la scheda di offerta individuale.

Le quantità che tutti i venditori offrono in corrispondenza dei diversi prezzi costituiscono la scheda di offerta collettiva o di mercato. Generalmente, ad un dato prezzo ogni venditore offre (cioè è disposto a vendere) una diversa quantità del bene.

Vi è, però, un elemento comune nel comportamento dei venditori: ognuno di essi, man mano che il prezzo di un bene aumenta, è disposto a venderne una quantità maggiore. Quindi l’offerta individuale di un bene (le arance) varia nello stesso senso del prezzo, ovvero è funzione crescente (ossia diretta) del prezzo. L’offerta collettiva è data dalla somma delle offerte individuali, e quindi anche l’offerta collettiva è funzione crescente del prezzo.

La curva di offerta di mercato, costruita sommando le quantità del bene considerato che le diverse imprese sono disposte ad offrire in corrispondenza di ogni singolo prezzo, è anch’essa crescente.

 

L’EQUILIBRIO DEL MERCATO

L’unico prezzo in corrispondenza del quale quantità domandata e offerta (di arance) sono eguali è chiamato prezzo di equilibrio (pe). La quantità (domandata e offerta) corrispondente al prezzo di equilibrio è chiamata quantità di equilibrio (qe). Il prezzo di equilibrio pe è quel prezzo che rende uguali la quantità domandata e la quantità offerta di un bene (qdom. = qoff. = qe): esso realizza l’equilibrio del mercato. Lo spostamento di una o di entrambe le curve determina un nuovo prezzo di equilibrio.

Tutte queste relazioni che sono state identificate osservando la realtà verranno poi derivate (dedotte) da ipotesi sul comportamento degli operatori, applicando il principio dell’ottimizzazione e dell’equilibrio. Così avremo la teoria del consumatore, dalla quale deriveremo la domanda di beni e l’offerta di fattori produttivi e la teoria dell’impresa, dalla quale deriveremo la domanda di fattori produttivi e l’offerta di beni (v. flusso circolare del reddito).

 
   

 

Finanza ed Economia Editoriale

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