Storia e Folklore Calabrese |
Folklore calabrese "Sorella Morte, non mi fai paura!"
Ancora oggi, nonostante le radicali trasformazioni
sociali dovute al progresso scientifico, la morte
costituisce per tutti un motivo di profondo turbamento.
e tal letizia ancor mi si rinnova mentre per voi m'accingo a riferire. (Canto III, vv. 37-39) Anche se non presenti fisicamente, i nostri cari si sentono ancora vicini all'ambiente familiare che hanno lasciato e percepiscono in noi soltanto il corpo astrale. Tutti sappiamo, infatti, come durante il sonno ci sia consentito il loro incontro. Pertanto, abbandonare la Terra è un modo errato di definire l'azione dei Defunti. Essi, invece, potranno leggere il nostro pensiero e soffriranno nel vederci tristi. La Morte non ha mutato i sentimenti dei cari estinti che hanno la facoltà di scegliersi un aspetto più giovanile. Infine, vi è il risveglio nel "mondo mentale", di maggiori capacità, che culmina con il conseguimento del "Corpo Causale", vera dimora dello Spirito. Come afferma sul n. 425 (maggio 1996) del periodico "L'Aurora" la studiosa di fenomeni supernormali Mirella Giurco (dalla cui ricerca abbiamo tracciato le fasi dell'Aldilà): "Quando la vita, ad uno ad uno, mi ha tolto tutti i miei cari, costringendomi a continuare questo cammino terreno da sola, le mie conoscenze hanno contribuito moltissimo a rendere meno pesante l'oppressione del dolore per la loro perdita fisica. E la serenità interiore ha preso il posto della disperazione. La certezza che la vita non muore mai e che la morte non esiste ha scacciato da me ogni umano dolore". Il nostro scopo essenziale non è, forse, quello di tergere qualche lacrima ed invitare alla serenità chi s'è vista piombare l'ala impietosa della Morte sul capo dei propri cari? Questo stesso motivo induce numerose persone a riunirsi per uscire dallo stato di scoraggiamento provocato dalla perdita degli amati congiunti. E' noto, a proposito, il "Movimento della Speranza", al suo 15° anno di attività, che ha come animatore il dr. Mario Mancigotti, autore - fra l'altro - delle apprezzate opere "Oltre il tunnel" e "Carezze di Dio". "Noi non evochiamo i nostri cari defunti", sostiene l'amico Mancigotti, "ma sono essi, angeli nella Luce infinita di Dio, a venire a noi nello spirito della Comunione dei Santi, per medicare le nostre ferite sanguinanti, per dirci che sono più vivi che mai, che sono ancora e sempre accanto a noi. Ci confermano che davvero l'Aldilà esiste". ("Gente mese" n. 5 - maggio 1993). Fede ed esperienze paranormali possono, finalmente, convivere pacificamente per meglio comprendere la Morte. Nel Suo testamento spirituale, il discorso della montagna, Gesù rivela in modo perentorio: "Beati i puri di cuore: essi vedranno Dio". (Mt V, 8). I malvagi, i superbi, i sensuali, gli egoisti hanno i loro idoli e rimangono estranei a Dio. La Fede dei nostri avi, invece, si presentava autentica; la vita si svolgeva con semplicità; i valori erano sacrosanti. Tale condizione favoriva il colloquio coi Defunti, come dalle testimonianze da noi raccolte. Scrive G. B. Marzano: "Crede il volgo che, dopo la mezzanotte del Lunedì e Venerdì di ogni settimana, i Morti, scoperchiate le tombe, escano in processione per le strade del paese, volgendo sempre la faccia al tramonto della luna, salmodiando l'ufficio dei defunti, e tenendo, invece di candela, il pollice acceso. Guai a chi l'incontra! Nondimeno, s'accompagnano con essi alcune donne vive del paese, le quali, a buon diritto può dirsi, siano nelle buone grazie dei Morti, poiché questi se ne servono per mandare ambasciate e saluti ai loro cari viventi…". ("La Calabria" - Rivista di Letteratura Popolare - Anno II n. 4 - Monteleone, 15 Dicembre 1889). Gli antichi erano convinti che i Trapassati si manifestassero ai vivi per consigliarli al bene e qualche volta, perché no, rivendicare un torto subìto. Per i nostri antenati non era immaginabile la cattiveria odierna! I medium meritevoli potevano unirsi il Venerdì al corteo dei Defunti, segnalato di preferenza agli incroci delle vie e che ogni altro avrebbe dovuto evitare per non venire spiritato. Ma gli stessi Morti, di solito, salvaguardavano i malcapitati disorientandoli. Si racconta che in una località vicina al nostro paese S. Martino di Taurianova, non molto tempo fa viveva una pia donna col dono della bilocazione e in contatto con l'Aldilà. Con un mese d'anticipo la vecchietta incontrava lo spirito dei conoscenti che sarebbero deceduti. Per suo tramite i Morti inviavano notizie e consigli ai loro familiari, richiedevano Messe in suffragio e opere di carità. Una defunta, addirittura, una volta si fece mandare gli occhiali da un concittadino che da lì a poco l'avrebbe raggiunta. La donna stessa una notte si era recata ad attingere acqua presso una fontanella del paese. Era buio pesto e si svolgeva la processione dei Morti col pollice acceso come una candela. Uno di questi, avvicinandosi alla vecchietta, offrì il suo pollice perché le facesse luce fino al rientro a casa. Il Venerdì successivo, nella notte, la donna sentì bussare alla porta: il disincarnato reclamava la restituzione del dito, senza il quale non avrebbe potuto partecipare al corteo con i compagni. Riferisce, ancora, il Marzano: "Dov'è stato ammazzato qualcuno si crede che per più tempo apparisca lo spirito ("spirdu"), e che vi si mostri sotto varie sembianze. Si ha, poi, una paura matta dell'influenza di questi spiriti, e però ognuno schiva di passare dai luoghi ove avvennero uccisioni ed assassinii, per paura di poterne restare spiritato". ("La Calabria" - Rivista citata - Anno II n.4 del 15 Dic. 1889). Per i Greci spesso i Morti facevano ritorno dal sepolcro perché in vita avevano trascurato di compiere qualche azione o perché si era omessa una parte del loro rito funebre. Poetica ed esemplare è veramente la storia di Eucrate. "Questi aveva perduto la moglie adorata, e gli abiti e gli ornamenti di lei erano stati bruciati sul rogo insieme con le spoglie mortali. Sette giorni dopo, mentre il vedovo s'era immerso nella lettura del Fedone di Platone per dimenticare almeno momentaneamente il suo dolore, ella entrò e si sedette accanto a lui, lamentandosi che uno dei suoi sandali dorati non fosse stato bruciato, perché era caduto da parte e s'era sottratto alle fiamme. D'improvviso il cane Melito latrò, ed ella svanì. Il sandalo ritrovato fu arso, e l'estinta non si vide mai più". (K. Seligmann: "Lo specchio della magia". Casini - Roma). Al periodo greco risalgono anche molti usi del nostro popolo, come il canto delle Prefiche. Omero nell' "Iliade" così descrive l'atroce spettacolo del cocchio di Achille che trascina il corpo di Ettore:
si gettaron sul carro, presero a strapparsi i capelli e gli stringevano il capo: la folla le circondava piangendo. …fecero largo al carro, e quando l'ebbero portato nell'inclita casa, su un letto a trafori lo posero, gli misero presso i cantori, gli intonatori del compianto; e lamentosa canzone quelli cantavano; intorno le donne piangevano". (c. XXIV) Anche l'atteggiamento dei filosofi nei confronti della Morte è diametralmente opposto a quello degli altri uomini. Il cammino che conduce alla saggezza è legato alla rassegnazione della fine: "Filosofare è imparare a morire". (Montaigne). Per la grande saggezza indiana, infine, non possiamo presentarci alla Morte con le mani vuote di meriti guadagnati con il nostro duro lavoro:
che la Morte picchierà alla tua porta, cosa gli offrirai? - Presenterò alla mia ospite la coppa piena della mia vita, non lascerò che se ne vada a mani vuote. Giunto il termine dei miei giorni, quando la Morte verrà alla mia porta, presenterò a lei la soave vendemmia dei miei giorni d'autunno e delle mie notti estive e tutto ciò che ho guadagnato e raccolto durante la mia vita. (R. Tagore) Bibliografia (in aggiunta alle opere citate): L. Boff - "Vita oltre la morte" - Cittadella Ed. - Assisi. Domenico Caruso - "Storia e folklore calabrese" - Centro Studi "S. Martino". L'argomento del presente servizio è stato ampiamente trattato da Domenico Caruso in diverse riviste culturali, nonché nel libro: "S. MARTINO: un paese e un Santo & Il miglior folk calabrese" - (v. "L'autore" - Opere principali). Fra le riviste culturali (v. "L'autore" - Collaborazioni), segnaliamo: "Calabria sconosciuta" di Reggio Calabria - (Anno XX - n. 76 - Ottobre/Dicembre 1997). "Storicittà" di Lamezia Terme - (Anno V n.52 - Sett. 1996; n.54 - Nov. 1996 e n. 55 - Dic. 1996). "Arianova metropolipiana" di Taurianova - (Ott. 1996; Genn./Febbr. 1997 e Marzo 1997). |
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