Storia e Folklore Calabrese
di Domenico Caruso



Indice

Storia della Calabria

Poesia dialettale

S.Martino: un paese e un Santo

Fatti straordinari in Calabria

Ricordi di scuola

L'autore

Lettere e contributi

La nostra Piana

Da libri, giornali e riviste

Folklore calabrese

La donna calabrese: ieri e oggi

Jettatura e malocchio in Calabria

Quarant'anni di tradizioni popolari

La licantropìa

S. Elia e il diavolo

Dizionarietto dialettale della Piana di Gioia Tauro

Canti popolari calabresi

Dalla Quaresima alla Pasqua nella Piana di Gioia Tauro

Calabresella mia

Pietro e il Divino Maestro

"Sorella Morte, non mi fai paura!"

Aneddoti e arguzia popolare

Indovinelli calabresi

San Giuseppe, ieri e oggi

Detti pisani e calabresi a confronto

Li belli festi e li belli Natali

'U rivòggiu da Passioni

Li molti vuci

'A mugghjeri

I "Giganti" di S. Martino

Folklore calabrese

I "Giganti" di S. Martino

Anche il nostro S. Martino possiede i suoi Giganti che, oltre a quelle locali, allietano le feste di tanti altri paesi.
I due simpatici fantocci si presentano addobbati con eleganza e sono costruiti in cartapesta con la stessa tecnica dei colossi di Palmi, i quali - a loro volta - si rifanno a Mata la donna e Grifone il moro di Messina.
Con i Giganti si tramandano alle nuove generazioni un eccezionale momento storico e alcuni aspetti folcloristici del nostro glorioso passato. Ad essi, infatti, si accompagnano l'asinello finto - animato da un uomo - e i tamburi (i tamburinari).
Con un diverso ciuchino ('u ciucciaredu), che viene "ballato" da una persona e che risulta composto da parti mobili che si staccano man mano che bruciano fra la fantasmagorica esplosione dei fuochi pirotecnici di cui è inzeppato per poi disintegrarsi con lo scoppio del petardo finale, si annunciano ('u 'mbitu) ogni anno a S. Martino i solenni festeggiamenti dell'11 novembre in onore dell'omonimo Santo protettore.
Mentre i nostri Giganti vengono indossati da un individuo che si nasconde all'interno e che può vedere attraverso una piccola apertura praticata nelle vesti all'altezza dell'ombelico, a Messina per il giorno dell'Assunta (15 Agosto) vengono portate in giro le due maestose figure. Queste, entrambe a cavallo, bianco per Mata e nero per Grifone, rappresentano - fra l'altro - Cam e Rea, i leggendari progenitori della città.
Nella sua pubblicazione: "Palmi - I Giganti e la festa di San Rocco" (Jason Ed.), Francesco Lovecchio riporta varie ipotesi riguardanti la nascita e la simbologia dei Giganti messinesi. La più attendibile è legata alla venuta in città di Riccardo I Re d'Inghilterra, noto come Riccardo Cuor di Leone.
"Giunto a Messina il 23 ottobre del 1190 per congiungersi con le armate di Filippo, Re di Francia, per muovere assieme verso la Terra Santa, dando così origine ala Terza Crociata, il re sostò nella città per ben sei mesi, in quanto aveva trovato condizioni climatiche avverse per attraversare il Canale di Sicilia". In tale periodo notò i nobili di estrazione greco-bizantina, spalleggiati dai monaci basiliani - occupanti il convento fortificato di San Salvatore all'ingresso del porto - che spadroneggiavano nella vita politica e amministrativa. Essi venivano definiti con disprezzo dalla plebe Grifones, cioè ladroni. Riccardo Cuor di Leone, in contrapposizione al convento di San Salvatore, fece costruire con rapidità sulla collina di Roccaguelfania un enorme castello che, appena ultimato, venne chiamato dal popolo il Castello di Matagriffone, individuando in Mata (macta), ammazza, ed in Grifone, (Grifones), ladro.
Poiché dalla città peloritana i Giganti vennero introdotti nella nostra provincia, anche a Palmi, come altrove, rivestono un significato liberatorio e ricordano le numerose incursioni straniere.
Circa la loro origine oscura si legge nel volume: Tradizioni e costumi d'Italia - (Istituto Geografico De Agostini) - 1983 - pag. 384: "A Palmi, tutta nuova dopo il terremoto del 1908, la più importante festa tradizionale è la processione dei giganti, enormi pupazzi raffiguranti un cavaliere e una dama, ma tradotti in sembianze e fogge molto grossolane. - Si dava a questi giganti - narra Bruno Tedeschi - una figuraccia orribile e spaventosa, si situavano sull'alto di una loggia pensile chiusa da un palancato, e mercé certi ordigni e una elasticità data nelle mani e nella gola, al toccare di alcuni fili, l'enorme capo poteva mutar di posizione -. Ancora oggi il gigante e la gigantessa attraversano le vie del paese, accompagnati dal suono del tamburo e da una folla di giovani e di ragazzi festanti. Non si sa l'origine della festa dei Giganti, certo è che ha molti secoli di vita; risale al periodo normanno o saraceno o turchesco e ricorda vicende dei mori o dei paladini? Non è possibile dare una risposta. Forse non si tratta che di una generica esigenza popolare di ridurre a gioco il ricordo mitizzato di antichi eroi locali o di protagonisti di antiche leggende tramandate oralmente e, quindi, deformate in modo vago e vario".
Si evince, pertanto, che l'arrivo dei Giganti anche nel nostro paese dovrebbe significare, oltre al ricordo di un triste passato (non dimentichiamo che S. Martino, come tante altre località della Piana, ha avuto origine dai profughi di Tauriana), il presagio per un futuro di giustizia e di libertà, nonché di rivalutazione della dignità umana.

(Da: Domenico Caruso, S. Martino: un paese e un Santo & Il miglior folk calabrese - Centro Studi "S. Martino" - S. Martino (Reggio Cal.) - Nov. 2000).






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