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11 ottobre, 2007




 
 

 

 

 

 

 

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  LE AZIONI

Le azioni sono titoli che rappresentano il capitale di rischio delle imprese produttive. Acquistando anche solo un'azione di società si diventa soci della stessa, con i diritti e i doveri che ne seguono. Il principale diritto del socio è la partecipazione agli utili della società che vengono incassati sotto forma di dividendi, cioè flussi di cassa periodici (solitamente con scadenza annuale). Se l'azienda produce utili, il dividendo sarà la differenza tra questi e la quota da destinare a riserva. Il dividendo unitario - quello che l'azionista riceve per ogni azione che possiede - viene calcolato dividendo, appunto, tale ammontare per il numero di azioni che compongono il capitale sociale.

Il rendimento periodico di un investimento azionario è quindi costituito dai dividendi. Il valore di rimborso di un investimento azionario non è invece preordinato dato che le azioni non vengono rimborsate, ma è costituito dal prezzo di rivendita dell'azione sul mercato.

Ambedue le tipologie di flussi di un investimento azionario - dividendi e prezzo di vendita - sono soggetti ad un'elevata variabilità.

In particolare il prezzo di vendita dell'azione sarà soggetto a due tipi di rischio : "rischio di mercato" (cioè rischio di eventi negativi che colpiscono il mercato in generale , quali ad esempio impennate nel tasso di inflazione che spingono verso l'alto i tassi di interesse) e "rischio di credito" (cioè rischio di eventi negativi che riguardano la specifica società che ha emesso le azioni).

Il rendimento di un investimento azionario è quindi difficilmente prevedibile "a priori".

A fronte del rischio elevato - come abbiamo visto al capitolo "Il rischio"- , gli investimenti azionari offrono solitamente, e su un orizzonte temporale adeguato, un rendimento superiore rispetto alle altre due classi di strumenti finanziari , le obbligazioni e la liquidità.

I titoli di stato e le obbligazioni

Rappresentano prestiti remunerati secondo un tasso di rendimento nominale prefissato. A differenza dell'azione - che costituisce un diritto di proprietà sul capitale della società - l'obbligazione è un titolo di credito nei confronti dell'emittente. Per questo, oltre all'interesse, dà diritto al rimborso del capitale prestato alla scadenza prevista dal contratto.

L'investimento obbligazionario genera due tipi di flussi di cassa : cedole e rimborso del capitale a scadenza. Il rendimento di un investimento obbligazionario è quasi certo a priori (cioè il rendimento ex ante è pari a quello "ex post" calcolato alla chiusura dell'investimento) solo qualora i titoli obbligazionari siano detenuti fino alla scadenza. In tal caso infatti l'unico elemento di incertezza è l'eventuale crisi finanziaria dell'emittente il titolo, cioè il "rischio di credito". Infatti se l'emittente entra in crisi finanziaria il valore di rimborso a scadenza e gli interessi periodici (le cedole) potrebbero essere inferiori ai valori contrattuali, o addirittura azzerarsi.

Se però il titolo obbligazionario non viene detenuto fino a scadenza, allora analogamente alle azioni, l'investitore dovrà procedere alla vendita sul mercato : il prezzo di vendita potrà essere molto diverso da quanto originariamente previsto e quindi il rendimento ex post potrebbe essere molto diverso da quello originariamente atteso "ex ante". Nel caso di vendita del titolo prima della scadenza, cioè nel caso in cui un investitore acquisti obbligazioni di durata più lunga rispetto alle proprie disponibilità, anche l'investimento obbligazionario sarà soggetto al "rischio di mercato" e quindi diventerà anch'esso difficilmente prevedibile "a priori". Comunque, dato che le obbligazioni hanno un valore di rimborso, per quanto lontano nel tempo, il loro prezzo di mercato avrà una potenziale variabilità che sarà al massimo pari, ma mai superiore a quella di un'analoga azione.

I criteri di selezione delle azioni, sia quantitativi sia qualitativi, nascono dalle filosofie d'investimento. I criteri quantitativi usano dati finanziari per scegliere e filtrare ("screen") azioni che abbiano caratteristiche appetibili.

Valutazione

La "value strategy" sceglie aziende e settori il cui prezzo è basso rispetto al valore dell'azione misurato prendendo in considerazione gli utili, i dividendi e il patrimonio. Per questi investitori professionisti il rapporto prezzo-utili (p/e: prezzo attuale diviso per gli utili per azione negli ultimi 12 mesi) è il metro di valutazione del valore più usato.I rapporti prezzo-utili sono di solito usati in modi diversi: le azioni vengono cercate con un p/e basso assoluto, un p/e basso relativo al mercato o al settore, e un p/e basso rispetto alla media storica di un'azienda.. Tra gli investitori d.o.c. che enfatizzano anche la crescita, vengono usati anche i rapporti PEG [p/e diviso per il tasso di crescita dell'utile]; i rapporti inferiori a 1.0 indicano un valore appetibile dell'azione, dato che mettono in relazione il p/e e i tassi di crescita, permettendo alle aziende che stanno crescendo rapidamente di avere elevati rapporti p/e. La "value strategy" di Geraldine Weiss e James O'Shaughnessy considera gli utili distribuiti come metro di valutazione più appropriato; entrambi si sono resi conto che sorgono dei problemi usando gli utili come valore di misurazione. Gli utili distribuiti si riferiscono al rapporto dividendi per azione e prezzo dell'azione. I pagamenti dei dividendi, al contrario degli utili, tendono ad essere più prevedibili e meno soggetti all'uso di diversi criteri contabili. E quindi sono un parametro più stabile da valutare rispetto al prezzo dell'azione. I prezzi, d'altro canto, possono variare in modo considerevole, causando una fluttuazione degli utili distribuiti. Naturalmente un approccio di questo tipo richiede che i dividendi vengano pagati, cosa che tende a limitare l'universo dell'investimento alle società più grandi.

Weiss utilizza il rapporto p/e come parametro secondario del valore e in realtà molti degli approcci usano diversi strumenti di valutazione per fare un controllo incrociato.

Utili e dividendi

I "guru" della finanza ritengono che una crescita consistente degli utili e dei dividendi, anno dopo anno, sia un requisito fondamentale per creare un buon portafoglio. Anche i gli investitori professionali che si basano sul valore non trovano appetibili società che sono sottovalutate, ma che tuttavia non hanno la capacità di crescere e prosperare in futuro.

Posizione finanziaria

Quasi tutti gli investitori professionali richiedono una forte posizione finanziaria, che permette alla società di andare bene anche in periodi di difficoltà. Un requisito spesso richiesto è che le attività finanziarie correnti siano il doppio delle passività correnti e un basso rapporto debito/capitale proprio (debito nel breve e lungo periodo diviso per il capitale netto; indica quanto, nella società, sia stato finanziato dai debiti e quanto dall'azione). Diverse strategie richiedono anche risorse sufficienti per far fronte ai bisogni operativi momentanei. E non sorprende il fatto che gli approcci legati all'andamento dei dividendi richiedano bassi rapporti di pagamento (dividendi per azione divisi per utile per azione, indicando così l'importo degli utili che vengono pagati sotto forma di dividendi).

 

Performance

Un'altra caratteristica che accomuna tutte le strategie degli investitori d.o.c è la misura della performance, e cioè in che modo la società impiega i suoi asset per generare ricavi e utili. Il rendimento del capitale netto (R.o.e. i ricavi al netto delle tasse e delle spese divisi per capitale netto) è un indicatore di come vengono reinvestiti gli utili nell'azienda per generare ulteriori utili.  Alti margini di utile e aumenti di fatturato consistenti sono altre due qualità specifiche richieste da questi grandi investitori. Il margine di utile è il ricavo netto diviso per il ricavo e misura la capacità di un'azienda di generare utili dai ricavi. Paragonare il margine di profitto alla media di settore fornisce un indicatore del vantaggio economico che un'azienda ha nei confronti della concorrenza. Margini di profitto favorevoli e vendite in aumento sono l'indicazione che una società ha trovato una sorta di nicchia di mercato o un monopolio che può sfruttare, un tema comune tra i professionisti del "growth strategy".

Indicatori tecnici

Gli indicatori tecnici non sono molto popolari tra i fautori della "value strategy" ma vengono usati da due investitori d.o.c come James O'Shaughnessy e William O'Neil, votati alla crescita. Gli indicatori tecnici usati sono quelli che focalizzano la loro attenzione sulla spinta del prezzo, particolarmente sulla forza relativa. La forza relativa misura la performance di prezzo di un'azione rispetto alla performance di prezzo di tutto il mercato; un'alta forza relativa indica che il prezzo si sta alzando più velocemente del mercato considerato come un tutto.

 
   

 

Finanza ed Economia Editoriale

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