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Poesia dialettale
Il patrimonio culturale di un àmbito del territorio - secondo alcuni - riveste
scarsa importanza,
mentre appare sempre più evidente come la somma dei valori umani e spirituali
delle diverse
località - che si trasmettono in special modo con il linguaggio - caratterizzino
l'identità di una nazione.
Così, anche se meno conosciuta, la poesia dialettale rappresenta l'espressione
immediata dei nostri sentimenti e l'interesse sempre maggiore per il canto
popolare lo conferma.
Non dimentichiamo che la Calabria è depositaria di quell'inconfondibile cultura
classica, tenuta in alto dai suoi figli migliori e che per secoli ha dominato
il mondo.
Basta scorrere la nostra letteratura dell'Ottocento per riscoprire il dinamico
sacerdote Vincenzo Padula di Acri, dalla cui anima ribelle "nascono versi di
argentea vitalità e di plastica
energia" (Flora); oppure è sufficiente ripercorrere i secoli precedenti per
gustare la mirabile
sensibilità di "Donnu Pantu", vale a dire l'autentica poesia del prete
apriglianese Domenico Piro - che mettendo da parte la sua notevole cultura
neoclassica - predilige l'espressiva "lingua"
calabrese.
Ma la poesia dialettale non conosce tempo: Giovanni Conìa - eccezionale
interprete della
religiosità popolare, Vincenzo Ammirà - la cui verve nell'eros raggiunge un sano
realismo, Bruno Pelaggi, Michele Pane, Vittorio Butera,
Michele De Marco (Ciardullo) e tanti altri, con la loro
pregevole opera onorano la Calabria.
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